TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-07-02, n. 202104596

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-07-02, n. 202104596
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202104596
Data del deposito : 2 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2021

N. 04596/2021 REG.PROV.COLL.

N. 02187/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2187 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
C C, P S, rappresentati e difesi dall'avvocato P D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Succivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

I) con il ricorso introduttivo:

del silenzio - inadempimento serbato dal Comune di Succivo sull'istanza di avvio del procedimento amministrativo ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 volto alla regolarizzazione dell’illecita occupazione, dalla data del 14.6.2005, dell’area riportata al Catasto Terreni, Foglio 7, particella 5198 (già particella 546) della superficie di 477 mq, nonché per il consequenziale risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali;

II) con i motivi aggiunti:

- per l’annullamento della nota del 13.7.2017 depositata in giudizio il 18.7.2017, con cui il Comune di Succivo ha rigettato l’istanza di cui sopra;

- previa declaratoria della illegittimità della perdurante occupazione, per l’accertamento, con consequenziale condanna, del Comune di Succivo a provvedere sull’istanza degli odierni ricorrenti, ordinando, al contempo, all’amministrazione resistente di regolarizzare l’attuale illegittima occupazione, attraverso il legittimo acquisito della proprietà della predetta area, ovvero mediante adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001;

- nonché per la consequenziale condanna del medesimo Comune al risarcimento in favore degli odierni ricorrenti e ad ognuno per quanto di ragione, dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti per il periodo di occupazione senza titolo a far data dal 14.6.2005 sino alla data di regolarizzazione.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Succivo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2021 - svoltasi con le modalità di cui all’art. 25 del D.L. n. 137/2020 convertito dalla L. n. 176/2020, al D.L. n. 44/2021 e al D.P.C.S. del 28.12.2020 - il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il gravame introduttivo, inviato per la notifica il 18.5.2017 e depositato il 30.5.2017, i ricorrenti esponevano in fatto che:

- sono, rispettivamente, acquirente (C C) e uno dei danti causa (P S), in forza di contratto di compravendita del 16.3.2006, di un fondo di mq. 477 sito nel Comune di Succivo, allibrato in Catasto Terreni al Foglio 7, particella 5198, derivante dal frazionamento della particella originaria n. 546, di maggiore estensione;

- tale cespite è stato ricompreso nella procedura espropriativa - mai conclusa - per la realizzazione di una strada di collegamento prevista dal P.R.G. di cui al progetto preliminare approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 25/1997;

- con decreto n. 1 del 5.5.2000 e successiva redazione del verbale di consistenza del 14.6.2000, il Comune provvedeva all’occupazione di urgenza del fondo con validità di 3 anni, successivamente prorogata fino al 14.6.2005 (decreto del Comune di Succivo n. 5464 del 30.5.2003).

Tanto premesso, i deducenti lamentavano il silenzio - inadempimento serbato dal Comune di Succivo sulla istanza avanzata il 24.2.2016 e reiterata il 23.11.2016, con cui invitavano l’ente locale a definire il procedimento ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 per la regolarizzazione dell’illegittima occupazione, tutt’ora in corso, dell’area corrispondente alla particella 5198 (nel frattempo, come si è visto, acquistata dalla Sig.ra Chianese) provvedendo alla relativa acquisizione, nonché a corrispondere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, per l’occupazione sine titulo .

In punto di diritto, affidavano il gravame ai seguenti motivi di diritto: violazione degli artt. 1 e 2 della L. n. 241/1990, degli artt. 3 e 97 della Costituzione, eccesso di potere, ingiustizia manifesta.

Si costituiva in giudizio il Comune di Succivo, opponendosi all’accoglimento del ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a. per aver riscontrato l’istanza dei privati con provvedimento di rigetto del 13.7.2017 che depositava in corso di causa.

A sostegno del diniego alla richiesta di acquisizione ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, l’ente locale adduceva, in sintesi, la carenza dei presupposti;
in particolare, esponeva di aver stipulato in data 27.12.2001 con i proprietari originari un accordo transattivo a definizione di pregressi contenziosi afferenti alla procedura espropriativa che prevedeva la cessione volontaria del suolo (art. 3) e l’impegno del Comune a versare una somma di Lire 51 milioni a ristoro dei danni patiti dai privati (art. 7), il cui pagamento sarebbe avvenuto contestualmente al perfezionamento del trasferimento dell’immobile (art. 8). Giova altresì rammentare che il predetto accordo aveva validità di mesi 6 dalla sottoscrizione, salva l’espressa possibilità per le parti di prorogarne l’efficacia (art. 11).

