TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-10-24, n. 201604843

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2016-10-24, n. 201604843
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201604843
Data del deposito : 24 ottobre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2016

N. 04843/2016 REG.PROV.COLL.

N. 04428/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4428 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini C.F. LNTLNZ57A19H703F, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci 16 (studio G. Abbamonte);

contro

U.T.G. - Prefettura di Caserta, Ministero dell'Interno, Comune di Caserta, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento

del provvedimento di cui alla nota prot. n. 72438 del 20 settembre 2012, con il quale il Comune di Caserta ha ordinato la immediata cessazione di ogni attività relativa ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, programmabile e non programmabile delle pertinenze stradali e fognarie di competenza comunale e della segnaletica orizzontale e verticale per la sussistenza di cause interdittive di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994, dell’informativa interdittiva dell’U.T.G. di Caserta prot. n. 1971/12B.16/ANT/

AREA

1 del 12 luglio 2012, nonché per la declaratoria di nullità del contratto di appalto rep. n. 20900 del 6 aprile 2006, nella parte in cui reca clausola espressa di risoluzione automatica del contratto in caso di comunicazione, da parte della Prefettura, di informazioni interdittive ex art. 10 del D.P.R. n. 252/1998.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta, del Ministero dell'Interno e del Comune di Caserta;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2016 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il -OMISSIS- impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento prot. n. 72438 del 20 settembre 2012 con cui il Comune di Caserta ha disposto l’immediata risoluzione del contratto d’appalto rep. n. 20900 del 6 aprile 2006, stipulato all’esito di specifica procedura di evidenza pubblica, per l’esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, programmabile e non programmabile delle pertinenze stradali e fognarie di competenza comunale e della segnaletica stradale e relativi accessori inerenti la viabilità.

L’atto risolutivo consegue all’adozione di una informativa antimafia ex art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994 emessa dalla Prefettura di Caserta il 12 luglio 2012 e parimenti gravata, a carico del -OMISSIS- e degli esponenti aziendali Sig.ri -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rispettivamente presidente e consiglieri d’amministrazione.

Parte ricorrente deduce violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili.

Si è costituita in giudizio la Prefettura di Caserta che ha depositato gli atti istruttori posti a fondamento della gravata interdittiva, ivi compresa la relazione del Gruppo Ispettivo Antimafia del 29 giugno 2012, avverso i quali parte ricorrente ha proposto rituale atto di motivi aggiunti.

All’udienza del 28 settembre 2016 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso ha ad oggetto l’interdittiva antimafia emessa nei confronti del -OMISSIS- e degli esponenti aziendali Sig.ri -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rispettivamente presidente e consiglieri d’amministrazione, nonché il consequenziale provvedimento risolutivo adottato dalla Stazione appaltante ai sensi dell’art. 4, ultimo comma, del D.Lgs. n. 490/1994.

Occorre riportare le motivazioni addotte dalla Prefettura a sostegno della gravata interdittiva.

Alla data del 16 dicembre 2010, il Consorzio aveva i seguenti consorziati (cfr. nota del Nucleo di Polizia Tributaria Caserta prot. n. 0369967/12 del 29 giugno 2012):

I) -OMISSIS- s.r.l., società che ha ceduto un ramo d’azienda alla partecipata -OMISSIS- s.r.l., già denominata Società -OMISSIS- s.r.l. e destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia confermato con sentenza del Consiglio di Stato n. 7407/2010: con riguardo a tale società il Consorzio ricorrente ha allegato il certificato rilasciato dalla Camera di Commercio di Caserta dal quale risulta che, in data successiva alla impugnata interdittiva del 12 luglio 2012, vi è stata, rispettivamente, variazione dell’assetto proprietario (il cui capitale sociale è ripartito tra i Sig.ri -OMISSIS- e -OMISSIS-: variazione del 27 luglio 2012) e cambio dell’amministrazione che, a partire dal 27 agosto 2012, è stata conferita al Sig. -OMISSIS-;

II) -OMISSIS- s.r.l., titolare di una quota di partecipazione nella -OMISSIS- s.r.l., il cui socio di maggioranza e Presidente del Consiglio di Amministrazione è -OMISSIS-, già colpito da interdittiva antimafia e titolare di omonima ditta individuale destinataria di un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli nell’ambito del procedimento penale per i reati di estorsione, associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, con l’aggravante di cui all’art. 7 della L.n. 203/1991 nel quale si definisce il -OMISSIS- come “ulteriore tassello di una cordata imprenditoriale facente capo a -OMISSIS-, detto ‘-OMISSIS-” (nota prot. n. 2680/12B.1/ANT/Area 1^ della Prefettura di Caserta del 13 novembre 2012);

III) -OMISSIS- s.r.l., colpita da informativa antimafia, che ha acquistato un ramo d’azienda dalla società -OMISSIS- s.r.l. (parimenti gravata da interdittiva), il cui socio di maggioranza e amministratore unico è -OMISSIS-, coniuge -OMISSIS- (cfr. nota del Nucleo di Polizia Tributaria Caserta prot. n. 0369967/12 del 29 giugno 2012): nel 2012 la -OMISSIS- è stata attinta da interdittiva antimafia del Prefetto di Caserta ed il relativo gravame è stato respinto con sentenza del T.A.R. Napoli n. 2610/2013 che ha ritenuto la misura legittimamente adottata sulla base degli elementi indiziari evidenziati dal Prefetto di Caserta, dai quali si evincono plurimi legami con società riferibili a -OMISSIS-, parimenti colpite da provvedimenti interdittivi;

IV) ditta individuale -OMISSIS- di -OMISSIS-, il cui titolare è stato segnalato nel 2009 per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti a seguito di rapporti con la -OMISSIS- s.r.l. destinataria di un provvedimento di confisca emesso dal Tribunale di S. Maria C.V. - Sezione Misure di Prevenzione.

Il Gruppo Investigativo Antimafia ha inoltre evidenziato che il -OMISSIS- ha una partecipazione nella società -OMISSIS-s.r.l. di Napoli il cui amministratore è -OMISSIS- ed il cui socio di maggioranza è la società -OMISSIS-s.r.l., parimenti riconducibile al predetto -OMISSIS- e alla moglie -OMISSIS-.

Il verbale del Gruppo Investigativo Antimafia del 29 giugno 2012 e gli atti istruttori richiamati nel provvedimento interdittivo soddisfano l’onere motivazionale, con conseguente infondatezza dei profili di illegittimità dedotti dalla parte ricorrente per presunta violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990, del contraddittorio e del diritto di difesa. A tale ultimo proposito, l’inconsistenza del rilievo discende anche dalla considerazione che, depositati i cennati atti istruttori, il -OMISSIS- è stato messo in condizione di proporre rituale atto di motivi aggiunti contestando le considerazioni svolte e le conclusioni rassegnate dagli organi inquirenti.

Venendo al contenuto della interdittiva, ritiene il Collegio che la sussistenza di cointeressenze economiche tra diverse imprese gravate da interdittive antimafia, unitamente alla circostanza che la maggior parte delle società sulle quali si è soffermata l’attenzione degli inquirenti appaiono riconducibili alla figura -OMISSIS-, costituiscano un quadro indiziario idoneo ad evidenziare la sussistenza di un concreto pericolo di condizionamento criminale nella gestione consortile.

A sostegno di tale affermazione possono essere richiamate in questa sede le pronunce rese da questo T.A.R. sul conto -OMISSIS- (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sezione I, nn. 5788, 5789, 5791, 5792, 5793 del 2011, confermate in appello da Consiglio di Stato, Sezione III, n. 4664, 4666, 4667, 4668, 4665 del 2012) le quali hanno positivamente vagliato una serie di circostanze che, nel loro complesso, hanno fatto ragionevolmente ritenere che le attività riferibili a tale esponente aziendale possono, anche in maniera indiretta, essere condizionate dalla contiguità con la criminalità organizzata.

