TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2016-01-13, n. 201600326

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2016-01-13, n. 201600326
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201600326
Data del deposito : 13 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 16269/2014 REG.RIC.

N. 00326/2016 REG.PROV.COLL.

N. 16269/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16269 del 2014, proposto da:
Soc Beta Stepstone Spa, rappresentato e difeso dall'avv. M B, con domicilio eletto presso M B in Roma, Via Lisbona, 18;

contro

Asl 112 - Frosinone;

per l’ottemperanza

- ai decreti ingiuntivi indicati nel ricorso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2015 il dott. A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In accoglimento dei ricorsi presentati dalla

SANITAL

Ortopedia Sanitaria S.r.l. e dalla

ITOP

Officine Ortopediche S.r.l., il Tribunale di Roma ed il Tribunale di Tivoli emettevano nei confronti della ASL di Frosinone i seguenti decreti ingiuntivi:

- n. 19940/2008, del Tribunale di Roma depositato il 19 novembre 2008 e notificato il 22 dicembre 2008;

- n. 508/2009, del Tribunale di Tivoli, depositato il 18 marzo 2009 e notificato il 30 aprile 2009;

- n. 75/2009 del Tribunale di Tivoli, emesso in data 18 marzo 2009 e notificato il 4 maggio 2009;

- n. 389/2008 del Tribunale di Tivoli, emesso il 15 ottobre 2008 e notificato l’8 novembre 2008.

La Azienda resistente non si è costituita in giudizio.

Alla camera di consiglio del 3 novembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è inammissibile con riguardo ai decreti ingiuntivi sopra indicati, in considerazione della assenza di prova in merito alla notifica dei decreti ingiuntivi dichiarati esecutivi (Cfr., per la necessità della notifica del titolo esecutivo, Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 27 luglio 2012, n. 725 e, sullo specifico profilo della notifica del decreto ingiuntivo, TAR Catania, Sez. I, 21 ottobre 2014, n. 2737).

Rileva il Collegio come davanti al giudice ordinario l’esperimento dell'azione esecutiva deve essere di norma preceduto dalla notifica, oltre che del precetto, del titolo esecutivo (con poche eccezioni, previste dalla legge), in relazione al disposto di cui art. 479 c.p.c.

Davanti al giudice amministrativo, ai fini dell'esperimento del giudizio d'ottemperanza, tale incombente, di norma, non è richiesto: l’art. 114 c.p.a., infatti, dispone che, anche nel giudizio d'ottemperanza, “L'azione si propone con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti” e che, comma 2 del cit. art. 114, “Unitamente al ricorso è depositato in copia autentica il provvedimento di cui si chiede l'ottemperanza, con l'eventuale prova del suo passaggio in giudicato”.

Nondimeno, il giudizio di ottemperanza - che, per sua natura, è un giudizio c.d. misto: di esecuzione e di cognizione - è, in molti casi, un giudizio anche di esecuzione.

Tra questi casi, si annoverano certamente quelli in cui la parte ricorrente adisce il giudice amministrativo per ottenere l'esecuzione di provvedimenti giurisdizionali da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie della pubblica amministrazione rimaste inadempiute.

Pure in tali casi, non v'è dubbio che il giudizio di ottemperanza resti unicamente regolato dalle proprie regole, senza interferenze di quelle processualcivilistiche.

Ciò non toglie che - per specifici ambiti, presi in considerazione dalla legge - le modalità di esercizio del potere amministrativo sul piano sostanziale e, correlativamente, le condizioni per la esperibilità del giudizio di ottemperanza sul piano processuale, possano avere ulteriori fonti disciplinari esterne al codice del processo amministrativo;
che, sebbene cronologicamente ad esso precedenti, non ne sono state caducate in ragione della loro specialità.

È questo il caso del precetto normativo introdotto dal cit. art. 14, comma 1, D.L. n. 669/1996, convertito con L. n. 30/1997, che trova applicazione anche al giudizio di ottemperanza sulla base di una sostanziale identità di ratio con l'esecuzione forzata regolata dal c.p.c., trattandosi di istituti che, ancorché per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di obbligazione pecuniaria derivante dall'ordine del giudice (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1772;
Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1174;
TAR Lazio, Sez. I, 5 febbraio 2015, n. 2143).

Tale disposto normativo, del resto, trova applicazione alle Aziende USL che sono inserite, ex art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001, nell’ambito delle Amministrazioni dello Stato (Cfr. art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 secondo cui “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi (…) tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”;
vedi anche Tribunale Napoli, 25 settembre 2006 “Attesa la natura di ente pubblico in senso stretto, non già economico, della ASL – la quale non svolge attività imprenditoriale bensì persegue un preciso fine istituzionale (porre in essere prestazioni di natura sanitaria ed assistenziale) - trova applicazione, nei suoi confronti, l’art. 14 del d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, sicché non si può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica dell’atto di precetto prima che sia decorso il termine ivi previsto”).

Osserva il Collegio come l’art. 14, comma 1, ponga, palesemente, un precetto sostanziale: le pubbliche amministrazioni devono eseguire le sentenze e ogni altro atto giurisdizionale “aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro” (in altri termini: i provvedimenti giurisdizionali esecutivi da cui scaturiscono obbligazioni pecuniarie) senza attendere l'esecuzione forzata e, perciò, “entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo”.

Correlativamente il secondo periodo dello stesso comma 1 pone un precetto di natura processuale: il creditore di tali prestazioni non può procedere ad esecuzione forzata, né alla notifica dell'atto di precetto (perché quest'ultimo comporta ineluttabilmente ulteriori oneri patrimoniali per l'esecutato, incrementando il debito per la sorte con i corrispondenti diritti previsti dalla tariffa forense), prima che sia decorso il termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo.

Da una mera esegesi sistematica dei due commi, risulta chiaro che il loro combinato disposto ha inteso rendere obbligatoria, sempre e in ogni caso, la preventiva notifica del titolo esecutivo, come condizione di ammissibilità dell'esecuzione forzata.

Proprio perché si tratta di un precetto che ha, insieme, finalità e natura sostanziali e processuali, sarebbe incongruo limitarne la portata unicamente al processo esecutivo disciplinato dal codice di rito civile.

Peraltro, scaturendo tale precetto da una fonte esterna a detto codice, la quale neppure sul piano letterale reca alcun riferimento al processo esecutivo di cui relativo libro III, sembra palesemente trattarsi di un precetto che debba avere generale applicazione, dunque a prescindere dall'ambito giurisdizionale di cui il creditore si avvalga per azionare esecutivamente il proprio credito.

Diversamente opinando, infatti, sarebbe vanificata l'effettività del precetto nella sua interezza (ossia anche in riferimento alla relativa porzione sostanziale), giacché l'amministrazione non sarebbe posta in condizione di adempiere i propri debiti, al netto di ogni ipotetico onere ulteriore, alla sola condizione di esitare le procedure di pagamento nel termine fissato dal comma 1 di detto art. 14: e ciò, da un lato, perché, se non si ritiene obbligatoria la preventiva notifica del titolo, tale termine neppure inizierebbe mai a decorrere;
nonché, dall'altro lato, perché la potenziale instaurazione immediata del giudizio di ottemperanza (prima che le procedure di pagamento spontaneo, pur se tempestive e sollecite, siano completate) potrebbe comportare - contro l'espressa volontà del legislatore - l'implementazione del credito con le relative spese giudiziali (che andrebbero liquidate in ogni caso in base alla soccombenza virtuale;
e di cui ormai il combinato disposto degli artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.c. preclude, salvo ragioni eccezionali, ogni facoltà di compensazione).

D’altra parte, affinché il decreto ingiuntivo acquisti efficacia esecutiva – e salva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo – occorre un decreto del giudice che ha pronunciato l’ingiunzione ai sensi del disposto di cui all’art. 647 c.p.c., non bastando, a tal fine, la semplice pronuncia del decreto ingiuntivo la cui notifica risulta utile ai fini della eventuale opposizione ma non già della attivazione della procedura esecutiva.

Non v’è dubbio, dunque, che il decreto ingiuntivo, regolarmente notificato ai fini della opposizione, debba essere rinotificato una volta divenuto esecutivo.

Ciò induce a ritenere senz'altro, e riassuntivamente, che:

1) l'obbligo della preventiva notifica del titolo esecutivo, nonché il correlativo termine di grazia di centoventi giorni, stabiliti dal cit. art. 14, sussistono in relazione a ogni credito pecuniario verso pubbliche amministrazioni;

2) limitatamente a tale tipo di obbligazioni, senza la preventiva notifica del titolo e finché pende il termine conseguente, "il creditore non può procedere ad esecuzione forzata" in nessuna forma: né per espropriazione, ai sensi del codice di procedura civile;
né in sede di ottemperanza, ai sensi del codice del processo amministrativo;

3) altrimenti, se è stata omessa (come nel caso in esame) la preventiva notificazione del titolo, l'esecuzione - in qualunque forma e sede essa sia stata intrapresa - è inammissibile;
ovvero, se sia stata attivata nella pendenza del termine predetto, è improcedibile fino alla sua infruttuosa scadenza;

4) in ogni caso, la ragione ostativa dell'esecuzione forzata è soggetta a rilievo d'ufficio, afferendo a una condizione dell'azione.

