TAR Salerno, sez. II, sentenza breve 2023-05-23, n. 202301186

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza breve 2023-05-23, n. 202301186
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202301186
Data del deposito : 23 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2023

N. 01186/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00251/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 251 del 2023, proposto da A G D B, rappresentato e difeso dall'avvocato M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Salerno, via SS. Martiri Salernitani, n. 31;

contro

Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, corso Vittorio Emanuele, n. 58;
Comune di Castellabate, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Responsabile dell’Area Ambiente, Patrimonio e manutentivo del Comune di Castellabate prot. n. 22695 del 29 novembre 2022 e del prodromico parere sfavorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino prot. 24222-P del 7 novembre 2022: diniego di autorizzazione paesaggistica.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2023 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che:

- col ricorso in epigrafe, Granito di Belmonte Angelo (in appresso, G. d. B. A.) impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione: -- il provvedimento del 29 novembre 2022, prot. n. 22695, col quale il Responsabile dell’Area Ambiente, Patrimonio e manutentivo del Comune di Castellabate aveva rigettato l’istanza di autorizzazione paesaggistica prot. n. 25356 del 20 dicembre 2019, avente per oggetto il risanamento conservativo di 2 fabbricati per civile abitazione, denominati “Ficaia” e “Ficaia House”, ubicati in Castellabate, località Licosa, censiti in catasto al foglio 31, particella 29, e ricadenti in zona assoggettata a vincolo paesaggistico giusta d.m. 12 agosto 1968 e d.m. 28 marzo 1985, classificata di “Conservazione integrale” dal Piano territoriale paesistico (PTP) del Cilento Costiero, A1 (“Riserva integrale”) dal Piano del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, nonché Sito di importanza comunitaria (SIC) - Zona di protezione speciale (ZPS) appartenente alla Rete Natura 2000;
-- il prodromico parere sfavorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino (in appresso, Soprintendenza di Salerno e Avellino) prot. 24222-P del 7 novembre 2022;
-- il preavviso di parere sfavorevole prot. n. 17473-P del 3 agosto 2022;

- il giudizio di incompatibilità paesaggistica espresso dall’organo periferico ministeriale era essenzialmente incentrato sul rilievo che, anche all’indomani delle integrazioni documentali ricevute il 22 giugno 2022 (prot. n. 14439-A) e il 25 ottobre 2022 (prot. n. 23375 del 26 ottobre 2022), l’intervento progettato non risultava assistito da documentazione tecnica, grafica e fotografica idonea a suffragarne l’aderenza – in termini di risanamento conservativo – rispetto alle peculiari caratteristiche tipologiche e architettoniche dei fabbricati originari e, quindi, la rispondenza ai valori paesaggistico-ambientali tutelati nella zona di relativa localizzazione

- di qui, poi, l’adozione del susseguente provvedimento di diniego da parte del Comune di Castellabate;

- nell’avversare siffatta determinazione declinatoria, il G. d. B. deduceva, in estrema sintesi, che: a) la Soprintendenza di Salerno e Avellino avrebbe emesso il proprio parere tardivamente rispetto al termine perentorio ex art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42/2004, cosicché sull’istanza del 20 dicembre 2019, prot. n. 25356, si sarebbe già formato il silenzio assenso ‘orizzontale’ ex art. 17 bis della l. n. 241/1990 e, in ogni caso, l’amministrazione comunale si sarebbe immotivatamente appiattita sulle ormai intempestive e non più cogenti valutazioni soprintendentizie;
b) inoltre, l’organo periferico ministeriale in violazione del citato art. 10 bis della l. n. 241/1990, avrebbe omesso di vagliare le osservazioni rassegnate dall’interessato in sede di contraddittorio procedimentale;
c) in violazione del principio del ‘dissenso costruttivo’, codificato dagli artt. 14 bis, comma 3, della l. n. 241/1990 e 17, comma 1, del d.p.r. n. 31/2017, prima di ripudiare il progetto sottoposto al suo esame, avrebbe omesso di indicare le soluzioni conformative e mitigatorie, suscettibili di ovviare ai ravvisati profili di incompatibilità paesaggistica dell’intervento;
d) avrebbe illegittimamente debordato dal perimetro delle proprie competenze in materia paesaggistico-ambientale nella sfera di valutazioni di ordine urbanistico-edilizio, riservata all’amministrazione comunale;
e) a fronte delle contestate carenze documentali, avrebbe radicalmente ripudiato il progetto sottopostole, anziché esercitare il proprio potere-dovere di soccorso istruttorio;
f) avrebbe attribuito ingiustificata rilevanza ad aspetti esulanti dalla sfera di apprezzamento dell’oggettiva compatibilità paesaggistica dell’intervento, quale, segnatamente, l’insufficiente ricognizione storico-architettonica dell’originaria configurazione degli immobili destinati a risanamento conservativo, finendo, così, per formulare un giudizio generico e stereotipo;

