TAR Napoli, sez. III, sentenza 2022-10-05, n. 202206175
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Pubblicato il 05/10/2022
N. 06175/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02098/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2098 del 2017, proposto da
PASQUALE LA GATTA, rappresentato e difeso dagli Avv.ti P L e F F, con domicilio eletto in Napoli alla Via V. Mosca n. 41 e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia dei suoi difensori;
contro
COMUNE DI SANT’ANASTASIA, rappresentato e difeso dall’Avv. A C, con domicilio eletto in Napoli alla Via dei Tribunali n. 181 e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del suo difensore;
per l'annullamento
a) della disposizione dirigenziale del Comune di Sant’Anastasia prot. n. 2660 del 21 marzo 2017, recante il diniego di condono edilizio per un fabbricato residenziale sito nel territorio comunale alla Via Dottori n. 37;
b) dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Sant’Anastasia n. 12 del 27 marzo 2017, recante la declaratoria di acquisizione gratuita al patrimonio comunale del suddetto fabbricato, dell’area di sedime e di quella di pertinenza dello stesso;
c) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi del ricorrente;
e per la condanna
dell’amministrazione intimata, in via subordinata in caso di mancato accoglimento dell’impugnativa del provvedimento di diniego di condono, alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione e di oneri concessori, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2022 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Premesso che:
- il ricorrente impugna la disposizione dirigenziale del Comune di Sant’Anastasia prot. n. 2660 del 21 marzo 2017, recante diniego di condono edilizio, unitamente all’ordinanza dirigenziale di acquisizione gratuita n. 12 del 27 marzo 2017, meglio in epigrafe individuata, adducendo una serie di vizi attinenti agli aspetti della violazione di legge e dell’eccesso di potere;
- l’avversato diniego di condono – la cui istanza è stata presentata dal ricorrente ai sensi della normativa condonistica del 2003 (art. 32 del decreto legge n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003) per sanare la realizzazione di un fabbricato residenziale di due piani sito in zona soggetta a vincolo paesaggistico e a vincolo ambientale da rischio vulcanico (c.d. zona rossa) – trova supporto nei seguenti due ordini di motivi, ognuno capace di sorreggere autonomamente la negativa determinazione comunale: i) la costruzione è posta in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, per la quale l’art. 32 del decreto legge n. 269/2003 esclude la possibilità di sanatoria;ii) nel Comune di Sant’Anastasia, il cui territorio ricade in zona rossa, le opere abusive aventi destinazione residenziale non sono suscettibili di sanatoria, ai sensi dell’art. 3 della legge regionale n. 10/2004;
- invece, il gravato provvedimento di acquisizione gratuita del fabbricato (della sua area di sedime e di quella di pertinenza), trae linfa dall’accertata mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 131 del 31 ottobre 2002, emessa prima della presentazione dell’istanza di condono, avvenuta il 30 luglio 2004;
- alla spiegata impugnativa è acclusa la subordinata domanda di condanna alla restituzione di cui in epigrafe;
Rilevato, in via preliminare, che:
- in accoglimento dell’istanza prodotta dalla difesa attorea il 26 maggio 2017, va disposto lo stralcio, dal fascicolo telematico del ricorso, dell’indice foliario e dell’istanza di fissazione di udienza depositati dalla stessa difesa il 24 maggio 2017, in quanto non attinenti all’odierno giudizio, ma ad altra causa, ed evidentemente depositati per errore;
- va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario formulata dalla difesa comunale con riguardo alla domanda di restituzione delle somme versate per oblazione e oneri concessori, poiché, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., le controversie relative all’an e al quantum delle predette somme, pur riguardando diritti soggettivi delle parti nell’ambito di una relazione paritetica, sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica e edilizia (orientamento consolidato: cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. II, 30 aprile 2020 n. 2781;Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2017 n. 5874;TAR Campania Napoli, Sez. VII, 6 aprile 2022 n. 2345;TAR Lazio Roma, Sez. II, 30 gennaio 2017 n. 1443);
Rilevato, quanto al diniego di condono, che le censure formulate in gravame possono essere così riassunte con riguardo al primo profilo motivazionale sopra descritto, inerente alla non sanabilità di una nuova costruzione realizzata in zona assoggettata a vincolo paesaggistico:
a) il provvedimento è affetto da difetto di motivazione, giacché le argomentazioni reiettive addotte dall’amministrazione “si presentano sterili e generiche, frutto, appunto, della mancanza di un apprezzamento concreto relativo alla compatibilità dell’intervento edilizio in questione con il vincolo e/o vincoli gravanti sull’area interessata dall’edificazione in parola”;
b) il medesimo è stato pure adottato in difetto di istruttoria in relazione alla specifica disposizione condonistica (art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269/2003) relativa alle aree soggette a vincolo, anche paesaggistico, avendo l’amministrazione “completamente tralasciato ogni concreta valutazione sulla compatibilità e/o conformità degli interventi in questione con le norme urbanistico-edilizie dettate dagli strumenti urbanistici vigenti sul territorio comunale e regionale”;
c) il diniego di condono non è stato preceduto dal parere vincolante dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, in violazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985;
Considerato che le prefate censure non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:
aa) il rigetto dell’istanza di condono si presenta sufficientemente motivato attraverso il richiamo della disciplina normativa fissata nell’art. 32 del decreto legge n. 269/2003 in relazione alle aree interessate da vincoli, tra cui quello paesaggistico. Ebbene, è evidente ed immediatamente intelligibile che il fabbricato in questione, concretandosi in un intervento di nuova costruzione, si profilava già in astratto non condonabile ai sensi del combinato disposto dei commi 26 e 27 dell’art. 32 cit., senza che fossero necessarie particolari argomentazioni aggiuntive, bastando a tal uopo il mero enunciato della legge. Infatti, in base a tale disposto, l’applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento ad opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria su immobili già esistenti (nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del decreto legge n. 269/2003), se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, e non comprende gli abusi di maggiore consistenza implicanti aumento di superficie e/o di volume come le nuove costruzioni, abusi per i quali la normativa condonistica del 2003 stabilisce una preclusione assoluta alla sanatoria in maniera più restrittiva rispetto a quanto stabilito dalla legge n. 47/1985 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 1° dicembre 2021 n. 8004 e 2 maggio 2016 n. 1664;Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 agosto 2017 n. 4007;TAR Lazio Roma, Sez. II, 7 febbraio 2022 n. 1403;TAR Campania Napoli, Sez. III, 6 novembre 2020 n. 5044);
bb) alla luce di quanto sopra esposto, la dedotta mancata valutazione di conformità urbanistico-edilizia dell’intervento edilizio posto in essere non assume alcuna portata invalidante, giacché, in ambito vincolistico, essa è propriamente richiesta dalla legge solo per gli interventi minori assoggettabili a sanatoria, ascrivibili, come visto, alle categorie del restauro e risanamento conservativo o della manutenzione straordinaria, ma giammai per quelli comportanti, come la realizzazione del fabbricato in questione, incrementi superficiari e/o volumetrici;
cc) infine, nemmeno si presentava necessaria la previa acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, atteso che nel caso specifico la costruzione abusiva appariva già in astratto non sanabile ai sensi della normativa condonistica del 2003, come ripetutamente chiarito ai punti precedenti. Ne discende la superfluità del parere di detta autorità, la quale non avrebbe potuto compiere alcuna seria valutazione di compatibilità con gli interessi di carattere paesaggistico, ostandovi l’insuscettibilità di sanatoria sancita in linea di principio dal legislatore del cd. terzo condono (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2022 n. 4685;Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 agosto 2017 n. 4007 e 17 settembre 2013 n. 4619;TAR Campania Napoli, Sez. IV, 3 giugno 2021 n. 3705;TAR Campania Napoli, Sez. III, 6 novembre 2020 n. 5044);
Considerato, altresì, che:
- quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare le rimanenti censure con cui parte ricorrente intende contestare il gravato diniego di condono in ordine al profilo motivazionale emarginato alla lettera ii) della superiore premessa (incompatibilità della costruzione con il vincolo da zona rossa), dal momento che comunque l’impianto complessivo di tale atto risulta validamente sorretto dalla rilevata non sanabilità del fabbricato a causa dell’insistenza del vincolo paesaggistico. Soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 29 febbraio 2016 n. 5;Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2013 n. 1373 e 27 settembre 2004 n. 6301;Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243);
- in definitiva, resistendo l’impugnato diniego di condono alle prospettazioni attoree, anche in virtù del disposto assorbimento di censure, la domanda di annullamento dello stesso deve essere respinta per infondatezza;
Considerato viceversa, quanto al provvedimento di acquisizione gratuita, che:
- è fondata la censura con cui parte ricorrente lamenta che l’ordinanza di demolizione disposta nel 2002 avrebbe perso efficacia a seguito della presentazione della domanda di condono nel 2004, inibendo pertanto anche la determinazione sanzionatoria per inottemperanza all’ingiunzione di demolizione in difetto di un nuovo provvedimento demolitorio;
- infatti, si è già accennato che il ricorrente ha presentato per il fabbricato in questione domanda di condono in data 30 luglio 2004, successivamente all’emanazione dell’ingiunzione di demolizione n. 131 del 2002, la cui inottemperanza è stata poi posta alla base della gravata ordinanza acquisitiva n. 12 del 2017;
- orbene, per effetto degli artt. 38, 43 e 44 della legge n. 47/1985, richiamati dall’art. 32, comma 25, del decreto legge n. 269/2003, la presentazione dell’istanza di sanatoria dell’abuso edilizio determina l’inefficacia della pregressa ingiunzione di demolizione. Invero, differentemente dal caso dell’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, comportante unicamente un temporaneo arresto nell’esecuzione della sanzione, per l’istanza di condono la legge contempla una diretta incidenza sui procedimenti demolitori in corso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2014 n. 3143;Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 settembre 2013 n. 4818). Ne deriva che l’amministrazione comunale ha il dovere di procedere prioritariamente all’esame della domanda di condono, che comporta l’esigenza di una rinnovata valutazione degli illeciti edilizi ed il superamento degli originari provvedimenti repressivi posto che, in caso di accoglimento, l’abuso compiuto verrà sanato, mentre in caso di diniego l’autorità amministrativa sarà comunque tenuta a reiterare l’ingiunzione di demolizione fissando un nuovo termine per l’ottemperanza da parte dell’interessato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 settembre 2013 n. 4496;TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 11 dicembre 2020 n. 6071;TAR Campania Napoli, Sez. III, 3 luglio 2015 n. 3581 e 19 febbraio 2014 n. 1050);
- ciò impedisce che nella specie, a seguito dell’inottemperanza ad un’ingiunzione di demolizione risalente al 2002, possa essere dichiarata l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del fabbricato abusivo e delle sue pertinenze senza che, una volta intervenuto il diniego di condono nel 2017, fosse riemessa la misura sanzionatoria della demolizione con la concessione di un nuovo termine per prestarvi ottemperanza. Difatti, l’acquisizione al patrimonio comunale è una sanzione aggiuntiva applicabile nel caso in cui l’interessato non provveda alla demolizione delle opere abusive, per cui il ricorrente, una volta divenuta inefficace l’originaria ingiunzione, ha titolo, a seguito della domanda di condono, ad essere rimesso in termini per il ripristino dello stato dei luoghi con una nuova ingiunzione successiva al diniego di sanatoria (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 5 dicembre 2016 n. 5610;TAR Campania Napoli, Sez. III, 1° dicembre 2015 n. 5521);
- quanto esposto comprova l’illegittimità dell’ordinanza acquisitiva n. 12 del 27 marzo 2017 per eccesso di potere da difetto dei presupposti, con la conseguenza che la medesima merita di essere annullata con assorbimento delle rimanenti censure meno invasive qui non esaminate;
Considerato, infine, che:
- il rigetto dell’impugnativa del diniego di condono apre lo scrutinio della subordinata domanda di condanna alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione e di oneri concessori (oltre interessi legali e rivalutazione monetaria), la cui avvenuta corresponsione da parte del ricorrente è attestata nella stessa disposizione dirigenziale reiettiva prot. n. 2660 del 21 marzo 2017: in particolare, è pacifico che il ricorrente abbia versato per l’oblazione la cifra di € 6.139,80, mentre per gli oneri concessori è incontestato l’effettuato pagamento di € 3.376,89;
- la domanda di condanna in esame è da accogliere in parte, nei termini precisati nel prosieguo della trattazione;
- innanzitutto, la domanda di ripetizione di quanto pagato a titolo di oblazione non può essere accolta, potendo essere esperita soltanto nei confronti dell’accipiens e tale non essendo, tuttavia, il Comune intimato. Legittimato passivo rispetto alla richiesta di restituzione delle somme versate a titolo di oblazione, infatti, non è il Comune intimato, bensì l’amministrazione finanziaria statale dotata di specifiche attribuzioni in materia (cui il ricorso non è stato notificato) che, ai sensi del decreto ministeriale 7 marzo 1997, era individuata nella sezione distaccata della Direzione regionale delle entrate nella cui circoscrizione era ubicato l’immobile per il quale era stata presentata domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria (cfr. TAR Campania Napoli, sez. VII, 11 novembre 2011 n. 5288;TAR Lazio Latina, 25 maggio 2008 n. 1243;TAR Lazio Roma, 28 novembre 2007 n. 11908), competente anche sulle istanze di rimborso a seguito di diniego di concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria (arg. ex art. 1, comma 2, del d.m. cit.). Tanto più ciò è vero, in quanto la stessa documentazione prodotta in giudizio dal ricorrente attesta l’avvenuto versamento dell’oblazione ad amministrazione diversa dal Comune di Sant’Anastasia;
- diversamente deve dirsi per la domanda di ripetizione della somma versata al Comune di Sant’Anastasia a titolo di oneri concessori per un ammontare complessivo di € 3.376,89. Gli oneri concessori costituiscono un corrispettivo di diritto pubblico connesso al rilascio del permesso di costruire (anche in sanatoria, a seguito di condono), ragion per cui, quando tale rilascio è denegato, difetta il titolo in forza del quale esso possa essere trattenuto dal Comune che intanto lo abbia incassato. La domanda di ripetizione dell’indebito va, perciò, accolta;
- per converso, va disattesa l’eccezione della difesa comunale, con cui si sostiene la tesi che “stante il provvedimento di diniego al rilascio di concessione edilizia in sanatoria, gli stessi potranno essere restituiti solo a seguito della spontanea demolizione dell’immobile abusivo a cui si riferiscono”;
- infatti, si ribadisce che il titolo legittimante all’incameramento degli oneri concessori è costituito dal permesso di costruire e dalla connessa conformità urbanistico-edilizia del progettato intervento edilizio, e non dalla realizzazione in sé della costruzione che potrebbe, per l’appunto, essere abusiva ed essere destinata alla doverosa rimozione dall’esistente urbanistico;
- quanto alla domanda di pagamento dei relativi interessi, va osservato che il credito vantato dal presentatore dell’istanza di condono per il versamento di un corrispettivo di diritto pubblico non dovuto rientra nell’ambito di operatività della disciplina generale in tema di indebito oggettivo, per la quale chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto, oltre alla ripetizione di ciò che ha pagato, “ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda” (art. 2033 c.c.). Si tratta di previsione applicabile anche nel caso in cui la causa che renda indebito il pagamento sia sopravvenuta, atteso che “l’indebito oggettivo disciplinato dall'art. 2033 c.c. ricorre tutte le volte in cui vi sia un difetto di obbligazione o perché il vincolo non è mai sorto (condictio indebiti sine causa) o perché è venuto meno successivamente a seguito di annullamento, rescissione, inefficacia connessa a una condizione risolutiva avveratasi (condictio indebiti ob causam finitam)” (così Cass. Civ., Sez. III, 23 luglio 2012 n. 12794). Nel caso in esame si verte in tema di condictio indebiti ob causam finitam, dato che la causa del pagamento sussisteva in origine ma è venuta retroattivamente meno per effetto del diniego opposto alla domanda di condono. Al riguardo, non vi è alcuna concreta ragione per ritenere superata la presunzione di buona fede in capo all’accipiens, posto che l’amministrazione aveva ricevuto il pagamento in collegamento alla domanda di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi della relativa legislazione sul condono. Di conseguenza, dando continuità alla giurisprudenza amministrativa più recente, si può concludere che sulla somma da restituire, a seguito del diniego del condono, sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale – da intendersi come data di deposito del ricorso introduttivo – fino al saldo (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 17 maggio 2016 n. 2016;TAR Puglia Lecce, Sez. III, 20 ottobre 2015 n. 2983;TAR Puglia Bari, Sez. III, 28 maggio 2015 n. 800;TAR Lazio Roma, Sez. II, 20 maggio 2014 n. 5289). Nella specie il ricorso è stato depositato il 26 maggio 2017;
- viceversa, non deve essere riconosciuto alcunché a titolo di rivalutazione monetaria, essendo il debito del Comune un debito di valuta, soggetto al c.d. principio nominalistico di cui all’art. 1277 c.c., per cui spetta al creditore, al quale sono in ogni caso attribuiti gli interessi nella misura legale, la prova del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c.: ebbene, tale prova non è stata minimamente offerta da parte del ricorrente;
- per le suddette ragioni, la spiegata domanda di condanna va accolta limitatamente alla ripetizione della somma versata dal ricorrente a titolo di oneri concessori per la domanda di condono edilizio presentata il 30 luglio 2004, maggiorata degli interessi: per l’effetto, il Comune di Sant’Anastasia deve essere condannato al pagamento in favore del ricorrente della somma di € 3.376,89, oltre gli interessi legali sulla stessa maturati a far data dal 26 maggio 2017 fino a quella dell’effettivo soddisfo;
Ritenuto, in conclusione, che:
- ribadite le suesposte considerazioni, il ricorso va accolto nei limiti sopra precisati, mediante l’annullamento della gravata ordinanza dirigenziale di acquisizione gratuita n. 12 del 27 marzo 2017 e la condanna del Comune di Sant’Anastasia alla restituzione del suddetto indebito per oneri concessori, maggiorato degli accessori di cui sopra;
- sussistono giusti e particolari motivi, attesa la reciproca soccombenza, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali, restando il contributo unificato a carico del ricorrente.