Nello specifico, con sentenza n. 7407/2010, il Consiglio di Stato ha dato atto che gli indizi emergenti a carico del -OMISSIS- attengono alla “cointeressenza in società con soggetto imparentato con appartenenti a clan camorristici e nell’essere stato vittima di una presunta estorsione per l’accertamento della quale non avrebbe prestato alcuna collaborazione, di cui sono segnalati riscontri oggettivi tra cui, come si evince dalla comunicazione della Regione carabinieri della Campania del 27.9.2007, le conversazioni intercettate presso l’abitazione del boss -OMISSIS-” .

Nella stessa sentenza il Consiglio di Stato ha escluso qualsiasi profilo di contraddittorietà tra la valutazione prefettizia ostativa svolta sul conto -OMISSIS- sulla quale era chiamata a pronunciarsi ed il contenuto di precedenti pronunce favorevoli di questo T.A.R. Campania n. 2725/2009, n. 4829/2009, n. 8979/2009 che avevano annullato una pregressa informativa del 2008 a carico del medesimo esponente (sentenze di primo grado che, in sintesi, evidenziavano la sua posizione come persona offesa dall’attività estorsiva svolta dal sodalizio criminale e l’assenza di specifici e circostanziati rilievi circa il condizionamento criminale).

I giudici di appello hanno dequotato tale censura di contraddittorietà - riproposta anche nel giudizio di cui si controverte - evidenziando l’autonomia delle diverse informative che costituiscono l’approdo di distinti procedimenti iniziati ad istanza di differenti stazioni appaltanti, nei confronti di distinti soggetti affidatari, nell’ambito di diverse procedura di gara, fondati su specifici ed articolati quadri indiziari.

Si aggiunga che le successive pronunce di questo T.A.R. del 2011 sfavorevoli alla parte ricorrente e confermate in appello dal Consiglio di Stato, oltre a riprendere gli elementi già scrutinati nelle precedenti sentenze, si fondano su elementi indiziari successivi, tra i quali: I) la nota dei Carabinieri di Caserta del 25 settembre 2010 che evidenziava un ulteriore episodio in cui il -OMISSIS- avrebbe pagato una tangente agli esponenti di un clan malavitoso per l’esecuzione di lavori in subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico;
II) a seguito di accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza, il prevenuto era stato incriminato e sottoposto alla misura della custodia cautelare con ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Napoli per una vicenda di false fatturazioni per operazioni ritenute inesistenti in favore della società -OMISSIS- S.r.l., produttrice di calcestruzzo, nella quale erano coinvolti anche esponenti della famiglia -OMISSIS- contigui al clan dei casalesi (Consiglio di Stato n. 4665/2012).

Il rischio di influenza criminale non può ritenersi escluso dalla circostanza che, come dedotto dalla parte ricorrente, nel 2010 il -OMISSIS- si è costituito parte civile nel procedimento penale per l’estorsione subita sul cantiere di S. Maria a Vico.

Come rilevato dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 1743/2016), anche soggetti semplicemente conniventi con sodalizi mafiosi, per quanto non concorrenti, nemmeno esterni, con la criminalità organizzata, e persino imprenditori soggiogati dalla sua forza intimidatoria e vittime di estorsioni sono passibili di informativa antimafia. Difatti, è stato evidenziato che, per condurre le sue lucrose attività economiche, la associazioni mafiose non si avvalgono solo di soggetti organici o affiliati ad essa, ma anche di soggetti compiacenti, cooperanti, collaboranti, nelle più varie forme e qualifiche societarie, sia attivamente, per interesse, economico, politico o amministrativo, che passivamente, per omertà o, non ultimo, per il timore della sopravvivenza propria e della propria impresa.