Il Comune depositava inoltre l’atto del 16.1.2004 intercorso tra il Sig. P S ed altri contitolari del fondo, da un lato, ed il Responsabile unico dei lavori pubblici del Comune di Succivo, dall’altro, con cui - sempre al fine di transigere i predetti contenziosi – i privati manifestavano l’intenzione di addivenire alla cessione volontaria del predetto immobile di mq. 477 per il prezzo concordato di € 51.669,00.

L’ente si opponeva pertanto alla richiesta di risarcimento dei danni per occupazione illegittima in quanto la somma da liquidare per la cessione ed il pregiudizio da occupazione illegittima sarebbe stata già calcolata ed accettata dai titolari del fondo, ivi compreso il Sig. P S, rinunciando ad ogni ulteriore pretesa. Quanto alla Sig.ra C C, il Comune ne assumeva l’estraneità alla procedura espropriativa in quanto l’ente non sarebbe stato reso edotto in ordine al contratto di vendita del 16.3.2006.

Avverso tale nota del 13.7.2017 depositata il 18.7.2017 insorgevano i ricorrenti con gravame impugnatorio inviato per la notifica in data 8.9.2017 e depositato il 13.9.2017.

In sintesi, deducevano motivi aggiunti di illegittimità in via derivata, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, eccesso di potere, travisamento, irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà.

Secondo la prospettazione attorea, l’impugnata nota non rimuoverebbe gli effetti del contegno illegittimo dell’amministrazione comunale che non avrebbe ancora perfezionato la procedura espropriativa, perdurando l’occupazione sine titulo .

La cessione volontaria dei beni non si sarebbe mai perfezionata ed il Comune non avrebbe provveduto ad alcun deposito delle somme in favore degli aventi diritto presso la Cassa Depositi e Prestiti;
a tale ultimo proposito, evidenziano infatti che il documento contabile depositato in giudizio (mandato di pagamento della Cassa Depositi e Prestiti) indica come beneficiario esclusivamente il Comune e non i privati. Per l’effetto, l’amministrazione sarebbe obbligata ad adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, provvedendo alla regolarizzazione dell’acquisto.

In ogni caso, gli istanti insistevano per la condanna del Comune al risarcimento dei danni da occupazione illegittima - a partire, quindi dal 14.6.2005, data definitiva di scadenza della occupazione d’urgenza - da commisurare al valore venale del bene;
chiedevano inoltre il risarcimento dei danni non patrimoniali per lesione del “diritto inviolabile della persona costituzionalmente qualificato” , da liquidare in via equitativa ovvero nella misura del 10% del danno patrimoniale, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Il Comune di Succivo eccepiva l’inammissibilità del gravame in quanto avente ad oggetto domande soggette a riti diversi (rito camerale per il ricorso introduttivo ed ordinario per i motivi aggiunti) prive di profili di connessione;
nel merito, l’ente contestava il dedotto e concludeva per il rigetto del gravame.

All’udienza del 15.6.2021 il gravame era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, non ha pregio l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune;
in senso contrario, è sufficiente rilevare che alla fattispecie processuale in esame si applica l’art. 117, comma 5, c.p.a. il quale prevede espressamente che, qualora nel corso del giudizio proposto avverso il silenzio - rifiuto, sopravvenga il provvedimento espresso, questo può essere impugnato con motivi aggiunti (come è avvenuto nel caso specifico) e l’intero giudizio prosegue con il rito ordinario.

Sempre in limine litis , occorre dichiarare la parziale inammissibilità del gravame, limitatamente alla posizione di P S, per carenza di legittimazione attiva e di interesse a ricorrere.

Difatti, con contratto del 16.3.2006 i Sig.ri P S e P G – in qualità di comproprietari ciascuno per la quota del 50% - vendevano a C C, tra l’altro, la particella n. 5198 con la precisazione che “eventuali indennità di esproprio relative ai terreni saranno a favore della parte acquirente senza che i venditori possano eccepire alcunchè” (art. 6).

Occorre anche registrare che, con successivo atto del 18.12.2015, il Sig. P S (ulteriore contitolare pretermesso nella vendita del 2006 sul presupposto della intervenuta usucapione abbreviata della sua quota) procedeva alla convalida ex art. 1444 c.c. per la quota di sua spettanza, riconoscendo valida ed efficace l’avvenuta compravendita a favore della Sig.ra C C.

Ne consegue che, per effetto del richiamato atto di vendita, unica legittimata a richiedere la regolarizzazione dell’acquisto della particella da parte del Comune ed il risarcimento del danno da occupazione sine titulo è l’odierna proprietaria del fondo alla quale, come si è visto, il rogito attribuiva anche il diritto alla riscossione di eventuali indennità di esproprio, locuzione da ritenersi inclusiva delle attribuzioni patrimoniali connesse alla procedura espropriativa, ivi incluse eventuali voci risarcitorie per illegittima apprensione del fondo.

Si aggiunga che, in ordine al descritto trasferimento della proprietà della particella n. 5198, il Comune veniva reso edotto con l’atto stragiudiziale di diffida e messa in mora del 24.2.2016 (cfr. allegato al ricorso introduttivo) - a firma di entrambi i ricorrenti - il quale recava espressa menzione degli estremi dell’atto di compravendita rep. n. 146047 del 16.2.2006 e l’invito a corrispondere alla Sig.ra C C, attuale titolare del suolo, il risarcimento per l’occupazione illegittima.

Tanto premesso, va dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sulla richiesta di regolarizzazione dell’acquisizione del fondo ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001. Tanto in omaggio al consolidato indirizzo pretorio, dal quale non vi sono ragioni di discostarsi, secondo cui l’adozione da parte dell'amministrazione di un qualsivoglia provvedimento esplicito in risposta all'istanza dell'interessato (anche non satisfattivo dell'interesse pretensivo fatto valere dal privato), interrompe l'inerzia dell’amministrazione e rende il ricorso avverso il silenzio: a) inammissibile, per carenza originaria d'interesse ad agire se il provvedimento, intervenga prima della proposizione del ricorso medesimo;
b) improcedibile, per carenza sopravvenuta di interesse ad agire, se il provvedimento intervenga nel corso del giudizio (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2660/2018, Sez. V, n. 2465/2013;
T.A.R. Campania - Napoli, Sez. III, n. 650/2021), come è accaduto nella fattispecie, con l’emanazione in corso di causa della nota del 13.7.2017 versata agli atti di causa il 18.7.2017.

Può dunque passarsi all’esame dei motivi aggiunti proposti per l’annullamento della predetta nota del 13.7.2017 e le ulteriori richieste avanzate da parte ricorrente (accertamento dell’obbligo di provvedere del Comune sulla richiesta di regolarizzazione dell’acquisto e di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in relazione all’occupazione sine titulo per il periodo successivo al 14.6.2005) .

Nel merito, i motivi aggiunti sono fondati nei limiti di seguito indicati.

Dall’esame degli atti di causa emerge che in data 27.12.2001 gli originari proprietari della particella (tra i quali P S, P G e P S) - oggetto di occupazione di urgenza nell’ambito di un procedimento espropriativo non perfezionato - stipulavano un accordo transattivo con il Comune di Succivo a definizione di pregressi contenziosi afferenti alla procedura espropriativa, il quale prevedeva l’impegno dei contitolari ad addivenire alla cessione volontaria del suolo (art. 3) e l’impegno del Comune a versare una somma a ristoro dei danni patiti dai privati (art. 7), il cui pagamento sarebbe avvenuto contestualmente al perfezionamento del trasferimento dell’immobile (art. 8);
il predetto accordo aveva validità di mesi sei dalla sottoscrizione, salva l’espressa possibilità per le parti di prorogarne l’efficacia (art. 11).