- costituitosi l’intimato Ministero della Cultura, eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso;

- il ricorso veniva chiamato all’udienza del 12 aprile 2023 per la trattazione dell’incidente cautelare;

- nell’udienza cautelare emergeva che la causa era matura per la decisione di merito, essendo integro il contraddittorio, completa l’istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge;

- le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione del ricorso nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone;

Considerato, innanzitutto, che:

- la Soprintendenza di Salerno e Avellino: -- in data 6 settembre 2021 (prot. n. 19729-A), ha ricevuto l’istanza di autorizzazione paesaggistica prot. n. 25356 del 20 dicembre 2019;
-- con nota del 14 ottobre 2021, prot. n. 22227-P, ha richiesto integrazioni documentali;
-- ha ricevuto queste ultime il 22 giugno 2022 (prot. n. 14439-A);
-- ha preannunciato il proprio parere contrario con nota del 3 agosto 2022, prot. n. 17473-P;
-- ha ricevuto le osservazioni a tale preavviso il 25 ottobre 2022 (prot. n. 23375 del 26 ottobre 2022);
-- ha emesso il parere sfavorevole del 7 novembre 2022, prot. 24222-P;

- ora, è da escludersi, nella specie, che il termine perentorio di 45 giorni previsto dall’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42/2004 sia iniziato a decorrere dalla data (6 settembre 2021) di ricezione dell’istanza di autorizzazione paesaggistica prot. n. 25356 del 20 dicembre 2019;

- il tenore non solo della nota del 14 ottobre 2021, prot. n. 22227-P, ma anche della nota del 3 agosto 2022, prot. n. 17473-P, e del gravato parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, è, infatti, tale da indurre a ritenere che, almeno fino a quel momento, il progetto rassegnato dal G. d. B. risultasse del tutto carente della documentazione necessaria a consentirne il compiuto scrutinio di compatibilità paesaggistica da parte dell’interpellata autorità tutoria statale;

