TAR Salerno, sez. III, sentenza 2023-02-03, n. 202300278

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. III, sentenza 2023-02-03, n. 202300278
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202300278
Data del deposito : 3 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/02/2023

N. 00278/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01601/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1601 del 2020, proposto da Kcs Caregiver Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E D I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Asl Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati V C e E T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Azienda Sanitaria Locale Salerno – Distretto Sanitario n. 70 Vallo della Lucania e Regione Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

a) della Determinazione del 28 settembre 2020, ivi compresa la relativa comunicazione del 29 settembre 2020, n. 1040 adottata dal D.G. U.O.C. dell'Area Gestione dell'acquisizione dei beni e dei servizi ed Economato dell'ASL Salerno, con cui è stato espresso il diniego alla revisione dei prezzi richiesto dalla KCS Caregiver Coop. Soc. a motivo che “i prezzi orari per le figure professionali utilizzate dalla ditta citata nei servizi di cui trattasi non hanno subito sostanziali scostamenti in aumento, dalla data del succitato rinnovo all'attualità, come verificato dalle specifiche tabelle del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali”.

Ove occorrer possa:

b) della nota prot. n. 21561 del 13 febbraio 2014, con cui l'ASL Salerno, Distretto Sanitario n. 70, ha chiesto alla KCS Caregiver di emettere “note di credito per ognuna di esse per un importo pari alla differenza tra l'imponibile fatturato e quello di netti € 98.849,95, determinato con gli atti di rinnovo e proroga del servizio di riferimento, con l'applicazione della sola competenza”, in merito alle differenze derivanti per l'applicazione della revisione del prezzo ex art. 115 D.lgs. n. 163/2006.

- Nonché di ogni altro atto, annesso, connesso, presupposto e consequenziale, anche non conosciuto alla Ricorrente, o comunque collegato;

e

- per l'accertamento e la dichiarazione del diritto della Ricorrente alla revisione del prezzo, ex art. 115 D.lgs. n. 163/2006

e

- per la condanna dell'Amministrazione Resistente alla corresponsione dell'importo dovuto a titolo di revisione del prezzo che sarà nel prosieguo identificato ovvero in quello che sarà ritenuto di giustizia, oltre alla corresponsione degli interessi moratori per il ritardato pagamento da calcolarsi in base al D.lgs. n. 231/2002.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Asl Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2023 il dott. M D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso ritualmente notificato in data 27 novembre 2020 e depositato in data 7 dicembre 2020, la ricorrente, KCS Caregiver Cooperativa Sociale, ha adito questo Tribunale per l’annullamento degli atti epigrafati nonché per l’accertamento e declaratoria del diritto alla revisione del prezzo di appalto ai sensi dell’art. 115 Decreto legislativo n.163 del 2016 e per la condanna dell’Asl resistente alla corresponsione dell’importo dovuto a tale titolo, oltre interessi moratori per ritardato pagamento ai sensi del Decreto legislativo n. 231/2002.