A tale accordo faceva seguito l’atto del 16.1.2004 intercorso tra i Sig.ri P S, P G e P S, da un lato, ed il Responsabile unico dei lavori pubblici del Comune di Succivo, dall’altro, con cui - sempre al fine di transigere i predetti contenziosi - le parti manifestavano la volontà di addivenire alla cessione volontaria del predetto immobile di mq. 477 per il prezzo concordato di € 51.669,00. Tuttavia, occorre rilevare che tale cessione volontaria non pare essersi perfezionata, non risultando la sottoscrizione di P S, pur figurando tra i contitolari del bene;
peraltro, la circostanza è confermata anche dalla difesa del Comune di Succivo che, nei propri scritti difensivi, espone di aver invitato invano il predetto alla stipula del rogito definitivo. Inoltre, manca anche la prova del pagamento del prezzo della cessione visto che, come rilevato dalla parte ricorrente, il documento contabile depositato in giudizio (mandato di pagamento della Cassa Depositi e Prestiti) indica come beneficiario il Comune e non i privati venditori.

Ne consegue che, non essendosi concluso il procedimento espropriativo, in mancanza di accordo prestato da tutti i contitolari alla cessione della particella e decorso il termine semestrale (non ulteriormente prorogato) previsto dall’accordo ex art. 11 della L. n. 241/1990 del 27.12.2001 per la stipula del rogito, non si è mai perfezionato il trasferimento del fondo in capo al Comune di Succivo;
per l’effetto, tenuto anche conto della successiva vendita del 2006 in favore della Sig.ra C C, deve ritenersi che, allo stato degli atti, quest’ultima è tuttora proprietaria del bene. In assenza di un titolo, valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà, permane quindi la situazione di illiceità in cui versa l'ente intimato per l'attuale, incontestata occupazione della particella in questione.

Al tempo stesso, attesa la caducazione giudiziale della suindicata nota del 13.7.2017 e in accoglimento della domanda attorea, previa declaratoria di illegittimità dell'occupazione del suindicato fondo a partire dalla scadenza dell’occupazione d’urgenza (14.6.2005) e fino all’attualità, occorre prendere atto del contegno inerte dell’amministrazione comunale in ordine alla richiesta di definizione del procedimento ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 per la regolarizzazione dell’illegittima apprensione del cespite.

Al riguardo, giova rammentare in termini generali come l’occupazione sine titulo di un immobile, quale situazione nella quale rientra qualsiasi situazione originaria (apprensione del bene diretta da parte della P.A., senza alcuna previa attivazione di procedure ablatorie) o sopravvenuta (a seguito di declaratoria di illegittimità di procedure espropriative, ovvero di inefficacia delle stesse) di acquisizione della disponibilità materiale di immobili da parte della mano pubblica, costituisce un illecito permanente rientrante nel genus dell’art. 2043 c.c. fino a che perdura l'illecita apprensione dell'area.

La cessazione di ridetta permanenza consegue a specifici fatti o atti giuridici, tra i quali la restituzione del fondo al legittimo proprietario, la stipula di un accordo transattivo con effetti traslativi del diritto di proprietà in capo all’amministrazione agente, il maturare dell’usucapione a condizioni date (Consiglio di Stato, Sez, IV, n. 3988/2015 e n. 3346/2014;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 498/2021), ovvero l’adozione del provvedimento di cui all’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 ( “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico” ) che comporta il passaggio del diritto di proprietà all’amministrazione sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute a titolo di: a) danno patrimoniale, da determinarsi nella misura del valore venale dell'area alla data di emissione del provvedimento di acquisizione;
b) danno non patrimoniale (nella misura del 10% del valore venale dell'area occupata).

Orbene, alla luce di quanto precede, il Tribunale ritiene opportuno disporre che:

- il Comune di Succivo si determini espressamente con atto motivato (di accoglimento o di rigetto), entro e non oltre giorni 90 dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza, in ordine alla richiesta di adozione del provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis T.U. Espropri, valutazione che rientra nella propria discrezionalità (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1514/2012) - fatto salvo l’eventuale acquisto iure privatorum – prospettandosi, in caso di motivata decisione di non acquisizione, l’obbligo di restituzione del suolo alla titolare, previa rimessione in pristino a spese dell’amministrazione (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2016 secondo cui “la scelta che l’amministrazione è tenuta ad esprimere nell’ipotesi in cui si verifichi una delle situazioni contemplate dai primi due commi dell’art. 42-bis, non concerne l’alternativa fra l’acquisizione autoritativa e la concreta restituzione del bene, ma quella fra la sua acquisizione e la non acquisizione, in quanto la concreta restituzione rappresenta un semplice obbligo civilistico - cioè una mera conseguenza legale della decisione di non acquisire l’immobile assunta dall’amministrazione in sede procedimentale - ed essa non costituisce, né può costituire, espressione di una specifica volontà provvedimentale dell’autorità, atteso che, nell’adempiere gli obblighi di diritto comune, l’amministrazione opera alla stregua di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento e non agisce iure auctoritatis” );

