TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-05-06, n. 202408966
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Testo completo
Pubblicato il 06/05/2024
N. 08966/2024 REG.PROV.COLL.
N. 11069/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11069 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G P, G A, con domicilio eletto presso lo studio G P in Perugia, via Cesare Balbo 26;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa sospensione,
del diniego di concessione della cittadinanza -OMISSIS-;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il dott. G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugna il decreto n. -OMISSIS- del 25.07.2017 avente ad oggetto il rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana presentata in data 10.11.2014 ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
In particolare, a fondamento del diniego il Ministero intimato ha rappresentato che, dall’attività informativa esperita, “ è emersa la contiguità di due cugini a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza ”.
Avverso l’anzidetto diniego ha quindi proposto ricorso l’interessato, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
I. “ Violazione dell’art. 10-bis L.241/1990. Eccesso di potere nella figura sintomatica della manifesta illogicità/irragionevolezza ”, in quanto l’omissione del preavviso di rigetto ex art. 10- bis ha evidentemente frustrato le sue garanzie partecipative;
II. “ Eccesso di potere integrato dalla motivazione carente/errata. Travisamento e/o erronea valutazione di fatti determinanti. Erroneità dei presupposti a fondamento del provvedimento impugnato. Irragionevolezza ed illogicità sotto ulteriori profili. Ingiustizia manifesta ”. Il ricorrente lamenta, essenzialmente, che l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente valutato le sue condizioni di vita, familiari e sociali, essendosi infatti ormai compiutamente integrato nel tessuto socio-economico nazionale. Il provvedimento, pertanto, sarebbe affetto anche da un grave vizio di motivazione, in quanto il rigetto si fonderebbe sulla asserita e non meglio specificata sussistenza di pericoli per la sicurezza della Repubblica in ragione della contiguità con altri soggetti e nel corredo motivazionale l’Amministrazione avrebbe operato un mero rinvio alla documentazione dalla quale emergerebbero i presunti motivi inerenti alla sicurezza, senza tuttavia allegare detto documento e senza neanche indicare esplicitamente, nel corpo della motivazione, tali elementi ostativi. Evidenzia, infine, di essere incensurato.
Si è costituita l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso.
Con ordinanza istruttoria n. 14672 del 4.10.2023 il Presidente ha disposto l’acquisizione della documentazione riservata posta a fondamento del provvedimento impugnato, specificando le modalità di deposito necessarie a preservarne la riservatezza.
L’ordine istruttorio è stato adempiuto dall’Amministrazione resistente, la quale ha depositato, in data 5.1.2024, una relazione in busta chiusa e sigillata, della quale ha potuto prendere visione il difensore del ricorrente.
La causa è stata rinviata su richiesta del ricorrente per consentirgli di articolare controdeduzioni difensive.
All’udienza pubblica del 27 marzo 2024, in vista della quale il ricorrente ha depositato memoria difensiva chiedendo altresì lo stralcio della documentazione tardivamente depositata dall’Amministrazione il 3.8.2023, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Preliminarmente, il Collegio ritiene destituita di fondamento l’eccezione sollevata dalla parte ricorrente con la quale è stato chiesto lo stralcio della memoria e dei documenti tardivamente depositati dall’Avvocatura dello Stato.
Difatti, i documenti prodotti il 3.8.2023 consistono in una relazione dell’Amministrazione, rispetto alla quale il ricorrente ha avuto ampia facoltà di formulare le proprie controdeduzioni difensive supportate da documentazione, mentre gli altri documenti consistono negli “ atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato ” che l’Amministrazione resistente, ai sensi del disposto di cui all’art. 46, comma 2, c.p.a., ha l’obbligo di depositare in giudizio e che, nel caso di mancata produzione, potrebbero in ogni caso essere acquisiti su ordine del giudice a norma dell’art. 65, comma 3, c.p.a. Si tratta, in definitiva, di atti e documenti che, in quanto attinenti al procedimento amministrativo, devono comunque essere acquisiti al giudizio e non possono essere stralciati.
Ciò posto, i due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perché strettamente connessi, sono infondati per le ragioni che seguono.
2.1. Appare utile, innanzitutto, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti dalla Sezione (cfr., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280 e 5130 del 2022).
Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue " una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale " (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).
Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;n. 52 del 10 gennaio 2011;Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).
L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.
In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).
Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036;nonché, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 su prospettive e limiti dell’applicazione del principio di proporzionalità in tale materia).
2.2. Tanto premesso e venendo al caso di specie, a fondamento dell’impugnato diniego il Ministero resistente ha rappresentato che, dall’attività informativa esperita, “ è emersa la contiguità di due cugini a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza ”.
In particolare, a seguito dell’istruttoria disposta ed espletata in corso di causa, l’Amministrazione ha riferito che sia l’odierno istante che suo cugino sono noti per le loro posizioni radicali e per la loro frequentazione di soggetti emersi in indagini incentrate sul radicalismo islamico, alcuni dei quali condannati a pene detentive per il reato di “ arruolamento con finalità di terrorismo internazionale ” di cui all’art. 270 quinquies c.p.
Sulla base di detta informativa, il Ministero resistente, sulla scorta di un’attività valutativa sostanzialmente “vincolata” agli accertamenti degli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, ha ritenuto preminente l’esigenza di salvaguardia della sicurezza nazionale rispetto all’interesse del richiedente all’acquisto della cittadinanza italiana.
Ciò posto, quanto al profilo di censura riguardante l’asserito vizio di motivazione, giova ribadire che il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è connotato da amplissima discrezionalità, informata anche a criteri di precauzione di profilo oggettivo (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2016, n. 1874) e di cautela (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;6 settembre 2018, n. 5262), in quanto atto che attribuisce definitivamente uno status che comporta rilevantissime conseguenze per il patrimonio giuridico del richiedente e sui suoi diritti all’interno dello Stato;tale concessione può però comportare conseguenze altrettanto rilevanti, anche gravemente perniciose per l’interesse nazionale in caso di infelice concessione.
Più in particolare, nell’operare il bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, va considerato che il sacrificio dell'interesse del privato consiste nel non conseguire immediatamente il pieno riconoscimento di tutti i diritti, consistenti nella sostanza nei diritti politici che consentono di partecipare all’autodeterminazione della vita del Paese mediante l’esercizio del diritto di elettorato (oltre che nel diritto di incolato e limitazione dell’estradizione), essendo il conseguimento di tale posizione differito al momento in cui si possono ritenere maturati in capo ad esso tutti i requisiti richiesti. Mentre, nel caso di accoglimento dell’istanza, le conseguenze sono tendenzialmente irreversibili ed interessano l’intera collettività in quanto il soggetto viene ad essere ammesso stabilmente nella comunità nazionale in via definitiva, con diritto di partecipazione alla determinazione delle scelte politiche. In tale prospettiva non può ritenersi sproporzionato, ove si considerino le gravità delle conseguenze per la generalità dei consociati, il provvedimento che nega la cittadinanza, in via di precauzione adeguatamente avanzata, a quei soggetti di cui si dubita che possano assicurare il rispetto dei valori fondamentali, quali la vita e la incolumità delle persone, la fiducia ed il riguardo per le Istituzioni dello Stato di cui entra a far parte, ed altri beni riconosciuti e tutelati dalla Costituzione (TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022).
A fronte degli importanti interessi della comunità nazionale coinvolti nel procedimento, l’interesse del cittadino di altro Stato a conseguire la cittadinanza italiana è inevitabilmente recessivo e sottoposto a severa verifica istruttoria, affidata non solo alle autorità locali di pubblica sicurezza (il Prefetto e il Questore), ma anche agli organismi specificamente preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, che nella presente fattispecie hanno evidenziato - con modalità compatibili con la riservatezza (pure consentita perché dovuta a esigenze di sicurezza nazionale: si pensi alla tutela delle fonti di informazione) e dunque non soggette ai pieni canoni di trasparenza che debbono caratterizzare l’attività amministrativa ordinaria - possibili criticità (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326;5679/2021, 6720/2021;8084/2022 e n. 11538/2022 Tar Lazio, Sez. V bis n. 17081/2022;16084/2022;15986/2022;n. 15985/2022;15944/2022 n. 13911/2022 e 11806/2022).
La sicurezza della Repubblica è, infatti, interesse di rango certamente superiore rispetto all'interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura tendenzialmente irrevocabile, presuppone che " nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda " (così Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017 n. 657;cfr. 5236/2020 e 8039/2021).
A tal riguardo la Corte Costituzionale ha affermato che la rilevanza dell'interesse della sicurezza dello Stato-comunità alla propria integrità ed alla propria indipendenza trova espressione nell'art. 52 della Costituzione (Corte Costituzionale n. 24 del 2014).
Dalle considerazioni che precedono consegue che l’obbligo di motivazione del diniego si presta ad essere adeguatamente calibrato in funzione, anche, della delicatezza degli interessi coinvolti, che potrebbero ricevere pregiudizio già per effetto di un indiscriminato ed incontrollato palesamento dei fatti accertati dall’Amministrazione e degli strumenti istruttori utilizzati: sì da legittimare un assolvimento “attenuato” dell’obbligo esplicativo delle ragioni del provvedimento, da parte dell’Amministrazione, quando una più ampia disclosure , già nel contesto del provvedimento medesimo, dei dati e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione potrebbe costituire, come nella specie, un attentato alla segretezza connaturata allo svolgimento di investigazioni particolarmente penetranti ed in ambiti estremamente rischiosi (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;n. 8133/2020;3886 e 3896/2021, 5679/2021, 6720/2021 e 8084/2022;orientamento pienamente condiviso sin dall’inizio da questa sezione: vedi TAR Lazio, sez. V bis, n. 11806/2022).
Invero, con riferimento al diniego di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza, la giurisprudenza ha più volte rilevato che gli accertamenti sulla sicurezza pubblica sono naturalmente riservati, sicché quando non sono posti a base di misure limitative della libertà o di altri diritti costituzionalmente garantiti, ma danno luogo alla formulazione di una valutazione riferibile al potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini – come nel caso in esame in cui si controverte sul diniego all’adozione di un provvedimento ampliativo consistente nella concessione del massimo status quale la cittadinanza -, ben possono essere esternati con formule sintetiche che, piuttosto che configurarsi meramente apodittiche, hanno l'obiettivo di evitare il disvelamento di notizie che potrebbero compromettere anche solo attività di " intelligence " in corso e le connesse esigenze di salvaguardia della incolumità di coloro che hanno effettuato le indagini (Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 5262 del 6 settembre 2018;n. 3206 del 29 maggio 2018).
Sul punto, pertanto, si è ritenuto che, in presenza della classifica di riservatezza sugli atti istruttori, correttamente l’Amministrazione omette di indicarne il contenuto, di modo che il richiamo ob relationem a detto contenuto può soddisfare le condizioni di adeguatezza della motivazione, mentre l’esercizio dei diritti di difesa resta soddisfatto dall’eventuale ostensione in giudizio, su espressa disposizione dell’Autorità giudicante, con le cautele previste per la tutela dei documenti classificati, che nel caso di specie ha avuto luogo (cfr. Cons. Stato, sez. III, nn. 8084/2022;6720/2021;sez. VI, n. 1173/09, n. 7637/09;T.A.R. Lazio, II Quater, n. 9293/14, n. 604/13, n. 3158/12, n. 14015/11).
In definitiva, alla stregua dei rilievi innanzi descritti, il ritenuto pericolo per la sicurezza della Repubblica posto a fondamento del gravato decreto appare adeguatamente supportato da quanto chiarito nella relazione riservata, secondo cui l’istante sarebbe noto per le sue posizioni radicali e per la sua frequentazione, insieme al cugino, di soggetti contigui ad organizzazioni del fondamentalismo islamico, alcuni dei quali condannati per il reato di “ arruolamento con finalità di terrorismo internazionale ”. Tale circostanza appare giustificare ragionevolmente il diniego impugnato anche in un’ottica di prevenzione, venendo in rilievo l'interesse superiore dell'ordinamento a non attribuire lo status di cittadino a chi non offra piene garanzie di rispettare i valori fondamentali sui quali si fonda la comunità statuale.
In questo contesto, peraltro, è stato di recente efficacemente evidenziato che “ allorquando il diniego opposto dall’Amministrazione trovi fondamento in comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, si giustifica l’anticipazione della soglia di prevenzione e di tutela del preminente interesse alla sicurezza dello Stato, onde assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto di attività che attentino all’integrità della Repubblica. Si comprende in quest’ottica un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere ad un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di agevolazione di tali organizzazioni criminali ” (Cons. Stato, sez. III, 19 settembre 2022, n. 8084).
Si è condivisibilmente affermato, ancora, che il concetto di sicurezza della Repubblica non è legato – contrariamente a quanto eccepito dalla difesa del ricorrente - ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può riguardare anche solo specifiche frequentazioni dello straniero e l'appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica o sulla condivisione dei valori che possano mettere in pericolo la comunità nazionale (Tar Lazio, Sez. II quater, 1 settembre 2015 n. 10989 e 29 settembre 2016 n. 9973;TAR Lazio, sez. V bis, 30/11/2022 n. 15985).
2.3. In ultima analisi, la valutazione del Ministero dell'Interno è avvenuta sulla base di accertamenti il cui esito, in termini di prognosi di idoneità allo stabile inserimento nella comunità nazionale con il conferimento della cittadinanza, rientra negli apprezzamenti di merito non sindacabili dinanzi al giudice amministrativo, anche considerato che il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile (salvi i casi di revoca normativamente previsti), si fonda su determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (Cons. Stato, Sez. III, 7 gennaio 2022, n. 104;8084/2022 e n. 11538/2022).
Quanto, poi, all’attendibilità delle valutazioni operate dall’Amministrazione, si deve evidenziare che si tratta di notizie pervenute dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, quindi, di fonte ufficiale, raccolte e vagliate da detti organismi pubblici nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali, sulla cui attendibilità non è dato ragionevolmente dubitare.
Né la natura di alta amministrazione del provvedimento gravato consente a questo giudice di sostituire valutazioni di merito, riservate all'Autorità amministrativa preposta, con altre, attesi i vincoli al sindacato giurisdizionale in questa materia.
Non può, in definitiva, essere ravvisato alcun vizio nell’operato del Ministero dell'Interno, che si è basato sulle indagini condotte dagli organismi preposti ai servizi di sicurezza dello Stato ed ha prestato fede alla loro provenienza istituzionale (cfr. Cons. Stato sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289 e 8 ottobre 2021, n. 6720) né sarebbe stata opportuna l’esternazione di maggiori dettagli.
Alla luce di tutte le considerazioni sinora esposte, il diniego impugnato appare adeguatamente motivato e immune dalle censure prospettate.
2.4. Per quanto concerne, infine, l’ulteriore motivo di censura a mezzo del quale si lamenta l’omesso invio della comunicazione ex art. 10- bis della legge n. 241/1990, il Collegio ritiene che non sia meritevole di accoglimento alla luce del costante orientamento anche di questa Sezione.
Invero, l’omessa comunicazione del preavviso di diniego può essere giustificata alla luce del fatto che l’ emanando provvedimento fosse destinato ad essere supportato da elementi di carattere “riservato”, ai quali non avrebbe comunque potuto essere consentito l’accesso da parte dell’istante.
Al riguardo, la consolidata giurisprudenza anche di questo Tribunale, attese le esigenze di tutela di informazioni riservate, ha ritenuto infondata la censura riferita alla violazione dell’art. 10- bis della legge 241/1990 “ in ragione del carattere secretato delle informazioni a carico dell’interessato, che non avrebbe comunque consentito l’ostensione, come prevede l’art. 2, comma 1, lett. d) del decreto del Ministero dell’Interno n. 415/1998 ” (T.A.R. Lazio, Sezione I ter, n. 11801/2019) e ha altresì spiegato “ che, qualora il diniego sia destinato ad esser supportato da dati di carattere “riservato” (che potrebbero, se conosciuti, pregiudicare la sicurezza nazionale: e che, in quanto tali, sono addirittura sottratti all’accesso), non è – del pari – ipotizzabile la violazione della norma posta dall’art. 10 bis della legge n. 241/90: la cui “ratio” presuppone che l’interessato sia messo in condizione di conoscere in modo dettagliato gli elementi che giustificano l’adozione del futuro provvedimento negativo ” (T.A.R. Lazio, Sezione II quater, n. 4271/2013), come ribadito anche di recente da questa Sezione (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 16084/2022, nonché, con specifico riferimento al diniego di accesso agli atti TAR Lazio, sez. V bis, n. 14320/2022), allineandosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (vedi, da ultimo, Cons. St., sez. 11387/2022).
In altri termini, in ragione del carattere secretato di tali informazioni, non è nella specie ragionevolmente concepibile un contraddittorio procedimentale, pena la frustrazione delle elementari esigenze di riservatezza e segretezza che concernono l’attività informativa degli organi di sicurezza della Repubblica.
Alla stregua di quanto precede, anche tale motivo deve ritenersi infondato, con conseguente reiezione del ricorso.
3. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.