TAR Lecce, sez. III, sentenza 2020-03-17, n. 202000333

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. III, sentenza 2020-03-17, n. 202000333
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 202000333
Data del deposito : 17 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2020

N. 00333/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00954/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 954 del 2019, proposto da
Hotel Barsotti s.r.l., Aba Associazione Albergatori della Provincia di Brindisi, Nettuno Parking s.r.l., Puglia Holiday s.r.l., Gaia s.r.l., Promhotel s.r.l, Deltur s.r.l., Hotel Residence Nemo s.r.l., Azzurra s.r.l, ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato G D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Brindisi, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Guarino e Monica Canepa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento previe misure cautelari

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Brindisi n. 43 del 28 marzo 2019, avente ad oggetto: “Istituzione dell'Imposta di Soggiorno ed approvazione relativo Regolamento” ed il Regolamento allegato, pubblicata sull'Albo Pretorio del Comune per 15 giorni consecutivi dal 4 aprile 2019 al 19 aprile 2019;

- della deliberazione della Giunta Municipale di Brindisi n. 116 del 29 marzo 2019 avente ad oggetto: “Imposta di soggiorno per l'anno 2019. Definizione tariffe. Determinazioni”, pubblicata sull'Albo Pretorio del Comune del Comune per 15 giorni consecutivi dal 3 aprile 2019 al 18 aprile 2019;
nonché di ogni atto comunque presupposto connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brindisi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2020 il dott. Giovanni Gallone e uditi per le parti i difensori avv.to Di Pierro G. e avv.to Astuto A. in sostituzione degli avv.ti Guarino E. e Canepa M.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 14 giugno 2019 le ricorrenti (tutte società esercenti attività turistico- alberghiere nel Comune di Brindisi e la Aba - Associazione albergatori della Provincia di Brindisi) hanno proposto impugnazione avverso la deliberazione del Consiglio Comunale di Brindisi n. 43 del 28 marzo 2019 e la deliberazione della Giunta Municipale di Brindisi n. 116 del 29 marzo 2019, con le quali l’Amministrazione Comunale resistente ha introdotto l’imposta di soggiorno approvando il relativo Regolamento e fissato e le correlative tariffe (€ 2,5;
€ 2,0;
€ 1,5 a notte), chiedendone l’annullamento previa sospensiva.

1.1. Avverso i predetti atti le ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.Lgs. 14/03/2011, n. 23;
violazione dei principi di gradualità e proporzionalità;
eccesso di potere per contraddittorietà ed irrazionalità manifesta;
violazione e falsa applicazione art. 97 della Costituzione;
violazione degli articoli 1 e 3 della Legge 7 agosto 1990 n. 241, eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto dei presupposti, eccesso di potere per sviamento;
eccesso di potere per irrazionalità ed illogicità manifesta;
violazione del principio di proporzionalità in relazione alla stagionalità;

2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 41, 53 e 97 della Costituzione, 1, 2 e 3 della legge n. 241/1990, 4 del D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23;
violazione dei princìpi di libera concorrenza e di libera circolazione dei servizi e dei princìpi di ragionevolezza e non discriminazione;
violazione dei principi di buona amministrazione, carenza istruttoria e contraddittorietà dell’azione amministrativa;

3) Violazione dei principi di libera concorrenza;
violazione del principio di proporzione e gradualità sotto altro profilo;
eccesso di potere per carenza istruttoria e violazione dell’art. 97;
eccesso di potere per violazione del principio di buon andamento dell’azione ammnistrativa;

4) Violazione del giusto procedimento, violazione dei principi in materia di partecipazione e leale collaborazione;
violazione dell’art. 97 della Costituzione.;
violazione dell’art 4 comma 3 del D.Lgs. n. 23/2011;

5) Violazione e falsa applicazione dell’art 4 D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23;
violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997;
eccesso di potere per falsa presupposizione e erronea applicazione dei principi in materia di sanzioni per inadempimenti di obblighi tributari;
illegittimità dell’art. 10 comma 1 del Regolamento;

6) Illegittimità degli atti impugnati per violazione di legge – violazione dell’art. 52 del D. Lgs. n. 446/1997.

