Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-24, n. 202304123

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-24, n. 202304123
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304123
Data del deposito : 24 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2023

N. 04123/2023REG.PROV.COLL.

N. 08492/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8492 del 2022, proposto dalla società
Sole Neve Investimenti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F B, G S, S V, P R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. P R in Roma, via Marcello Prestinari 13;

contro

Signori F G, M R G, S G, L G, R G, G G, rappresentati e difesi dagli avvocati M B e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. M C in Roma, via Lazio n. 9;
Comune di Pontedilegno, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Italo Luigi Ferrari, Francesco Fontana, Sonia Allocca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. Sonia Allocca in Roma, viale Tiziano n. 108;

nei confronti

Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 759/2022, resa tra le parti, concernente l’impugnativa del permesso di costruire in sanatoria n. 27 del 10 luglio 2018, del certificato di compatibilità paesaggistica del 14 febbraio 2018 e dei relativi atti presupposti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori F G, M R G, S G, L G, R G, G G, del Comune di Pontedilegno e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2023 il Cons. Cecilia Altavista e udito per la parte appellante l’avvocato F B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il 27 giugno 2014 il Comune di Ponte di Legno rilasciava alla società Sole Neve Investimenti il permesso di costruire n. 75 per la demolizione e ricostruzione di un edificio sito nel centro storico di Ponte di Legno (ex albergo Evan), in zona sottoposta a vincolo paesaggistico con D.M. 10 ottobre 1960.

Il 10 febbraio 2016 veniva presentata la denuncia delle opere in calcestruzzo armato.

Il 26 aprile 2016 è stata presentata la denuncia di costruzione in corso in zona sismica, ai sensi dell’art. 12 della legge regionale 33/2015, essendo intervenuta una nuova classificazione sismica del Comune di Ponte di Legno in zona sismica 3.

A seguito di esposti dei vicini signori G, il Comune di Ponte di Legno avviava un procedimento di verifica, con nota del 16 agosto 2016, a cui la società rispondeva, ammettendo la sussistenza di alcune difformità dal progetto presentato, in particolare per la mancata realizzazione del piano interrato e per la soprelevazione dovuta in parte all’innalzamento dei solai per adeguamento alle disposizioni di risparmio energetico, in parte per la realizzazione di un cordolo di cemento di 34 centimetri.

Veniva quindi presentata, in data 18 ottobre 2016, domanda per l’accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001.

Il 19 ottobre 2016 i tecnici del Comune effettuavano un sopralluogo in cui rilevavano che i lavori erano in corso e che non erano ancora stati realizzati i giunti strutturali previsti o che erano stati realizzati con spessore inferiore a quanti indicato nel progetto strutturale.

A seguito della integrazione documentale alla denuncia di costruzione in zona sismica presentata il 28 ottobre 2016, il 15 novembre 2016 il Comune rilasciava il nulla osta sismico “ previa dimostrazione che la rimozione del fabbricato esistente …non abbia peggiorato il comportamento simico dei fabbricati adiacenti” .

Il 17 dicembre 2016 il Comune richiedeva la presentazione di integrazioni documentali, depositate il 27 settembre 2017.

Il 14 febbraio 2018 è stato rilasciato dall’area tecnica del Comune il certificato di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, richiamando il parere della Commissione per il paesaggio del 2 dicembre 2016 e il mancato intervento della Soprintendenza nel termine di novanta giorni;
è stata irrogata la sanzione minima pari a 516 euro.

Il permesso in sanatoria veniva rilasciato con provvedimento n. 27 del 10 luglio 2018.

Il permesso di costruire in sanatoria n. 27 del 10 luglio 2018, il certificato di compatibilità paesaggistica 14 febbraio 2018 e gli atti presupposti, tra cui il parere della commissione comunale per il paesaggio del 2 dicembre 2016, sono stati impugnati con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, dai signori G, deducendo di essere comproprietari di un fabbricato confinante con quello della società Sole Neve, di avere rilevato difformità nel corso della esecuzione dei lavori, segnalate al Comune;
che a seguito delle segnalazioni erano stati effettuati sopralluoghi e poi chiesto il permesso di costruire in sanatoria. Formulavano varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

In particolare, con il primo motivo, sostenevano la violazione dell’art. 36 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 380, l’eccesso di potere per difetto di presupposti, travisamento dei fatti e falsa rappresentazione, difetto di istruttoria, deducendo che l’innalzamento realizzato era superiore a quanto indicato nella relazione del progettista, come risulterebbe anche dalle fotografie allegate al “Testimoniale di stato” del 22 maggio 2015.

Con il secondo motivo sostenevano la violazione e falsa ed errata applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/01, dell’art. 34 delle N.T.A. del Piano delle Regole del PGT di Ponte di Legno, l’eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto, in relazione alla sopraelevazione, non era stato rispettato il limite della sagoma per la demolizione e ricostruzione in zona vincolata. Con il terzo motivo si lamentava la violazione della normativa statale e regionale in tema di risparmio energetico, in quanto la elevazione per l’adeguamento alle norme sul risparmio energetico non sarebbe applicabile al procedimento di sanatoria.

Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione della normativa statale e regionale in materia antisismica, in quanto dal sopralluogo effettuato dal Comune il 19 ottobre 2016 sarebbe emersa la mancata realizzazione dei giunti strutturali previsti nel progetto, successivamente neppure realizzati, pur essendo stato assunto tale impegno anche al momento del detto sopralluogo.

Con il quinto motivo si lamentava la violazione della disciplina tema di distanza dai confini, di cui all’art. 16.7 delle NTA del Piano delle regole del PGT, che consente l’edificazione in aderenza ad altro fabbricato rispettandone gli allineamenti e l’altezza, mentre altrimenti l’edificazione a distanza inferiore a quella prevista dallo strumento regolatore sarebbe ammessa, ma solo nel caso di formale accordo, registrato e trascritto, tra le proprietà, come era stato comunicato dal tecnico comunale con la nota del 29 novembre 2017 prot. n. 7125.

Con il sesto motivo si sosteneva la violazione, errata e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/01, dell’art. 34 NTA del Piano delle regole del PGT, l’eccesso di potere per falsa rappresentazione dei fatti, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, in quanto la Commissione per il paesaggio avrebbe espresso il proprio parere il 2 dicembre 2016, in mancanza degli elaborati progettuali, presentati solo il 29 settembre 2017.

Con il settimo motivo è stata dedotta la illegittimità derivata del permesso di costruire dalla illegittimità del presupposto certificato di compatibilità paesaggistica.

Con l’ottavo motivo si lamentava la violazione art. 167, comma 5, d. lgs. 22 gennaio 2004, non essendo consentita la sanatoria paesaggistica in caso di aumento di volume, il difetto di motivazione della autorizzazione paesaggistica in sanatoria, non essendo stati esaminati gli elaborati progettuali da parte della Soprintendenza e quindi non essendosi potuto formare il silenzio assenso, la commisurazione irrisoria della sanzione irrogata.

Si è costituita nel giudizio di primo grado la società Sole Neve Investimenti, che ha eccepito l’inammissibilità di alcune censure, in quanto relative al permesso di costruire rilasciato nel 2014 e non impugnato;
ha poi sostenuto l’infondatezza del ricorso, contestando anche in punto di fatto le argomentazione dei ricorrenti con riguardo alla sopraelevazione e alla avvenuta realizzazione dei giunti sismici;
ha dedotto che la sopraelevazione era stata realizzata, ai sensi del d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, per l’efficientamento energetico.

Nel giudizio di primo grado, si è costituito anche il Ministero della Cultura, che ha depositato una relazione della Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia del 23 novembre 2018, in cui è stato indicato che l’Ufficio ha esaminato la domanda di sanatoria il 27 dicembre 2017 e “ concordando con il parere della Commissione per il paesaggio ”, non ha espresso parere avvalendosi del silenzio.

Nel giudizio di primo grado è stata disposta una verificazione, affidata al dirigente dell’Unità Organizzativa Urbanistica e Assetto del territorio della Regione Lombardia, con facoltà di

delega ad altro funzionario di detta struttura, formulando i seguenti quesiti;

a) quale sia la misura della maggiore altezza dell’edificio ricostruito rispetto all’originaria costruzione demolita e rispetto al progetto allegato all’istanza del permesso di costruire n. 75/2014;

b) se tale maggiore altezza sia riconducibile all’incremento di spessore delle solette tra un piano e l’altro e della copertura, ai sensi dell’art. 14, comma 6 del d.lgs. n.102/2014 o di altre norme nazionali o regionali in materia di miglioramento energetico degli edifici e, in caso affermativo, se tale riconducibilità sia totale o parziale;

c) se l’edificio ricostruito e quello dei ricorrenti siano posti in aderenza ed allineati come previsto dall’art. 16 delle NTA del PGT;

d) se siano stati realizzati i giunti strutturali o giunti sismici tra gli edifici dei ricorrenti e della controinteressata e, in caso affermativo, se essi abbiano le dimensioni corrette, o comunque se siano state realizzate misure antisismiche di portata equivalente ;

e) se l’edificio ricostruito abbia un volume e/o una superficie utile maggiori di quelli assentiti con l’originario permesso di costruire n. 75/2014 e se abbia una sagoma diversa da quello originario;

f) se la documentazione geotecnica e geologica allegata all’impugnato permesso di costruire in sanatoria n. 27/2018 sia completa ”.

