TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2016-10-19, n. 201604766
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Pubblicato il 19/10/2016
N. 04766/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03135/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3135 del 2016, proposto da:
Fer. Ant. Ambiente Sud s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato M D, C.F. DRSMRC85A06B963D, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Napoli, viale Gramsci, n. 19;
contro
Comune di San Felice a Cancello - non costituito in giudizio;
nei confronti di
Carmela Basilicata - non costituita in giudizio;
per l’accertamento
“dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di San Felice a Cancello sull'istanza del 12.08.2015 acquisita al protocollo comunale al n. 7642 con cui la Società Fer. Ant. Ambiente Sud s.r.l. ha invitato il Comune di San Felice a Cancello ad applicare tutte le misure previste dall'art. 31, commi da 3 a 5, del D.P.R. 380/2001 per la mancata ottemperanza da parte della sig.ra Carmela Basilicata all'ordinanza di demolizione n. 18/2008.
Nonché per la declaratoria
dell’obbligo gravante sul Comune di San Felice a Cancello di provvedere sull'istanza della ricorrente e concludere il procedimento repressivo-ripristinatorio applicando tutte le misure previste dall'art. 31, commi da 3 a 5, del D.P.R. 380/2001, in ragione dell'intervenuto accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 18/2008.”
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 la dott.ssa R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso, notificato il 27 giugno 2016 e depositato il successivo 30 giugno, la Fer. Ant. Ambiente Sud s.r.l., società che svolge da circa 15 anni attività di recupero rifiuti speciali non pericolosi nel territorio del Comune di San Felice a Cancello e, precisamente, nello stabilimento sito in Via Enrico Fermi (ex Via Masseria Ferrara/Limati) sul fondo identificato in Catasto al foglio 14, mappale 5306, ha impugnato il silenzio serbato dal suddetto Comune sull'istanza da essa presentata il 12 agosto 2015, acquisita al protocollo comunale n. 7642, con cui aveva invitato il medesimo Comune ad applicare tutte le misure previste dall'art. 31, commi da 3 a 5 del D.P.R. n. 380/2001, per la mancata ottemperanza all'ordinanza di demolizione e rimessione in pristino n. 18/2008 del 17 marzo 2008, adottata dal Comune di San Felice a Cancello nei confronti di Carmela Basilicata, in riferimento alle opere da quest’ultima realizzate in difformità (tranne il sottotetto) dalle autorizzazioni assentite con permesso di costruire n. 13/2004, D.I.A. n. 170/2006 e D.I.A. n. 146/2007 sul terreno confinante con il sito di localizzazione della predetta attività di recupero rifiuti, identificato in Catasto al foglio 14 mappale 383.
Parte ricorrente ha chiesto altresì la declaratoria dell’obbligo del Comune di San Felice a Cancello di provvedere sulla citata istanza e di concludere il procedimento repressivo-ripristinatorio applicando tutte le misure previste dall'art. 31, commi da 3 a 5, del D.P.R. 380/2001, in ragione dell'intervenuto accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 18/2008.
La ricorrente ha esposto che tale ordinanza non era stata eseguita dalla Basilicata, come accertato nel corso del sopralluogo svolto in data 9 gennaio 2014 in cui è stato accertato che: “sono state eliminate le sole tramezzature al primo piano riscontrate nell'accertamento del 04.03.2008 mentre permangono ancora: 1) le difformità sostanziali del piano rialzato costituito da una unità abitativa residenziale abitata dal nucleo familiare della sig.ra Basilicata Carmela;2) il piano seminterrato è ancora completamente fuori terra in quanto non è stato ancora realizzato il ripristino come da P.d.C. n. 13/2004 (interrato solo un lato con accesso ad esso come da D.I.A. 146/07)" come risulta dalla nota prot. n. 1417 dell’11 febbraio 2014.
Quanto sopra era stato segnalato dalla Fer. Ant. Ambiente Sud s.r.l. al Comune intimato con la diffida del 4 agosto 2015 e, con successive note del 21 settembre 2015, 2 novembre 2015 e 15 marzo 2016, parte ricorrente aveva chiesto all’ente locale di conoscere le eventuali determinazioni per la mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione da parte dell’odierna controinteressata.
Il Comune, ricevuta la diffida, non aveva assunto alcun provvedimento definitivo sull’istanza.
A sostegno del ricorso sono state formulate, con un unico motivo, le seguenti censure: violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990, violazione degli artt. 27 e 31 del d.p.r. n. 380/2001, eccesso di potere, violazione delle regole del giusto procedimento e dell'obbligo di provvedere.
Benché ritualmente intimati, il Comune di San Felice a Cancello e Carmela Basilicata non si sono costituiti in giudizio.
Alla camera di consiglio del 5 ottobre 2016 il ricorso è stato chiamato e assunto in decisione.
Il ricorso è fondato.