2. In data 21 agosto 2019 si è costituito in giudizio il Comune di Brindisi eccependo l’irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza del ricorso e chiedendo la reiezione della domanda cautelare.

3. Alla Camera di Consiglio del 3 settembre 2019 le ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare alla trattazione dell’istanza cautelare nell’intesa di una rapida fissazione del merito.

4. In data 23 gennaio 2020 l’Amministrazione Comunale resistente ha depositato una memoria ex art. 73 c.p.a. insistendo per la reiezione del gravame.

5. In data 24 gennaio 2020 anche le ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 73 c.p.a. insistendo nell’accoglimento del ricorso.

6. In data 4 febbraio 2020 le stesse ricorrenti hanno depositato una memoria difensiva in replica.

7. All’udienza pubblica del 25 febbraio 2020 la difesa delle ricorrenti ha preso atto della modifica apportata dall’Amministrazione Comunale di Brindisi al testo dell’art. 10 del Regolamento impugnato chiedendo, limitatamente a tale specifico profilo, la parziale declaratoria di cessazione della materia del contendere.

La causa è stata, dunque, su richiesta di parte, introitata per la decisione.

DIRITTO

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione Comunale resistente. Quest’ultima sostiene che le ricorrenti non avrebbero dimostrato la sussistenza di alcun concreto ed effettivo pregiudizio loro derivante dall’istituzione dell’imposta di soggiorno non vantando, pertanto, alcun interesse concreto ed attuale a censurare i provvedimenti comunali impugnati.

1.1. In proposito pare opportuno rilevare come la giurisprudenza amministrativa abbia a più riprese condivisibilmente riconosciuto l’ammissibilità di un’impugnazione diretta dei Regolamenti istitutivi dell’imposta di soggiorno e dei relativi provvedimenti di attuazione ritenendoli atti immediatamente lesivi della sfera giuridica tanto dei singoli operatori turistici quanto delle associazioni di categoria che li raggruppano (così, con orientamento costante T.A.R. Toscana, sez. I, n. 1808 del 2011, T.A.R. Puglia - Lecce, sez. II, 16 febbraio 2012, n. 736, T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. II, 28 gennaio 2013, n.93 e T.A.R. Molise, 25 luglio 2014, n. 477).

1.2 Ed invero, come osservato dalle ricorrenti, le disposizioni del Regolamento istitutivo e della delibera giuntale di determinazione delle tariffe (oggetto di gravame) sono suscettibili di incidere negativamente con concretezza ed effettività nella loro sfera giuridica almeno sotto un duplice profilo.

Da un lato, infatti, nella dimensione di operatori economici del settore turistico-ricettivo, l’aumento relativo del costo del pernotto in conseguenza dell’introduzione dell’imposta di soggiorno si traduce in una riduzione del margine di profitto ritraibile sulla singola prestazione alberghiera e, di riflesso, nella diminuzione della capacità attrattiva del servizio sul mercato.

Dall’altro, nella veste di riscossori dell’imposta e di agenti contabili per il Comune (quali sono definiti espressamente i gestori dall’art. 6 del Regolamento impugnato), gli stessi risultano destinatari diretti di obblighi giuridici di naturale formale, taluni presidiati da sanzioni amministrative.

Ciò vale, pertanto, a radicare in capo a questi soggetti un interesse a ricorrere dotato dei crismi della personalità, concretezza ed attualità ex art. 100 c.p.c..

2. Nel merito, con i primi due motivi di gravame le ricorrenti lamentano la violazione del principio di gradualità posto dall’art. 4 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e ss.mm. e, più in generale, del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa per mancata differenziazione del prezzo di tariffa su base stagionale avendo il Comune di Brindisi previsto un importo identico fino ad un numero di pernottamenti pari a sette per tutti i mesi dell’anno. Si osserva, sul punto, che il prezzo della prestazione alberghiera soffre di naturali oscillazioni in ragione del periodo di alta, bassa o media stagione. I ricorrenti lamentano, poi, con il terzo motivo, per analoghe ragioni, la mancata differenziazione del prezzo di tariffa per i gruppi turistici.