La relazione di verificazione concludeva con riferimento ai vari quesiti nei seguenti termini:

con riferimento al quesito a), “l’edificio già realizzato approvato con il permesso di costruire in sanatoria è stato realizzato all’intradosso dell’ultimo solaio pari a mt. 19,68 e al colmo di 20,08 (rettificato dal consulente comunale a 20,12). Quindi il progetto in variante realizzato risulta così come da progetto più alto di cm. 82 in più del progetto approvato con il permesso di costruire n. 75/2014”;

con riferimento al quesito b), con riguardo alla riconducibilità della elevazione all’art. 14 comma 6 del d.lgs. 102 del 2014, “si ritiene legittima la richiesta di permesso di costruire in sanatoria, con una maggiore altezza di mt. 0,82 ai sensi del suddetto articolo ora abrogato, su un edificio che da progetto dovrebbe rispettare la prestazione energetica richiesta dalla suddetta norma di legge. La riconducibilità a tale articolo di legge può essere considerata totale se si considera la maggiore altezza dell’edificio rispetto al progetto approvato con permesso di costruire n. 75/2014, può essere considerata totale se si considera la maggiore altezza dell’edificio rispetto al progetto approvato con permesso di costruire n. 75/2014, in quanto le solette realizzate hanno maggiori spessori inferiori a quanto consentito in deroga dalla norma di legge, si considera parziale invece rispetto all’altezza dell’edificio demolito in quanto la maggiore altezza dell’edificio è di 0.95 e non come da progetto di mt. 0,82 ”;

con riguardo al quesito c), il verificatore dava atto di avere accertato, nel sopralluogo svolto con la partecipazione delle parti “ che l’edificio è ricostruito in aderenza nella posizione preesistente e nella parte di copertura e al colmo. Gli edifici non erano allineati in origine in quanto l’edificio ricostruito era già più alto, e non sono allineati adesso che l’edificio risulta innalzato rispetto all’edificio originario ”;

con riferimento al quesito d), ha dato atto che con la partecipazione delle parti sono stati ricercati, dove visibili, i giunti strutturali: “ nei punti non coperti dalle strutture di tamponamento abbiamo verificato e fotografato (nelle foto allegate alla relazione) la presenza di giunti strutturali posizionati nelle strutture aderenti alla proprietà dei ricorrenti ”;
ha concluso nel senso che “ i giunti strutturali che all’ultimo solaio sono stati verificati misurati e fotografati (con la partecipazione delle controparti) per uno spessore di circa 8 cm, siano stati realizzati per quanto visibile in coerenza con il suddetto nulla osta che ha verificato le dimensioni previste nella relazione a firma dell’Ing. T (che se ne assume la responsabilità) allegata alla Denuncia di costruzione in corso in zona sismica di nuova classificazione ai sensi dell’art 12 comma 5 della L.R. 33/2015, 2475 del 26 04 2016, nonché a quanto previsto nella Denuncia opere in calcestruzzo armato prot. 741 del 10 febbraio 2016” ;

con riguardo al quesito e) si dava atto che dalla verifica dei due progetti approvati con i due permessi di costruire, “ si può affermare che il volume e la superfice utile approvati con il permesso di costruire in sanatoria del 10/07/2018, sono sicuramente inferiori a quanto approvato con l’originario permesso di costruire n. 75/2014, in quanto non è stato realizzato il piano interrato con destinazione in parte commerciale e in parte a servizi. Si segnala in particolare, che: - la superfice utile dell’originario permesso era mq. 1451,66 con la variante sono previsti mq. 1255,58;
- la volumetria netta dell’originario permesso era mc. 3757,11 con la variante sono previsti mc. 3390,08;
per quel che riguarda la sagoma esterna i due progetti hanno una sagoma diversa in quanto, come già detto al precedente quesito a), l’edificio in variante realizzato risulta così come dichiarato più alto di cm. 82 rispetto al progetto assentito con il permesso di costruire n. 75/2014
” ;

con riguardo al quesito f), si dava atto che il 28 ottobre 2016, era stata depositata presso il Comune di Ponte di Legno la relazione geologica –geotecnica definitiva con allegati relativi alle prove e sondaggi svolti, “ tale documentazione è stata ritenuta dall’ufficio tecnico esaustiva per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ”.

Con la sentenza n. 759 del 1° agosto 2022 il ricorso è stato accolto ritenendo fondati i motivi (sesto e ottavo) relativi alla illegittimità del certificato di compatibilità paesaggistica, in quanto sarebbe stato rilasciato nonostante l’aumento di volume rispetto al progetto originario;
infatti il giudice di primo grado ha ritenuto irrilevante, sotto il profilo paesaggistico, la circostanza che il piano interrato non fosse stato realizzato e ha considerato non applicabile, in caso di vincolo paesaggistico, l’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 102/2014 relativo alle misure per il risparmio energetico. Il parere di compatibilità paesaggistica è stato poi ritenuto illegittimo anche per difetto di motivazione e per la sproporzione della sanzione irrogata.

E’stato poi ritenuto fondato anche il quarto motivo, relativo alla mancata realizzazione dei giunti sismici, la cui completa realizzazione non sarebbe stata accertata nel corso della verificazione.

Sono state assorbite le ulteriori censure.

