TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-11-12, n. 201305052

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2013-11-12, n. 201305052
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201305052
Data del deposito : 12 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05662/2011 REG.RIC.

N. 05052/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05662/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5662 del 2011, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. V M, con domicilio ex lege in Napoli, Segreteria Tar Campania

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento,

del decreto di diniego di equo indennizzo n.2440/n del 08/04/2011 emesso dal Ministero della Difesa Direzione Generale della Previdenza Militare in relazione all infermità “-OMISSIS-”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Della Difesa e di Ministero Dell'Economia E delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2013 la dott.ssa D C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. II ricorrente primo Maresciallo del Corpo Aeronautica Militare arruolato dal 1978 e, dal 1985 impiegato con la qualifica e le mansioni di "Addetto nucleo montatori" - mansioni svolte fino all'anno 1998 – e dall'anno 1998 alla data del ricorso successivamente impiegato con la qualifica e le mansioni di "addetto deposito carburanti" presso diverse basi militari, da ultimo quella di Grazzanise, ha impugnato gli atti in epigrafe indicati e segnatamente il decreto di diniego di equo indennizzo n.2440/n del 08/04/2011 emesso dal Ministero della Difesa Direzione Generale della Previdenza Militare in relazione all’infermità “-OMISSIS-” (infermità “A”) -OMISSIS-” (infermità “B”) e i relativi atti presupposti, fra cui il Parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio, reso nell’adunanza n. 565/2010 del 19/11/2010, --OMISSIS--”.

2. A sostegno del ricorso deduce in fatto:

A) che le nuove mansioni erano state, come evincibile dai rapporti circostanziati prodotti dalle amministrazioni presso le quali il ricorrente aveva svolto servizio, alquanto gravose ed usuranti (a titolo esemplificativo le seguenti: trasporto di enormi e pesanti tubi e pompe per il rifornimento del velivoli negli hangar e all'esterno, stoccaggio di grosse latte e bidoni e di altra attrezzatura pesante, ingombrante e pericolosa;
rifornimento dei velivoli tanto all'esterno che all'interno degli hangar) e svolte in zona umida;

B) di avere successivamente al cambio di mansioni e qualifica, da montatore ad addetto deposito - a seguito dei disturbi lamentatati al proprio stato di salute - avviato una prima istanza ex art. 68 del DPR n. 3 del 57, tesa ad ottenere il riconoscimento della infermità "A" come derivata da causa di servizio, in maniera diretta o mediata e, per l'effetto, la consequenziale attribuzione dell' equo indennizzo, così come previsto dalla normativa;

C) che con istanza, successiva, del 06.12.2006, aveva richiesto il riconoscimento della causa di servizio per l'ulteriore infermita "B'' - sorta a seguito del mutamento delle mansioni - e il conseguente contestuale riconoscimento dell'equo indennizzo per l'infermità sofferta;

D) che nelle more del procedimento per il riconoscimento della causa di servizio sulle predette infermità, la C.M. di Napoli, per quanto riguarda l'infermita "A", con verbale mod. ML/AB n. 431/05 del 21.03.2005, riscontrava "la rimessione della stessa e la sua non ascrivibilità a categoria prevista dalla Legge";
mentre - con verbale mod. BLB n. 1959 del 03.09.2008 - la stessa commissione, pur ritenendo la infermita '' B" ascrivibile alla “Categoria 8°", non ne riconosceva la dipendenza da causa d1 servizio;

E) che l'Amministrazione, pertanto, in data 08.04.2010 e con il provvedimento impugnato, decideva cumulativamente le due istanze e nello specifico: per quella relativa alla infermità "A", disponeva la sua non ascrivibilità ad alcuna categoria, mentre, per la infermita "B" sosteneva, pur ritenendola un'infermita ascrivibile alla “Categoria 8°”, la non dipendenza da causa di servizio.

3. Ciò posto, ritenendo gli atti intervenuti nella procedura de qua illegittimi, li ha impugnati, deducendo in quattro motivi di ricorso le seguenti censure:

1) Violazione dell'art. 3 l n. 241/90. Violazione dell'art. 11, co. 3°, D.P.R. n. 461/01. Eccesso di potere per travisamento di fatti.

Il ricorrente deduce in primo luogo che il parere del C.P.P.O. posto a base dell’atto ministeriale di diniego dell’equo indennizzo è formulato in termini generici, apodittici, contraddittori ed avulsi dalle circostanze del caso concreto.

Assume inoltre che detto parere è anche e sopratutto contraddittorio laddove, per un verso ed in relazione alla infermita "A", esclude la sua riconducibilità a causa di servizio perchè "non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese, benché impegnative, disagi e strapazzi di tale intensità, ne elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali” e, per altro verso, esclude anche la consequenzialità della infermita "B" alla causa di servizio, con una motivazione, in questo caso, a dire di parte ricorrente, avulsa dal raffronto ad elementi circostanziati e specifici, considerati, invece, in relazione al giudizio causale espresso per l'infermita "A".

Da ciò, nella prospettazione attorea, anche l’illegittimità per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, evincibile anche dalla circostanza che l’infermità “B” si sarebbe manifestata solo dopo il cambio di mansioni.

2) Violazione dell'art. 3, l. n. 241/ 90. Violazione dell'art. 11, co. 3°, D.P.R. n. 461/01. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Parte ricorrente deduce in secondo luogo un ulteriore profilo di difetto di istruttoria in quanto - almeno dagli atti in possesso della difesa - rapporti informativi, di registro, visite mediche - si evincerebbe che gli stessi non contengono riferimenti all'intera vita lavorativa del ricorrente, tenendo in considerazione solo i periodi compresi fra gli anni 80 e 90 e fra l'anno 2000 e l'anno 2006, omettendo alcun riferimento agli anni successivi, nei quali, di fatto, la salute fisica del ricorrente si sarebbe ulteriormente aggravata.

3)Violazione dell'art. 7 e 10 della l. 241/ 90. Carenza d'istruttoria. Eccesso di potere per travisamento di fatti.

Il ricorrente lamenta inoltre come, a fronte del deficit documentale innanzi evidenziato, sia nella fese istruttoria che in quella decisoria, l'Amministrazione non gli avrebbe richiesto alcuna integrazione documentale , violando così di fatto il suo diritto di partecipazione procedimentale.

4) Eccesso di potere per illogicità manifesta. violazione del principio della congruità, della ragionevolezza ed adeguatezza dell’agire amministrativo.

II provvedimento di diniego, a dire del ricorrente, è censurabile anche sotto altro profilo, in quanto in contrasto ai requisiti espressi imposti dal c.d. principio della congruità dell'agire amministrativo, dal c.d. principio della ragionevolezza e dell'adeguatezza dell'azione amministrativa, ed e, altresì, affetto da vizio di eccesso di potere per travisamento di elementi clinicamente rilevanti, vizio - quest’ultimo - tale da generare un macroscopico errore sui fatti, valutati in un ottica sperequata e discriminatoria nei confronti dl determinate patologie.

Infatti per quanta concerne la infermita "B", quanta sostenuto dal Comitato - secondo cui, per la suddetta "non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, perche trattasi di degenerazioni di cartilagini per fenomeni dismetabolici del tessuto connettivo...questi ultimi possono essere favoriti nella loro evoluzioni da traumi contusivi o fratturativi, condizioni queste che non risultano provate come avvenute net servizio prestato dall'interessato" - , nella prospettazione attorea, non sarebbe assolutamente condivisibile nel caso di specie.

A dire del ricorrente infatti sussistevano nelle mansioni di servizio da lui svolte, fattori idonei astrattamente, e nel caso de quo concretamente, a contribuire all’insorgere o comunque ad acuire la suddetta infermità.