2.1 Dette censure sono in parte fondate e meritano accoglimento nei termini appresso precisati.

L’art. 4 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e ss.mm. prevede che i Comuni possono applicare “ un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno ”.

Siffatto principio rappresenta, a ben vedere, un corollario di quello generale di proporzionalità che deve ispirare l’esercizio da parte della P.A. delle potestà di tipo discrezionale (in questi termini il parere del Consiglio di Stato, sez. I, 15 novembre 2016, n. 2383).

Sotto altro profilo, la modulazione dell’importo della tariffa è esigenza che discende dai principi generali in materia tributaria, dovendo il prelievo restare agganciato ex art. 53 Cost. all’effettiva capacità contributiva del soggetto passivo (l’ospite della struttura) e, quindi, alla sua capacità di “ spesa turistica in quanto espressione di ricchezza ” (così Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2019, n. 1614). Ne consegue che più elevato è il prezzo della prestazione ricettiva maggiore è la capacità contributiva dell’ospite che l’acquista e, di riflesso, più elevato può essere l’importo dell’imposta applicata. Specularmente a prezzi più bassi deve seguire, in ragione della minore capacità contributiva dell’ospite-soggetto passivo dell’imposta, la previsione di importi diversificati e più contenuti.

Proprio facendo leva su queste ultime considerazioni e, segnatamente, sul ragionamento presuntivo in base al quale è possibile ritenere che le strutture recettive appartenenti a categorie più alte pratichino prezzi medi più elevati, si è giunti, nell’applicazione pretoria, a ritenere manifestamente irragionevole la scelta di non graduare la tariffa di imposta in base alla tipologia delle stesse (Consiglio di Stato, sez. V, 23 novembre 2019, n. 6644).

2.2 Non va, tuttavia, taciuto che il principio di gradualità posto dal citato art. 4 si esprime in termini necessariamente tendenziali, richiedendo un bilanciamento, affidato all’Amministrazione, con interessi di matrice contraria come quello alla semplificazione del prelievo in un’ottica di pronta e massima raccolta del gettito (T.A.R., Veneto, sez. III, 23 ottobre 2012, n. 1283).

Questa naturale flessibilità del principio esclude ogni automatismo applicativo ed impone di valutare, di volta in volta, se la scelta di non operare una determinata graduazione si appalesi in contrasto con il suo nucleo duro e si riveli, di riflesso, manifestamente irragionevole o ingiustificata.

Ne consegue, inoltre, che la verifica del rispetto del canone della proporzionalità richiede un approccio sintetico che guarda all’intero impianto della disciplina. Non può infatti escludersi che la mancata differenziazione delle tariffe, frutto di una scelta specifica dell’Amministrazione, possa risultare, in taluni casi, controbilanciata da altre previsioni tributarie di favore.

2.3 Sulla scorta di queste premesse vanno, ora, scrutinate separatamente le singole doglianze mosse dalle ricorrenti distinguendo tra la mancata differenziazione della tariffa su base stagionale e la mancata differenziazione della stessa in ragione della durata o delle modalità del soggiorno (con specifico riguardo alla mancata differenziazione di tariffa per i gruppi turistici).

Ritiene il Collegio che la prima doglianza relativa alla mancata differenziazione della tariffa su base stagionale meriti accoglimento.

La previsione di un unico importo identico per l’intero anno, differenziato solo sulla base della categoria di appartenenza della struttura ricettiva, si appalesa manifestamente illogica ed irrazionale ed in contrasto con il canone della proporzionalità ed il principio di gradualità che ne è espressione.

In questo senso paiono cogliere nel segno le argomentazioni svolte dalle ricorrenti.

