Corte d'Appello Reggio Calabria, sentenza 07/01/2025, n. 12
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Testo completo
R.G. 535/2019.
CORTE D'APPELLO DI REGGIO CALABRIA
SEZIONE CIVILE
* * *
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d'Appello di Reggio Calabria, Sezione Civile, riunita in Camera di Consiglio da remoto (sulla piattaforma Microsoft Teams) nelle persone dei seguenti Giudici:
- Patrizia Morabito Presidente
- Natalino Sapone Componente
- Nicola Alessandro Vecchio Relatore ed estensore ha emesso la seguente
SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 535/2019 R.G. e vertente tra
SM RI (C.F. [...]), con gli avv. PIETRO ACCARDO
(C.F. [...]-pec: avvpietroaccardo@pec.it) e FRANCESCA ACCARDO
(C.F. [...]-pec: francesca.accardo@avvocatirc.legalmail.it)
-appellante- nei confronti di
IN LE (C.F. [...]), CO ZI NT (C.F.
[...]) e CO ME ZI (C.F. [...]), con l'avv. ROBERTA MARIA AUTELITANO (C.F. [...]-pec: roberta.autelitano@avvocatilocri.legalmail.it)
-appellati-
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 1811/2018 del Tribunale di Reggio Calabria, pubblicata il 17.12.2018, emesso a definizione del procedimento n. 100037/2008 R.G..
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Conclusioni delle parti
Come in atti e come da note scritte telematicamente depositate, qui da intendersi integralmente riprodotte, in occasione dell'udienza di precisazione delle conclusioni del
3.10.2024 (con riserva in decisione poi comunicata alle parti in data 7.10.2024).
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Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
I.- Per quanto strettamente rileva ai fini della decisione, secondo il disposto degli artt. 132
c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti e l'iter del processo possono riassumersi come segue.
I.1.1.- Con atto di citazione ritualmente notificato l'attore SM RI ha instaurato il giudizio di 1° grado (proc. n. 100037/2008 R.G.), ivi rappresentando che:
(1) era proprietario di un appartamento al 1° piano di un fabbricato nel villaggio residenziale
“Costa dei Saraceni”, sito a Bova Marina, Località Vivo, n. 10/E;
(2) il piano sottostante era invece di proprietà dei germani CO ZI NT e
CO ME ZI, i quali ne erano nudi proprietari (essendo invece titolari del relativo usufrutto i coniugi CO EMILIO e BELLINO LE);
(3) al pianterreno vi era uno spazio sul quale si affacciavano le finestre della camera da letto e del bagno dell'appartamento attoreo e su cui, circa 10 anni prima, i coniugi CO-
IN avevano edificato un “casotto di incerta destinazione, con pareti in parte rifinite e in parte no, occupandola interamente”;
(4) tale manufatto, oltre ad arrecare danno all'estetica e al decoro del villaggio residenziale, violava l'uso della cosa comune (art. 1102 c.c.) e gli impediva l'esercizio della veduta in perpendicolare fino al suolo.
A fronte di ciò, l'attore ha chiesto al Tribunale di voler, una volta verificata l'illegittimità del manufatto, condannare i convenuti, per quanto di rispettiva ragione, alla demolizione dello stesso ed all'integrale ripristino dello stato dei luoghi.
I.1.2.- Con comparsa di risposta e contestuale domanda riconvenzionale del 16.06.2008 si sono poi costituiti i convenuti CO EMILIO, IN LE, CO ZI
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NT e CO ME ZI, contestando le avverse prospettazioni e in particolare eccependo che:
(A) il manufatto contestato ex adverso, consistente in un ripostiglio di 4,40 m2, insisteva sul giardino di loro esclusiva proprietà ed era stato edificato fra il 1985 e il 1986;
(B) qualsiasi diritto attoreo era conseguentemente prescritto (per effetto del non uso protratto per oltre 20 anni del diritto di veduta), essendo stato inoltre acquisito per usucapione il loro diritto a mantenere la costruzione.
Sulla scorta di quanto precede tali convenuti hanno concluso chiedendo al Tribunale di voler: rigettare la domanda attorea, perché infondata in fatto e in diritto;
in via riconvenzionale, dichiarare prescritto, per non uso ventennale, l'esercizio del diritto di veduta attoreo e conseguentemente dichiarare il diritto dei convenuti a mantenere il ripostiglio.
I.1.3.- All'esito, poi, del giudizio di prime cure – interrotto e poi riassunto per l'intervenuto decesso, dichiarato dal suo difensore (udienza del 21/11/2013), del convenuto CO
EMILIO ed istruito con le produzioni documentali delle parti, con l'audizione di testi (cfr. verbale d'udienza del 6/10/2010) e con l'espletamento di approfondimento peritale (cfr.
C.T.U. del 24.02.2012) -, è stata emessa la sentenza qui appellata (n. 1811/2018 del
17.12.2018), nella quale il Tribunale ha:
(A) rigettato la domanda attorea;
(B) accolto la domanda riconvenzionale dei convenuti e dichiarato sussistente il loro diritto a mantenere il manufatto oggetto di lite;
(C) regolato le spese (compensando quelle di lite e ponendo invece quelle di C.T.U. a carico della parte attrice).
I.2.1.- Avverso tale sentenza ha poi proposto appello la parte SM RI, instaurando, innanzi alla presente Corte, l'odierno giudizio di gravame (n. 535/2019 R.G.) e ivi in particolare evidenziando:
(A) l'infondatezza dell'exceptio praescriptionis accolta in prime cure, considerando
l'imprescrittibilità del diritto di veduta azionato;
(B) la non accoglibilità, poi, dell'avversa domanda di usucapione, in quanto non ritualmente proposta e in ogni caso non adeguatamente provata.
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In virtù di ciò l'appellante ha quindi chiesto alla Corte di voler riformare l'impugnata sentenza, sia accogliendo l'originaria domanda attorea, sia rigettando l'avversa domanda riconvenzionale.
I.2.2.- Con comparsa del 20.12.2019 si sono costituiti in questo grado gli appellati IN
LE, CO ZI NT e CO ME ZI, contestando le avverse prospettazioni e in particolare eccependo l'inammissibilità dell'appello, ex artt. 342
e 345 c.p.c., e in ogni caso la sua infondatezza.
I.2.4.- Con provvedimento del 14.01.2021 (a seguito di Camera di Consiglio del 4.01.2021 e di udienza cartolare del 22.12.2020) è stato poi disposto il rinvio per la precisazione delle conclusioni.
I.2.5.- A seguito, poi, di alcuni rinvii e di mutamento del relatore, con provvedimento del
4.10.2024 (comunicato alle parti in data 7.10.2024), il giudizio di gravame è stato definitivamente assegnato a sentenza con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..
II.- Le questioni sorte nel contraddittorio delle parti devono essere decise secondo l'ordine logico-giuridico.
III.- Ante omnia, occorre osservare che:
(A) è da disattendere l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c., considerando che nel gravame proposto l'appellante risulta aver circoscritto in modo sufficientemente chiaro ed esauriente il quantum appellatum, proponendo specifici punti di censura e formulando motivate ragioni di dissenso, sicché, a prescindere dalla delibazione della sua fondatezza [qui di seguito da scrutinarsi – v. infra], è pacifico che nell'atto di appello in ogni caso si rinviene “una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confut[a] e contrast[a] le ragioni addotte dal primo giudice” [v., in termini e da ultimo, Cass. civ., 10 marzo 2020, n. 6732 e Cass. civ.,
Sez. un., 16 novembre 2017, n. 27199], non potendosi quindi dar luogo alla richiesta reiezione in rito;
(B) “l'ambito della cognizione del giudice d'appello è definito dai motivi di impugnazione formulati e dalle domande ed eccezioni riproposte, e non consiste … in una rinnovata pronuncia sulla domanda giudiziale e sulla intera situazione sostanziale oggetto del giudizio di primo grado” (v., da ultimo e in questi termini, Cass. civ., Sez. un., 16/02/2023, n. 4835,
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richiamando Cass. n. 27199 del 2017 e Cass. civ., Sez. un., 21/03/2019, n. 7940),
“esplicandosi e consumandosi il diritto di impugnazione con l'atto di appello, il quale fissa i limiti della devoluzione della controversia in sede di gravame” (cfr. Cass. civ., 24/05/2001, n.
7088), conseguentemente perimetrata e circoscritta alle sole questioni oggetto di espressa impugnativa, risultando invece ogni ulteriore questione affrontata in prime cure e qui non puntualmente gravata, nonché ivi non espressamente vagliata e in questa sede non esplicitamente riproposta [ai sensi dell'art. 346 c.p.c., su cui v., funditus e da ultimo, Cass. n.
7940/2019, cit.], divenuta ormai definitivamente irretrattabile, poiché passata in giudicato.
IV.- Svolte tali preliminari precisazioni, nel merito l'appello è da disattendere, a ciò conseguendo la conferma della sentenza di prime cure.
V.- Muovendo, in particolare, dal primo motivo di doglianza [v. supra, sub I.2.1., punto (A)], esso risulta fondato sull'assunto difensivo per cui il diritto ex art. 907 c.p.c. non poteva estinguersi per non uso, in quanto “facoltà” “intrinseca del diritto di proprietà” e dunque ex se non soggetta a prescrizione.
V.1.- E tuttavia, giova osservare che:
(1) “condizione dell'azione” e presupposto logico-giuridico “dell'azione volta ad ottenere
l'osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all'art. 907 cod. civ.”, come evincibile dal suo stesso tenore letterale (“quando si è acquistato il diritto di avere vedute … verso il fondo vicino”), è la “titolarità del diritto reale di veduta”, con la conseguenza che “il diritto di proprietà di un immobile” “non può attribuire”, “per sé solo”, “anche l'acquisto della servitù di veduta” [cfr., ex multis, Cass. civ., 2/08/2024, n. 21798];
(2) non trattandosi, pertanto, di una mera modalità di esercizio insita nel proprio diritto di proprietà (e dunque di una “facoltà” ricompresa nel fascio di diritti facenti parte del dominium), ma di un diritto reale su cosa altrui (e in specie di una servitù di veduta, in particolare di “veduta in avanti e a piombo del proprietario del piano di sopra” – cfr., ex aliis,
Cass. civ., 6/06/2024, n. 15906;
Cass. civ., 27/02/2019, n. 5732;
Cass. civ., 16/01/2013, n.
955), è evidente che per quest'ultimo non operi il principio “in facultativis non datur praescriptio”,