TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-01-11, n. 201800306

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-01-11, n. 201800306
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201800306
Data del deposito : 11 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2018

N. 00306/2018 REG.PROV.COLL.

N. 10363/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10363 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A S, rappresentato e difeso dagli avvocati M L C e F M, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Paolo Emilio, 7;

contro

Ministero della Giustizia e Commissione Esaminatrice del Concorso, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

C A L M e M C S, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento, previe misure cautelari,

1) quanto al ricorso:

- del provvedimento con il quale il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso a 300 posti di notaio bandito con D.D. 26.09.2014 dei risultati delle prove scritte affisse in data 9 giugno 2016 nei locali del Ministero, de Verbale n. 111 del 16 settembre 2015 della Commissione Esaminatrice del concorso, del Verbale n. 7 del 28 aprile 2015 della Commissione Esaminatrice del concorso, e di ogni altro atto a questo annesso, connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compresi ogni altra delibera e/o verbale della Commissione di concorso concernenti la formazione dei criteri di massima, i criteri stessi, i provvedimenti di nomina dei Commissari, la approvazione della graduatoria finale, con riserva di proporre motivi aggiunti;

2) quanto ai motivi aggiunti:

della graduatoria definitiva del concorso per cui è causa, pubblicata in data 8 giugno 2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e della Commissione Esaminatrice del Concorso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 22 novembre 2017 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, il dr. A S, premettendo di aver partecipato al concorso per esame a 300 posti di notaio, indetto con d.d. 26 settembre 2014, chiedeva l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti in epigrafe con i quali era stata espressa nei suoi confronti valutazione di “non idoneità”, con conseguente mancata ammissione a sostenere le prove orali del concorso in questione.

Tale giudizio negativo da parte della commissione esaminatrice era stato assunto, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d.lgs. n. 166/2006, all’esito della valutazione della seconda prova scritta esaminata, consistente nella redazione di un atto “inter vivos” di diritto commerciale, ove erano state riscontrate due gravi insufficienze.

Il ricorrente, riportando la motivazione della commissione, lamentava, in sintesi quanto segue.

I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 ”.

In relazione all’osservazione della commissione, che aveva rilevato una grave insufficienza nell’elusione della problematica dell’efficacia della delibera di trasformazione regressiva in presenza di socio dissenziente, ribadita anche nella parte motiva, il dr. S affermava che tale valutazione era sconfessabile dall’esame del contenuto dell’elaborato, in cui era affrontata invece la questione in modo chiaro, come da un breve estratto dell’elaborato che era riportato e come valutabile dalla relativa parte motiva, di cui pure era trascritta una parte, in ordine alla piena consapevolezza della distinzione tra voto espresso in assemblea avente ad oggetto la trasformazione e il consenso all’assunzione della responsabilità illimitata ex art. 2500 sexies c.c., secondo anche una massima del Consiglio Notarile di Milano che era trascritta nell’elaborato e secondo una logica e coerente interpretazione della traccia.

Inoltre, risultava che altri candidati “vincitori” avevano adottato la medesima soluzione, tra cui la sorella del ricorrente.

In relazione all’altra grave insufficienza riscontrata - consistente nella carenza di trattazione degli istituti giuridici attinenti alla traccia, quali la titolarità di azioni in regime di comunione legale dei beni e l’esercizio del diritto di voto nonché il ricesso del socio dissenziente nell’ambito della procedura di concordato – il ricorrente osservava che la traccia non richiedeva la disamina di detti argomenti, sussistendo libertà di trattazione nella parte teorica.

Il dr. S, quindi, riproponeva in sintesi il contenuto della parte motiva dello scritto, evidenziando la sua completezza sul punto e giungendo a concludere per la carenza di istruttoria da parte della commissione, non rilevando le due ipotesi di mera insufficienza sulla prosecuzione della correzione degli elaborati.

II - Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 ”.

Il ricorrente ritornava sull’elaborato di diritto civile per contrastare la conclusione della commissione orientata a rinvenire una corretta tecnica notarile, confutando ciascuno dei quattro rilievi specifici richiamati dalla commissione stessa.

III. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche;
in particolare illogicità, irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà, travisamento dei fatti, contraddittorietà, carenza di motivazione. Violazione della legge 7 agosto 1990 n. 241
”.

Il ricorrente censurava l’operato della commissione in sede di definizione dei criteri di valutazione, laddove la griglia di valutazione “generale” non era stata correttamente enucleata. Risultavano, infatti, dapprima definite le fattispecie suscettibili di determinare l’applicabilità dell’ipotesi sancita dal comma 7 dell’art. 11 d.lgs. n. 166/06 e poi i criteri generali mentre lo spirito della disciplina imponeva un approccio diverso e contrario che vedeva come prioritaria la definizione dei criteri generali.

Tanto che – per il ricorrente – la commissione si era dotata di criteri così estesi da ricondurre nell’alveo della “grave insufficienza” una vasta gamma di fattispecie, corrispondente a tutti i possibili errori in cui può incorrere un candidato del concorso notarile, senza preferire invece la tendenza a procedere alla correzione integrale delle tre prove scritte.

Si costituivano in giudizio il Ministero della Giustizia e la Commissione Esaminatrice del Concorso, affidando a una distinta memoria l’illustrazione delle tesi che evidenziavano l’inammissibilità e infondatezza del ricorso.

Alla camera di consiglio per la trattazione cautelare era disposto rinvio, su istanza di parte, alla fase di merito.

In prossimità di questa, il ricorrente proponeva rituali motivi aggiunti avverso la graduatoria finale del concorso, rilevandone l’illegittimità derivata e riportando il contenuto del ricorso.

Da ultimo, in prossimità della pubblica udienza del 22 novembre 2017, il dr. S depositava anche memorie (una “di replica”) a sostegno delle sue tesi e la causa era trattenuta in decisione in tale data.

DIRITTO

Prima di esaminare il merito delle censure proposte dal ricorrente, si ritiene necessario ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso notarile, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica, culturale o attitudinale dei candidati, con la conseguenza che esse non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico, un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà immediatamente rilevabile (per tutte: Tar Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6532 e 6.9.13, n. 4626;
Cons. Stato, Sez. IV, 15.12.11, n. 6601;
Cass. Civ., SS.UU, 21.6.10, n. 14893).

Premesso ciò, il Collegio rileva che il ricorso, pur richiamando, in linea di principio, tale giurisprudenza, trascura di farne corretta applicazione, analizzando invece in modo particolareggiato le censure formulate dalla commissione esaminatrice e impegnandosi nel replicare a ciascuna di esse nella sostanza, sollecitando un esame che esorbita – come detto - dall’ambito delle competenze del Giudice amministrativo, avanti al quale la valutazione della commissione di esame può essere apprezzata solo “ab extrinseco”, nei termini sopra richiamati.

Chiarito ciò e passando a esaminare il primo motivo di ricorso, ad opinione del Collegio irragionevolezza e arbitrarietà non si colgono nella fattispecie, anche perché i giudizi contestati, pur essendo inevitabilmente sintetici, sono comunque articolati e consentono di ricostruire il percorso logico seguito dalla commissione per giungere alla valutazione di “non idoneità” al termine dell’esame del secondo elaborato (Cons. Stato, Sez. IV, 26.9.13, n. 4790).

Ai sensi di quanto riconosciuto dalla commissione, l’elaborato di diritto commerciale era infatti affetto da una prima grave insufficienza per travisamento della traccia, consistente “…nell’aver dato atto della avvenuta prestazione del consenso all’assunzione di responsabilità illimitata da parte di tutti i soci, pur avendo la traccia chiaramente indicato che il socio T era contrario sia alla presentazione della proposta di concordato cha alla trasformazione della società, così eludendo la problematica dell’efficacia della delibera di trasformazione regressiva in presenza di socio dissenziente, ribadendo il concetto anche nella parte motiva”.

Ebbene, dal contenuto della censura del ricorrente, il Collegio rileva che questo si sofferma solo sulla parte finale del giudizio della commissione, riportando un breve stralcio della parte motiva ove si faceva cenno alla circostanza di aver dato per presupposto che anche T avesse manifestato il relativo consenso ex art. 2500 sexies c.c., al fine di giustificare la soluzione del “consenso anticipato”, ma, a ben vedere, non era questo il fulcro della contestazione della commissione ma il ben più rilevante profilo del travisamento della traccia, laddove questa chiaramente indicava il contrario, vale a dire che il socio T non era in accordo con la presentazione della proposta di concordato e con la trasformazione della società.

Il Collegio aggiunge che, se è pur vero che la stessa commissione aveva riconosciuto che ogni soluzione giuridicamente corretta sarebbe stata considerata valida, ciò – ovviamente – valeva se compatibile con la traccia stessa, come specificato nel relativo criterio valutativo, circostanza, questa, assente nel caso di specie.

Per quel che riguarda la censura relativa a ritenuta disparità di trattamento per aver altri candidati vincitori assunto la medesima conclusione, il Collegio rileva che tale argomento non è condivisibile, in quanto, per giurisprudenza costante, vi è la necessità di considerare l’intero percorso logico-giuridico seguito da ciascun candidato nella prova presa a confronto e, comunque, un giudizio favorevole reso a prova scritta di altro candidato non servirebbe a sanare gli errori in cui è incorso comunque il ricorrente che tale disparità lamenta (TAR Lazio, Sez. I, 5.6.17, n. 6522;
6.10.16, n. 5945 e 10.11.15, n. 12704).

Alla luce di quanto evidenziato, quindi, non si riscontra alcuna irragionevolezza idonea a essere delibabile nella presente sede nella conclusione della commissione.

Così pure per quanto riguarda la seconda grave insufficienza riscontrata, relativa alla carenza di trattazione degli istituti della titolarità delle azioni in regime di comunione legale dei beni e relativo esercizio del diritto di voto nonché del recesso del socio dissenziente nell’ambito della procedura di concordato.

Nel ricorso il dr. S riporta parte dell’elaborato e illustra la sua opinione sulla insussistenza della carenza riscontrata ma, facendo ciò, pur denunciando un “travisamento” degli elementi utilizzati dal candidato, egli viene in realtà a confutare nel merito i rilievi che la commissione ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal ricorrente medesimo.

Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della commissione, nella misura di una rilettura dell’elaborato del ricorrente alla luce dei criteri interpretativi da questi forniti, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della commissione, a tutta evidenza preclusa a questo Giudice per quanto precisato in precedenza.

In relazione a quanto dedotto con il secondo motivo di ricorso, sulle riscontrate mere insufficienze, il Collegio osserva che esse non hanno costituito, ai sensi dell’art. 11, comma 6, d.lgs. cit., la ragione dell’arresto delle correzioni e della successiva valutazione di “non idoneità”, pronunciata invece in presenza di gravi insufficienze su altro elaborato.

Per quanto riguarda il terzo motivo di ricorso, il Collegio evidenzia che la predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati, nonché dei criteri di determinazione delle nullità e gravi insufficienze, costituiva ineludibile attività propedeutica della commissione esaminatrice, avuto riguardo alla previsione dell’art. 10, comma 2, e dell’art. 11, comma 7, del d.lgs. 166/2006.

Ai sensi della prima disposizione, “La commissione, prima di iniziare la correzione, definisce i criteri che regolano la valutazione degli elaborati e l'ordine di correzione delle prove stesse”;
mentre secondo l’art. 11, comma 7, precitato, “Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi”.

Risulta dunque di immediata evidenza che alla generale attività di fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati” (art. 10, comma 2) si collega quella di specifica individuazione delle tipologie di errori che sostanziano le ipotesi di “nullità” o “gravi insufficienze”, legittimanti l’arresto della correzione degli elaborati e la conseguente esclusione del candidato dalla partecipazione alle prove orali;
e ciò, anche considerato che l’art. 11, comma 7, in esame, si limita alla menzione delle suddette ipotesi senza individuarne i contorni né i contenuti.