Il ricorso, al contrario, deve essere accolto con riferimento al decreto ingiuntivo n. 698/2008 emesso dal Giudice di Pace di Frosinone in data 30 settembre 2008, notificato alla ASL in data 13 ottobre 2008, dichiarato esecutivo in data 28 gennaio 2011 e notificato in forma esecutiva in data 28 gennaio 2011.

L’Azienda sanitaria intimata, infatti, non ha adempiuto alla propria obbligazione e non si è costituita in giudizio, non provvedendo, dunque, a dimostrare l’avvenuta esecuzione ai provvedimenti giurisdizionali indicati in epigrafe.

Occorre, peraltro, rilevare che ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., è ammissibile il giudizio di ottemperanza per i decreti ingiuntivi non opposti o confermati in sede di opposizione (Cons. St., sez. V, 20 aprile 2012, n. 2334).

Il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, essendo impugnabile solo con la revocazione o con l’opposizione di terzo nei limitati casi di cui all’art. 656 c.p.c., ha infatti valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza (Cons. St., sez. V, 8 settembre 2011, n. 5045;
Tar Pescara 3 giugno 2013, n. 310).

Né potrebbe ritenersi che il pagamento del decreto ingiuntivo sia nel caso all’esame del Collegio impedito dall’art. 3, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 6 giugno 2013, n. 64, recante disposizioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, tenuto conto che tali disposizioni, pur essendo state dettate per regolare l’ordinato pagamento dei debiti delle Amministrazioni sanitarie, non impediscono l’esercizio di azioni esecutive, rese poi possibili dalla richiamata sentenza n. 186 del 12 luglio 2013 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 51, l.13 dicembre 2010, n. 220, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., in quanto, sospendendo prolungatamente (di proroga in proroga) la tutela esecutiva, non solo vanificava gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai creditori delle Aziende sanitarie locali, ma determinava anche disparità di trattamento tra le parti. Effetto tipico della sentenza n. 186 del 2013 è il venir meno con efficacia ex tunc della disposizione di legge incriminata e, con esso, dell’impedimento alla tutela esecutiva assicurata, nel caso di specie, dal giudizio di ottemperanza (Cons. St., sez. III, 24 dicembre 2013, n. 6237;
id. 10 dicembre 2013, n. 5888).

Non può parimenti sostenersi che il Commissario ad acta nominato dal giudice non potrebbe in ogni caso procedere al pagamento, dovendo essere seguito l’ordine di priorità dei crediti stabiliti dalla Regione.

Sul punto vale osservare che il Commissario ad acta è un ausiliare del giudice (ai sensi degli artt. 21 e 114, comma 4, lett. d), c.p.a.), titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione;
ne deriva che detto organo è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l’azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi in concreto idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nel provvedimento giurisdizionale da portare ad attuazione.

L’esigenza di svincolare l’azione del Commissario dal rispetto dei vincoli procedurali ordinari dell’azione amministrativa, anche con riguardo alla disciplina procedimentale che regola l’emissione dei mandati di pagamento, trova conferma decisiva nel principio costituzionale di pienezza ed effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., oltre che nei principi, in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU.

La corretta attuazione di detti principi suggerisce, infatti, l’approdo ad una soluzione esegetica che consenta la piena attuazione del precetto giudiziario con il ricorso ad ogni determinazione idonea al concreto conseguimento dello scopo, anche in deroga ai canoni ordinari dell’azione amministrativa (Cons. St., sez. III, 7 giugno 2013, n. 3124;
Id., sez. V, 1 marzo 2012, n. 1194;
Tar Milano, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 2713).

Ciò stante, il Collegio deve affermare l’obbligo della A.S.L. di Frosinone di dare esecuzione al decreto ingiuntivo n. 698/2008 nei limiti di quanto ancora dovuto e così come richiesto nel ricorso per ottemperanza.

Deve altresì trovare accoglimento l’ulteriore richiesta di parte ricorrente relativa alla debenza degli ulteriori interessi maturati e maturandi sulla sorte dovuta, successivi alla data del passaggio in giudicato e sino all’effettivo soddisfo, in applicazione dell’art. 112, comma 3, prima parte, c.p.a., secondo cui “può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell'ottemperanza, azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza….” (Tar Lazio, sez. I, 18 ottobre 2013, n. 9028).

Per l’ipotesi di ulteriore inadempienza alla scadenza del termine assegnato si nomina sin d’ora il Segretario Generale del Ministero del Lavoro o un funzionario da lui delegato, Commissario ad acta per l’adozione degli atti di esecuzione necessari, da compiersi entro giorni 60 (sessanta) dalla scadenza del termine in precedenza fissato, a carico e a spese dell’Amministrazione inadempiente.

A detto Commissario l’Amministrazione dovrà tempestivamente comunicare l’avvenuto adempimento.

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile ed in parte fondato.

Le spese, in considerazione della reciproca soccombenza, possono essere compensate per intero tra le parti.

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