È, infatti, dato di esperienza comune la circostanza che il prezzo medio della prestazione ricettiva varia non solo in ragione della categoria di appartenenza della struttura che la rende ma, all’interno della medesima categoria, anche della stagione in cui ha luogo il pernottamento. Questa differenziazione del prezzo medio praticato su base stagionale si spiega sul piano economico con riguardo all’oscillazione della domanda. Quest’ultima, infatti, ben lungi dal rimanere costante durante l’anno, soffre aumenti e diminuzioni dovuti ad una pluralità di fattori quale, ad esempio, la tipologia di offerta turistica (balenare, storico-culturale etc.).

Queste oscillazioni di domanda e, dunque, di prezzo legate alle normali dinamiche di mercato accomunano, senza differenze significative, tutti gli operatori turistico-ricettivi di un dato territorio e non possono essere legittimamente obliterate in sede di fissazione della tariffa dell’imposta di soggiorno.

Del resto, anche sul piano più strettamente tributario, la scelta di pernottare in un determinato periodo dell’anno, traducendosi nella disponibilità a pagare un dato prezzo medio più o meno elevato, si traduce in una diversa manifestazione della capacità contributiva ed impone, in ossequio all’art. 53 Cost., una differenziazione del prelievo.

Né può dirsi che la previsione di tariffe differenziate per tre stagioni (le consuete alta, media e bassa) comporti un’eccessiva complicazione del meccanismo di prelievo a discapito della pronta e sicura percezione del reddito.

Queste considerazioni hanno, peraltro, già fatto breccia a livello pretorio. Si è, infatti, osservato, proprio con riguardo alla mancata graduazione su base stagionale, che la scelta di “ prevedere una tariffa unica per tutte le strutture ricettive rientranti nell’interno della medesima categoria […] sterilizza, pertanto, la gradualità, con un’impostazione unica quale che sia la capacità contributiva manifestata dalla spesa turistica sostenuta ” (Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2019, n. 1614).

Deve aggiungersi che la stessa Amministrazione Comunale resistente ha accolto siffatta impostazione prevedendo in autovincolo, proprio in sede di istituzione del tributo de quo , che andasse operata una differenziazione su base stagionale della tariffa.

Infatti è l’art. 5 comma 2 del Regolamento impugnato a contenere, nella definizione della “ misura dell’imposta ” (così in rubrica), un riferimento espresso alla “ stagionalità ”. La previsione stabilisce, infatti, che “ Le aliquote dell’imposta, la graduazione e la stagionalità sono stabilite dalla Giunta Comunale con apposita deliberazione, ai sensi dell’art. 42, comma 2, lettera f), del D.Lgs. n. 267/2000 e successive modificazioni, entro la misura massima stabilita dalla legge ”.

L’inserimento di tale previsione nel tessuto del Regolamento rivela la coerenza di quest’ultimo con il principio di gradualità enunciato dall’art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2011 e ss.mm.. Il Regolamento istitutivo dell’imposta di soggiorno, adottato con deliberazione di Consiglio Comunale di Brindisi n. 43 del 28 marzo 2019, è dunque, sotto detto profilo, pienamente legittimo con la conseguenza che deve essere rigettata la domanda di annullamento proposta nei suoi confronti.

Per contro, si appalesa insanabile il contrasto dell’atto di determinazione delle tariffe in questione con siffatte previsioni legali e regolamentari. L’impugnata deliberazione della Giunta Municipale di Brindisi n. 116 del 29 marzo 2019 non prevede alcuna differenziazione su base stagionale limitandosi a distinguere, sulla base della tabella di cui al punto 1, tra tre diverse tipologie di strutture. Essa è, dunque, per le ragioni sopra esposte, illegittima e deve essere annullata.

2.4 Ci si deve, poi, soffermare sulle altre due doglianze formulate dalle ricorrenti con riguardo alla mancata differenziazione della tariffa sulla base della durata e delle modalità del soggiorno.

Le stesse sono prive di pregio.

Come già osservato il carattere solo tendenziale del principio di graduazione lascia intatto in capo all’Amministrazione, fuori dei casi di manifesta irragionevolezza, un significativo margine di apprezzamento nella modulazione del tributo.