- in dettaglio, quest’ultima, nella citata nota del 14 ottobre 2021, prot. n. 22227-P, ha richiesto: «- istruttoria comunale maggiormente approfondita così sia da motivare adeguatamente l'affermata "conformità" dell'intervento nel suo complesso alle disposizioni contenute nel piano paesistico, sia da chiarire se codesto Comune abbia o meno adempiuto all'individuazione e perimetrazione anche dei nuclei e dei complessi rurali di valore storico ed ambientale (cfr. art. 5 delle … Norme di attuazione del PTP);
- stralcio catastale con delimitazione chiara del fondo oggetto di intervento ed atti catastali specifici (visure, planimetrie, ecc.);
- planimetrie generali del fondo interessato di rilievo e di progetto. Le planimetrie devono rappresentare compiutamente il fabbricato ed il deposito agricolo, gli eventuali altri manufatti annessi e l'area scoperta pertinenziale precisandone i percorsi e l'assetto vegetazionale e/o colturale. I grafici, che vanno quotati plano-altimetricamente rispetto alla strade principali di accesso agli immobili, devono consentire l'immediata comparazione e valutazione degli interventi proposti anche per quanto concerne le sistemazioni dell'area esterna e la vocazione prettamente rurale;
- grafici completi di entrambe le costruzioni (piante, sezioni e prospetti) dettagliatamente quotati rispetto a punti certi e fissi esterni rispetto alle quote anche di calpestio del piano terra e di imposta degli eventuali solai come delle fondazioni, alle soglie o davanzali delle aperture (specificandone le dimensioni ed il posizionamento nelle facciate), agli elementi e/o componenti (anche strutturali) caratterizzati (le strutture del tetto, le arcate delle bucature, ecc.) nonché alle linee sia di gronda, sia di colmo delle coperture. Detti elaborati, inoltre, devono essere riferiti alla situazione preesistente, allo stato di fatto, alla situazione di progetto ed allo stato sovrapposto (stato di fatto/progetto) ed indicare soprattutto nello stato sovrapposto inequivocabilmente sia le porzioni collassate e le rimozioni previste (murarie, di singole opere, ecc.), sia le sostituzioni murarie totali e/o le integrazioni parziali previste precisandone le estensioni, le modalità esecutive ed i materiali;
- grafici che evidenzino la stratificazione edilizia avvenuta che ha interessato nel corso del tempo i fabbricati (così da chiarirne il periodo di esecuzione originario e quello delle eventuali successive trasformazioni anche rispetto alla destinazione d'uso e consistenza), i materiali impiegati, lo stato del degrado attuale, individuandone le porzioni crollate e/o irrecuperabili e descrivendone le cause;
- particolari dello stato di fatto corredati da adeguata descrizione e documentati anche da riprese fotografiche;
- calcolo analitico delle superfici (comprensivi delle destinazioni d'uso) e dei volumi degli edifici relativi alla situazione preesistente, allo stato attuale ed alla soluzione progettuale;
- documentazione fotografica più completa così da contenere riprese chiare degli interi prospetti di tutti i lati di entrambe le costruzioni, di tutti gli ambienti interni, degli eventuali manufatti accessori e del fondo pertinenziale. Tali riprese fotografiche devono essere eseguite sempre dopo la pulizia dalla vegetazione infestante in modo da consentire una chiara illustrazione degli immobili»;

- trattasi di documenti riconducibili allo spettro di elaborati (di analisi dello stato attuale, di progetto e di fotosimulazione) a corredo della relazione paesaggistica enucleato dai punti 3.1-2 dell’allegato al d.p.c.m. 12 dicembre 2005, ai sensi dell’art. 146, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004, tra i quali assume precipuo rilievo, «nel caso di interventi su edifici e manufatti esistenti», la rappresentazione dello «stato di fatto della preesistenza», con allegata la «documentazione storica relativa al singolo edificio o manufatto e con minor dettaglio all'intorno», e la prospettazione di soluzione progettuali che abbiano particolare cura all’«adeguatezza architettonica (forma, colore, materiali, tecniche costruttive, rapporto volumetrico con la preesistenza), del nuovo intervento con l'oggetto edilizio o il manufatto preesistente e con l'intorno basandosi su criteri di continuità paesaggistica laddove questi contribuiscono a migliorare la qualità complessiva dei luoghi»;

- e trattasi di documenti che non figurano elargiti in termini soddisfacenti dal G. d. B. in sede di produzione integrativa;

- ed invero, nella nota del 3 agosto 2022, prot. n. 17473-P, la Soprintendenza di Salerno e Avellino ha continuato a contestare che: «la documentazione tecnica nell'insieme trasmessa (incluso quella integrativa) non approfondisce appropriatamente l'evolversi dell'edificato (ad esempio spiegandone i cambiamenti avuti in pianta rispetto al catasto di impianto o individuando le trasformazioni attraverso la lettura di aspetti peculiari come gli spessori murari, l'orditura degli orizzontamenti o la presenza degli spazi intrinsecamente connessi anche scoperti), né rappresenta in modo coerente tra i diversi elaborati (ad esempio tra i grafici e le riprese fotografiche) alcuni aspetti-elementi peculiari dei fabbricati quali le interazioni con il circostante piano di campagna, la tipologia delle fondazioni, le quote di imposta dei calpestii con le pertinenti caratteristiche, la consistenza degli l'inserimento degli assiti, la conformazione dei tetti (che per un lato terminale della "ficaia" sembrerebbe a tre e non a due falde), le dimensioni delle bucature come degli interspazi chiusi (superiori ed inferiori) nei prospetti o l'individuazione delle porzioni degli stessi collassate (principalmente nei prospetti e nelle sezioni). A ciò si aggiunge che l'integrazione documentale non giustifica i cambiamenti apportati alla quella inizialmente redatta anche per quanto concerne la descrizione dello "stato di fatto" per altro apportando variazioni tali da incidere sul calcolo analitico delle superfici e dei volumi. Dette modifiche avrebbero richiesto un apposito scorporo e la ripresentazione della stessa istanza. La pratica resta manchevole di documentazione storica e certa inerente alla situazione preesistente del fondo dalla quale si possa evincere lo stato reale delle costruzioni in un periodo nel quale erano ancora in uso anche per trarne informazioni essenziali per la riproposizione futura soprattutto relativamente all'edificio c.d. "residenziale"»;

