TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2016-09-06, n. 201604172
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Pubblicato il 06/09/2016
N. 04172/2016 REG.PROV.COLL.
N. 04998/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4998 del 2015, proposto da:
C A nella qualità di legale rappresentante della Prominvest S.r.l. proprietaria dell'Hotel Europa, rappresentato e difeso dall'avvocato Leopoldo Villani C.F. VLLLLD74P03L845R, con domicilio eletto presso Antonio Messina in Napoli, viale Gramsci n. 19;
contro
Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali, Soprintendenza Per i Beni Architettonici Paesaggistici. Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Napoli e Provincia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, Via Diaz, 11;
Per l'annullamento
della nota prot. n. 14826 del 17.09.2015, notificata il 22.09.2015, recante il parere di non compatibilità paesaggistica relativo alla domanda di permesso a costruire in sanatoria assunto al protocollo comunale n. 49133 dell'8.10.2010, riguardante la realizzazione, in assenza di titolo edilizio, presso la struttura ricettiva Hotel Europa sita in C/mare di Stabia alla via Muscogiuri n. 12 sull'area catastalmente identificata al foglio 15 - p.11a 64, di una piscina interrata, locali tecnici, sistemazione a verde dell'area esterna e diversa distribuzione degli spazi interni dell'ultimo livello del predetto Hotel;nonché di ogni altro provvedimento preordinato, connesso e consequenziale comunque lesivo degli interessi del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali e di Soprintendenza Per i Beni Architettonici Paesaggistici. Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Napoli e Provincia
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2016 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso notificato in data 2 ottobre 2015 e depositato il successivo 16 ottobre C A nella qualità di legale rappresentante della Prominvest S.r.l., proprietaria dell'Hotel Europa, ha impugnato la nota prot. n. 14826 del 17.09.2015, notificatagli il 22.09.2015, recante il parere di non compatibilità paesaggistica relativo alla domanda di permesso a costruire in sanatoria assunto al protocollo comunale n. 49133 dell'8.10.2010, riguardante la realizzazione, in assenza di titolo edilizio, presso la struttura ricettiva Hotel Europa sita in C/mare di Stabia alla Via Muscogiuri n. 12, sull'area catastalmente identificata al foglio 15 - p.11a 64, di una piscina interrata, locali tecnici, sistemazione a verde dell'area esterna e diversa distribuzione degli spazi interni dell'ultimo livello del predetto Hotel, nonché ogni altro provvedimento preordinato, connesso e consequenziale comunque lesivo dei propri interessi.
2. A sostegno del ricorso deduce in punto di fatto che con la sentenza n. 2763/13 questa Sezione aveva accolto il ricorso rubricato al numero di R.G. 952/11 proposto dal ricorrente, relativo alla richiesta di annullamento della nota del Comune di Castellamare di Stabia prot. n. 5018 del 2.02.2011, avente ad oggetto il diniego della richiesta di permesso a costruire in sanatoria assunta al protocollo comunale n. 49133 dell'8.10.2010, relativa alla realizzazione tra il 2007 e 2009, in assenza di titolo edilizio, presso la struttura ricettiva Hotel Europa, sita nel medesimo Comune, di una piscina interrata, locali tecnici, sistemazione a verde dell'area esterna e diversa distribuzione degli spazi interni dell'ultimo livello del predetto Hotel, con cambio di destinazione d'uso di esistenti locali di servizio a camere con annesso wc, ovvero i medesimi interventi sui quali si era espressa la Soprintendenza con l’atto oggetto di gravame nella presente sede.
2.1. Avverso tale sentenza aveva proposto appello il Comune di Castellammare di Stabia e in considerazione del rilievo che il Consiglio di Stato non aveva concesso la sospensione dell'efficacia esecutiva, con atto di significazione e messa in mora, assunto al protocollo comunale del 16.09.2013, parte ricorrente aveva diffidato l'amministrazione comunale a dare esecuzione alla sentenza de qua e, quindi, al rilascio del permesso a costruire in sanatoria.