Avverso la sentenza è stato proposto appello dalla società Sole Neve Investimenti, formulando motivi di violazione dell’art. 88 c.p.a. per contrasto e contraddittorietà della sentenza con le risultanze dell’attività istruttoria svolta, falsità, perplessità ed erroneità della motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

In particolare, con il primo motivo è stata contestata la motivazione della sentenza nella parte in cui si è discostata dagli esiti della verificazione con riguardo alla mancata realizzazione dei giunti strutturali o sismici. Si è dedotto, poi, che, erroneamente, il giudice di primo grado si sarebbe discostato dagli esiti della verificazione anche con riguardo alla sopraelevazione, mentre, come indicato nella verificazione, sulla base del progetto di sanatoria, il cordolo superiore doveva essere demolito, come in effetti è stato fatto il 5 maggio 2022, come attestato dalla documentazione fotografica depositata nel giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo di appello è stato contestato l’accoglimento delle censure relative al certificato di compatibilità paesaggistica, rilevando che dalla relazione depositata in giudizio dall’Avvocatura dello Stato, risulta che la Soprintendenza avesse effettivamente valutato il progetto, avendo fatto appositamente decorrere il termine per il silenzio. Inoltre, erroneamente, il giudice di primo grado non aveva fatto applicazione delle disposizioni del d.lgs. n. 102 del 2014, da ritenersi prevalente su tutte le altre norme ed essendo applicabili anche in caso di vincolo paesaggistico.

Il giudice di primo grado in sostanza si sarebbe sostituito alle valutazioni di merito della Soprintendenza, espressamente effettuate dalla stessa, in base alla suddetta relazione. Come risulta dalla verificazione, non vi sarebbe stato alcun aumento di volume rispetto al permesso di costruire rilasciato nel 2014, non impugnato;
in ogni caso si tratterebbe di sopraelevazione di modeste dimensioni rispetto all’altezza complessiva del fabbricato. E’ stata contestata la sussistenza del vizio motivazionale dell’autorizzazione paesaggistica, considerando che era stato espresso il parere della Commissione paesaggio in senso favorevole con prescrizioni, successivamente soddisfatte dal deposito della documentazione;
con riguardo alla quantificazione della sanzione, è stato dedotto che la sanzione era stata commisurata al minimo, non sussistendo alcun danno paesaggistico, essendo le modifiche apportate in sede di sanatoria derivanti dall’applicazione delle norme sull’efficientamento energetico.

Con il terzo motivo è stato dedotto che i giunti sismici non attengono alla legittimità del titolo edilizio in sanatoria;
inoltre il giudice di primo grado avrebbe invertito l’onere della prova relativo alla esistenza dei giunti sismici ponendolo a carico dei controinteressati e non sui ricorrenti, superando anche le indicazioni del verificatore.

Si sono costituiti i signori G che hanno contestato la fondatezza dell’appello e riproposto i motivi di ricorso assorbiti e non esaminati dal giudice di primo grado.

Si è costituito il Ministero della Cultura con atto di stile.

Si è costituito il Comune di Ponte di Legno che ha dedotto, depositando la relativa documentazione, che i tecnici comunali hanno compiuto ulteriori accertamenti sulla realizzazione dei giunti sismici, con sopralluoghi in data 11 gennaio 2023 e 1° febbraio 2023 (i relativi verbali sono stati depositati anche dalle difese della società appellante e dei signori G), in contraddittorio con le parti (anche se poi al secondo sopralluogo non hanno preso parte anche se convocati i tecnici dei signori G), da cui è emerso, come risulta dall’atto conclusivo del 16 febbraio 2013, che i giunti sismici, indicati nella relazione tecnica della Sole Neve Investimenti, sono stati realizzati nella spessore da tre a tredici centimetri anche nei punti, indicati al punto 1I bis e 6 A del sopralluogo dell’11 gennaio, in cui a quella data non risultavano ancora realizzati. Nella relazione conclusiva dell’accertamento d’urgenza, prot. n. 1204 del 16 febbraio 2023, i tecnici comunali hanno, quindi, affermato che, anche se non conformi per spessore a quanto indicato nella relazione tecnica di parte - circostanza ricondotta dai tecnici comunali alle difficoltà di accertamento per la collocazione dei giunti e alle strutture in cui sono stati posizionati - i giunti sono comunque di spessore superiore a quanto richiesto dalla normativa;
hanno concluso, quindi, per la mancanza di difformità tra la situazione di fatto riscontrata e la normativa di prevenzione del rischio sismico.

Hanno presentato memoria i signori G, insistendo per le loro prospettazioni, in particolare rilevando, con riferimento alla questione dei giunti sismici, l’inammissibilità, l’irritualità e la tardività degli accertamenti effettuati dal Comune nel gennaio-febbraio 2023.

Ha presentato memoria anche la società Sole Neve Investimenti contestando le argomentazioni avversarie e insistendo per la fondatezza dell’appello.

Il Comune di Ponte di Legno, la società Sole Neve e i signori G hanno presentato memoria di replica insistendo per le rispettive tesi difensive.