- ed ancora, nel parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, ha rilevato che: «- la documentazione integrativa inviata con missiva comunale prot. G. n. 11629/2022 - U del 14 giugno 2021 (ricevuta al protocollo al n. 14439/2.022), che per la proprietà resta ancora valida, oltre a discostarsi da quella iniziale per aspetti significativi, presenta le carenze, incoerenze e criticità evidenziate nella precedente comunicazione con prot. n. 17473 del 3 agosto 2022 alla quale per brevità si rimanda, presenta sostanziali diversità anche con gli elaborati recentemente trasmessi a fine dello scorso ottobre e relativamente alla rappresentazione delle costruzioni. D'altronde rispetto alla stessa questo Ufficio aveva riscontrato varie inesattezze evidenziate in più occasioni. Conseguentemente la documentazione inoltrata recentemente non può essere considerata giustificativa e di maggior dettaglio dell'istanza per la quale è stato avviato il procedimento in trattazione da parte di codesto Comune, né della successiva documentazione già variata dall'iniziale. Le profonde modifiche nuovamente ed ancor più apportate con detta documentazione (acquisita al protocollo al n. 23375/2022) richiede proceduralmente la definizione negativa del procedimento de quo (attivato nel 2021) e la ripresentazione di quest'ultima (eventualmente ulteriormente rivisitata ed approfondita) come una nuova istanza di autorizzazione paesaggistica preventivamente sottoposta alle necessarie istruttorie comunali (cfr. art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 s.m.i.) ed agli atti propedeutici (parere CLP);
- gli elaborati, inoltre, a fronte di un indubbio approfondimento grafico mirato a rendere la descrizione materiale degli immobili e dei luoghi maggiormente rispondente agli stessi ed a superare le inesattezze grafiche prima commesse, vanno approfonditi nell'illustrazione, anche delle modalità di esecuzione e delle caratteristiche strutturali, come nel caso del ripristino delle murature nei diversi spessori, della predisposizione dei muri perimetrali rispetto ai quali l'intonacatura deve essere "raso pietra", dei consolidamenti e del riposizionamento degli elementi di vario tipo (piattabande, cornicioni, modanature, ecc.). La medesima rappresentazione dello "stato preesistente" (peraltro sprovvista di riprese fotografiche storiche e in generale di documentazione storica inerente dalla quale si possa evincere lo stato reale delle costruzioni in un periodo nel quale erano ancora in uso anche per trarne informazioni essenziali per la riproposizione futura soprattutto in relazione all'edificio c.d. "residenziale") non è ancora appropriatamente supportata da documentazione che ne comprovi in modo certo la conformazione e l'aspetto formale anche in relazione all'originario utilizzo degli ambienti di entrambi gli edifici benché tale aspetto si rifletta significativamente nelle facciate caratterizzandone anche l'articolazione cornpositiva;
- l'ultimo "stato sovrapposto", inoltre, oltre ad essere inteso solo come affiancamento nella medesima tavola dei grafici dello "stato di fatto" con lo "stato di progetto" per entrambi gli edifici (pertinenziale e residenziale) e mancando delle piante, non chiarisce in modo certo le porzioni murarle che la ditta ritiene di poter mantenere e consolidare ovvero quelle che, invece, si intendono irrecuperabili oltre alle porzioni edilizie già collassate lasciando, tuttora, indefinita l'entità reale della riedificazione e, di conseguenza, non precisa la definizione giuridica degli interventi sugli immobili diversamente da quanto sostenuto dalla proprietà;
- la documentazione integrativa recentemente prodotta (pervenuta al protocollo al n. 23375/2022), al predetto elaborato "D" rileva, altresì, che "l'intervento proposto e coerente con entrambe le definizioni" di risanamento conservativo (cioè in quella contenuta nel PTP ed in quella esposta nel d.p.r. n. 380/2001 e s.m.i.), "non propone alcun cambiamento rispetto agli aspetti morfologici e tipologici degli edifici" e "garantisce pienamente la salvaguardia, anche paesaggistica, degli immobili". Al riguardo si fa, però presente che quanto descritto anche negli ultimi documenti (ad esempio negli elaborati n. 16, 17, 18, A e B) non appare rispondente a quanto sopra asserito dalla proprietà poiché, ad esempio, il "particolare costruttivo copertura" non ripropone correttamente la situazione delle diverse tipologie (in alcuni casi determinate dalla presenza o meno del soppalco dì sottotetto del tetto preesistenti, né conformemente quelle future. Ugualmente, l'elaborato "A — Schede tecniche intonaco esterno per edifici storici" indica generalmente i materiali scelti per altro finalizzati all'esecuzione di intonaci coprenti inidonei all'intervento in questione, mentre l'elaborato "B — Schede tecniche interventi di scuci e cuci" si espone, essenzialmente, il particolare delle integrazioni con l'utilizzo dei mattoni pieni indifferentemente dai materiali /presenti nella muratura da consolidare e sulla scelta della malta strutturale»;

- ciò posto, giova, a questo punto, rammentare che, come più volte chiarito dalla Sezione: «a) il temine per l'espressione del parere da parte della Soprintendenza decorre dalla ricezione della documentazione completa, tale essendo quella conforme a quanto previsto dall'art. 146, commi 3 e 7, d.lgs. 42/2004 e dal d.p.c.m. 12 dicembre 2005;
b) è il privato, che deduce il superamento del termine siccome decorrente dall'originario inoltro della documentazione, a dover provare in giudizio che la documentazione a suo tempo trasmessa era completa;
c) se la documentazione a suo tempo trasmessa era completa, la richiesta di integrazione sospende il procedimento di rilascio del parere, ex art. 2, comma 7, l. 241/90, e non lo interrompe (cfr. sent. n. 2237/2022;
n. 2589/2021);
d) l'art. 6, comma 6 bis, del d.m. n. 495/1994, introdotto dal d.m. 19 giugno 2002 n. 165, non opera ai fini del parere sull'autorizzazione paesaggistica, perché riguarda i termini del previgente procedimento di annullamento del titolo paesaggistico rilasciato dal Comune;
e) in caso di richiesta di integrazione documentale o di accertamenti, il termine è sospeso per una sola volta fino alla data di ricezione della documentazione richiesta ovvero fino alla data di effettuazione degli accertamenti (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 2589/2021)» (sent. n. 48/2023;
n. 50/2023;
n. 163/2023);

- ebbene, nel caso in esame, è evidente, alla stregua delle superiori considerazioni in punto di fatto e di diritto, che il termine perentorio di 45 giorni previsto dall’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42/2004 ha potuto cominciare a decorrere non prima delle integrazioni documentali del 22 giugno 2022 (prot. n. 14439-A);

- dopo 42 giorni dalla ricezione di queste ultime al preavviso di parere sfavorevole prot. n. 17473-P del 3 agosto 2022, detto termine è, poi, rimasto sospeso, ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990, fino allo spirare dei previsti 10 giorni successivi al recapito delle osservazioni dell’interessato, avvenuto il 25 ottobre 2022 (prot. n. 23375 del 26 ottobre 2022), ossia fino al 4 novembre 2022;

- a ripartire da tale data, il parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, è stato emesso entro i rimanenti (45 – 42 =) 3 giorni dall’organo periferico ministeriale;