Ne consegue che per la commissione esaminatrice costituiva uno specifico obbligo il precisare adeguatamente siffatte categorie mediante l’individuazione delle tipologie di “errori” suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge, come la Sezione, del resto, ha già avuto modo di precisare a questo riguardo (da ultimo, TAR Lazio, Sez. I, 13.12.17, n. 12305 e nn. 4118, 3560 e 2900 del 2012).

Non condivisibile, quindi, si palesa la censura secondo la quale, nella fissazione dei predetti parametri, la commissione si sarebbe intenzionalmente dotata di regole di giudizio volte a procedere ad una estesa applicazione delle eccezioni al principio di valutazione contestuale e complessiva degli elaborati, senza che a ciò l’Organo valutativo fosse legittimato dalla disciplina di riferimento del concorso.

L’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 166 del 2006, infatti, non indica come i criteri devono essere predeterminati. A ciò si aggiunga che nella seduta del 28 aprile 2015 (verbale n. 7) la Commissione ha individuato prima le ipotesi di esclusione per inidoneità - quale “nullità dell’atto, anche se solo parziale, per ragioni di natura formale o sostanziale”, e “gravi insufficienze consistenti ….” - e poi ha indicato le “condizioni per il giudizio complessivo di idoneità”, debitamente elencandole;
in ogni caso, essendo le condizioni per il giudizio di idoneità individuate nel dettaglio, e non in via residuale, non rileva averle indicate dopo quelle di inidoneità.

Sull’attività di predeterminazione in questione, quindi, il Collegio ritiene che la commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, ha correttamente predeterminato i criteri di valutazione, per categorie generali ben definite e con riferimento ad ogni possibile giudizio (inidoneità immediata per gravi insufficienze, idoneità/inidoneità per insufficienze meno gravi), secondo formulazioni inequivoche, che immediatamente rinviano ad istituti del diritto positivo ed alla relativa scienza giuridica, nonché ad altri precisi parametri propri di ambiti di conoscenze logiche, tecniche e linguistiche generalmente condivise e ritenute indispensabili per l’esercizio della professione notarile (Tar Lazio, Sez. I, 26.11.15, n. 13365).

Ne discende la non ravvisabilità di un “favor” per la prevalenza dell’attività di individuazione di criteri “generali” su quella dei criteri “speciali”, come contestata.

Inoltre, la circostanza che la distinzione tra “gravi” e “mere” era ben chiara e applicata dalla commissione è testimoniata dal fatto che proprio al ricorrente sono state riscontrate entrambe le forme di insufficienza in elaborati diversi, con correlata descrizione di ciascuna.

Ad ogni modo, giova a riguardo rammentare che la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha più volte affermato che “L’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 5862 del 2008;
8.6.07, n. 3012;
11.4.07, n. 1643;
nonché TAR Lazio, Sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010).

Tale condizione non ricorre nella fattispecie in esame ove la commissione ha utilizzato criteri di valutazione chiari e pertinenti, garantendo il principio di trasparenza dell'attività amministrativa, che rappresenta il fine perseguito dal legislatore nel determinare la necessità di fissazione e verbalizzazione dei criteri “in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti” (cfr. Cons. Stato , Sez. V, n. 1398/2011).

Pertanto, correttamente e in applicazione degli esposti criteri di correzione, la commissione ha dichiarato inidoneo il candidato per gravi insufficienze nell’elaborato “inter vivos” di diritto commerciale, atteso che la valutazione di gravemente insufficiente anche di un solo elaborato, concretando l’ipotesi di errore c.d. “ostativo”, è in ogni caso tale da costituire motivo di inidoneità, così precludendo l’ammissione alle prove orali del concorso a posti di notaio.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso non può trovare accoglimento e così pure i collegati motivi aggiunti, in cui era lamentata unicamente illegittimità “derivata”.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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