Ed invero il Comitato, nell'affermare che “l'esposizione a fattori climatici e/o perfrigeranti responsabili solo dell'acutizzarsi di una sintomatologia dolorosa, frequentemente per il risentimento muscolare” riconosce, indirettamente, e come già realizzatosi il nocumento alla salute del ricorrente, pur omettendo alcun riferimento alla gravosità delle stesse mansioni e al fatto che le infermità siano comparse successivamente al mutamento delle stesse.

Secondo il ricorrente proprio l'effettivo svolgimento di quelle attività, spesso eccedenti quelle ordinarie, ha svolto un ruolo preponderante quanto meno nel diminuire le difese dell'organismo. favorendo quindi -ancorché indirettamente - il sorgere dell'infermità.

In ogni caso, nella prospettazione attorea, nel giudizio etiopatogenetico dovrebbe adottarsi il principio di equivalenza delle condizioni, seguito dalla giurisprudenza penale in materia di malattie professionali, in applicazione del disposto dell’art. 41 c.p.

4. Si sono costituite le Amministrazioni statali intimate, con deposito di documenti e di memorie difensive, instando per il rigetto del ricorso, siccome infondato.

5. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza del 26 settembre 2013.

6. I motivi di ricorso, in quanto relazionati ai medesimi presupposti, ovvero al difetto di istruttoria e di motivazione e alla violazione del D.P.R. n. 461/2001, oltreché della l. 241/90, possono essere esaminati congiuntamente.

7. Giova premettere che nel sistema delineato dal D.P.R. n. 461/01 - applicabile ratione temporis alla fattispecie di cui è causa - il Comitato di Verifica per le cause di servizio (corrispondente all'ex C.P.P.O.) è l'unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 - Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio - ad esprimere un giudizio circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio.

8. Alcun accoglimento possono pertanto trovare le censure riferite all’acritica sussunzione del parere reso dal Comitato di Verifica per le cause di Servizio ed al connesso deficit istruttorio e motivazionale.

8.1 Va in primo luogo rilevato che, al contrario di quanto vorrebbe far intendere parte ricorrente, la C.M.O. non si è affatto pronunciata sulla dipendenza da causa di servizio, ma in conformità della disciplina recata dal D.P.R. 461/01, si è pronunciata sul solo accertamento della lamentata infermità e sulla relativa ascrivibilità alla categoria 8° in relazione all’infermità “B” e alla non ascrivibilità ad alcuna categoria in relazione all’infermità “A” in quanto rimessa.

8.2 Si è inoltre precisato in giurisprudenza che in sede di liquidazione dell'equo indennizzo, l'autorità decidente, in presenza di pareri medico - legali di segno opposto sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta o della lesione sofferta dal pubblico dipendente, civile o militare che sia, non ha alcun obbligo di indicare le ragioni dell'opzione per quello reso dal Comitato di Verifica, atteso che il d.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 non solo attribuisce a detto organo competenza esclusiva nella materia de qua, ma impone all'organo di amministrazione attiva di conformarsi al parere da esso reso e di assumerlo come motivazione dell'adottando provvedimento, sia esso di accoglimento che di rigetto (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 07 settembre 2010, n. 17330;
T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2010, n. 10480;
T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, sez. I, 25 marzo 2010, n. 92;
Cons. di Stato sez. IV, n° 3911 del 10.7.2007).

Infatti, compito della Commissione Medica Ospedaliera è solo la diagnosi sull'infermità, l'indicazione della categoria, il giudizio di idoneità al servizio, mentre spetta al Comitato di verifica accertare la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione, e pronunciarsi con parere motivato sulla dipendenza dell'infermità o lesione da causa di servizio (T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 16 maggio 2009, n. 222).