Per giurisprudenza consolidata sussiste l'obbligo del Comune di pronunciarsi sull'istanza " mediante l'adozione di un provvedimento espresso " ex art. 2, comma 1, della L. n. 241/1990, in quanto il proprietario di un'area o di un fabbricato, sulla cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell'organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all'esercizio di detti poteri e può pretendere, se non vengono adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sulla istanza-diffida integra gli estremi del silenzio-rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell'obbligo di provvedere espressamente (cfr., ex multis , Cons. St., sez. IV, 2 febbraio 2011 n. 744 ).
Quindi, a fronte della persistenza in capo all'Ente preposto alla vigilanza sul territorio del generale potere repressivo degli abusi edilizi, il vicino che - in ragione dello stabile collegamento con il territorio oggetto dell'intervento - gode di una posizione differenziata, ben può chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti dall'ordinamento, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio - inadempimento.
Da ciò deriva che il Comune è tenuto, in ogni caso, a rispondere alla domanda con la quale il proprietario di un immobile limitrofo a quello interessato da un abuso edilizio chiede di adottare atti di accertamento delle violazioni ed i conseguenti provvedimenti repressivi (cfr. T.A.R. Napoli, sez. VIII, 4 marzo 2015, n. 1387).
Ciò premesso, secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, l'obbligo giuridico di provvedere - ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 - sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento e quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell'Amministrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3487).
In generale viene riconosciuto che il Comune sia tenuto, in ogni caso, a rispondere alla domanda con la quale i proprietari di terreni limitrofi a quello interessato da un abuso edilizio chiedono ad esso di adottare i conseguenti provvedimenti repressivi e, ove sussistano le condizioni, anche ad adottare gli stessi (T.A.R. Milano Sez. II 10 dicembre 2008, n. 5744, T.A.R. Latina 24 ottobre 2003 n. 876, Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 1994 n. 1381).
Allo stesso modo si riconosce che qualunque soggetto che si trovi di una stabile relazione con il territorio sottoposto ad un intervento urbanistico-edilizio sia titolare di un interesse qualificato ad ottenere una pronuncia espressa da parte dell'amministrazione sull'istanza di adozione di misure repressive dell'abuso edilizio (T.A.R. Toscana, Sez. III, 19 giugno 1991 n. 303, in TAR 1991, I, 3031).
Una situazione di “stabile collegamento” con la zona interessata dall’attività edilizia, che legittima un soggetto ad agire, può derivare dalla proprietà o dal possesso di un immobile ovvero dalla residenza o domicilio in detta zona o da altro titolo di frequentazione di quest'ultima (T.A.R. Napoli, Sez. IV, 7 febbraio 2002, n. 727 T.A.R. Milano Sez. II 10 dicembre 2008, n. 5744 cit, Cons. Stato Sez. IV, 8 marzo 2011, n. 1423).
È infatti evidente che, allorquando l'amministrazione ometta di adottare le doverose misure ripristinatorie dello stato dei luoghi e di difesa del pubblico interesse in relazione ad opere abusive, ovvero le ritardi senza giustificazione, il terzo interessato - e, in particolare, il proprietario limitrofo, in quanto tale, e tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento, derivante dalla titolarità di un diritto reale o da un rapporto obbligatorio, con la zona in cui ricade il manufatto abusivo, sempre titolari di un interesse qualificato al mantenimento delle caratteristiche urbanistiche della zona - sono legittimati ad agire contro la mancata assunzione di determinazioni repressive e, quindi, contro l'inerzia degli organi comunali (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I quater, 26 gennaio 2005, n. 578;TAR Puglia, Bari, sez. III, 3 luglio 2008, n. 1612;TAR Campania, Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2010, n. 119, T.A.R. Salerno, Sez. II, 28 maggio 2015, n. 1212).
In sostanza, l'ampia sfera dei poteri di controllo attribuiti in materia urbanistico-edilizia all'amministrazione comunale non esclude che, rispetto ai singoli provvedimenti, gli interessati siano portatori di un interesse legittimo e che, pertanto, l'inerzia sulla relativa istanza integri gli estremi del silenzio rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale. Fermo restando, cioè, che la funzione di vigilanza territoriale ex art. 27 del d.p.r. n. 380/2001 si esercita attraverso procedimenti avviati ex officio e che, quindi, in presenza di una istanza di parte, deve ritenersi non necessaria una perfetta corrispondenza tra quanto segnalato dal privato interessato e quanto contestato in sede di procedimento sanzionatorio, incombe, comunque, sull'amministrazione il dovere di vagliare i fatti denunciati sotto il profilo della loro esistenza materiale e della qualificazione giuridica della condotta attribuita al responsabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2002, n. 6773).
Orbene, l'obbligo di esercizio delle funzioni di vigilanza urbanistico-edilizia non può arrestarsi all'ingiunzione della sanzione demolitoria, allorquando quest'ultima, una volta acclarata la sussistenza degli illeciti da essa colpiti, rimanga senza esito a causa dell'inottemperanza del soggetto responsabile, e, quindi, rimanga priva della sua necessaria effettività e capacità afflittiva, ossia allorquando il procedimento sanzionatorio, una volta instaurato - ex officio ovvero su istanza di parte -, non sia interamente concluso.
In questo senso giova rammentare che l'art. 31, commi da 3 a 5, del d.p.r. n. 380/2001, prevede:
“ 3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.
4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.
4-bis. L'autorità competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.
4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.
4-quater. Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono aumentare l'importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4-bis e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l'inottemperanza all'ordine di demolizione.
5. L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico .”.
In altri termini, una volta determinatasi l'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, l'amministrazione è chiamata - vieppiù, come, appunto, nel caso in esame, in presenza di apposita denuncia di privati - a verificare che essa si sia compiuta, ai fini della doverosa e vincolata (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 11 gennaio 2011, n. 40) irrogazione della sanzione ablatoria (autonoma rispetto a quella demolitoria e consequenziale alla predetta inottemperanza: cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I, 7 ottobre 2011, n. 7819);nel senso della sussistenza dell'obbligo di concludere il complessivo procedimento repressivo-ripristinatorio, anche relativamente alla fase di acquisizione dell'area di sedime al patrimonio comunale (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 20 giugno 2003, n. 7607, TAR Lazio, Roma, sez. I Quater, 4 aprile 2011, n. 2976 e 12 novembre 2015, n. 12853).
Nel caso di specie il Collegio ritiene che sussista sia la legittimazione ad agire della Fer. Ant. Ambiente Sud s.r.l. e sia l’obbligo di provvedere del Comune di San Felice a Cancello.
Ed invero, quanto alla legittimazione ad agire della società ricorrente, seppure essa non ha provato ma ha solo dichiarato, nella diffida del 12 agosto 2015, di essere proprietaria dell’area limitrofa a quella ove insistono le opere per le quali era stata ordinata la rimozione, essa deve ritenersi comunque legittimata in virtù dell’esistenza di uno stabile collegamento con l’area su cui insiste l’abuso edilizio di cui all’ordinanza di demolizione e al conseguente verbale di inottemperanza all’ordinanza di demolizione stessa.
Lo svolgimento di attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi sul sito, identificato in Catasto al foglio 14 mappale 5306, confinante con il terreno di proprietà della controinteressata, identificato in Catasto al foglio 14 mappale 383, configura, infatti, in capo alla ricorrente uno stabile collegamento territoriale con l'area incisa dall'abuso che consente di agire per la repressione del medesimo (cfr. T.A.R. Milano Sez. II 10 dicembre 2008, n. 5744 cit.).
In riferimento alla sussistenza dell’obbligo di provvedere del Comune intimato, esso consiste nel dare esecuzione ad un precedente provvedimento esecutivo vincolato, adottato dalla stessa pubblica amministrazione, costituito dall’ordinanza di demolizione e rimessione in pristino n. 18/2008 del 17 marzo 2008, adottata dal Comune di San Felice a Cancello nei confronti di Carmela Basilicata per l’eliminazione di un abuso edilizio, cui è seguito l’accertamento dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione stessa, come risulta dalla nota prot. n. 1417 dell’11 febbraio 2014.
Atteso che il Comune di San Felice a Cancello, benché ritualmente intimato, non si è costituito e, pertanto, non risulta depositato alcun atto utile a comprovare l'avvenuta ottemperanza all’ordinanza di demolizione per cui è causa, dovendosi quindi ritenere a tutt'oggi non definito il procedimento avviato con le istanze a suo tempo presentate dalla ricorrente, deve essere dichiarata l'illegittimità del silenzio rifiuto serbato dal predetto Comune sull’istanza della società ricorrente, tesa a vedere sanzionata l'inottemperanza della controinteressata all’ingiunzione di demolizione, e, per l'effetto, devesi ordinare all’amministrazione comunale intimata di adottare i conseguenti provvedimenti, nel termine di 90 giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione o dalla notificazione (ove antecedente).
In caso di ulteriore inadempienza ai medesimi adempimenti provvederà, in via sostitutiva e con oneri a carico del Comune di San Felice a Cancello inadempiente, un commissario ad acta , all’uopo nominato sin d’ora nella persona del Dirigente pro tempore della Direzione Pianificazione Territoriale – Urbanistica della Città Metropolitana di Napoli, con facoltà di delega, al quale si assegna il termine di 90 giorni, decorrente dalla richiesta documentata che ne farà la società ricorrente.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico del Comune di San Felice a Cancello, secondo l’importo indicato in dispositivo, mentre possono essere compensate nei confronti della controinteressata.
Il Collegio si riserva sulla determinazione del compenso in favore del commissario ad acta , da porre a carico del Comune di San Felice a Cancello.
Ai sensi dell’art. 2, comma 8, della legge n. 241 del 1990, sostituito dall’articolo 1, comma 1, del decreto legge n. 5 del 2012, convertito nella legge n. 35 del 2012, va disposta la comunicazione della presente decisione alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti.