TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2021-07-23, n. 202101530

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2021-07-23, n. 202101530
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202101530
Data del deposito : 23 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/07/2021

N. 01530/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01141/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1141 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E N, A F, con domicilio eletto presso lo studio E N in Cosenza, via Silvio Sesti n. 14;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;
U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;

per l'annullamento

1) della nota-OMISSIS-del 29.6.2017 e dell'allegata informativa antimafia emessa dalla Prefettura di Vibo Valentia prot. -OMISSIS- del 29.06.2017 ricevuta il 7.7.2017 nonchè ogni altro atto o provvedimento presupposto, conseguente, collegato o comunque connesso, ancorché non cognito,

comprese le richiamate informazioni fornite dalle Forze di polizia e la nota di P.G. 8.10.2014, del parere reso in data 31.5.2017 dal gruppo tecnico presso la Prefettura di VV, dei quali si sconoscono gli estremi ed il contenuto, con riserva di proporre motivi aggiunti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020 convertito in l. n. 176 del 2020, il dott. D G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1- La società ricorrente, operante nel settore delle costruzioni di edilizia privata e convenzionata, ha ricevuto in data 7.7.2017 la notifica via pec della nota Prefettura U.T.G. di Vibo Valentia prot.-OMISSIS-del 9.6.2017 con informazioni antimafia interdittive rilasciate nei confronti, trasmesse con nota prot. -OMISSIS- del 29.6.2017.

2- L’Amministrazione prefettizia, nel provvedimento in questione:

- ha anzitutto individuato la compagine sociale (composta da-OMISSIS-amministratore unico non socio, -OMISSIS-socio al 25%, -OMISSIS-socio al 25%, -OMISSIS-socio al 25% di cui è amministratore il sig. -OMISSIS-e la società-OMISSIS- socio al 25% amministratore il sig. -OMISSIS-);

-ha quindi affermato, sul conto del socio -OMISSIS-, che egli era stato interessato da un procedimento della DDA di Catanzaro, archiviato in data 7.7.2006;

- sul conto del socio -OMISSIS-ha rilevato che è incensurato e figlio convivente di -OMISSIS-, a sua volta indagato nel procedimento penale -OMISSIS-mod. 21 D.D.A. per estorsione aggravata dal metodo mafioso con rinvio a giudizio;

- ha quindi rilevato che -OMISSIS-e -OMISSIS-sono altresì presidente e vice presidente della -OMISSIS-, che è stata interessata da informativa della DDA di Catanzaro con nota di PG 8.10.2014 dalla quale risulterebbe che la medesima ha avuto rapporti commerciali con società anche indirettamente riconducibili alla cosca -OMISSIS-;

-ha dato atto che, in data 31.5.2017, il Gruppo Tecnico presso la Prefettura aveva espresso un conforme parere, di cui non aveva contezza.

3- A seguire, con delibera assembleare dell’1.8.2017, non impugnata, la società provvedeva alla immediata espulsione dei soci -OMISSIS-e -OMISSIS-dalla compagine sociale della -OMISSIS-senza sostituire i soci ma ripartendo le quote degli espulsi tra i rimanenti soci -OMISSIS-.

4- Ritenendo illegittimo e lesivo detto provvedimento, con ricorso notificato il 2.10.2017 e depositato il 5.10.2017, la società ricorrente ne ha chiesto l’annullamento, affidando le doglianze ai seguenti motivi di diritto:

A) – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL CODICE ANTIMAFIA D.LGS. 159/2011, ART. 91 –MOTIVAZIONE APPARENTE – FALSA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA’ – TRAVISAMENTO DEI FATTI, VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ ED ERRATA VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI CHE COMPROVANO LA SUSSISTENZA DI EVENTUALI TENTATIVI DI INFILTRAZIONE MAFIOSA.

Partendo dal rilievo dell’incensuratezza dei soci espulsi -OMISSIS-e -OMISSIS-e dall’inesistenza di un quadro indiziario di "contiguità" con consorterie criminali, rileva la ricorrente la conseguente assenza anche del pericolo di condizionamento, alla luce delle regole giurisprudenziali da cui inferire il pericolo di "contagio" da parte di consorterie criminali.

Tanto premesso, parte ricorrente censura l’assenza di qualsivoglia prova circa l’attualità delle infiltrazioni mafiose e della ricorrenza dei vari elementi dai quali dedurre il tentativo di ingerenza o una concreta verosimiglianza dell'ipotesi di condizionamento sulla società da parte di soggetti aventi legami con cosche mafiose, nonché dell'attualità e concretezza del rischio, la quale verrebbe basata esclusivamente su un rapporto parentale da cui inferire che un soggetto non socio e con cui la società ricorrente non ha o ha avuto alcun rapporto possa dar luogo ad un quadro di elementi suscettibili di configurare un pericolo di ingerenza.

B) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 10 E 11 D.LGS 252/98 – VIOLAZIONE D.LGS. 159 DEL 2011 - ILLEGITTIMITÀ DELLA NOTA ANTIMAFIA PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DIFETTO DI ISTRUTTORIA

Censura parte ricorrente la verosimile formulazione letterale della informativa, che non riferisce di effettivi tentativi di infiltrazione mafiosa e perciò non sarebbe sorretta da alcun elemento di fatto e da alcun riferimento motivazionale.

C) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. 241/90 PER OMESSA MOTIVAZIONE E VALUTAZIONE IN RELAZIONE ALL’ART. 91 DEL DLGS. 252/98 - VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 27 E 41 DELLA COSTITUZIONE

Richiamata la giurisprudenza in materia, asserisce parte ricorrente che, alla luce degli atti di espulsione immediatamente assunti, delle sentenze di assoluzione irrevocabili dei soci ed ex soci ed in dipendenza del gravissimo pregiudizio connesso alla probabilità che la ricorrente possa subire la revoca dei contratti in esecuzione si imporrebbe la richiesta di sospensione volta a sterilizzare il danno che la illegittima interdittiva esplica, stante la produttività ex sé degli effetti, anche tenuto conto che nessuna sostituzione è avvenuta, ma unicamente una redistribuzione delle quote degli espulsi tra i soci superstiti, in ossequio al disposto dell’ultimo periodo dell’art. 95 comma 1 del codice antimafia.

5- Con atto depositato il 20.10.2017 si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura U.T.G. di Vibo Valentia per resistere al ricorso.

6- Alla Camera di consiglio del 25.10.2017, con ordinanza -OMISSIS-pubblicata il successivo 26.10.2017 veniva rigettata l’istanza cautelare.

7- A seguito di gravame, con ordinanza n. -OMISSIS-dell’8.3.2018 il Consiglio di Stato rigettava l’appello.

8- All’udienza pubblica del 7.7.2021 il ricorso è stato spedito in decisione.

DIRITTO

9- Il ricorso è infondato.

10- I motivi, in quanto tra loro connessi, possono essere scrutinati congiuntamente.

11- Si ritiene preliminarmente opportuno richiamare i principi consolidati della giurisprudenza amministrativa, rilevanti nel caso di specie (cfr., tra le tante, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 18.5.2021, n. 1020;
T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 3.10.2017, n. 848;
Cons. Stato, Sez. III, n. 1743, n. 2742, n. 4170 e n. 4550 del 2016;
n. 256 del 2017):

- l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;

- trattandosi di una misura a carattere preventivo, l'interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;

- tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

- essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;

- anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l'instaurazione di un rapporto dell'impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l'interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l'ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;

- di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell'impresa), ma occorre che l'informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l'autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l'impresa esercitata da loro congiunti;

- gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata;

- pertanto, gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione;

- quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del 'più probabile che non', che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto;

- nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all'interno della famiglia si può verificare una 'influenza reciproca' di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;

- una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch'egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della 'famiglia', sicché in una 'famiglia' mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l'influenza del 'capofamiglia' e dell'associazione;

- hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l'Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza - su un'area più o meno estesa - del controllo di una 'famiglia' e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).

Sempre di recente anche questa Sezione ha avuto modo di osservare che: "È sufficiente per la emanazione un quadro indiziario, in cui assumono rilievo preponderante i fattori significativi, in termini di non manifesta infondatezza, dell'essere i comportamenti e le scelte dell'imprenditore un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle funzioni della pubblica amministrazione, un giudizio di possibilità che l'attività d'impresa presenti elementi di condizionamento, in qualsiasi forma, da parte delle associazioni malavitose o, per converso, che essa dia luogo ad agevolazione, aiuto, supporto, anche solo logistico, pur indiretti, agli interessi e agli affari di tali associazioni (cfr. Cons. Stato, n. 1743 e n. 444 del 2016;
C.G.A. Sicilia, n. 1129 del 2009;
Cons. Stato, n. 4737 del 2006;
Cons. Stato, n. 5247 del 2005;
Tar Campania, Napoli, n. 103 del 2016 e n. 50 del 2012;
Tar Calabria, Catanzaro, n. 479 del 2010;
Tar Lazio, Roma, n. 10892 del 2005)" (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 16.2.2021, n. 321).

Da ultimo, si rileva che "In tema di interdittiva antimafia, l'amministrazione può dare rilievo al rapporto di parentela, laddove tale rapporto, per la sua natura, com'è nel caso di prossimità del vincolo, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del più probabile che non, o di verosimiglianza, che l'impresa abbia una conduzione familiare, alla quale non risultino estranei (di diritto o di fatto) i parenti dediti a traffici illeciti, ovvero che le decisioni sull'attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia, mediante il contatto col proprio congiunto" (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 18.2.2020, n. 275).