8.3 Inoltre ai sensi del combinato disposto degli art. 11 e 14, d.P.R. n. 461 del 2001, il parere del Comitato di Verifica delle cause di servizio si impone, nel suo contenuto tecnico - discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non ad attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui - in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazione delle regole procedimentali - ritenga di non potere aderire al parere del Comitato anzidetto. In altre parole, l'Amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz'altro rinviare "per relationem" e, solo ove ritenga di non poterlo fare, certamente per ragioni non di tipo tecnico e che deve in ogni caso esplicitare, può chiedere un ulteriore parere;
nessuna particolare motivazione deve, invece, assicurare nel provvedimento, laddove aderisca a tale parere (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 10 maggio 2010 , n. 10480;
in senso analogo Consiglio Stato, sez. VI, 31 marzo 2009, n. 1889).

Ne consegue che “al G.A. è precluso ogni sindacato in ordine al merito dell'attività tecnico-discrezionale a base dei provvedimenti concernenti il riconoscimento del diritto all'equo indennizzo, dovendo l'indagine del G.A. limitarsi ad accertare la sussistenza di un completo “iter” istruttorio da cui emerga il pieno apprezzamento di tutti i presupposti di fatto, quali elementi attinenti ai requisiti di legittimità dei conseguenti provvedimenti amministrativi. Pertanto, ai fini di un legittimo riconoscimento, o meno, della dipendenza da causa di servizio delle infermità denunciate dai pubblici dipendenti, deve emergere nel contesto motivazionale del relativo provvedimento, sia pure " per relationem " con il richiamo dei pareri medici presupposti, l'accertamento del predetto nesso di causalità con l'attività lavorativa, in termini non presuntivi o generici, bensì specifici, con riferimento al ruolo, quantomeno concausale, della prestazione determinante la genesi o l'aggravamento dell'infermità riscontrata” (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 ottobre 2006, n. 9867;
in senso analogo T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 03 settembre 2010, n. 10718 secondo cui “Il giudizio espresso dal Comitato di Verifica, nell’ambito delle sue esclusive competenze, ha poi carattere di discrezionalità tecnica, in quanto tale non sindacabile nel merito e censurabile per eccesso di potere solo in caso di assenza di motivazione, manifesta irragionevolezza sulla valutazione dei fatti o mancata considerazione della sussistenza di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva”).

Anche la sezione ha aderito a tale orientamento giurisprudenziale, affermando che “I giudizi resi dagli organi medico-legali sulla dipendenza da causa di servizio dell'infermità denunciata dal pubblico dipendente sono connotati da discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperibile su di essi dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti;
si tratta, quindi, di limite che permette al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l'accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta e i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all'organo medico” (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 11 marzo 2011 , n. 1449).

8.4 Ciò posto, nell’ipotesi di specie alcun illogicità o travisamento dei fatti può evincersi nel parere reso dal Comitato di Verifica per le cause di Servizio, cui l’Amministrazione si è correttamente uniformata, rinviando per relationem allo stesso.

8.5 Infatti il parere reso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio è al riguardo idoneamente e logicamente motivato con la non riconducibilità a causa di servizio della indicate patologie.

In particolare quanto all’infermità “A” “-OMISSIS-” il Comitato ha ritenuto “che non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese, benché impegnative, disagi e strapazzi di tale intensità, ne elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi ” e in relazione all’infermità “B” che la stessa "non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio, perchè trattasi di degenerazioni di cartilagini per fenomeni dismetabolici del tessuto connettivo;
questi ultimi possono essere favoriti nella loro evoluzioni da traumi contusivi o fratturativi, condizioni queste che non risultano provate come avvenute nel servizio prestato dall'interessato. In assenza di tali comprovati fattori i processi artrosici sono da considerarsi idiopatici, nella fattispecie endogeni, sintomo di un invecchiamento delle strutture articolari, talvolta precoce . Nessuna influenza ha invece nella eziopatogenesi e nella successiva evoluzione dell’infermità l’esposizione a fattori climatici e/o perfigeranti, responsabili solo dell’acutizzarsi di una sintomatologia dolorosa, frequentemente per risentimento muscolare, ma non già del processo degenerativo in esame”.

8.5.1. Né è ravvisabile, al contrario di quanto dedotto da parte ricorrente, alcuna contraddizione fra i due giudizi, in quanto in relazione ad entrambe le patologie è stata esclusa l’etiopatogenesi fra le condizioni di servizio, risultanti dagli atti, e le patologie medesime, per il prevalere di fattori individuali. Al riguardo si evidenzia che gli unici fattori di servizio riportati nei rapporti informativi sono quelli relativi all’esposizione a fattori climatici avversi e allo svolgimento del servizio anche oltre il normale orario lavorativo, mentre nulla si evidenzia in merito a processi in grado di favorire il fenomeno degenerativo di cui all’infermità “B” ricondotto dal Comitato, con giudizio immune da vizi logici, a fattori idiopatici;
infatti secondo il Comitato nessuna influenza può avere avuto nella eziopatogenesi e nella successiva evoluzione dell’infermità l’esposizione a fattori climatici perfigeranti.

8.6 Inoltre va in primo luogo osservato, quanto all’infermità “A”, che l’Amministrazione ha denegato l’equo indennizzo non soltanto in relazione a quanto al riguardo ritenuto dal Comitato di Verifica, circa la non dipendenza da causa di servizio, ma anche in relazione alla sua non ascrivibilità ad alcuna categoria, trattandosi di patologia “rimessa”, secondo quanto ritenuto dalla C.M.O. con giudizio pienamente riconducibile, alla luce di quanto osservato, alla sua sfera di competenza, ed in relazione al quale parte ricorrente non ha sollevato alcuna censura.

8.7. Va in secondo luogo osservato che parte ricorrente a sostegno delle sue ragioni e dell’erroneità del giudizio medico legale espresso dall’Amministrazione in relazione ad entrambe le patologie non ha prodotto alcuna consulenza di parte, per cui in mancanza di idonea allegazione sul punto, è comunque impedito al Tribunale il ricorso alla C.T.U., atteso che per costante giurisprudenza la C.T.U. non può essere intesa come relevatio ab onere probandi , essendo solo mezzo di valutazione della prova (cfr in tal senso Cons. Stato Sez. IV, Sent., 09-03-2011, n. 1507 secondo cui “Ed infatti, ben può essere affermato che l'utilizzabilità della CTU anche in sede di giurisdizione di legittimità del Giudice Amministrativo, dopo l'entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, non modifica la natura del mezzo processuale in questione che per essere correttamente utilizzato presuppone, per un verso, che la parte abbia già fornito propri elementi di prova, invece qui del tutto carenti, e, per altro verso, che il provvedimento impugnato appaia già prima facie affetto da vizi logici o di travisamento dei fatti che, nel caso in esame, non sono configurabili alla stregua delle considerazioni svolte nel capo di motivazione che precede.

Ciò perché, nel giudizio che abbia ad oggetto il diniego di un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente, come nella specie, il Giudice è tenuto semplicemente a valutare la legittimità delle ragioni esposte dall'Amministrazione a fondamento del diniego, eventualmente accertando i fatti di causa, ove necessario, con la precisazione, però, che i mezzi di prova del processo amministrativo, cui si è aggiunta dal 2000 la consulenza tecnica di ufficio, mai possono costituire strumento generico di accertamento dei fatti e delle condizioni giuridiche che consentono il rilascio del provvedimento positivo richiesto”;
in senso analogo cfr da ultimo Consiglio di Stato sez. III, 30 maggio 2012, n. 3245, secondo cui “Nel processo amministrativo la consulenza tecnica non è un mezzo di prova in senso stretto ma, piuttosto, uno strumento di valutazione , ovvero di misurazione, di una prova già acquisita per altra via, e che quindi non può mai supplire al difetto di allegazione e di dimostrazione della parte onerata a farlo”;
in senso analogo Cassazione civile sez. VI, 08 febbraio 2011, n. 3130 secondo cui “La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova , ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati”).

8.8 Del pari da disattendere sono le censure di difetto di istruttoria in relazione a quanto risultante dai rapporti informativi in quanto i rapporti informativi prodotti dal medesimo ricorrente sono relativi all’intera attività lavorativa svolta dal medesimo (cfr all.4,5,6,7) e quindi anche ai periodi antecedenti al 1998 (in particolare all. 4) e al periodo compreso fra l’anno 2000 e il 2006 (in particolare all. 5,6,7).

8.8.1. In ogni caso l’attività istruttoria condotta dall’Amministrazione, in mancanza di puntuale censura, deve dirsi svolta nel rispetto di quanto al riguardo prescritto dagli artt. 5 e 7 del D.P.R. 461/2001.

8.9 Né in mancanza di specifica censura in merito alla violazione delle regole procedimentali di cui al cennato D.P.R. può essere accolta la generica censura di violazione della partecipazione procedimentale, con richiamo alla normativo generale di cui all’art. 7 l. 241/90, venendo tra l’altro in rilievo un procedimento ad iniziativa di parte, nel quale le facoltà di apporto da parte dell’interessato sono specificatamente disciplinate dal D.P.R. medesimo.

8.9.1 In ogni caso, non avendo parte ricorrente dimostrato neppure nella presente sede – con la produzione dei documenti di cui lamenta la mancata acquisizione, e di consulenza tecnica di parte – l’erroneità, alla luce di parametri innanzi indicati, del giudizio espresso in prima battuta dal Comitato, cui ha fatto rinvio l’Amministrazione nell’atto di diniego, lo stesso appare immune da ogni vizio logico e di deficit istruttorio.

9. Del pari non meritevole di accoglimento è la censura secondo la quale l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che la patologia “B” sarebbe insorta dopo il cambio di mansioni, non potendo farsi discendere dal mero fattore temporale l’automatismo nel riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ai fini del beneficio dell’equo indennizzo, per tutte le patologie insorte durante il servizio.

9.1 Ed invero, solo la normativa in materia di pensioni di guerra, entro determinati limiti, fissa tale presunzione per le malattie contratte durante la prestazione di guerra o lo stato di prigione (cfr art. 3 e 4 L. 313/1968), mentre presupposto per la corresponsione del beneficio dell’equo indennizzo è l’accertamento della dipendenza da causa di servizio, anche quale concausa efficiente e determinante, con le precisazioni al riguardo intervenute in giurisprudenza, secondo cui nella nozione di concausa efficiente e determinante delle condizioni di servizio possono farsi rientrare soltanto i fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata, che vanno necessariamente documentati, con esclusione, quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi, fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla singola tipologia di prestazione lavorativa (Cons. Stato, 11 maggio 2007, n. 2274;
T.A.R. Lazio, sez. I, 23 giugno 2003 n. 5513 e 3 aprile 2008, n. 2828;
Tribunale di Rimini, 2 ottobre 2004;
TAR Toscana, 17 dicembre 2001, n. 1986;
Corte dei Conti Sardegna, sez. giurisdizionale, 9 febbraio 1995, n. 63).

10. Pertanto, non appalesandosi il parere reso dall’organo tecnico, cui è demandata in via esclusiva la valutazione tecnico discrezionale della riconducibilità della sofferta patologia a causa di servizio, affetto da deficit istruttorio e motivazionale, in considerazione della natura dell’infermità medesima, l’Amministrazione correttamente non ha richiesto un nuovo parere, ex art. 14 D.P.R. 461/2001, è si è uniformata al parere reso dal Comitato medesimo.

11. Il ricorso va dunque rigettato, in considerazione dell’infondatezza di tute le censure.

12. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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