2.2. Tuttavia, sul presupposto che la struttura dell'Hotel Europa fosse stata oggetto di ulteriori abusi edilizi relativi al permesso a costruire in sanatoria n. 23 del 4.10.2005, successivamente annullato in via di autotutela con il provvedimento prot. n. 22446 del 10.05.2012, e che questo Tribunale non avesse illo tempore disposto la sospensione dell'efficacia di tale ultimo provvedimento a seguito dell'impugnativa con il ricorso rubricato al numero di R.G. 3384/12 (nel frattempo definito con sentenza di accoglimento n. 5416/14), il Comune aveva nuovamente denegato la sanatoria di cui all'istanza prot. n. 49133 dell'8.10.2010 (e sentenza n. 2763/13), giusta nota prot. n. 13941 del 3.04.14.
Anche tale provvedimento era stato impugnato con autonomo ricorso rubricato al numero di R.G.2782/14, definito sempre con sentenza di accoglimento di questa Sezione n. 2389/15.
2.3. Solo a seguito di questa lunga vicenda processuale, il ricorrente era dunque riuscito ad ottenere dal Comune di C/mare di Stabia il riesame della predetta richiesta di permesso a costruire in sanatoria (con nota prot. 2016 del 20.01.2015) che, dopo preistruttoria comunale, era stata tramessa alla Soprintendenza per il relativo parere paesaggistico, giusta nota prot. n. 28542 del 9.07.2015. Sennonché l'Autorità preposta alla tutela del vincolo, una volta precisato che le opere di sistemazione interna per cambio di destinazione d'uso non rilevavano ai fini paesaggistici, nella prospettazione attorea omettendo ogni valutazione sotto il profilo ambientale e focalizzandosi esclusivamente sul dato normativo, aveva espresso il parere di non compatibilità paesaggistica con la seguente motivazione: " si esprime parere di non compatibilità paesaggistica posto che sia la piscina, in quanto nuova costruzione, sia i volumi realizzati ex novo, non rientrano nei casi previsti dal citato comma 4 dell'art. 167. Di conseguenza le opere di sistemazione esterna conseguenziali alle suddette nuove costruzioni non possono essere assentite ".
3. Ritenendo l’atto soprintendizio illegittimo lo ha impugnato, articolando avverso il medesimo, in un unico motivo di ricorso, le seguenti censure:
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 167, CO. 4°, DEL D. LGS. 22.01.2004 N. 42 - VIOLAZIONE CIRCOLARE SEGRETARIO GENERALE MINISTERO BB. AA. CC. N. 33 DEL 26.06.2009 - VIOLAZIONE ART. 3 DELLA LEGGE 7.08.1990 N. 241 - VIOLAZIONE ART. 97 DELLA COSTITUZIONE - ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - MOTIVAZIONE ERRONEA ED IRRAGIONEVOLE - INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI - OMESSA ISTRUTTORIA.
Assume parte ricorrente che il gravato provvedimento sarebbe illegittimo per le ragioni già espresse con la sentenza di questa Sezione n. 2763/13, nella quale viene testualmente affermato: "osserva il Tribunale [......J che può dirsi acclarato, quanto all'ubicazione, che:
1) l'intera area su cui insistono la piscina, la sistemazione dell'area esterna e i locali tecnici ricade in "Zona 6 - Zona di urbanizzazione satura" della cartografia del P.U.T. di cui alla L. R. n. 35/87;
2) il perimetro della piscina ricade per la maggior parte in "Zona omogenea H - destinata ad insediamenti turistico ricettivi", mentre la parte residua ricade in "Zona omogenea F-sottozona F9 - attrezzature termali";
3) porzione di sistemazione esterna, realizzata parte a verde e parte in lastre quadrate di acciottolato, ricade in "Zona omogenea F-sottozona F9 - attrezzature termali";
4) i locali tecnici, posti nella parte terminale della proprietà ed ospitanti impianti tecnologici a servizio dell'hotel, ricadono in "Zona omogenea F-sottozona F9 ¬attrezzature termali";
e, altresì, quanto al regime stabilito dalla vigente normativa urbanistica e paesaggistica, ai fini della chiesta sanatoria, che:
- per tutte le opere ricadenti in "Zona omogenea H - Zona destinata ad insediamenti turistico ricettivi" (ovvero porzione di piscina;circostante sistemazione a verde e lastre di acciottolato;opere poste in essere all'ultimo piano della struttura alberghiera e finalizzate al cambio d'uso di esistenti locali di servizio in camere con annesso wc) risulta applicabile quanto previsto dagli artt. 9/h co. 2 e 16 bis della NTA del PRG riguardanti "l’adeguamento funzionale delle strutture turistico ricettive":. esclusa la qualificabilità come "nuova costruzione" (trattandosi di interventi pertinenziali o di trasformazione di strutture preesistenti), le stesse devono dirsi indiscutibilmente poste in essere ai fini del "miglioramento e della razionalizzazione dei servizi funzionali all'accoglienza", e perciò consentite, sotto il profilo urbanistico, dall'art. 9/h comma 2 (atteso anche che la superficie dell'albergo considerata ai fini dell’adeguamento degli standard urbanistici delle strutture ricettive risulta essere pari a mq. 2.418, comprensiva del sesto livello), nonché sotto il profilo paesaggistico dall'art. 167 Decr. Leg.vo 42/2004 (trattandosi di opere interne o prive di incidenza in aumento degli esistenti volumi o superfici)
- parimenti sanabili devono dirsi le opere ricadenti in "Zona omogenea F - sottozona F9 —attrezzature termali" (ovvero locali di modestissima ampiezza, ospitanti installazioni tecniche — quali gruppo elettrogeno, pompa antincendio, aspiratore, etc. — non collocabili all'interno della struttura alberghiera;porzione di piscina;parte della sistemazione esterna), posto che la specifica disciplina urbanistica consente "l'adeguamento funzionale delle strutture esistenti in accordo con le norme previste dall'art. 9/h.2", e, nel contempo, risulta comunque applicabile, quanto al profilo paesaggistico, l'art. 167 Decr. Leg.vo 42/2004 (disposizione questa, non preclusiva della legittimazione postuma quando, come anche nel caso in oggetto, e in stretta considerazione delle caratteristiche complessive del manufatto, pur in presenza di volumi, sussista una incidenza di minima e trascurabile entità sul bene paesaggistico — cfr. Cons. di Stato sez. VI, n. 1242 del 28.2.2011): anche in questo caso risulta decisiva la circostanza che quelle in commento non debbano essere qualificate come "nuove opere", bensì come opere pertinenziali poste in essere ai fini del "miglioramento e della razionalizzazione dei servizi funzionali all'accoglienza".
Pertanto, nella prospettazione attorea, era sufficiente che la Soprintendenza tenesse conto di tale sentenza, trasmessagli dal Comune di C/mare di Stabia unitamente agli altri allegati alla pratica di rilascio del titolo in sanatoria (nota prot. n. 28542 del 9.07.2015), per pervenire ad un parere positivo. Inoltre, secondo parte ricorrente, in relazione alla piscina interrata la prospettazione soprintendizia doveva considerarsi errata alla luce della giurisprudenza di questo Tribunale, secondo la quale la necessità di interpretare le eccezioni al divieto di rilasciare l'autorizzazione paesistica in sanatoria (previste dall'articolo 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004) in coerenza con la ratio dell'introduzione di tale divieto induce a ritenere che esulino dalla eccezione prevista dall'articolo 167, comma 4, lettera a), gli interventi che abbiano contestualmente determinato la realizzazione di nuove superfici utili e di nuovi volumi e che, di converso, siano suscettibili di accertamento della compatibilità paesistica anche i volumi interrati, tra i quali senz'altro rientra la piscina interrata.
Partimenti dovrebbe dirsi in relazione alla sanabilità paesaggistica postuma dei volumi tecnici, alla luce della indicata sentenza di questa Sezione n. 2763/13.
A tali conclusioni, secondo parte ricorrente, si perverrebbe anche avendo riguardo a quanto previsto dalla circolare del Segretario generale MBAC n. 33 del 26 giugno 2009, che, nel dettare talune linee interpretative ed operative ai fini dell'autorizzazione paesaggistica postuma, ai sensi del menzionato art. 167 d.lgs. 42/2004, chiarisce che " per volumi s'intende qualsiasi manufatto costituito da parti chiuse emergente dal terreno o dalla sagoma di un fabbricato preesistente indipendentemente dalla destinazione d'uso del manufatto ", per poi precisare: " ad esclusione dei volumi tecnici ".
4. Si è costituita l’Amministrazione statale resistente, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso.
5. La Sezione ha rigettato l’istanza cautelare con ordinanza n. 2027 del 19 novembre 2015, sulla base dei seguenti rilievi “–Letto il presente ricorso con il quale ci si duole del parere negativo espresso dalla Soprintendenza (atto di arresto procedimentale immediatamente lesivo) in ordine alla sanabilità ex post di alcune opere edilizie fra cui una piscina;
–Rilevato che la questione si inserisce in un complesso contesto litigioso con il Comune di Castellammare di Stabia;
–Preso atto, tuttavia, che l’amministrazione statale che ora si è espressa è del tutto estranea al precedente contenzioso che riguardava (giova ribadirlo) la civica amministrazione, sicchè la determinazione qui impugnata va valutata ex se;
–Considerato che la stessa è in linea con la giurisprudenza così come nel tempo definitasi anche in questo Tribunale, sicchè, ad un primo esame, l’istanza cautelare non appare meritevole di positivo apprezzamento (ed invero costituisce jus receptum, quello per cui il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume ovvero tra volume in superficie e volume interrato (in termini cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4348 del 02 settembre 2013;Sez. VI, n. 4114 del 06/08/2013;sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879;cfr., inoltre, Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 110;sez. IV, 11 maggio 2005, n. 2388;Tar Puglia, Lecce, T.A.R. Lecce Puglia sez. I n. 218 del 23 gennaio 2014;T.A.R. Napoli Campania sez. VII n. 1 del 07 gennaio 2014)”.
6. Il Consiglio di Stato con ordinanza n. 420 del 5/02/2016 ha accolto ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito, ex art. 55 comma 10 c.p.a., l’appello cautelare proposto dal ricorrente avverso la citata ordinanza di questa Sezione.
7. In vista dell’udienza di discussione il ricorrente ha depositato articolata memoria difensiva, insistendo nei propri assunti.
8. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 21 giugno 2016.
9. Il ricorso è infondato, nel senso di seguito precisato.
10. Parte ricorrente lamenta l’illegittimità del gravato parere soprintendizio per violazione del combinato disposto degli artt. 147 e 167 comma 4 D.lgs. 42/2004, deducendo che i volumi tecnici e la piscina interrata di cui è causa sfuggirebbero al divieto di sanatoria paesaggistica postuma recato da tali norme, non rientrando nel concetto di volume e superficie utile posto come profilo ostativo dalle medesime.
10.1 A sostegno dei propri assunti richiama, oltra a una nutrita giurisprudenza, tra cui anche la sentenza di questa Sezione n. 2763/13, che si era pronunciata in ordine alle medesime opere di cui è causa nel contenzioso con il Comune, avente ad oggetto il diniego di istanza di accertamento di conformità di cui all’art. 36 D.P.R. 380/01, la Circolare del Mibac n. 33 del 2009 che esclude dal concetto di volume, rilevante in senso ostativo ai sensi del richiamato art. 167 comma 4 Dlgs. 42/2004, i volumi tecnici.
10.2. Va peraltro chiarito come la richiamata sentenza di questa Sezione n. 2763/13, pur avendo ad oggetto le medesime opere di cui è causa, non possa avere rilevanza diretta nell’odierno contenzioso, in quanto riferita non alla sanatoria paesaggistica, ma a quella urbanistica di cui all’art. 36 D.P.R. 380/01 e al relativo atto di diniego comunale, fondato sul distinto profilo del contrasto dei medesimi interventi con le previsioni urbanistiche, sulla base peraltro di un errata considerazione della loro collocazione in una determinata zona di PRG.
E’ pur vero che nella medesima sentenza si afferma la sanabilità di tali opere anche da un punto di vista paesaggistico postumo ex art. 167 Dlgs. 42/2004, ma trattasi di affermazione incidenter tantum in quanto relativa ad un profilo non oggetto di disamina ad opera dell’atto impugnato e dunque di annullamento ad opera dell’indicata sentenza, nonché di affermazione comunque intervenuta in un contenzioso in cui non è stata parte la Soprintendenza per i Beni ambientali e che pertanto non può assumere alcuna rilevanza diretta nell’odierna sede, come già evidenziato dalla Sezione in sede cautelare, posto che il giudicato si forma solo inter partes.
11. Giova preliminarmente precisare che il gravato parere soprintendizio, pur non recando alcuna specifica motivazione in ordine all’insanabilità delle sistemazioni esterne diverse dalla realizzazione dei volumi tecnici e della piscina interrata, sia riferito anche a tali sistemazioni esterne, stante il loro carattere di accessorietà rispetto alle citate opere considerate quale “nuova costruzione” essendo motivato sulla base di questi rilievi:
“ CONSTATATO che si chiede sanatoria ex art. 167 del D.Lvo 42/2004 per le seguenti opere:
cambio di destinazione d'uso dell'ultimo piano:
realizzazione di piscina;
realizzazione di volumi, definiti come locali termici;
sistemazioni esterne;
RICORDATO che l'art. 167 al comma 4 prevede l'accertamento di compatibilità paesaggistica nei s eguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
PRECISATO che le opere di sistemazione interna per cambio di destinazione d'uso non rilevano ai fini paesaggistici;
SI ESPRIME parere di non compatibilità paesaggistica posto che sia la piscina, in quanto nuova costruzione, sia i volumi realizzati ex novo, non rientrano nei casi dai citato comma 4 dell'art. 167. Di conseguenza le opere di sistemazione esterna conseguenziali alle suddette nuove costruzioni non possono essere assentite”.
Deve pertanto ritenersi che la sistemazione a verde dell’area esterna, pur non rientrante nel concetto di nuova costruzione, invocato dalla Soprintendenza quale profilo ostativo all’applicabilità della sanatoria paesaggistica postuma, e pur non essendo inclusa fra le opere di sistemazione interna per cambio di destinazione d’uso, considerate per contro irrilevanti da un punto di vista paesaggistico dalla Soprintendenza, sia del pari esclusa dalle opere suscettibili di sanatoria paesaggistica postuma, in quanto consequenziale ( rectius accessoria) alle suddette nuove costruzioni.
12. In ordine a tale profilo motivazionale peraltro parte ricorrente non ha sollevato alcuna autonoma censura, con la conseguenza inattaccabilità in parte qua del gravato parere soprintendizio, avversato solo nella parte relativa all’insanabilità dei locali tecnici e della piscina interrata, con la conseguenza che la sorte del gravato parere in parte qua non potrà che essere relazionata a quella delle distinte tipologie di “nuove costruzioni” (locali tecnici da un lato e piscina interrata dall’altro) rispetto alle quali le aree a verde si presentano accessorie.
13. Giova peraltro precisare come da una attenta disamina dell’istanza di accertamento di conformità (avente ad oggetto le medesime opere di cui all’istanza di sanatoria paesaggistica oggetto del gravato parere soprintendizio) si evinca come i locali tecnici oggetto della medesima e siti nella corte della struttura alberghiera non siano serventi rispetto alla struttura alberghiera autonomamente considerata (essendo i relativi locali tecnici siti nel piano seminterrato), ma rispetto alla piscina interrata, del pari oggetto dell’istanza di accertamento di conformità e del gravato atto soprintendizio, trattandosi di locali tecnici per gruppo elettrogeno, serbatoio di accumulo acqua e pompa anticendio nonché di pannelli sandwich (locali tecnici adibiti a gruppo elettrogeno, riserva idrica, autoclave e aspiratore). L’accessorietà di tali locali tecnici rispetto alla piscina si evince peraltro dallo stesso posizionamento dei medesimi nelle vicinanza della piscina, come desumibile dal quadro d’insieme prodotto in allegato all’istanza di accertamento di conformità.
14. Ciò posto, in riferimento alla problematica della sanabilità paesaggistica postuma dei volumi tecnici il Collegio non ignora come già in passato presso i giudici di prime cure si siano fronteggiati due distinti orientamenti giurisprudenziali, ovvero un orientamento di segno negativo (fra le prime pronunce T.A.R. Umbria sentenza n. 388 del 29 novembre 2011), fondato sulla irrilevanza a fini paesaggistici di concetti quali “volume tecnico” e “superficie utile” ed uno favorevole (ex multis TAR Campania - Salerno, 25.06.2013, n. 1429) pure in passato seguito dalla Sezione (ex multis sentenza n. 3381 del 12/07/2012 con richiamo ai precedenti della Sezione T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 10-05-2012, n. 2173, T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, n. 27380/2010;6827/2009;1748/2009) fondato sul presupposto dell’esclusione dei volumi tecnici dal divieto di cui all’art. 167 Dlgs. 42/2004, sulla base del presupposto che i volumi tecnici, proprio in ragione dei caratteri che li contraddistinguono, siano inidonei ad introdurre un impatto sul territorio eccedente la costruzione principale e, come tali, siano ininfluenti ai fini del calcolo degli indici di edificabilità. Ne conseguirebbe, in tale ultima prospettiva, che la stessa ratio che in materia urbanistica ha indotto ad escludere i volumi tecnici del calcolo della volumetria edificabile dovrebbe valere anche in materia paesistica per sottrarre tali volumi dal divieto di rilasciare l’autorizzazione paesistica in sanatoria (in senso conforme a tale orientamento tra le altre T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 21 settembre 2010, n. 17491, che peraltro ha escluso dagli interventi assentitili ex post quelli comportanti sostanziali modifiche della sagoma e traslazione dell’immobile, in quanto incidenti sul contesto vincolato e T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 15 settembre 2010, n. 435, secondo cui peraltro non si configura come volume tecnico l’aumento dell’altezza del sottotetto non giustificato da esigenze funzionali).
14.1. La Sezione peraltro successivamente, preso atto del contrario e prevalente orientamento alla tutela alla sanatoria paesaggistica postuma dei volumi tecnici e interrati, espresso in particolare dal giudice di “ seconde cure” , cui si è fatto riferimento in sede cautelare, secondo il quale il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume ovvero tra volume in superficie e volume interrato (in termini cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4348 del 02 settembre 2013;Sez. VI, n. 4114 del 06/08/2013;sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879;cfr., inoltre, Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 110;sez. IV, 11 maggio 2005, n. 2388;Tar Puglia, Lecce, T.A.R. Lecce Puglia sez. I n. 218 del 23 gennaio 2014) ha mutato il proprio orientamento giurisprudenziale (ex multis tra le prime pronunce in tal senso sent. n. 05981 del 23 dicembre 2013 fondata sul rilievo che “ Per la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato infatti -come si desume dall’articolo 167, comma 4, del medesimo Codice- hanno rilievo paesaggistico i volumi interrati e seminterrati: così come per essi è applicabile il divieto di sanatoria quando sono realizzati senza titolo (perché il comma 4 vieta il rilascio della sanatoria paesaggistica quando l’abuso abbia riguardato volumi di qualsiasi natura), così essi hanno una propria rilevanza paesaggistica per le opere da realizzare.
“Pertanto, per tali volumi (e per le relative superfici) si applicano i divieti di realizzare nuove opere (divieti disposti per l’area in questione dal Piano paesaggistico) ovvero, in loro assenza, l’autorità statale competente può valutare se la modifica dello stato dei luoghi abbia una negativa incidenza dei valori paesaggistici coinvolti “(cfr in tal senso la sentenza citata del Consiglio di Stato sez. VI, n. 4503 del 2013)”.
14.2. Non ignora peraltro il Collegio come il Consiglio di Stato (cfr sentt. Consiglio di Stato sez. VI n. 1945/2016 riferita alla realizzazione di un abbaino nel sottotetto;Consiglio di Sato sez. III n. 01613/2016 riferita alla realizzazione di box prefabbricati;Consiglio di Stato sez. VI, n. 5932 del 2014 riferita alla realizzazione, in difformità dal permesso di costruire relativo alla apposizione di un ascensore condominiale, di un torrino, funzionale a consentire il prolungamento della corsa sino all'ultimo piano) più di recente abbia sposato la tesi favorevole alla sanabilità paesaggistica dei volumi tecnici, già in passato seguita dalla Sezione, sulla base del rilievo che “ nei casi in cui l’opera nuova rientra nella nozione del vano tecnico, e cioè dello spazio fisico privo di autonomia funzionale ma meramente servente e pertinenziale rispetto ad una costruzione principale, l’Autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, chiamata a pronunciarsi in sede di cd sanatoria paesaggistica, debba valutare la compatibilità dell’intervento con i valori paesaggistici espressi dal decreto di vincolo, senza poter opporre in senso ostativo alla stessa ammissibilità di detta valutazione l’intervenuta realizzazione di nuove superfici e nuovi volumi”.
In tale prospettiva il Supremo Consesso ha pertanto ritenuto che “ Non può dunque essere condiviso l’assunto dell’Amministrazione fondato su una non condivisibile corrispondenza tra l’ambito urbanistico e quello della tutela paesaggistica in ordine alla nozione di “volume tecnico”, laddove invece l'introduzione legislativa di concetti quali "superfici utili" o "volumi", in un ambito normativo che attiene solo e soltanto alla tutela del paesaggio non può che aver riferimento, per l'appunto, “a quelle superfici utili o a quei volumi idonei ad apportare una modificazione alla realtà preesistente, tale da arrecare un "vulnus" agli interessi superiori di tutela del paesaggio”.
L’impostazione, che fonda sulla separatezza delle nozioni tecniche di “superfici utili” e “volumi tecnici” a seconda della loro diversa applicazione nel campo urbanistico o in ambito paesaggistico nel quale ogni modificazione alla realtà preesistente determina “di per sé vulnus" agli interessi superiori di tutela del paesaggio, non è suscettibile di condivisione.
In realtà, le nozioni tecniche in questione non sono specificate dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma solo dalle normative sulle costruzioni (in via esemplificativa e non esaustiva, circolare del Ministero dei lavori pubblici 23 luglio 1960, n. 1820;artt. 5 e 6 d.m. 2 agosto 1969;art. 3 d.m. 10 maggio 1977;art. 1 d.m. 26 aprile 1991;art. 6 d.m. 5 agosto 1994), dove la superficie utile (SU) coincide -in estrema sintesi- con l’area abitabile (superficie di pavimento degli alloggi misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, di eventuali scale interne, di logge e balconi) mentre per superficie accessoria (SA) si intendono le parti dell’edificio destinate ad accessori e servizi (cantine, locali tecnologici, vano ascensore e scale, terrazze, balconi, logge e quant’altro).
A sua volta il volume degli edifici, espresso in metri cubi vuoto per pieno, è costituito dalla sommatoria della superficie delimitata dal perimetro esterno dei vari piani per le relative altezze effettive misurate da pavimento a pavimento del solaio sovrastante;il volume tecnico si riferisce alle opere edilizie a servizio dell’edificio, che hanno una funzione strumentale, anche se necessariamente essenziale, in relazione all’uso della costruzione principale, senza assumere il carattere di vani chiusi utilizzabili a fini abitativi.
Dunque, come già ritenuto da questa Sezione del Consiglio di Stato (Sez. VI, 31 marzo 2014, n. 1512), “la nozione di ‘volume tecnico’, non computabile nella volumetria ai fini in questione, corrisponde a un’opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questa, come possono essere -e sempre in difetto dell’alternativa- quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo”.
Quindi non può essere ipotizzato - nella locuzione “superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente autorizzati” - un’accezione in termini atecnici o eccedenti il loro significato specialistico, per giungere senz’altro alla conclusione di un’astratta preclusione normativa rispetto a una valutazione che va invece ragionevolmente espressa in funzione della essenzialità dell’abbaìno di che trattasi, in modo da porlo in concreta ed effettiva relazione (avuto riguardo anche alle sue modeste dimensioni), ai fini del successivo giudizio di compatibilità paesaggistica, rispetto al contesto paesaggistico tutelato” (in tal senso Consiglio di Stato sez. VI n. 1945/2016 cit.).
14.3. Non può peraltro sottacersi che il Consiglio di Stato anche di recente abbia aderito al diverso orientamento giurisprudenziale, da ultimo sposato dalla Sezione (Consiglio di Stato sez. VI n. 3289/2015 di riforma della Sentenza di questa Sezione n. n. 6827/2009 riferita alla realizzazione dell’innalzamento per circa 90 cm del torrino ascensore e del solaio di copertura, necessario per il rispetto di norme tecniche, secondo la quale “ il vigente art. 167, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (anche ‘interrati'): il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Tale preclusione, all’evidenza, vale tanto più laddove, come nella fattispecie in esame, i nuovi volumi siano del tutto esterni.
Del resto, avvalora questa conclusione la stessa lettera della norma in discorso che, nel consentire l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai “lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”: non è quindi consentito all’interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale delle necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146, per ammettere fattispecie letteralmente, e senza distinzione alcune, escluse” ) .
15. Peraltro il Collegio, pur prendendo atto dei contrari orientamenti giurisprudenziali, sussistenti anche all’interno della medesima Sezione del Consiglio di Stato, riferita alla questione della sanabilità paesaggistica ex post dei volumi tecnici a seconda del loro inserimento o meno nel raggio di azione ostativo della previsione di cui all’art. 167 comma 4 Dlgs. cit., riferito alla realizzazione di nuovi volumi, ritiene che la questione sia irrilevante rispetto al caso di specie, in cui viene in questione, come innanzi precisato, la sanatoria paesaggistica ex post di una piscina esterna (sia pure con volume completamente interrato) e di vani tecnici posti a servizio della medesima piscina, come è dato evincere dall’istanza di autorizzazione in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/01 prodotta in atti. Parte ricorrente, cui peraltro incombeva il relativo onere di allegazione, prima ancora che probatorio, non ha inoltre dedotto, come era suo onere, che i vani tecnici di cui è causa fossero a servizio della struttura principale dell’albergo e non, come è dato evincere dall’istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380701, della piscina di cui è causa.
15.1. Ritiene pertanto il Collegio che la questione riferita alla sanabilità paesaggistica postuma dei volumi tecnici sia dunque irrilevante rispetto al caso di specie, in cui viene in rilievo (giova ribadirlo) una piscina esterna ed i collegati vani tecnici (oltre che la sistemazione a verde esterna, del pari servente alla medesima) non potendo ad avviso del Collegio, la piscina di cui è causa e dunque le relative opere accessorie essere annoverate fra i volumi tecnici per il fondamentale rilievo che come innanzi accennato (cfr., Sez. VI, 31 marzo 2014, n. 1512), <<"la nozione di 'volume tecnico”, non computabile nella volumetria ai fini in questione, corrisponde a un'opera priva di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché è destinata a solo contenere, senza possibilità di alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima. In sostanza, si tratta di impianti necessari per l'utilizzo dell'abitazione che non possono essere in alcun modo ubicati all'interno di questa, come possono essere -e sempre in difetto dell'alternativa- quelli connessi alla condotta idrica, termica o all'ascensore e simili, i quali si risolvono in semplici interventi di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo">>, laddove, ad avviso del Collegio la piscina esterna non può considerarsi come strettamente connessa alle esigenze tecnico funzionali della struttura alberghiera ed è in grado di esprimere una propria autonomia funzionale (si pensi al fatto che molte strutture alberghiere consentono l’accesso a pagamento alla piscina anche a persone non rientranti nella clientela dell’hotel).
In questa prospettiva risulta irrilevante anche il richiamo alla Circolare M.I.B.A.C. n. 33/2009 invocata da parte ricorrente.
15.2. Ciò senza sottacere tra l’altro di considerare che come già ritenuto da questa Sezione con orientamento che qui si ribadisce (Tar Campania/Napoli - sez. VII - nr. 2088 del 21 aprile 2009;T.A:R. Campania, Napoli, sez. VII n. 1 del 7/0172014) “ tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede” e ferma restando la vexata e ancora non risolta questione della sanabilità paesaggistica postuma dei volumi tecnici (fra i quali ad avviso della Sezione non rientrano le piscine esterne, sia pure con volume interrato) richiama il seguente principio di portata generalizzante in materia (CdS sez. VI – sent. nr. 04503 dell’11 settembre 2013 cit): “…la Sezione richiama e ribadisce in questa sede la propria consolidata giurisprudenza, per la quale - come si desume dall’articolo 167, comma 4, del medesimo Codice - hanno rilievo paesaggistico i volumi interrati e seminterrati: così come per essi è applicabile il divieto di sanatoria quando sono realizzati senza titolo (perché il comma 4 vieta il rilascio della sanatoria paesaggistica quando l’abuso abbia riguardato volumi di qualsiasi natura), così essi hanno una propria rilevanza paesaggistica per le opere da realizzare.”.
16. Il ricorso va dunque rigettato.
17. Sussistono peraltro eccezionali ragioni, in considerazione delle ragioni giuridiche della decisione, della sussistenza di contrapposti orientamenti giurisprudenziali ed avuto riguardo a quanto già ritenuto dalla Sezione con la sentenza n. 2763/13 per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.