12- Nella fattispecie, il quadro indiziario posto a base dell’informativa impugnata restituisce una visione non eccentrica o censurabile del rischio di inquinamento con la criminalità organizzata, tale cioè da far ritenere correttamente esercitato il potere attribuito all’Autorità Prefettizia.

13- Le controindicazioni a carico dell’odierna ricorrente riguardano:

-) il fatto che il Sig. -OMISSIS-, all’epoca dell’adozione del provvedimento socio della ricorrente, in data 29.4.2004 era stato deferito alla D.D.A. di Catanzaro, nell’ambito di un procedimento penale stralcio di altro procedimento a carico di 80 persone, ritenute a vario titolo responsabili di appartenere ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di numerosi reati tra i quali l’estorsione, il riciclaggio e l’investimento di proventi derivanti dalle medesime attività illecite, usura, stupefacenti, immigrazione clandestina e truffa ai danni dello Stato e dell’U.E. e per il quale il successivo 7.7.2006 detto procedimento risulta essere stato archiviato;

-) il fatto che un altro socio all’epoca del provvedimento, -OMISSIS-, fosse figlio allora convivente di -OMISSIS- (il quale, a sua volta, risultava indagato in procedimento penale da parte della D.D.A. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro (operazione “-OMISSIS-”) per il reato di cui agli artt. 610 c.p. e 7 della l. n. 203 del 1991 “ per aver -OMISSIS-, avvalendosi della sua notoria contiguità alla cosca “-OMISSIS-”, indotto l’imprenditore … omissis … a desistere dalla prosecuzione di lavori di bonifica nell’area industriale denominata “-OMISSIS-”, sita in località -OMISSIS-. Con l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 per aver posto in essere l’attività criminosa con modalità mafiose. Fatti commessi in Vibo Marina nel maggio 2014 ”, e relativamente al quale era stata accolta la richiesta di rinvio a giudizio dal Tribunale di Catanzaro in data 17.2.2017);

-) il fatto che i citati -OMISSIS- e -OMISSIS-risultano essere, rispettivamente, Presidente e Vice Presidente della “-OMISSIS-” con sede in Vibo Valentia (relativamente alla quale la Procura della Repubblica – D.D.A. di Catanzaro aveva comunicato che dalla nota congiunta di P.G. dell’8.10.2014 si può desumere che essa “ ha avuto rapporto commerciali/imprenditoriali (contratti di nolo a freddo) con società riconducibili anche attraverso forme di interposizione fittizia alla cosca di ‘ndrangheta -OMISSIS- ”.

14- Da quanto finora esposto si ricava anzitutto che, in punto di obblighi motivazionali, l’Amministrazione Prefettizia ha fornito un’adeguata esplicitazione dei presupposti fattuali e alle regole di inferenza in base ai quali ritiene sussistere la presenza di situazioni relative a tentativi di infiltrazione mafiosa ai sensi dell’art. 84 d.lgs. n. 159 del 2011.

15- In secondo luogo, non risulta di pregio il rilievo per il quale l’interdittiva sarebbe illegittima in quanto fondata esclusivamente su un mero rapporto di parentela.

Ciò in quanto, anzitutto, l’amministrazione non si è limitata a prendere in considerazione un mero rapporto di parentela, avendo dato altresì conto di un intreccio societario tra l’odierna ricorrente ed altra società (la “-OMISSIS-”, gravata di per sé da analoghi pregiudizi di rapporti economici, anche per mezzo di soggetti fittiziamente interposti, con una cosca ‘ndranghetistica), relativamente alla quale il legame del socio -OMISSIS-(Vice Presidente di quest’ultima e socio della ricorrente) sarebbe invero sufficiente, in sé, a giustificare la correttezza della valutazione circa il rischio di impropri condizionamenti nella vita aziendale, nei termini di cui nella succitata giurisprudenza (a ciò si può soggiungere incidentalmente – per mera completezza del quadro complessivo, atteso che tale aspetto non è posto in motivazione bensì in sede di scritti difensivi – che la bontà delle conclusioni in ordine ai pregiudizi a carico della “-OMISSIS-” è da ritenersi confermata dall’essere stata detta società, con provvedimento di pari data del provvedimento impugnato, assoggettata a sua volta ad interdittiva antimafia).