A sostegno del presente gravame, l’istante ha allegato e dedotto che: la vicenda trae origine dall’aggiudicazione ottenuta nel settembre 2005 della gara indetta dall’allora ASL SA/3 Distretto Sanitario n. 70 – oggi l’ASL Salerno - per la gestione dei servizi socioassistenziali da espletarsi presso la R.S.A. con sede in Massa di Vallo della Lucania per un periodo di 5 anni, dietro la corresponsione di un canone mensile di € 90.437,00, via via rivalutato dall’Amministrazione ex art. 115 D.Lgs. n. 163/2006;
con Delibera n. 715, del 15 luglio 2011, il Commissario Straordinario dell’Unità ASL Salerno ha disposto, ex art. 57 D.Lgs. 163/2006, la ripetizione di servizi analoghi agli stessi patti e condizioni, con decorrenza 1° ottobre 2010 sino al 31 marzo 2012, per un canone mensile determinato in € 98.849,95, iva esente;
in ragione della suddetta proroga, a partire dal secondo anno di vigenza, doveva ex lege essere applicato l’istituto della revisione del prezzo, stante il dettato normativo di cui all’art. 115 D.lgs. 163/06 (applicabile ratione temporis), norma unanimemente ritenuta avente carattere imperativo inderogabile;
per l’effetto, di anno in anno, ha reso noto all’Amministrazione l’importo del canone mensile aggiornato in virtù della dovuta revisione del prezzo;
in specie, ha inviato all’ASL Salerno, Distretto Sanitario n. 70: i) nota del 3 novembre 2011, con cui ha comunicato il nuovo canone applicato dal mese di ottobre 2011, pari ad € 101.917,07;
ii) nota del 15 novembre 2012, con cui si è reso noto l’aggiornamento del canone applicato con la fatturazione dal mese di ottobre 2012, per € 104.668,83;
iii) lettera del 16 ottobre 2013, con l’individuazione del nuovo canone a partire dal mese di ottobre 2013 di € per € 105.506,18;
con Determina n. 15, del 31 gennaio 2014, nel prendere atto del prolungamento del servizio dal 1° aprile 2012, il Direttore della Funzione Centrale di Provveditorato/Economato ha disposto di “prorogare agli stessi prezzi, patti, e condizioni di cui alla deliberazione n. 715/2011 il rapporto contrattuale in essere, sino all’espletamento di nuova procedura di gara finalizzata ad individuare altro operatore economico cui affidare il servizio in questione…”;
il contratto doveva quindi considerarsi esser stato prorogato a tutti gli effetti a far data dal 1° aprile 2012;
ha sempre continuato ad erogare regolarmente il servizio in adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali, emettendo le relative fatture – mai contestate - comprensive della revisione, come, del resto, aveva fatto anche fino a settembre 2012, vedendosi riconoscere, per tale periodo di fatturazione, anche la revisione del prezzo;
tuttavia, con nota prot. n. 21561, del 13 febbraio 2014, la ASL Salerno, Distretto Sanitario n. 70, ha improvvisamente chiesto di emettere “note di credito per ognuna di esse per un importo pari alla differenza tra l’imponibile fatturato e quello di netti € 98.849,95, determinato con gli atti di rinnovo e proroga del servizio di riferimento, con l’applicazione della sola competenza”;
pertanto, la ASL Salerno, Distretto Sanitario n. 70, ha cessato di riconoscere le somme dovute a titolo di revisione del prezzo di appalto, disponendo il pagamento (oltretutto saltuario) delle fatture emesse del solo importo mensile di € 98.849,95, determinato con la proroga di cui alla Determina n. 715/2011, rimanendo silente alle richieste inoltrate;
nel frattempo, ha continuato ad eseguire perfettamente le prestazioni richieste;
in assenza di espletamento dell’istruttoria di cui al D.lgs. 163/06 da parte dell’Amministrazione, applicando l’indice ISTAT-FOI come individuato dalla giurisprudenza, avrebbe diritto a una somma ben maggiore come individuata con le note sopra indicate;
da ultimo, il 26 gennaio 2018, ha nuovamente intimato il pagamento delle somme ancora dovute, anche in merito alla revisione del prezzo a cui l’Amministrazione non ha dato alcun seguito;
pertanto, ad esito del ricorso promosso avverso al silenzio, questo Tribunale, con sentenza n. 1226 del 19 luglio 2018, ha qualificato come inadempimento detto silenzio ed ha condannato l’Amministrazione a pronunciarsi sull’istanza;
tuttavia, perseverando detto inadempimento, nonostante anche i solleciti e le diffide ricevute, ha incardinato giudizio per l’ottemperanza della sentenza n. 1226/2018 ;
solo in vista della camera di consiglio fissata per il 30 settembre 2020 e dopo oltre 2 anni dalla sentenza, con la delibera n. 1040 del 28 settembre 2020, l’Amministrazione ha negato la revisione del prezzo dell’appalto alla KCS Caregiver per la seguente motivazione “i prezzi orari per le figure professionali utilizzate dalla ditta citata nei servizi di cui trattasi non hanno subito sostanziali scostamenti in aumento, dalla data del succitato rinnovo all’attualità, come verificato dalle specifiche tabelle del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali”.

Tanto premesso in fatto, la ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’impugnato diniego, sulla scorta delle seguenti doglianze in diritto: violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 115 del d.lgs. n.163/2006. violazione art. 3 l. 241/1990. Difetto di motivazione. Carenza dei presupposti in fatto e in diritto. Eccesso di potere per errati presupposti di fatto, manifesta erroneità, irragionevolezza, travisamento dei fatti, ingiustizia manifesta. violazione art. 97 cost.

Segnatamente, la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 115 del decreto legislativo n.163 del 2006, ritenuto applicabile alla fattispecie di cui ai fatti di causa ratione temporis e recante la prescrizione dell’obbligo di introdurre nei contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi o forniture, una clausola di revisione periodica dei prezzi.

A dire della ricorrente, l’applicazione di tale previsione normativa risulterebbe ulteriormente suffragata tanto dalla natura imperativa della disposizione de qua, quanto dalla configurazione della fattispecie in termini di proroga contrattuale, che, diversamente, dal rinnovo, opererebbe un mero differimento del termine finale di durata del rapporto.

La ricorrente, dunque, ha lamentato che l’Amministrazione, pur riconoscendo expressis verbis l’operatività, in specie, del meccanismo della proroga contrattuale, avrebbe omesso di procedere al riconoscimento della revisione del prezzo, limitandosi a corrispondere unicamente il canone mensile definito, in violazione dell’obbligo discendente dagli artt. 115 e 7 del D.Lgs. 163/2006, producendo in giudizio un prospetto tabellare di Confcooperative dal quale risulterebbe l’aumento dei costi della manodopera rispetto ai minimi contrattuali per il periodo di riferimento 2013-2020 e richiamando, a suffragio delle proprie ragioni, le tabelle Ministeriali sul costo orario del lavoro dei dipendenti impiegati nelle Società Cooperative del settore sociosanitario, evidenziandone la risultante differenza annua al rialzo.

Sulla scorta delle descritte causali, la società ricorrente ha invocato l’accoglimento della domanda.

Con atto del 15.01.2021 si è costituita in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, insistendo per il rigetto del gravame stante l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza in fatto e in diritto.

All’udienza pubblica del 26 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

In termini generali giova, innanzitutto, precisare che la pretesa azionata dalla società ricorrente si fonda sulle disposizioni di cui all’art. 115 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (che riprende la formulazione già contenuta nell'art. 6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537), per cui "Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5".

Nella giurisprudenza amministrativa, è, ormai, costante l'affermazione secondo cui la predetta norma ha carattere imperativo, in quanto attinente all’ordine pubblico-economico, sicché la stessa si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa (cfr. ex multis, Consiglio Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994, 16 giugno 2003 n. 3373, 19 febbraio 2003 n. 916 e 8 maggio 2002 n. 2461).

La ratio della normativa in esame è stata rinvenuta nell’esigenza di munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comportasse la definizione di un "nuovo" corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto riferito alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale di riferimento, con beneficio di entrambi i contraenti, poiché l'appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l'alea propria dei contratti di durata, e la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento di una prestazione divenuta onerosa o, addirittura, di un rifiuto dell’appaltatore a proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici (cfr. Cons. St., Sez. III, 9 aprile 2014 n. 1697).

In ragione del concorso di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, l'intera disciplina della revisione prezzi rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come disegnata dall’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. e) n. 2, (ma già precedentemente attribuite a detta giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 244, terzo comma, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

Tuttavia, l’individuazione del giudice amministrativo, quale giudice competente per le questioni relative alla “clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo” nonché “ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento prezzi ai sensi dell'art. 133, commi 3 e 4 del d.lgs. n. 163 del 2006”, non certo incide sui mezzi di difesa offerti alla parte che chiede tutela giurisdizionale, atteso che le azioni esperibili restano scriminabili a seconda della natura della posizione soggettiva che si assume lesa.

Dunque, onde individuare gli appropriati strumenti di tutela giurisdizionale offerti dal sistema e azionabili dall’appaltatore che invoca il diritto alla revisione prezzi, occorrerà precisare quale sia la consistenza della posizione giuridica di cui lo stesso è titolare.

Sul punto, il Collegio intende richiamare la consolidata giurisprudenza la quale, rimarcando la struttura bifasica del procedimento di revisione prezzi, afferma che, in capo all’appaltatore, è configurabile una posizione di interesse rispetto all’attività autoritativa dell’amministrazione, in quanto volta all’accertamento dell’an della pretesa e di diritto soggettivo rispetto al quantum, una volta riconosciuta la spettanza di un compenso revisionale (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. III, 22 giugno 2018, n. 3827;
Tar Campania, Sez. II, 30 agosto 2107, n. 4204).

Più in dettaglio si è chiarito che:

- l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l'esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa;

- l'obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'amministrazione, non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465);

- la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (ex multis Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

- di conseguenza, la domanda giudiziale deve essere definita secondo un’indagine di tipo bifasico (cfr., in tal senso, ex multis TAR Lazio, Sez. Seconda Quater, 13 aprile 2015, n. 5360;
Sez. III, 15 giugno 2012 n. 5505).

Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, dunque, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell'interesse legittimo (Cons. Stato, sez. IV, sent. 07.07.2022 n.5667), di talché:

- sarà sempre necessaria l'attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l'Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell'adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l'importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375;
24 gennaio 2013 n. 465;
Tar Napoli, sez. V, sent. 18.03.2019 n.1947);

- in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell'appaltatore, quest'ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall'Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l'accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465;
Tar Napoli, sez. V, sent. 18.03.2019 n.1478).

Ebbene, facendo applicazione, nel caso di specie, dei principi legislativi e giurisprudenziali testè citati, va detto che il ricorso è fondato e merita accoglimento alla luce delle osservazioni che seguono.

Invero, ad avviso del Collegio, si palesa fondato il motivo di ricorso laddove parte ricorrente ha dedotto i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione della determinazione del 28/09/2020, ivi compresa la relativa comunicazione del 29/09/2020, n. 1040 adottata dal D.G. U.O.C. dell’Area Gestione dell’Acquisizione dei Beni e dei Servizi ed Economato dell’ASL Salerno, con cui è stato espresso il diniego alla revisione dei prezzi richiesto dalla KCS Caregiver Coop. Soc., tenuto conto che l’autorità amministrativa ha motivato il diniego all’adeguamento dei prezzi richiamando le risultanze dell’istruttoria, - peraltro, contrariamente a quanto eccepito, non allegate alla predetta delibera di diniego -, condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5 del decreto legislativo 163 del 2006, in seno alla quale si è ritenuto che “ i prezzi orari per le figure professionali utilizzate dalla ditta citata nei servizi di cui trattasi non hanno subito sostanziali scostamenti in aumento, dalla data del succitato rinnovo all’attualità, come verificato dalle specifiche tabelle del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ”.

Tuttavia, è appena il caso di rilevare che, a fondamento della domanda revisionale, la ricorrente ha allegato gli incrementi dei costi di manodopera intervenuti durante l’esecuzione del rapporto, come risultanti dalle tabelle di Confcooperative per il periodo 2013- 2020, sui minimi contrattuali previsti per i dipendenti delle cooperative nelle varie categorie professionali, oltre che dalle Tabelle del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul costo orario del lavoro per le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo-cooperative sociali per i periodi gennaio 2012- maggio 2013, novembre 2019, aprile 2020, settembre 2020.

Ne risulta che se l’Amministrazione avesse avuto dubbi circa l’effettiva corresponsione degli aumenti contrattuali ai lavoratori impiegati nella esecuzione dei servizi oggetto del contratto, anche in un’ottica di leale cooperazione con la società affidataria del servizio, avrebbe dovuto svolgere un approfondimento istruttorio, attraverso la verifica delle buste-paga e degli altri eventuali documenti contabili reputati utili a riscontrare il rispetto del numero di dipendenti e di ore lavorative prestabiliti, ma giammai respingere sic et simpliciter l’istanza di revisione per la suddetta, rilevante voce di costo.

L’evidente difetto di istruttoria sul punto consente di per sé di accogliere la domanda impugnatoria, restando assorbita l’ulteriore domanda sulla determinazione del quantum degli importi dovuti a titolo di revisione, ai sensi dell’art. 115 D.Lgs. 163/2006, considerata la natura tecnico-discrezionale del potere pubblico di accertamento dei presupposti ai fini del riconoscimento della revisione, in esito al quale si provvederà ad emettere il provvedimento amministrativo che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne indica la misura, dunque, facendo salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione in esito agli accertamenti di cui si è detto sopra (Tar Napoli, sez. V, sent. 18.03.2019 n.1478)

La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

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