La difesa del Comune di Ponte di Legno e la difesa dei signori G hanno chiesto il passaggio in decisione senza discussione orale.

All’udienza pubblica del 21 marzo 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato.

Per maggiore chiarezza espositiva si ritiene di esaminare per primo il terzo motivo d’appello relativo alla mancata realizzazione dei giunti sismici.

Il motivo è fondato.

In primo luogo, la questione della corretta realizzazione dei giunti sismici, non riguarda la legittimità del titolo edilizio in sanatoria ma le corrette modalità di esecuzione dei lavori in zona sismica.

Sotto questo profilo si deve rilevare, come risulta anche dalla verificazione effettuata in primo grado, che la realizzazione dei giunti simici era indicata nella denuncia di opere in calcestruzzo armato, presentata il 10 febbraio 2016, e nella denuncia di costruzione in corso in zona sismica di nuova classificazione, ai sensi dell’art 12 comma 5 della L.R. 33/2015, presentata il 26 aprile 2016, a seguito dell’aggiornamento della zona sismica del Comune di Ponte di Legno, classificato in zona sismica 3, in base alla delibera della Giunta regionale dell’11 luglio 2014, entrata in vigore il 16 aprile 2016.

Il nulla osta comunale è stato rilasciato il 15 novembre 2016. Tale nulla osta non risulta impugnato nel ricorso di primo grado.

La questione dei giunti sismici non rientrava, dunque, neppure nell’oggetto del giudizio di primo grado.

Ne deriva che, erroneamente, il giudice di primo grado ha ritenuto illegittimo il titolo in sanatoria in relazione alla mancata realizzazione dei giunti sismici, che riguardava la corretta esecuzione di quanto indicato in sede di richiesta di nulla osta sismico.

Ai sensi della legge regionale 12 ottobre 2015 n. 33 nella Regione Lombardia, la competenza al rilascio del nulla osta sismico, attribuita dalle disposizioni del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 alle Regioni, è stata trasferita ai Comuni, competenti, quindi, a pronunciarsi sia sul nulla osta sismico rilasciato ai sensi dell’art. 94 del detto D.P.R., che sulla denunzia di lavori in corso in caso di nuova classificazione (come nel caso di specie), in base all’art. 104 del T.U. dell’edilizia, e al corrispondente articolo 12 della legge regionale 33/2015.

L’accertamento in ordine alla effettiva realizzazione dei giunti sismici, in conformità a quanto dichiarato dal tecnico al momento della richiesta di nulla osta, attiene alle modalità esecutive di realizzazione dei lavori e non, quindi, alla legittimità dei titoli edilizi o di autorizzazione sismica.

Infatti, l’effettiva rispondenza di quanto realizzato ai titoli rilasciati deve essere verificata dal Comune nell’esercizio di attività di vigilanza edilizia ed, in particolare, del potere generale di vigilanza sulle costruzioni in zone simiche, attribuito dall’art. 103 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per cui nelle località sismiche “ gli ufficiali di polizia giudiziaria, gli ingegneri e geometri degli uffici tecnici delle amministrazioni statali e degli uffici tecnici regionali, provinciali e comunali, le guardie doganali e forestali, gli ufficiali e sottufficiali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e in generale tutti gli agenti giurati a servizio dello Stato, delle province e dei comuni sono tenuti ad accertare che chiunque inizi costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni sia in possesso dell'autorizzazione rilasciata dal competente ufficio tecnico della regione a norma degli articoli 61 e 94.

2. I funzionari di detto ufficio debbono altresì accertare se le costruzioni, le riparazioni e ricostruzioni procedano in conformità delle presenti norme ”.

Nell’ambito di tale potere generale di vigilanza, correttamente, gli uffici comunali hanno, quindi, proceduto a verificare l’effettiva realizzazione dei giunti sismici fino al febbraio 2023, dovendo procedere ad accertare il rispetto della normativa antisismica nel territorio comunale.

Risulta, poi, dalla relazione del 16 febbraio 2013 conclusiva dell’accertamento effettuato dal Comune, che i tecnici comunali hanno concluso per la avvenuta realizzazione dei giunti simici, dando atto della mancanza di difformità rispetto alla normativa sulla prevenzione del rischio sismico.

Con gli ulteriori motivi di appello la società contesta le modalità in cui è stata considerata la soprelevazione, in difformità da quanto aveva indicato il verificatore, lamenta la mancata applicazione da parte del giudice di primo grado del d.lgs. 102 del 2014 e l’erronea valutazione del parere di compatibilità paesaggistica rispetto al quale risulta anche l’esame della Soprintendenza.

Anche sotto tali profilo l’appello è fondato.

Ai sensi dell’art. 167 comma 4 “ l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ”.

Analoga disposizione è contenuta nell’art. 181 del d.lgs. 42 del 2004 in caso opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa.