- in accoglimento della concorrente domanda, del pari formulata nell'odierno giudizio, spetta alla ricorrente il risarcimento del danno causato dall'illegittima detenzione da parte del Comune della particella di sua proprietà, non legittimamente espropriata, né altrimenti acquisita al patrimonio dell'ente, per il periodo intercorrente tra la scadenza dell’occupazione d’urgenza (cioè dal 14.6.2005 e con la precisazione di seguito fornita in relazione al decorso della prescrizione) e la regolarizzazione dell’acquisto della proprietà da parte del Comune secondo le modalità di cui al precedente alinea;

- quanto al predetto risarcimento, il Tribunale fornisce i seguenti criteri ai sensi dell’art. 34, comma 4, del c.p.a.: l’importo sarà liquidato dal Comune entro il termine sopraindicato (90 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza), facendo applicazione in via equitativa del parametro di cui all'art. 42 bis (Consiglio di Stato, Sez, VI, n. 5700/2019) e, dunque, determinando una somma pari al 5% annuo del valore venale del bene, secondo la relativa destinazione urbanistica (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 5840/2020 sul metodo della “stima diretta o sintetica” che “consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima” ), oltre rivalutazione - trattandosi di debito di valore - e interessi legali;

- in relazione alla sollevata eccezione di prescrizione, va rilevato che il danno da occupazione illegittima (nella specie, come si è visto, per il periodo successivo alla scadenza del termine di occupazione d’urgenza) si ricollega ad una condotta antigiuridica con carattere permanente, in quanto si protrae nel tempo e dà luogo ad una serie di fatti illeciti, a partire dall'iniziale apprensione del bene, con riferimento a ciascun periodo in relazione al quale si verifica la perdita di disponibilità dell’immobile, con la conseguenza che in ogni momento sorge per il proprietario il diritto al risarcimento del danno già verificatosi e nello stesso momento decorre il relativo termine di prescrizione quinquennale (T.A.R. Lazio, Latina, n. 497/2013);
applicando tale coordinata ermeneutica, nel caso in esame, l'accertamento della fondatezza della pretesa risarcitoria deve limitarsi alla parte di danno non prescritta, che va calcolata dal quinquennio anteriore alla notifica del primo atto interruttivo della prescrizione, avvenuta, nella specie, in data 24.2.2016, cioè con l’atto di diffida notificato dagli odierni ricorrenti;

- non può essere viceversa accolta la richiesta di ristoro dei danni non patrimoniali riferiti al periodo di occupazione illegittima considerato che l’ordinamento ne prevede l'automatico riconoscimento solo nell'ipotesi di acquisizione dell'area ex art. 42 bis, D.P.R. n. 327/2001 (T.A.R. Puglia, Bari, n. 1276/2019;
T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 1049/2018);
peraltro, si rammenta che, al pari di qualsiasi altro tipo di danno, i danni non patrimoniali non possono mai ritenersi in re ipsa , con la conseguenza che la relativa prova - eventualmente anche presuntiva - deve essere offerta da chi invochi il risarcimento (Cassazione Civile, Sez. III, n. 907/2018 e Sez. I, n. 1931/2017), oltre a superare una soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale (Cassazione Civile, Sez. VI, n. 29206/2019), mentre nel caso in esame la richiesta è sfornita di idoneo supporto probatorio.

La regolazione delle spese processuali segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in favore di C C nella misura indicata in dispositivo mentre, riguardo alla posizione di P S può disporsi la parziale compensazione.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3225/2017;
n. 3229/2017;
Cassazione civile, Sez. V, n. 7663/2012). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

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