Non può, dunque, ritenersi illegittima, anzitutto, la scelta (discrezionale) dell’Amministrazione Comunale di non differenziare per periodi inferiori alla settimana l’importo dell’imposta. Ne uscirebbe, altrimenti, ingiustificatamente sacrificata l’esigenza di semplificazione delle operazioni di prelievo, che verrebbero rese significativamente più complesse e macchinose. La previsione di fasce di importo diverse nell’arco di una settimana di soggiorno andrebbero, infatti, a combinarsi con la già esistente modulazione su base della classe di appartenenza e della stagione, esigendo maggiore impegno e dispendio di risorse anche sul lato del riscossore-gestore.

Passando al criterio della capacità contributiva, la maggiore durata del soggiorno sembra rappresentare un indice affidabile di una maggiore capacità di spesa dell’ospite – soggetto passivo dell’imposta di soggiorno. Sicché, a rigore, ciò potrebbe addirittura giustificare una graduazione in aumento (e non in riduzione come preteso dai ricorrenti) della tariffa, prevedendo che il suo importo cresca all’aumentare dei giorni di pernottamento.

Totalmente estraneo alla ratio del principio di gradualità, come enunciata in precedenza, si rivela, per contro, una pretesa finalità di promozione del flusso turistico attraverso la previsione a tal fine di riduzioni, variamente costruite, sull’importo dell’imposta.

2.5 Queste ultime considerazioni possono essere agevolmente esportate anche all’ulteriore profilo di doglianza relativo alla mancata previsione di una tariffa differenziata per i gruppi turistici.

La partecipazione dell’ospite-soggetto passivo del tributo ad un gruppo organizzato non è, infatti, elemento in sé significativo da cui desumere in via presuntiva una maggiore (o minore) capacità contributiva dello stesso.

Né può sottacersi, in ultimo, nell’approccio necessariamente sintetico che deve essere seguito nella verifica del rispetto del principio di proporzionalità, che nel Regolamento è stata prevista, proprio con l’intento di modulare la pressione fiscale, un catalogo particolarmente nutrito ipotesi (quindici complessivamente) di esenzione totale dal pagamento. Simili accorgimenti possono, infatti, rappresentare, nel complesso del sistema del Regolamento, un ragionevole bilanciamento rispetto alla scelta di non differenziare la tariffa con riguardo al caso dei gruppi turistici.

3. Con il quarto motivo le ricorrenti deducono la violazione dell’’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 23 del 2011 e ss.mm.. In particolare gli atti impugnati sarebbero illegittimi in quanto solo alcune associazioni di categoria di strutture ricettive risulterebbero essere state coinvolte nel procedimento di approvazione del Regolamento di che trattasi. Inoltre nessuna associazione sarebbe stata coinvolta nel procedimento di determinazione delle tariffe approvate con deliberazione di Giunta Municipale n. 116 del 2019.

3.1 Le predette censure sono infondate.

L’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 23 del 2011 e ss.mm. stabilisce che “ i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive hanno facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo ”.

Anzitutto, detta previsione si riferisce al solo procedimento di approvazione del Regolamento e non anche, come sostenuto dalle ricorrenti, a quello di determinazione delle tariffe.

La norma non richiede, inoltre, la partecipazione di tutte le associazioni categoria (adempimento che risulterebbe irragionevole ed incompatibile con le esigenze di non aggravamento della procedura) ma solo di quelle “ maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive ”.

In proposito, va evidenziato che la difesa dell’Amministrazione Comunale resistente ha prodotto il verbale della riunione del 20 marzo 2019 tenutasi tra il Comune di Brindisi e i rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive (Federalberghi Brindisi, della Sezione Turismo della Confindustria Brindisi e Associazione B&B in rete Brindisi).

In detto verbale si dà atto espressamente come “ nel corso della riunione sono stati

recepiti i suggerimenti e le osservazioni esposti dai rappresentanti le associazioni di categoria in merito ai costi sostenuti dai gestori per le transazioni effettuate a mezzo di carte di credito;
alle modalità di riparto della quota del 10% dell’imposta di soggiorno da destinare ai gestori delle strutture ricettive;
alla non applicazione dell’imposta di soggiorno sino al 31.10.2019 per soggiorni oggetto di contratti già siglati e/o perfezionati entro il 30.4.2019 con Tour operator, ecc. da disciplinare nella Bozza di regolamento;
alla sostanziale equivalenza delle strutture denominate “Affittacamere” con le strutture di B&B, Case e appartamenti vacanze
”.

Alla riunione indetta dal Comune di Brindisi hanno, dunque, preso parte tre diverse associazioni. Ciò lascia intendere, in assenza di elementi di segno opposto, che detta parentesi consultiva sia stata comunque in grado di offrire una rappresentazione composita ed attendibile degli interessi di categoria. Va, poi, in ogni caso evidenziato che non è stata offerta prova della circostanza che Aba - Associazione albergatori della Provincia di Brindisi (pure ricorrente) rientri per numero ed importanza di iscritti tra quelle maggiormente rappresentative del territorio.

4. Con il quinto motivo di gravame le ricorrenti hanno denunciato, con censura più puntuale, l’illegittimità dell’art. 10 comma 1 del Regolamento impugnato nella parte in cui prevede che “ al soggetto passivo di cui all’art. 3 comma 1- rectius soggetto passivo dell’imposta (colui che soggiorna nella struttura) - nonché ai soggetti responsabili del pagamento dell’imposta, di cui agli artt. 6 e 7 (rectius gestori di strutture ricettive), si applica la sanzione amministrativa pari al 30% per cento dell’importo non versato, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs.vo n. 471/1997, in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta ”.

4.1 Occorre rilevare che riguardo a detta domanda di annullamento è ormai cessata la materia del contendere.

Ed invero, in linea generale, osserva il Collegio che la cessazione della materia del contendere, prevista dall’art. 34, comma 5, del Codice del Processo Amministrativo, è caratterizzata dalla piena ed integrale soddisfazione delle pretese azionate da parte ricorrente, eventualmente realizzata dalle successive determinazioni assunte dalla parte resistente, sicché essa “ può essere pronunciata nel caso in cui il ricorrente abbia ottenuto in via amministrativa il bene della vita attes o (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2018, n. 2687), sì da rendere inutile la prosecuzione del processo stante l’oggettivo venir meno della lite ” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1135;
sez. IV, 22 gennaio 2018, n. 383;
sez. IV, 7 maggio 2015, n. 2317);

L’istituto si differenzia dalla sopravvenuta carenza di interesse ex art. 35, comma 1, lett. c) c.p.a. che, invece, si verifica quando l’eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe più alcuna utilità al ricorrente, facendo venir meno la condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere (Cons. Stato, sez. IV, 24 luglio 2017, n. 3638 e Cons. St.., sez. V, 9 luglio 2018, n. 4191).

4.2 Orbene, come osservato dalla difesa delle stesse ricorrenti nel corso dell’udienza del 25 febbraio 2020, il Comune di Brindisi ha proceduto, a mezzo della sopravvenuta deliberazione di Consiglio Comunale n. 11 del 10 febbraio 2020, all’abrogazione di detta disposizione così facendo venire meno ( in parte qua ) l’oggetto dell’impugnazione.

5. Con l’ultimo motivo di ricorso si lamenta, invece, la violazione ad opera degli atti impugnati dell’art. 52 del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e ss.mm., espressamente richiamato, quanto alla disciplina del procedimento di approvazione del Regolamento istitutivo dell’imposta di soggiorno, dal già citato art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 23 del 2011 e ss.mm..

Secondo la prospettazione delle ricorrenti, il suddetto art. 52, disciplinando la “ Potestà regolamentare generale delle province e dei comuni ”, prevedrebbe un preciso schema legale che deve essere seguito dall’Amministrazione Comunale per l’adozione dell’atto regolamentare. Più segnatamente, il Regolamento impugnato, in ciò violando il comma 5 della disposizione, non avrebbe affidato l’attività di riscossione a nessuno dei soggetti ivi tassativamente indicati, bensì direttamente a soggetti privati.