Tali norme non fanno alcuna distinzione relativamente al tipo di volumi da realizzare, con la conseguenza, infatti, che la giurisprudenza ritiene irrilevante, sotto il profilo paesaggistico, la distinzione tra volumi e volumi tecnici (Consiglio di Stato Sez. VI, 28 marzo 2019, n. 2056;
19 settembre 2018, n. 5463), tra volumi interrati e fuori terra (Consiglio di Stato, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3289). Ai fini di tutela del paesaggio, il divieto di incremento dei volumi esistenti si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, non potendo distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, interrato o meno (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 40).

Nel caso di specie, prima del permesso di costruire n. 75 del 2014 era stata già rilasciata una autorizzazione paesaggistica con provvedimento comunale del 27 giugno 2014, per cui era stato espresso in pari data il parere favorevole della Soprintendenza con prescrizioni, oggetto di accertamento con il successivo parere dell’11 febbraio 2015.

Tale autorizzazione, non impugnata, aveva ad oggetto una opera di superficie di mq. 1451,66 e del complessivo volume di mc. 3757,11 (secondo quanto indicato dal verificatore). L’accertamento di conformità edilizio e la sanatoria paesaggistica sono stati chiesti per una modifica (eliminazione del piano interrato e sopraelevazione), che ha comportato una opera di complessiva superficie di mq. 1255,58 e di volumetria di mc. 3390,08.

Non sono stati, quindi, aumentati né la superficie né il complessivo volume dell’opera, nel quale deve essere necessariamente compreso anche il volume interrato, non potendo quest’ultimo essere computato solo ad alcuni fini e non ad altri, trattandosi di un volume utile rilevante sia urbanisticamente che paesaggisticamente.

Ne consegue che la autorizzazione paesaggistica ex post, ai sensi degli artt. 167 e 181 del d.lgs. 42 del 2004, poteva essere rilasciata, salva ovviamente la valutazione paesaggistica dell’intervento oggetto di sanatoria ed in particolare della detta sopraelevazione.

Nel caso di specie, la sopraelevazione era stata realizzata, in base al del d.lgs. 102 del 2014, il cui articolo 14 comma 6 prevedeva espressamente: “ Nel caso di edifici di nuova costruzione, con una riduzione minima del 20 per cento dell'indice di prestazione energetica previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, lo spessore delle murature esterne, delle tamponature o dei muri portanti, dei solai intermedi e di chiusura superiori ed inferiori, eccedente ai 30 centimetri, fino ad un massimo di ulteriori 30 centimetri per tutte le strutture che racchiudono il volume riscaldato, e fino ad un massimo di 15 centimetri per quelli orizzontali intermedi, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e nei rapporti di copertura. Nel rispetto dei predetti limiti è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici . Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile” .

Non essendo computati i solai intermedi come volumi è evidente che, anche sotto tale profilo, non sussiste il presupposto della realizzazione di nuovi volumi, ostativo alla sanatoria paesaggistica.

Non può, poi, essere condiviso quanto affermato dal giudice di primo grado, per cui tale norma non sarebbe applicabile ai titoli paesaggistici.

Non si tratta, infatti, di applicare direttamente la disposizione ai titoli paesaggistici, ma di escludere, a seguito dell’applicazione del regime di favore per l’efficientamento energetico, la possibilità di configurare la realizzazione stessa di “volumi”, ostativa alla possibilità di una sanatoria paesaggistica.

In ogni caso, il Consiglio di Stato ha già affermato che la sanatoria paesaggistica non è esclusa ex ante in caso di misure di efficientamento energetico (Consiglio di Stato Sez. VI 6 marzo 2018, n. 1427).

Ne deriva che, anche in base all’applicazione dell’art. 14, la sanatoria paesaggistica era ammissibile nel caso di specie.

Non vi è poi ragione per ritenere, come sostenuto nel terzo motivo di ricorso riproposto in appello, che la disposizione dell’art. 14 comma 4 del d.lgs. 102 del 2014 non potesse essere applicata in fase di sanatoria, considerato che l’art. 36 del D.P.R. 380 del 2001 richiede la conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento della presentazione della domanda e che, nel caso di specie, la norma era entrata in vigore il 5 luglio 2014 poco dopo il rilascio del permesso di costruire, il 27 giugno 2014, quindi era sicuramente vigente al momento della realizzazione dei lavori. Inoltre, la non computabilità dei volumi non è neppure riferita espressamente ai titoli edilizi del Titolo II del D.P.R. 380 del 2001, mentre tale richiamo è contenuto solo nella parte della disposizione riguardante la deroga ai limiti di altezze e delle distanze. In ogni caso il Consiglio di Stato ha anche già affermato, proprio in sede di appello alla sentenza del TAR Lombardia, sezione di Brescia, citata dalla difesa dei signori G a sostegno delle proprie argomentazioni difensive (sentenza n. 791 del 2011, riformata in appello) che le disposizioni sul risparmio energetico (in quel caso quelle del piano casa della Lombardia) sono applicabili anche in sede di accertamento di conformità (Consiglio di Stato, Sezione VI, 14 aprile 2020, n. 2419).

Quanto al profilo tecnico dell’applicabilità dell’art. 14 comma 6 del d.lgs. 102 del 2014, in relazione al tipo di prestazioni energetiche previste, il verificatore nominato nel giudizio di primo grado ha affermato che l’edificio in base al progetto doveva “ rispettare la prestazione energetica richiesta dalla suddetta norma di legge”.

Inoltre, agli del giudizio di primo grado è stata depositata la relazione tecnica presentata al Comune il 19 settembre 2017, ai sensi della delibera della giunta regionale della Lombardia, n. 3868 del 17 luglio 2017, “ Disposizioni in merito alla disciplina per l'efficienza energetica degli edifici ed al relativo attestato di prestazione energetica a seguito dell'approvazione dei decreti ministeriali per l'attuazione del d.lgs. 192/2005 ”, delibera invocata dai signori G a sostegno delle proprie argomentazioni.

Venendo al certificato di compatibilità paesaggistica rilasciato dal Comune il 14 febbraio 2018, il giudice di primo grado ha ravvisato il difetto di motivazione di tale provvedimento, in quanto sarebbe basato esclusivamente sul presupposto parere della commissione per il paesaggio del 2 dicembre 2016, il quale, a sua volta, non recherebbe alcuna motivazione sulla compatibilità paesaggistica, essendo stato condizionato alla presentazione di ulteriore documentazione.

Tale argomentazione del giudice di primo grado non può essere condivisa.

Ai sensi dell’art. 181 comma 1 quater del d.lgs. 42 del 2004, “ il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni ”.

Nel caso di specie, il certificato di compatibilità paesaggistica del 14 febbraio 2018, ha richiamato il parere della Commissione per il paesaggio del 2 dicembre 2016, ma ha anche espressamente dato atto della trasmissione della documentazione, completa degli elaborati progettuali, il 10 ottobre 2017 alla Soprintendenza.

L’avvenuta presentazione degli elaborati progettuali in data antecedente al 10 ottobre, il 27 settembre 2017, risulta confermata dalla nota trasmessa dal Comune il 29 novembre 2017 ai signori G e dalla stessa relazione della Soprintendenza del 23 novembre 2018, depositata in primo grado dall’Avvocatura dello Stato, da cui risulta che la stessa Soprintendenza ha esaminato tali elaborati e ha fatto decorrere “consapevolmente” il termine per il silenzio, “ concordando con il parere della Commissione per il Paesaggio ”.

Anche a prescindere dalla qualificazione del decorso del termine assegnato alla Soprintendenza, se configuri un silenzio assenso (Cons. Stato, Sez. VI, 1 ottobre 2019, n. 6556;
Sez. IV, 14 luglio 2020, n. 4559;
Sez. V, 14 gennaio 2022, n. 255) o, non essendo tale istituto ipotizzabile rispetto ad Amministrazioni preposte alla tutela del paesaggio, faccia venire meno la vincolatività del parere (Cons. Stato VI Sezione 29 marzo 2021, n. 2640;
id. 27 luglio 2020, n. 4765), è certo che sia l’Amministrazione comunale che quella statale abbiano valutato l’intervento oggetto di sanatoria sulla base degli elaborati grafici presentati il 27 settembre 2017.

Inoltre, se il certificato di compatibilità paesaggistica non dà espressamente conto della motivazione, rinviando ai precedenti atti, si deve considerare che, nella sostanza, si trattava di un intervento in variante rispetto alla ristrutturazione con demolizione e ricostruzione di un immobile, che era stata già oggetto di un approfondito esame paesaggistico, come risulta dall’ autorizzazione paesaggistica del 27 giugno 2014 e dai pareri della Soprintendenza del 27 giugno 2014 e dell’11 febbraio 2015, nonché dalla circostanza che la stessa Soprintendenza, mentre nel 2014 e nel 2015 aveva espresso un parere articolato, in tal caso si era limitata a far decorrere il termine per il silenzio, secondo quanto indicato dalla stessa Soprintendenza nella relazione del 23 novembre 2018.

Quanto alla commisurazione della sanzione irrogata, anche a prescindere dalla verifica della effettiva sussistenza di un interesse concreto ed attuale dei signori G a tale censura, non può non rilevarsi che la sanatoria paesaggistica ha riguardato una modifica, che ha comportato una diminuzione complessiva del volume utile, con l’eliminazione del piano interrato, e una sopraelevazione, realizzata in funzione dell’efficientamento energetico, contenuta nella misura di 82 centimetri rispetto al progetto assentito con il permesso di costruire del 2014, rispetto ad un edificio di venti metri circa, in base alle risultanze della verificazione.

La fondatezza dell’appello comporta l’esame dei motivi di ricorso assorbiti in primo grado e riproposti con la memoria tempestivamente depositata nei termini di cui all’art. 101 comma 2 c.p.a..

In primo luogo, il terzo motivo di ricorso, relativo alla inapplicabilità delle misure di efficientamento energetico di cui al d.lgs. 102/2014, è infondato per le argomentazioni già sopra esposte.

Rispetto al primo motivo, relativo alla erronea indicazione da parte del progettista dell’innalzamento realizzato, deve rilevarsi che dalla verificazione è emerso che “ il progetto dell’edificio in variante in sanatoria realizzato risulta più alto di mt. 0,82 rispetto a quanto autorizzato col permesso di costruire n. 75/2014…il progetto in variante realizzato risulta così come da progetto più alto di cm. 82 in più del progetto approvato con il permesso di costruire ”.

Rileva, infatti, nel presente giudizio, relativo alla legittimità del titolo in sanatoria, solo la sopraelevazione assentita con tale titolo.

Non può, quindi, essere considerata la misura della sopraelevazione rispetto all’edificio demolito, essendo stato questo oggetto del permesso di costruire rilasciato nel 2014, non impugnato.

Inoltre, la misura dell’altezza all’estradosso di copertura verificata con l’UTC del Comune di 20,12 metri coincide sia nella relazione del verificatore che in quella della relazione del progettista depositata il 27 settembre 2017.

Né può rilevare il cordolo di 34 centimetri, poi effettivamente demolito - come risulta dalle fotografie del 5 maggio 2022, depositate nel giudizio di primo grado dalla società appellante- in quanto si trattava di una opera, di cui era stata prevista la demolizione già al momento del rilascio del titolo in sanatoria, come risulta dal progetto riportato nella relazione di verificazione.

Tale motivo è dunque infondato.

Il secondo motivo riproposto riguarda la violazione e la falsa ed errata applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 380/01, dell’art. 34 delle N.T.A. del Piano delle Regole del PGT di Ponte di Legno, in quanto la demolizione e ricostruzione sarebbe stata possibile solo senza modifica della sagoma, trattandosi di zona vincolata.

In effetti, ai sensi dell’art. 3 comma 1 lettera d) del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, nel testo vigente al momento del rilascio del titolo in sanatoria, sono qualificati come “ interventi di ristrutturazione edilizia ”, “ gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente ”.

Nel caso di specie, l’immobile era collocato in area sottoposta a vincolo, ma non poteva essere configurata una modifica della sagoma, rilevante sotto il profilo edilizio, in quanto la sopraelevazione - da cui derivava la modifica della sagoma - è stata realizzata per il maggiore spessore delle solette dei solai in funzione dell’efficientamento energetico, per cui l’art. 14 comma 6 del d.lgs. 102 del 2014 escludeva espressamente tali interventi dal computo dei volumi, delle altezze, delle superfici e nei rapporti di copertura.

Non sussisteva quindi alcuna sopraelevazione rilevante ai fini della ristrutturazione edilizia.

Tale circostanza ha comportato la deroga anche all’art. 34 del Piano delle regole del PGT di Ponte di Legno, il quale prevede che gli interventi di ristrutturazione (comportanti totale demolizione e ricostruzione) debbano essere attuati senza alcuna modifica dei perimetri planimetrici e dei profili altimetrici degli edifici.

Anche il secondo motivo di ricorso, riproposto in appello, deve dunque ritenersi infondato.

Analoghe argomentazione conducono a ritenere l’infondatezza, altresì, della dedotta violazione dell’art. 16.7 delle NTA del Piano delle regole, per cui sarebbe ammessa l’edificazione in aderenza ad altro fabbricato rispettandone gli allineamenti e l’altezza;
in caso contrario l’edificazione a distanza inferiore a quella prevista dallo strumento regolatore sarebbe ammessa, ma solo nel caso di formale accordo (quinto motivo del ricorso di primo grado).

In primo luogo, lo stesso art. 16.5 delle NTA fa salve le deroghe previste dalla normativa sul risparmio energetico.

Peraltro, tale disposizione non era, comunque, applicabile al caso di specie in quanto non si tratta di un intervento di nuova costruzione, ma di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione, a cui non sono applicabili i limiti delle distanze.

Non è, infatti, neppure applicabile, non potendo configurarsi un aumento di volume o di altezza rilevante, l’orientamento giurisprudenziale per cui rientrano nella nozione di nuova costruzione, per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l'edificazione di un manufatto su un'area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell'entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente (cfr. Cass. civ. II 30 giugno 2017 n. 16268;
id. Sez. II, 11 giugno 2018, n. 15041).

Inoltre, nel caso di specie, dalla verificazione è risultato che “ l’edificio è ricostruito in aderenza nella posizione preesistente e nella parte di copertura e al colmo. Gli edifici non erano allineati in origine in quanto l’edificio ricostruito era già più alto, e non sono allineati adesso che l’edificio risulta innalzato rispetto all’edificio originario”.

Ne deriva che, comunque, non poteva essere applicata la norma relativa alle (nuove) costruzioni in aderenza, se l’aderenza era preesistente.

In conclusione l’appello è fondato e deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, respinte le censure assorbite, non esaminate e riproposte in appello, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

In considerazione della complessità della controversia sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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