- né varrebbe addurre in contrario la circostanza che le osservazioni al parere sfavorevole prot. n. 17473-P del 3 agosto 2022 figurano rassegnate dal G. d. B. oltre il termine di 10 giorni contemplato dal citato art. 10 bis della l. n. 241/1990;

- al riguardo, la Sezione, nella sent. n. 2777/2022. ha, infatti, avuto modo di statuire che, «tenuto conto del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui le osservazioni dell’interessato possono e devono essere valutate dall’amministrazione anche oltre il termine di 10 giorni previsto dall'art. 10 bis della l. n. 241/1990, attesa la non perentorietà di quest’ultimo, in mancanza di espressa qualificazione normativa in tal senso: cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 11269/2014;
TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 1314/2016;
TAR Molise, Campobasso, n. 144/2019;
TAR Trentino Alto Adige, Trento, n. 120/2021) … una volta che dette osservazioni sono pervenute … – sia pure dopo il termine di 10 giorni previsto dall’art. 10 bis della l. n. 241/1990 a causa dell’esclusiva inerzia dell’amministrazione comunale –» alla Soprintendenza di Salerno e Avellino, quest’ultima «è stata rimessa in termini e non avrebbe potuto, quindi, esimersi dal pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione paesaggistica sottopostale, senza abdicare al proprio potere di cogestione del vincolo»;

- da tutto quanto sopra discende, dunque, la tempestività e la vincolatività del pronunciamento soprintendentizio posto a base del provvedimento reiettivo comunale provvedimento del 29 novembre 2022, prot. n. 22695;

Considerato, poi, che le garanzie partecipative e gli obblighi motivazionali ex art. 10 bis della l. n. 241/1990 non avrebbero potuto tradursi – a discapito dei principi procedimentali di efficacia e celerità – in un interminabile confronto dialettico con l’interessato e in un’analitica confutazione degli elementi da quest’ultimo forniti nelle controdeduzioni al preavviso di parere sfavorevole prot. n. 17473-P del 3 agosto 2022 (espressamente richiamate nel parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, e ivi ritenute non risolutive, avuto precipuo riguardo all’adeguatezza della documentazione a corredo dell’istanza di autorizzazione paesaggistica prot. n. 25356 del 20 dicembre 2019), essendo sufficienti, per la loro osservanza, il compiuto apprezzamento e la perspicua esplicazione dei presupposti fattuali e delle ragioni giuridiche che, in positivo, ossia in logica e insuperata antitesi alle osservazioni medesime, hanno giustificato la preannunciata determinazione declinatoria (cfr. TAR Abruzzo, L'Aquila, 26 luglio 2004, n. 836;
sez. I, 6 giugno 2007, n. 285;
TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 14 maggio 2005, n. 459;
TAR Liguria, Genova, sez. II, 7 luglio 2005, n. 1022;
TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 7 aprile 2006, n. 772;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 4 agosto 2006, n. 6950;
14 settembre 2007, n. 8951;
TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 16 ottobre 2009, n. 5817;
21 settembre 2010, n. 17489;
23 luglio 2014, n. 4131;
21 gennaio 2015, n. 374;
26 agosto 2015, n. 4269;
Salerno, sez. II, 12 luglio 2018, n. 1067);

- il principio del ‘dissenso costruttivo’, codificato dagli artt. 14 bis, comma 3, della l. n. 241/1990 e 17, comma 1, del d.p.r. n. 31/2017 con riferimento, rispettivamente, al modulo procedimentale della Conferenza di servizi ed all’iter semplificato di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, non è da reputarsi esportabile, tout court, per la sua peculiarità, nell’ambito applicativo dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004;

- tanto, non senza soggiungere, subito dopo, che la prospettazione di qualsivoglia soluzione conformativa e mitigatoria risultava, nella specie, preclusa in radice dalla rilevata insufficienza assoluta della rappresentazione dello stato dei luoghi originario in rapporto al suo divisato sviluppo progettuale;

Considerato, altresì, che:

- a dispetto degli assunti attorei, la Soprintendenza di Salerno e Avellino non ha sconfinato nella sfera di competenze urbanistico-edilizie, riservata all’amministrazione comunale;