16- Anche con riferimento al padre del socio -OMISSIS-(ossia -OMISSIS-), non è censurabile l’avvenuta valorizzazione della sua posizione da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, tenuto conto che l’Amministrazione prefettizia ha valorizzato anche lo stresso legame tra detti due soggetti oltre al rapporto di convivenza, aspetti, questi, che, nel coacervo degli altri elementi (quali la presenza dell’altro socio), possono non irragionevolmente deporre, per la logica del più probabile che non, nel senso che le decisioni sull'attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia, attraverso il contatto col proprio congiunto (sul punto si rinvia alla giurisprudenza precedentemente richiamata ed anche a T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 18.2.2020, n. 275).

17- La correttezza del quadro non è inficiata dal fatto che i soci -OMISSIS-e -OMISSIS-siano incensurati, considerato che “È legittimo il provvedimento di interdittiva antimafia che si basa sui rapporti diretti di cointeressenza economica e compartecipazione societaria, oltre che sui legami parentali dei suoi soci con un soggetto fortemente contiguo a logiche e soggetti compromessi con la criminalità camorristica, senza che rilevi la circostanza che i soci siano incensurati perché le consorterie mafiose si servono spesso di soggetti incensurati per infiltrare l'attività economica senza destare sospetto o richiamare l'attenzione delle forze dell'ordine ” (Consiglio di Stato, Sez. III, 10.12.2020, n. 7879).

18- Si soggiunge, peraltro, che, il fatto che il procedimento gravante sul socio -OMISSIS-sia stato archiviato risulta trascurabile nell’economia complessiva della fattispecie. A tal proposito, infatti, ritiene il Collegio di mutuare quanto rilevato in giurisprudenza, a riguardo del medesimo socio, in una situazione analoga a quella oggetto di controversia, nel senso, cioè, che “ E’ irrilevante (…) che il procedimento penale nei confronti del sig. -OMISSIS-, vice Presidente del C.d.a. della -OMISSIS- (…) sia stato archiviato. La giurisprudenza di questa Sezione è costante nell'affermare che gli elementi posti a base dell'informativa antimafia possono anche essere stati oggetto di giudizio penale con esito di proscioglimento o di assoluzione, e ciò è stato ribadito anche di recente dalla Sezione (cfr. C.d.S., Sez. III, 03/07/2019, n.4577;
21/01/2019, n. 515;
15/01/2019, n. 389)
” (Consiglio di Stato, Sez. III, 10.6.2020, n. 3713).

19- Ancora, la correttezza del quadro indiziario non può venir meno dall’assunto di parte ricorrente, circa l’avvenuta espulsione dei soci -OMISSIS-e -OMISSIS-.

Per un verso, si richiama la giurisprudenza per cui “ La legittimità dell'atto di interdittiva antimafia va verificato alla stregua degli elementi esistenti al momento della sua adozione: gli elementi sopravvenuti possono essere rappresentati all'amministrazione proponendo apposita istanza di aggiornamento, ma non possono assumere rilievo ai fini della pronuncia sulla legittimità dell'atto interdittivo che deve valutare la logicità e ragionevolezza della decisione assunta dal Prefetto, alla stregua del principio del più probabile che non, alla stregua degli elementi fattuali al momento esistenti ” (Consiglio di Stato Sez. III, 14.9.2018, n. 5410;
Id. 6.5.2020, n.2854). Orbene, essendo tali fatti successivi all’adozione del provvedimento impugnato risultano inidonei ad inficiarne la legittimità.

In secondo luogo, si osserva dette modifiche sociali non sono di per sé pregnanti (alla stregua di operazioni di self-cleaning ), non solo qualora (come nella fattispecie) successive all’adozione del provvedimento impugnato, ma neanche qualora fossero state precedenti ad esso, tenuto conto che, come rilevato in giurisprudenza, " alcune operazioni societarie possono disvelare un'attitudine elusiva della normativa antimafia;
sempre più spesso infatti le associazioni a delinquere di stampo mafioso fanno ricorso a tecniche volte a paralizzare il potere prefettizio di adottare misure cautelari (Cons. St., sez. III, 6 maggio 2020 n. 2854) ed il continuo mutamento dell'asset societario rappresenta proprio un efficace strumento utilizzato in tal senso: di fronte al "pericolo" dell'imminente informazione antimafia di cui abbiano avuto in quale modo notizia o sentore (ovvero, come nel caso di specie, di fronte all'avvenuta adozione dell'interdittiva) reagiscono mutando sede legale, assetti societari, intestazioni di quote e di azioni, cariche sociali, soggetti prestanome, cercando comunque di controllare i soggetti economici che fungono da schermo, anche grazie alla distinta e rinnovata personalità giuridica, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni"(Cons. St., sez. III, 13 maggio 2020 n. 3030)
” (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 23.11.2020, n. 1742).

20- In conclusione, il ricorso va rigettato in quanto infondato.

21- Le spese seguono la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi