TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2024-01-25, n. 202400044
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Pubblicato il 25/01/2024
N. 00044/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00013/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex
art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 13 del 2024, proposto dalla V C e V I s.s., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Ader - Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria
ex lege
in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
la Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniela Iuri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
dell’intimazione n. 11520239005249955000 in data 29 settembre 2023, emessa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, con la quale l’Ader ha sollecitato alla ricorrente l’adempimento, entro 5 (cinque) giorni, delle cartelle di pagamento n. 11520180010247285002 (notificata l’8 maggio 2018) e n. 11520180011730437002 (notificata il 21 giugno 2018), per un importo complessivo di € 26.550,97.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ader e della Regione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2024 il dott. Daniele Busico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
1. La società ricorrente ha domandato l’annullamento dell’intimazione di pagamento in epigrafe. Con tale atto viene richiesto il pagamento di due distinte cartelle:
- n. 11520180010247285002, notificata l’8 maggio 2018, relativa a sanzioni amministrative connesse al prelievo supplementare (art. 5, comma 5, della l. 119 del 2003) per l’annualità 2014 (importo di 2.542,49 €);
- n. 11520180011730437002, notificata il 21 giugno 2018, relativa a somme dovute a titolo di prelievo supplementare nel settore lattiero-caseario (art. 1, comma 9, della l. 119 del 2003) per l’annualità 2014 (importo di 24.008,48 €).
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) “ illegittimità dell’intimazione di pagamento notificata per inesistenza del credito relativo a multe quote latte campagna 2014 per intervenuta declaratoria di inefficacia dei provvedimenti di imputazione per effetto della norma dell’art. 10 bis legge 103/23 e della circolare attuativa Agea di data 13.09.23 e data 24.10.2023” ;
2) “ illegittimità del provvedimento impugnato per violazione del ne bis in idem . Sentenza n. 266/23 TAR FVG per la medesima campagna e medesime cartelle”;
3) “illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione – mancata allegazione della cartella di pagamento - mancata indicazione della campagna lattiera cui fare riferimento – violazione del diritto di difesa e principio del contraddittorio”;
4) “ Illegittimità dell’atto per palese genericità e indeterminatezza nel calcolo della quota di interessi con peculiare riferimento ai dedotti e contestati “interessi moratori” – mancanza di congrua sufficiente motivazione circa il calcolo degli interessi addebitati”;
5) “ Intervenuta prescrizione del credito di Agea – intervenuta prescrizione per tardività della notifica dell’atto di intimazione di pagamento rispetto alla data di presunta notifica di cartella”;
6) “ Illegittimità del provvedimento notificato impugnato per violazione di legge anche in riferimento a normativa unionale – illegittimità per carenza di istruttoria e per eccesso di potere”;
7) “ Nullità/annullabilità dell’iscrizione a ruolo per difetto di motivazione circa i recuperi pac effettuati nel corso degli anni da Agea – errata quantificazione del presunto debito – difetto carenza di motivazione”.
2. Si sono costituite in giudizio la Regione e l’Ader. La Regione ha eccepito la parziale inammissibilità del ricorso per carenza di giurisdizione, con riguardo alle somme pretese a titolo di sanzione amministrativa. Entrambe le amministrazioni hanno argomentato per il rigetto del ricorso, producendo ampia documentazione.
3. Alla camera di consiglio del 24 gennaio 2024 la causa è passata in decisione, previo avviso alle parti ai sensi dell’art. 60 cod.proc.amm..
4. È fondata l’eccezione di parziale difetto di giurisdizione del ricorso, nella parte in cui ha ad oggetto le pretese, relative a sanzioni amministrative, portate dalla cartella n.11520180010247285002, notificata l’8 maggio 2018, come più volte affermato da questo T.A.R. ( ex multis T.A.R. F.V.G., n. 385/2023;n. 329/2023;n. 275/2023;n. 266/2023;n. 255/2023). Si dichiara pertanto, in parte qua, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario, davanti al quale il ricorso potrà essere riproposto ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 del cod.proc.amm..
5. Nel merito, quanto alla pretesa per la quale sussiste la giurisdizione di questo T.A.R. e in relazione al primo motivo di ricorso, non trova applicazione, nella presente vicenda, l’art. 10- bis del d.l. 13 giugno 2023, n. 69 (convertito in l. 10 agosto 2023, n. 103), come affermato da questo T.A.R. ormai in numerosi precedenti ( ex multis T.A.R. F.V.G. n. 385/2023;n. 326/2023;n. 325/2023;n. 324/2023) atteso che nessuna delle situazioni indicate dalla norma riguarda l’odierna ricorrente, con riferimento alla quale non risultano giudizi definiti favorevolmente, o tutt’ora pendenti, contro le imputazioni di prelievo supplementare della campagna 2014 (i cui importi sono richiesti con l’intimazione impugnata).
6. Il secondo motivo è inammissibile perché generico e privo dell’individuazione dei parametri normativi ritenuti violati. Esso è comunque anche infondato.
È vero che su analoga intimazione (n. 11520239000835081000, notificata il 26 maggio 2023) è già intervenuta la sentenza di questo T.A.R. n. 266/2023 ma ciò non consente di reputare affatto - come invece apoditticamente dedotto - come “indebita” e “non dovuta” la notifica di una ulteriore intimazione.
L’intimazione in precedenza gravata era rivolta al solo signor C V persona fisica e da quest’ultimo soltanto è stata impugnata;la presente intimazione è invece rivolta alla società V C e V I s.s..
Non solo. Erano distinte e diverse pure le cartelle di pagamento sottostanti: la prima comunicazione intimava il pagamento delle cartelle n. 11520180010247285000 e n. 1152018001173043700, la presente intimazione è relativa alle diverse cartelle n. 11520180010247285002 e n. 11520180011730437002.
Come giustamente rilevato dalla difesa erariale, in ogni caso, l’intimazione di pagamento costituisce in generale, ai sensi dell’art. 50, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 602/1973, un atto prodromico all’esecuzione e un invito all’adempimento che può essere pacificamente reiterato in mancanza di esecuzione spontanea.
7. Anche il terzo motivo è infondato, atteso che nel caso in esame, diversamente da quelli oggetto dei precedenti di questo Tribunale invocati dalla ricorrente (cfr. ex multis T.A.R. F.V.G. n. 146/2019), il provvedimento impugnato reca sufficienti ed esaustive indicazioni in relazione al credito vantato dal soggetto pubblico impositore. Segnatamente, riporta il numero della cartella di pagamento, la data della sua notifica e l’importo dovuto. A corredo vi è, inoltre, un dettaglio del debito, ove - oltre ad essere indicato l’ente che ha emesso il ruolo - risulta riportata una sintetica descrizione dello stesso, l’annata lattiera cui si riferisce il preteso prelievo e le somme dovute, a titolo di capitale e interessi, per debito originario, debito residuo scaduto, interessi di mora (laddove ritenuti dovuti) e oneri di riscossione, oltre a quelle per diritti di notifica.
Non è, dunque, ravvisabile alcuna compressione del diritto di difesa dell’odierna ricorrente, recando, per converso, il provvedimento opposto sufficienti “elementi” motivazionali, in grado di renderlo leggibile e intellegibile dal soggetto che ne risulta inciso.
8. Analogamente infondato è il quinto motivo di impugnazione, atteso che risulta smentita per tabulas la dedotta intervenuta prescrizione del credito a titolo di prelievo supplementare sulle consegne di latte relativo all’annata lattiera che qui viene in rilievo, come si evince, pacificamente, dalla documentazione dimessa dalla difesa erariale per conto dell’Agenzia patrocinata in data 15 gennaio 2024, sub all. 003-3.
Dirimente s’appalesa, invero, la prova offerta dell’avvenuta rituale notifica della cartella di pagamento cui si riferisce ( in parte qua ) l’intimazione gravata, perfezionatasi nei confronti dell’odierna ricorrente in data 21 giugno 2018, che vale di per sé ad appalesare che l’intimazione in questione, notificata alla ricorrente in data 26 ottobre 2023, è da ritenersi, senza dubbio, tempestiva.
Riconosciuta, invero, per giurisprudenza ormai consolidata, la natura ordinaria decennale della prescrizione dei crediti in argomento ( ex multis: T.A.R. F.V.G., n. 275/2023 e 244/2023) – è pacifico che il termine prescrizionale non era assolutamente spirato alla data di notifica dell’intimazione (26 ottobre 2023).
E’, peraltro, evidente che ogni questione afferente all’eventuale prescrizione del credito vantato dalla Regione verificatasi antecedentemente all’emissione della cartella esattoriale di cui è stato intimato il pagamento avrebbe dovuto essere fatta valere dalla ricorrente, al più tardi, in sede di impugnazione della cartella stessa (in termini T.A.R. Veneto, n. 1808/2022).
Sicché, ora non può più dolersene.
9. La prova della notifica della cartella di pagamento vale, al contempo, anche ad appalesare l’inconsistenza delle doglianze dedotte dalla ricorrente col quarto motivo di impugnazione, atteso che, essendo stati quantificati gli interessi moratori dovuti all’atto dell’emissione della detta cartella (interessi che nell’atto qui gravato sono riportati nel “ricognitorio” dettaglio del debito come risultante, per l’appunto, da cartella), è evidente che la loro quantificazione non può, in questo momento, più essere messa in discussione: anche in tal caso l’interessato avrebbe dovuto fare, eventualmente, valere le proprie ragioni in sede di impugnazione della cartella in questione (T.A.R. F.V.G. nn. 281 e 280 del 2023).
A tale specifico riguardo, questo T.A.R. ha, infatti, anche precisato che “l’ an e il quantum della pretesa creditoria dell’amministrazione non possono essere ulteriormente messi in discussione, data la precedente notifica della cartella che non risulta essere stata impugnata.
L’atto censurato infatti non costituisce un autonomo atto impositivo, ma un invito all’adempimento di quello recato dall’atto presupposto, e risulta censurabile solo per vizi propri.
È stato infatti chiarito che, in tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo è assolutamente preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità se non per vizi propri di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato (Cass. n. 37259/2021). Ne consegue che l’intimazione di pagamento che faccia seguito a un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione, non integrando un nuovo e autonomo atto impositivo, è sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all'atto da cui è sorto il debito” (T.A.R. F.V.G., n. 275/2023).
Il motivo va, quindi, ugualmente disatteso.
10. Alla stessa sorte è destinato il sesto motivo di impugnazione e ciò per le ragioni esplicitate dalla III Sezione del Consiglio nella sentenza n. 3910/2022 (che ha riformato la decisione di questo Tribunale n. 394/2021), cui – per esigenze di economia processuale - si rinvia.
La debenza della somma è, infatti, consacrata in atti oramai inoppugnabili e ciò rappresenta un limite alla pronuncia di incompatibilità comunitaria del regime interno di determinazione del prelievo supplementare (Cons. di Stato, n. 5281/2021).
Come osservato dal Consiglio di Stato nella richiamata decisione n. 3910/2022, “la definitività dell’imputazione del prelievo preclude la possibilità per il ricorrente di avvalersi degli effetti degli arresti della Corte di Giustizia, i quali trovano un limite non valicabile nella formazione della inoppugnabilità dell’atto”.
Inoltre, come recentemente ribadito dal giudice d’appello, “ la natura autoritativa di un provvedimento amministrativo non viene meno se la disposizione attributiva del potere è poi dichiarata incostituzionale (Ad. Plen., sent. n. 8 del 1963) o si manifesta in contrasto col diritto europeo (Cons. Stato, Sez. II, 7 aprile 2022, n. 2580;Sez. II, 25 marzo 2022, n. 2194;Sez. II, 16 marzo 2022, n. 1920), a maggior ragione quando – come nella specie, in materia di quote latte – il contrasto col diritto europeo non ha riguardato la disposizione attributiva del potere, ma una regola sui criteri da seguire per il legittimo esercizio del potere (v. anche in tal senso Cons. Stato, Sez. III, 20 luglio 2022, n. 6333)” (Cons. di Stato, n. 8363/2022).
11. E’, infine, infondato anche il settimo motivo di impugnazione, atteso che la ricorrente non solo non ha provato, ma nemmeno ha affermato, se non in maniera del tutto generica (e comunque non supportata da concreti elementi di riscontro), di essere titolare di crediti che avrebbero potuto essere portati a compensazione secondo il meccanismo di c.d. compensazione atecnica, di cui lamenta, sostanzialmente, la mancata applicazione nei suoi confronti (tra le tante, T.A.R. F.V.G. nn. 30/2024 e 23/2024).
12. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere in parte – quanto alla cartella n. 11520180010247285002 (notificata l’8 maggio 2018) – dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, essa spettando al giudice ordinario, e respinto per il resto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.