TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-07-07, n. 202108058

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-07-07, n. 202108058
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202108058
Data del deposito : 7 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/07/2021

N. 08058/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04638/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4638 del 2012, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. J Q e Alfredo Zaza d’Aulisio, con domicilio digitale eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, via G.P. Da Palestrina 47;

contro

Ministero della difesa e Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona dei legali rappresentanti p.t. , rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l’annullamento

1) del decreto ministeriale n. 134/III-7/2012 dell’8 marzo 2012, notificato il successivo giorno 20, con il quale è stata applicata nei confronti del ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione ex art. 861, comma 1, lett. d), d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, con susseguente cessazione dal servizio permanente ed iscrizione nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano senza alcun grado;

2) del verbale della seduta della commissione di disciplina del 19 dicembre 2011;

3) di ogni altro atto antecedente o successivo, comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica speciale di smaltimento del giorno 25 giugno 2021 il dott. V T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Il ricorrente è stato un maresciallo capo dell’Arma dei carabinieri al quale è stata applicata la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione con decreto ministeriale n. 134/III-7/2012 dell’8 marzo 2012, notificato il successivo giorno 20, ai sensi dell’art. 861, comma 1, lett. d), d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, con susseguente cessazione dal servizio permanente ed iscrizione nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano senza alcun grado.

In particolare, detta sanzione è stata inflitta a -OMISSIS-. in relazione ai fatti accertati con sentenza penale del Tribunale ordinario di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, 31 marzo 2011 n. 64, irrevocabile 16 maggio 2011, con cui su richiesta delle parti gli è stata applicata la pena di quattro mesi e dieci giorni di reclusione, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., per i reati di cui agli artt. 476, 482 e 494 cod. pen. In particolare, -OMISSIS-. risulta avere formato una falsa richiesta di documenti a nome del maresciallo R D G, apparentemente proveniente dal Comando carabinieri antifalsificazione monetaria, sezione operativa, facendone poi uso il 28 settembre 2007 con l’addetta alla reception dell’albergo “Torre dell’Osa” in Orbetello, alla quale si è qualificato, per l’appunto, come maresciallo D G appartenente al suddetto reparto, per ottenere la copia della scheda di notificazione di tal -OMISSIS- inducendola così in errore sulla propria identità e qualifica.

2. – Avuto riguardo a ciò, -OMISSIS-. con il ricorso all’esame, avviato per la notifica il 19 maggio 2012 e depositato il 14 giugno 2012, ha gravato il decreto indicato in epigrafe, lamentando i seguenti vizi di legittimità, tutti genericamente rubricati come “ eccesso di potere – violazione di legge ”, ma che possono essere così ricostruiti:

I) violazione del principio del ne bis in idem , in quanto egli sarebbe stato già sottoposto, in relazione ai medesimi fatti, a procedimento volto alla cessazione dal servizio permanente per scarso rendimento, ai sensi degli artt. 923 e 932, d.lgs. n. 66 del 2010, conclusosi con nota del Comandante del Comando unità mobili e specializzate “-OMISSIS-” prot. n. 65/75-4 del 12 dicembre 2011, che gli ha comunicato che la proposta di dispensa non ha avuto seguito;

II) violazione dell’art. 11 disp. prel. cod. civ., in quanto per un fatto avvenuto il 28 settembre 2007 non sarebbero applicabili le previsioni del d.lgs. n. 66 cit., come è invece accaduto, ma il regime previgente di cui alla dall’art. 9, comma 2, l. 7 febbraio 1990 n. 19, rilevandosi a tal proposito che la sentenza penale de qua è stata conosciuta dall’Amministrazione in data 12 maggio 2011, con susseguente decadenza dal potere disciplinare decorsi i 270 giorni previsti dalla legge, cioè il 6 febbraio 2012, laddove l’atto gravato è stato adottato l’8 marzo 2012;

III) violazione degli artt. 861 e 866, d.lgs. n. 66 cit., in quanto, anche a voler ritenere operante quest’ultima fonte primaria, l’Amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza penale in parola il 12 maggio 2011, essendo espressamente indicata nella nota prot. n. 90/6-1 del 12 maggio 2011, con cui è stato comunicato l’avvio del procedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento, sì che anche in tal caso il termine di conclusione del procedimento, applicando analogicamente l’art.9, l. n. 19 del 1990, è spirato dopo 270 giorni il 6 febbraio 2012, mentre l’atto è stato adottato l’8 marzo 2012;

IV) eccesso di potere per difetto di motivazione, dato che l’Amministrazione si è limitata a recepire in maniera acritica il contenuto della sentenza del Tribunale ordinario di Grosseto del 31 marzo 2011, senza svolgere un’autonoma istruttoria e valutazione dei fatti, e che l’esistenza di pessimi precedenti disciplinari e di servizio, riportata nel provvedimento gravato, non è mai stata contestata al ricorrente nell’ambito del procedimento, con ciò violandosi il suo diritto di difesa.

Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, che ha argomentato per il rigetto del gravame.

All’esito della camera di consiglio convocata per l’esame della domanda di tutela cautelare, essa è stata respinta con ordinanza di questo Tribunale 11 luglio 2012 n. 2463, rilevandosi come le impugnate determinazioni risultino effettuate in corretta applicazione degli artt. 861, lett. d), .865 e 1392, d.lgs. n. 66 cit.

All’udienza pubblica straordinaria di smaltimento del 25 giugno 2021 la causa è stata trattenuta per la decisione.

3. – Il ricorso è infondato.

3.1 Con il primo mezzo di gravame è stata lamentata violazione del principio generale del ne bis in idem , in quanto -OMISSIS-. sarebbe stato già sottoposto, in relazione ai medesimi fatti, a procedimento volto alla cessazione dal servizio permanente per scarso rendimento, ai sensi degli artt. 923 e 932, d.lgs. n. 66 cit., conclusosi con nota del Comandante del Comando unità mobili e specializzate “-OMISSIS-” prot. n. 65/75-4 del 12 dicembre 2011, che gli ha comunicato che la proposta di dispensa non ha avuto seguito.

Il motivo non è suscettibile di accoglimento, dato che, dalla lettura degli atti di causa emerge che il suddetto procedimento di dispensa dal servizio per scarso rendimento, che non ha avuto seguito perché la relativa proposta è stata inoltrata oltre il termine massimo di centottanta giorni previsto dall’art. 1041, d.P.R. 15 marzo 2010 n. 90, aveva ad oggetto fatti storici diversi dalla sentenza penale pronunciata dal Tribunale di Grosseto il 31 marzo 2011. In particolare, la proposta di dispensa in parola, di cui alla nota del comandante della 2a compagnia dell’8° Reggimento carabinieri Lazio prot. n. 90/6 del 12 maggio 2011, si riferisce a un complesso quadro di costante insufficiente rendimento che il sottufficiale, nonostante le due ammonizioni indirizzategli nel 2008 e nel 2010, ha riportato nelle valutazioni caratteristiche degli anni 2008, 2009 e 2010, oltre che alla presenza di ben quattro rinvii a giudizio presso organi della giustizia ordinaria e militare, tra i quali quello conclusosi con la sentenza del Tribunale penale di Grosseto. La proposta di dispensa e gli atti da essa citati, poi, si riferiscono alla presenza di n. 422 giorni di assenza dal servizio per ragioni sanitarie nell’ultimo quinquennio, alla scadente preparazione professionale del militare, alla sua scarsa attenzione nella gestione del personale sottopostogli, all’incuria nell’applicazione delle disposizioni che gli vengono impartite. Gli ammonimenti formali richiamati disvelano, poi, la presenza di vari precedenti disciplinari nel biennio 2007-2008 ( i.e. due rimproveri, un richiamo, una consegna di due giorni).

Se tale è il complessivo contesto in cui era stato avviato il procedimento di dispensa dal servizio per insufficiente rendimento, il provvedimento disciplinare gravato, invece, richiama essenzialmente i fatti accertati dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta pronunciata dal Tribunale di Grosseto il 31 marzo 2011, dedicando un mero inciso ai “ pessimi precedenti disciplinari e di servizio ”. Del resto, che le determinazioni assunte nei confronti di -OMISSIS-. siano ascrivibili alla suddetta sentenza penale del 31 marzo 2011 si evince inequivocabilmente dalla motivazione posta a base della decisione espulsiva: “ maresciallo capo, all’epoca dei fatti in servizio presso l’8° Battaglione (ora Reggimento) carabinieri Lazio, libero dal servizio, il 28 settembre 2007 si presentava alla reception di un hotel del Comune di Fonteblanda (GR) e, qualificandosi all’addetta con false generalità e un falso stato (maresciallo dei carabinieri D G Romeo, in servizio presso il Comando carabinieri antifalsificazione monetaria), comunicava alla stessa di dover effettuare degli accertamenti sul conto di un cliente dell’albergo. In tale circostanza, prendeva visione della ‘scheda di notificazione’ del predetto albergo e, successivamente, compilava una richiesta per acquisirne una copia utilizzando un foglio recante l’intestazione del predetto reparto. Tali condotte, già sanzionate penalmente, sono da ritenersi biasimevoli sotto l’aspetto disciplinare in quanto contrarie ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l’agire dei un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato ed a quelli di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all’Arma dei carabinieri. I fatti disciplinarmente accertati sono di rilevanza tale da richiedere l’applicazione della massima sanzione disciplinare di stato ”.