- l’impianto argomentativo del gravato parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, orbita, infatti, intorno al mantenimento dell’originaria impronta storico-architettonica dei fabbricati riguardati dal progetto di risanamento conservativo e, quindi, alla salvaguardia della genuinità e integrità della relativa caratterizzazione in senso paesaggistico;

- in particolare, in tale contesto, la questione dell’inquadramento o meno dell’intervento controverso entro la categoria del risanamento conservativo in tanto figura sollevata dall’organo periferico ministeriale, in quanto è preordinata a stabilire se detto intervento sia filologicamente fedele alle originarie consistenze immobiliari – di cui la documentazione esibita dal G. d. B. non risulta restituire una perspicua e compiuta rappresentazione raffrontabile col progetto proposto –, così da poter inferire la piena salvaguardia dei beni paesaggistico-ambientali presidiati in zona vincolata;
e cioè in quanto è preordinata a stabilire se sia stato rispettato il «valore storico-architettonico-testimoniale» delle costruzioni preesistenti («prevalentemente già eseguite a scavalco tra l’Ottocento ed il Novecento, essendo riportate nel catasto di impianto di Castellabate, benché con ingombri planimetrici non identici»), le quali costituiscono, «per l’appunto, una testimonianza epocale di un "modus costruendi", come al contempo del vivere e condurre l'attività agricola nella realtà cilentana, e risultano di interesse anche paesaggistico per i caratteri peculiari preservati nelle stesse e per il legame che conservano sia con il relativo contesto rurale, sia con l'ambito di Punta Licosa ed il frastagliato tratto costiero», essendo «certo che la conservazione e la valorizzazione di tali edifici tradizionali, nel pieno rispetto delle loro specificità, qualifica in ogni caso anche il paesaggio poiché il patrimonio edilizio storico indubbiamente ne costituisce una componente significativa»;

Considerato, ancora, che, come univocamente emergente dai dianzi riportati passaggi testuali delle note del 14 ottobre 2021, prot. n. 22227-P, e del 3 agosto 2022, prot. n. 17473-P, nonché dello stesso parere del 7 novembre 2022, prot. 24222-P, nessun soccorso istruttorio avrebbe potuto efficacemente sopperire ad un deficit informativo-documentale, che, a valle di un’articolata interlocuzione procedimentale con l’interessato e con l’amministrazione comunale, si è rivelato in radice insuscettibile di restituire in termini attendibili sia l’impronta originaria sia l’evoluzione storica dei fabbricati de quibus, avuto riguardo alle relative caratteristiche tipo-morfologiche, costruttive e dimensionali;

Considerato, infine, che:

- a ripudio delle proposizioni formulate sul punto da parte ricorrente, tutt’altro che irrilevante, ai fini del giudizio di compatibilità paesaggistica, è da reputarsi la richiesta ricognizione storico-architettonica dell’originaria configurazione degli immobili controversi;

- ciò, perché una simile ricognizione – che non risulta essere stata adeguatamente fornita dal G. d. B. – avrebbe consentito di verificare che il progetto di risanamento conservativo garantisse la salvaguardia del preesistente complesso rurale, nella sua peculiare dimensione testimoniale della tipologia architettonica caratterizzante il contesto paesaggistico di riferimento;

- in questo senso, giova, ancora una volta, rammentare che il punto 3.1 dell’allegato al d.p.c.m. 12 dicembre 2005, «nel caso di interventi su edifici e manufatti esistenti», esige la rappresentazione dello «stato di fatto della preesistenza», con allegata la «documentazione storica relativa al singolo edificio o manufatto e con minor dettaglio all'intorno», e la prospettazione di soluzione progettuali che abbiano particolare cura all’«adeguatezza architettonica (forma, colore, materiali, tecniche costruttive, rapporto volumetrico con la preesistenza), del nuovo intervento con l'oggetto edilizio o il manufatto preesistente e con l'intorno basandosi su criteri di continuità paesaggistica laddove questi contribuiscono a migliorare la qualità complessiva dei luoghi»;

Ritenuto, in conclusione, che:

- stante la sua ravvisata infondatezza, il ricorso in epigrafe va respinto;

- quanto alle spese di lite, appare equo disporne l’integrale compensazione tra le parti;

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