A tale proposito, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa tipizzate dal legislatore comprendono infatti una serie di elementi del più vario genere e, spesso, anche di segno opposto, frutto e cristallizzazione normativa di una lunga e vasta esperienza in questa materia, situazioni che spaziano dalla condanna, anche non definitiva, per taluni delitti da considerare sicuri indicatori della presenza mafiosa (art. 84, comma 4, lett. ‘a’, del D.Lgs. n. 159/2011), alla mancata denuncia di delitti di concussione e di estorsione, da parte dell’imprenditore, dalle condanne per reati strumentali alle organizzazioni criminali (art. 84, comma 4, lett. ‘c’ del D.Lgs. n. 159/2011), alla sussistenza di vicende organizzative, gestionali o anche solo operative che, per le loro modalità, evidenzino l’intento elusivo della legislazione antimafia.

Va rammentato che l’interdittiva antimafia costituisce una misura amministrativa preventiva finalizzata ad evitare che ad alcuni procedimenti particolarmente delicati dell’attività della pubblica amministrazione (procedimenti di scelta del contraente in materia di contrattualistica pubblica, concessioni) possano partecipare, conseguendone i relativi benefici, imprese nei cui confronti si siano verificati tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate. L’elemento centrale per la definizione della fattispecie non è quindi costituito dalla sussistenza di un rapporto di contiguità o di una vera e propria affiliazione all’associazione criminale, ma dal rischio di condizionamento delle scelte societarie che deriva dal tentativo di infiltrazione mafiosa.

Si tratta pertanto di una circostanza di natura obiettiva (la riduzione della libertà di autodeterminazione economica che deriva dal tentativo di infiltrazione) e, in linea di principio, caratterizzata dalla natura non sanzionatoria (almeno nelle ipotesi in cui non si riesca a dimostrare la sostanziale cointeressenza di interessi con l’associazione criminale) ma puramente preventiva dell’attribuzione di benefici pubblici ad imprese che siano comunque, anche se con diverse modalità, soggette al condizionamento della criminalità organizzata.

Applicando tali principi, proprio con riguardo al -OMISSIS-, in un distinto giudizio, il T.A.R. Lecce (n. 3151/2009) ha condivisibilmente rilevato che “una volta espunta dall’istituto ogni caratterizzazione sanzionatoria, è fin troppo facile rilevare come, nei confronti delle imprese riportabili al -OMISSIS-, la vicenda della presunta estorsione evidenzi una forte attenzione da parte della criminalità organizzata che è sufficiente ad integrare quel rischio di condizionamento delle scelte societarie da parte della criminalità che è neutralizzato dall’art. 4, 4° comma d.lgs. 8 agosto 1994, n. 490 e che, in mancanza di un quadro di netto contrasto da parte dell’impresa (mediante, ad es., denuncia del tentativo di estorsione;
ecc.), è da ritenersi ancora attuale”.

Non resta quindi che richiamare anche in questa sede le considerazioni svolte nelle predette pronunce e ribadire che la costituzione di parte civile nel procedimento penale non esclude in concreto il rischio di condizionamento criminale vagliato dall’Autorità prefettizia.

Non rileva poi la circostanza che, come documentato dalla difesa di parte ricorrente, vi sia stata una modifica dell’assetto proprietario e dell’amministrazione della -OMISSIS- s.r.l. (cessionaria del ramo d’azienda dalla -OMISSIS- s.r.l.);
difatti, si è evidenziato che tali variazioni sono successive alla impugnata interdittiva del 12 luglio 2012 e, in ogni caso, non incidono sul quadro indiziario complessivamente tracciato dalla Prefettura che si fonda su plurimi elementi di valutazione.

E’ priva di pregio l’ulteriore censura con cui il Consorzio ricorrente assume di aver posto in essere una concreta misura dissociativa dalla ditta -OMISSIS-, attinta da interdittiva antimafia, avendola estromessa dalla propria compagine consortile ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 252/1998 (secondo cui “Se taluna delle situazioni indicate nell'articolo 10, comma 7, interessa un'impresa diversa da quella mandataria che partecipa ad un'associazione o raggruppamento temporaneo di imprese, le cause di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e quelle di divieto di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 490 del 1994, non operano nei confronti delle altre imprese partecipanti quando la predetta impresa sia estromessa o sostituita anteriormente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori. La sostituzione può essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione delle informazioni del prefetto qualora esse pervengano successivamente alla stipulazione del contratto o alla concessione dei lavori” ).

In senso contrario, è sufficiente rilevare che, come si è visto in premessa, il rischio di condizionamento criminale della gestione consortile è stato tratto da diversi elementi indiziari, imputabili non solo alla ditta -OMISSIS-, ma riferibili a cointeressenze societarie con diverse imprese variamente riconducibili al predetto -OMISSIS- e attinte esse stesse da informative antimafia.

Trova quindi applicazione il principio espresso dal Consiglio di Stato (Sez. III, n. 1743/2016) secondo cui, ai fini della formulazione del giudizio prognostico di condizionamento criminale, sia in sede amministrativa che in sede giurisdizionale, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri;
da questo punto di vista, non vi è chi non veda che il rapporto del -OMISSIS- con la ditta -OMISSIS- costituisce solo uno degli elementi indiziari sui quali si fonda il giudizio di permeabilità mafiosa espresso dall’Autorità prefettizia.

Ribadita la legittimità dell’informativa antimafia emessa dalla Prefettura di Caserta, cadono le censure proposte avverso il consequenziale provvedimento prot. n. 72438 del 20 settembre 2012 con il quale il Comune di Caserta ha disposto la risoluzione del contratto d’appalto rep. n. 20900 del 6 aprile 2006 stipulato con il -OMISSIS-.

Il provvedimento è stato legittimamente emanato in conseguenza dell’atto prefettizio - già positivamente valutato dal Collegio per le ragioni illustrate - e della necessità di porre termine al rapporto convenzionale con la società ricorrente, derivante dalle prescrizioni di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994.

Sono infondati i rilievi che attengono alla omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990 e alla mancata ponderazione ed esplicitazione del bilanciamento tra interesse pubblico alla caducazione del contratto d’appalto e quello privato alla prosecuzione del rapporto contrattuale.

Secondo consolidata giurisprudenza, va esclusa la necessità della comunicazione di avvio del procedimento con riferimento alla determinazione prefettizia, in quanto tale formalità è in conflitto con il carattere riservato ed urgente delle attività attinenti alla verifica dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Difatti, trattasi di atti di natura cautelare caratterizzati da celerità e riservatezza, nonché contraddistinti da effetto interdittivo e di natura vincolante per l'amministrazione.

Inoltre, la presenza di un'informativa prefettizia antimafia sfavorevole configura un provvedimento non soltanto fortemente caratterizzato nel profilo contenutistico, ma anche connotato dall'urgenza del provvedere e le esigenze di celerità, ai sensi dell'art. 7 della L. n. 241/1990, rendono giustificata l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell'aggiudicazione di gara pubblica.

Non ha pregio l’argomentazione difensiva che attiene alla mancata esplicitazione delle ragioni per le quali l’amministrazione abbia inteso avvalersi della facoltà di recesso di cui all’art. 4, comma 5, del D.Lgs. n. 490/1994 vigente ratione temporis.

In proposito, va rammentato che la facoltà di revoca o di recesso dal contratto di appalto della Pubblica Amministrazione – già prevista dall'art. 11, comma 3, del D.P.R. n. 252/1998 nell'ipotesi in cui gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto - rappresenta specificazione della fattispecie più generale della sopravvenienza in corso di rapporto di elementi incompatibili con il prosieguo della sua esecuzione (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5247/2005);
incompatibilità sulla quale la legge non attribuisce alcun sindacato all'amministrazione appaltante, stante il divieto di stipulare o approvare i contratti e i subcontratti allorché, a seguito delle verifiche disposte dal Prefetto, emergano elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate.

La Stazione appaltante non ha facoltà di sindacare il contenuto dell'informativa prefettizia, poiché è al Prefetto che la legge demanda in via esclusiva la raccolta degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 197/2012).

In conclusione, non resta che ribadire l’infondatezza del ricorso e la sua conseguente reiezione pur potendosi disporre l’integrale compensazione delle spese processuali in considerazione della natura delle questioni giuridiche e della delicatezza delle posizioni giuridiche coinvolte.

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