In definitiva, non può nella specie evocarsi il divieto di bis in idem , dal momento che il quadro fattuale posto a base del procedimento di dispensa dal servizio differisce sensibilmente da quello che è stato assunto dall’Amministrazione per giustificare la sanzione disciplinare applicata al ricorrente.

3.2 È poi infondata la censura di violazione dell’art. 11 disp. prel. cod. civ. articolata nel secondo ordine di censure, ove si sostiene che a un fatto avente rilevanza disciplinare avvenuto il 28 settembre 2007 non sarebbero applicabili le previsioni del d.lgs. n. 66 cit., come è invece accaduto, ma verrebbe in questione il regime previgente di cui alla dall’art. 9, comma 2, l. n. 19 cit., il che comporterebbe, a dire del ricorrente, decadenza dell’Amministrazione dal potere disciplinare per inutile decorso del termine massimo di 270 giorni.

Sul punto, si osserva che, contrariamente a quanto assunto da -OMISSIS-., l’art. 2187, d.lgs. n. 66 del 2010, prevede che “ 1. I procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla previgente normativa ”;
pertanto, non essendo il procedimento disciplinare di cui in causa in corso al 9 ottobre 2010, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 66 cit., esso soggiace integralmente alla disciplina sopravvenuta, con susseguente inconferenza dell’art. 9, l. n. 19 cit.

3.3 Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta violazione degli artt. 861, 866 e 1392, d.lgs. n. 66 cit., in quanto l’Amministrazione avrebbe avuto conoscenza della sentenza penale de qua il 12 maggio 2011, essendo espressamente indicata nella citata nota prot. n. 90/6-1 del 12 maggio 2011, sì che anche in tal caso il termine di conclusione del procedimento, applicando analogicamente l’art.9, l. n. 19 del 1990, è spirato dopo 270 giorni il 6 febbraio 2012, mentre l’atto impugnato è stato adottato l’8 marzo 2012.

Il motivo è infondato.

L’art. 1392, d.lgs. n. 66 cit., laddove indica come dies a quo del termine per il radicamento e la definizione del procedimento disciplinare di stato la data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, fa riferimento ad una conoscenza giuridicamente certa, che può derivare solo dall’acquisizione di copia conforme della sentenza completa dell’attestazione di irrevocabilità;
di converso, la norma non individua un termine entro il quale l’Amministrazione deve provvedere all'acquisizione documentale, oltretutto dipendente dai tempi necessari alle cancellerie degli uffici giudiziari per evadere le richieste (Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 2020 n. 6828;
sez. IV, 22 giugno 2020 n. 3956;
sez. II, 2 marzo 2020 n. 150;
sez. IV, 1° ottobre 2019 n. 6562;
sez. IV, 17 luglio 2018 n. 4349).

Sul punto, il Ministero resistente ha rappresentato di aver acquisito copia conforme della sentenza il 6 luglio 2011, come è anche confermato dalla lettura della stessa che reca in calce un’attestazione di rilascio di copia conforme indicante proprio tale data;
pertanto, l’adozione del provvedimento gravato, avvenuta l’8 marzo 2012, è senz’altro tempestiva, dato che è avvenuta dopo 246 giorni a decorrere dall’acquisizione della copia conforme della sentenza penale de qua .

3.4 Con il quarto mezzo di gravame è stato denunciato eccesso di potere per difetto di motivazione, dato che, a dire del ricorrente, l’Amministrazione si sarebbe limitata a recepire in maniera acritica il contenuto della sentenza del Tribunale ordinario di Grosseto del 31 marzo 2011, senza svolgere un’autonoma istruttoria e valutazione dei fatti e valorizzando circostanze mai contestate in precedenza, come i precedenti disciplinari e di servizio.

Al riguardo, si osserva, in primo luogo, che l’art. 445, comma 1- bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a), l. 12 giugno 2003 n. 134, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, ha previsto che “[…] Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna ”. Inoltre, ai sensi dell’art. 653, comma 1- bis , cod. proc. pen. “ La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso ”. Pertanto, a fronte di una sentenza di applicazione della pena su richiesta divenuta irrevocabile, nessuna particolare istruttoria occorre all’Autorità procedente quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e della sua riconduzione alla responsabilità dell’imputato, esercitandosi la discrezionalità del potere disciplinare sulla commisurazione della misura inflitta alla gravità del fatto, all’insegna del canone di proporzionalità (TAR Lazio, Roma, sez. I, 31 maggio 2021 n. 6432).

Su quest’ultimo punto, premesso che parte ricorrente non ha mosso particolari constatazioni in ordine alla graduazione della sanzione inflittagli, si ritiene nondimeno necessario osservare, stante l’inscindibilità della scelta della sanzione da applicare con la giustificazione della stessa, che l’Amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale nell’apprezzare la rilevanza disciplinare dei fatti sicché, una volta valutati gli stessi, l’accertamento della proporzionalità della sanzione all’illecito contestato e la graduazione della stessa, risolvendosi in un giudizio di merito, sfugge al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non si disveli un eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità o contraddittorietà ( ius receptum : Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 2020 n. 4145;
sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2752;
sez. VI, 20 aprile 2017 n. 1858;
sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1968;
sez. III, 5 giugno 2015 n. 2791;
sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1968;
sez. III, 20 marzo 2015 n. 1537;
sez. IV, 28 novembre 2012 n. 6034). In altri termini, il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa ed il suo corollario in campo disciplinare, rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, non consentono al giudice di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall’Autorità disciplinare, che possono essere sindacate esclusivamente ab externo , qualora trasmodino nell’abnormità (TAR Lazio, Roma, sez. I, 31 maggio 2021 n. 6432;
TAR Lazio, Latina, sez. I, 31 dicembre 2019 n. 757;
TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 16 gennaio 2019 n. 66;
sez. I, 12 ottobre 2018 n. 1703;
TAR Piemonte, sez. I, 3 aprile 2018 n. 399).

Tanto premesso in linea generale, nella specie si osserva che nella nota del Comando unità mobili e specializzate carabinieri “-OMISSIS-” prot. n. 386/39-2007 del 1° agosto 2011, con cui è stata avviata un’inchiesta formale a carico del ricorrente, l’addebito contestato a -OMISSIS-. riguarda esclusivamente i fatti oggetto della ricordata sentenza di applicazione della pena su richiesta, come anche rispecchiato dalla motivazione del provvedimento gravato. Ne consegue che, a ben vedere, la mera citazione dei precedenti disciplinari e di servizio, senza alcun ulteriore approfondimento nella parte motivazionale del provvedimento, non appare aver avuto alcuna concreta conseguenza sulla decisione di espellere il ricorrente dall’Arma dei carabinieri, che si è basata unicamente sulla valorizzazione a fini disciplinari della biasimevole condotta del ricorrente accertata dal giudice penale.

A tale ultimo riguardo, la motivazione fornita appare del tutto congrua e proporzionata, dato che l’Amministrazione della difesa ha compiutamente specificato le ragioni dell’incompatibilità con i doveri di rettitudine che caratterizzano lo status di appartenente dell’Arma dei carabinieri dei fatti cui si riferisce la citata sentenza penale, che peraltro attengono proprio a condotte ascrivibili al ricorrente come militare ed all’abuso delle prerogative del grado rivestito. Sempre sul punto non può sottacersi che -OMISSIS-. si sia reso responsabile di una pluralità di reati in continuazione tra loro, comportanti l’utilizzo di mezzi fraudolenti nel rapporto con il cittadino e l’impropria spendita dello stato di sottufficiale di una forza di polizia;
si tratta, quindi, di comportamenti particolarmente disdicevoli per un militare del grado e dell’esperienza del ricorrente, che dovrebbe essere d’esempio per i suoi sottoposti e per la comunità.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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