I ricorrenti lamentano, poi, in seno al medesimo motivo anche l’inosservanza del comma 2 dell’art. 52 secondo cui “ I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo ”. Violando detta previsione l’impugnata deliberazione del Consiglio Comunale n. 43 del 2019 recante l’approvazione del Regolamento istitutivo avrebbe, infatti, stabilito che “ per l’anno 2019 l’imposta di soggiorno debba decorrere dal 01.06.2019 ”.

5.1 Ambedue le censure sono destituite di fondamento e non possono essere accolte.

Con riguardo alla prima va, anzitutto, rammentato che sulla scorta del comma 3 del già citato art. 4 del D.Lgs. n. 23 del 2011 e ss.mm., i Comuni con apposito regolamento “ hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo ”.

In questa ottica appare di tutta evidenza che le attività demandate ai titolari delle strutture ricettive siano ben altra cosa rispetto all’ “ attività di accertamento e riscossione dei tributi ” a cui si riferisce la lettera b) del comma 5 dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e ss.mm..

Secondo il Regolamento oggetto di impugnazione (art. 6) ai “ gestori ” compete, infatti, il mero compito di incassare la tassa di soggiorno dal cliente e, nelle ipotesi in cui il cliente abbia ottemperato al pagamento, di riversarla al Comune.

I gestori, pur rivestendo la qualifica di agente contabile, non concorrono in alcun modo alla definizione della pretesa tributaria e dell’eventuale maggiore imponibile, tratto che invece caratterizza in modo distintivo le attività autenticamente impositive.

Un‘interpretazione più attenta del Regolamento qui impugnato consente, peraltro, di affermare, in maniera del tutto coerente, che l’attività di accertamento resta espressamente riservata all’Amministrazione Comunale.

Il comma 1 dell’art. 9 comma 1 stabilisce, infatti, che “ ai fini dell’attività di accertamento dell’Imposta di Soggiorno, si applicano le disposizioni contenute nell’art. 1 commi 161 e 162 della Legge n. 296/2006 nonché nell’art. 1219 del Codice Civile ”. Tale disposizione va letta in combinato disposto con la previsione della Legge Finanziaria per l’anno 2007 ivi espressamente richiamata e che riserva, in apertura del comma 161, l’attività di accertamento agli “ enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza ”.

5.2 Per ciò che attiene all’ultima censura, ritiene il Collegio di condividere gli approdi a cui è già da tempo giunta la giurisprudenza amministrativa più avveduta nell’escludere che l’art. 52 comma 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e ss.mm. detti una disciplina specifica in punto di decorrenza temporale degli effetti del Regolamento istitutivo dell’imposta di soggiorno (da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, 27 novembre 2017, n. 5545). Affrontando ex professo la questione si è condivisibilmente osservato che “ l’emanazione dei regolamenti comunali in materia “ai sensi” dell’art. 52 d.lgs. n. 446/1997 implica non già un richiamo a specifici profili disciplinari, peraltro dubbi già nella norma richiamata, ma significa porre le fondamenta sostanziali, e i limiti, del potere regolamentare rispetto a quello legislativo ” (così T.A.R. Toscana, sez. I, n. 1808 del 2011 e T.A.R. Lecce, sez. II, 16 febbraio 2012, n. 736).

L’art. 52 comma 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 è, peraltro, norma da ritenersi ormai tacitamente abrogata. La materia dei tributi locali è stata, infatti, successivamente interessata da plurimi interventi legislativi che hanno disegnato in termini radicalmente opposti la disciplina dell’entrata in vigore dei regolamenti istitutivi. A tal fine la giurisprudenza valorizza, in particolare, l’introduzione di previsioni come gli “ art. 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 27, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e art.1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che espressamente prevedono che i «regolamenti sulle entrate» degli enti locali «hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento”, cioè possono addirittura avere efficaci retroattiva, venendo a produrre effetti dal primo gennaio dell’anno di loro adozione» ” (sempre T.A.R. Toscana, sez. I, n. 1808 del 2011).

6. La complessità e novità delle questioni affrontate e la reciproca soccombenza delle parti giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.

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