Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-09-09, n. 202106240

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-09-09, n. 202106240
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106240
Data del deposito : 9 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/09/2021

N. 06240/2021REG.PROV.COLL.

N. 01078/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1078 del 2020, proposto da
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Soc. -OMISSIS- A R.L. e Soc. -OMISSIS- A R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati L F, N L e G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) n. -OMISSIS-/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti il ricorso in appello incidentale proposto dalla Soc. -OMISSIS- A R.L. e dalla Soc. -OMISSIS- A R.L e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Paolo Pittori, in sostituzione dell'Avv. E S, e L F in collegamento da remoto, ai sensi dell'art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso l'utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con protocollo di intesa del 14.6.2011 il Presidente della Regione Lazio (previa approvazione del relativo schema con delibera della giunta regionale n. 123 dell’8.4.2011) e il Sindaco di -OMISSIS- (con presa d’atto del consiglio comunale con delibera n. 35 del 3.8.11) si sono impegnati a dare corso alle attività istituzionali, per quanto di loro competenza, al fine di provvedere a ridefinire ed attuare la pianificazione urbanistica comunale attraverso l’adozione e/o approvazione di piani e programmi necessari al perseguimento di un corretto ed equilibrato sviluppo del territorio.

2. Con deliberazione n. 36 del 3 agosto 2011 il Consiglio Comunale del Comune di -OMISSIS- ha approvato il “ master plan - Indirizzo della pianificazione urbana del comprensorio del -OMISSIS- ”, al fine di indirizzare lo sviluppo dell'area del comprensorio del -OMISSIS-.

3. Con deliberazione 21 dicembre 2012, n. 614 la Giunta della Regione Lazio ha approvato il Programma Integrato di Intervento, in variante al P.R.G., per la riqualificazione urbanistica del Comprensorio in località -OMISSIS-, adottato dall'Amministrazione Comunale di -OMISSIS- (Rm) con deliberazione di Consiglio Comunale n. 39 del 03.08.2011.

4. Le odierne società appellate, proprietarie di terreni siti nel Comune di -OMISSIS-, hanno sottoscritto in data 17.6.2013 una convenzione con il Comune di -OMISSIS- relativa al programma integrato di intervento “-OMISSIS-” comprensorio -OMISSIS- in località -OMISSIS-.

5. Con atto pubblico del 10.1.2014 le Società proprietarie hanno ceduto all’Amministrazione le aree previste in Convenzione.

L’Amministrazione comunale ha rilasciato, quindi, il permesso di costruire n. 16 del 22 aprile 2014 per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e il permesso di costruire n. 17 del 22 aprile 2014 per l’edificazione delle palazzine denominate 1, 2, 3 e 4.

Con successivo permesso di costruire n. 25 del 9 giugno 2015 il Comune ha autorizzato l’edificazione delle palazzine denominate 9, 10, 11 e 12.

6. Con nota. n. 27938 del 9.06.2015, il Dirigente dell’Area Pianificazione Urbana del Comune di -OMISSIS-, dato atto che la Regione Lazio aveva approvato alcuni Programmi Integrati di intervento in variante al P.R.G. al fine di riqualificare urbanisticamente le aree in località -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, nonché ravvisando che a seguito della stipula delle convenzioni dei predetti Programmi Integrati risultava necessario redigere i progetti preliminari delle opere previste nell’ambito del mater plan approvato dal Comune con delibera n. 36 del 2001, ha chiesto alle società interessate, ivi comprese le odierne appellate, la predisposizione dei progetti preliminari delle opere pubbliche prioritarie da eseguire in tutto il comprensorio del -OMISSIS- in ottemperanza al protocollo d’intesa stipulano tra la Regione Lazio ed il Comune di -OMISSIS-.

Il successivo 10.6.2015 con nota n. 28218 l’Amministrazione comunale ha convocato una riunione per definire il cronoprogramma delle suddette opere.

7. Con note del 30.11.2016 e del 23.12.2016, il Consorzio -OMISSIS-, costituito tra le società proprietarie delle aree interessate dal relativo programma di intervento, ha sottoposto al Comune taluni elaborati progettuali, redatti tenendo conto, altresì, delle indicazioni espresse dall’Amministrazione con nota prot. n. 27938 del 9.06.2015.

8. Con D.I.A. n. 32367 del 29.6.2016 le odierne appellate (appellanti incidentali) hanno presentato una variante in corso d’opera al permesso di costruire n. 17/04 – dichiarata come non incidente sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificante la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterante la sagoma dell’edificio e non violativa delle eventuali prescrizioni contenute – per apportare: a) la modifica del piano interrato con arretramento del muro controterra a seguito di prescrizione della soprintendenza archeologica;
b) modifiche interne con riduzione del numero delle unità immobiliari (da n. 12 a n. 9) e delle soffitte (da n. 4 e n. 3);
c) leggere modifiche dei prospetti.

9. Con provvedimento comunicato a mezzo pec in data 12 luglio 2017 l’Amministrazione comunale ha ordinato la sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 12 della convenzione urbanistica, riscontrando il mancato rispetto degli obblighi convenzionali di cui agli artt. 9 e 10 della convenzione citata, nonché la realizzazione delle opere in difformità rispetto alle norme urbanistiche regolate dalle NTA, riferite al P.I.I. e al vigente PRG, oltre che al regolamento edilizio comunale.

8. Le odierne società appellante (appellanti incidentali) hanno impugnato dinnanzi al Tar Lazio, Roma, con ricorso iscritto al n.r.g. 7618/2017, il provvedimento di sospensione dei lavori e i verbali di sopralluogo del 22.2.2017 e del 14.6.2017, richiamati nell’ordinanza di sospensione.

9. In pendenza del giudizio di prime cure con nota del 14.12.2017 l’Amministrazione comunale ha comunicato alle odierne appellate (appellanti incidentali) il preavviso di sospensione lavori ai sensi dell’art. 12 Conv., con termine di 15 gg. per il deposito di osservazioni..

10. Con altra nota del 14.12.2017 l’Amministrazione comunale ha comunicato l’avvio del procedimento relativo sia all’annullamento in autotutela dell’efficacia della D.I.A. n. 32367 del 29.6.2016 e dei permessi di costruire nn. 17/14 e 25/15, sia alla sospensione del programma integrato di intervento n. 36685/11 e alla sua eventuale dichiarazione di inefficacia, inattuabilità e/o decadenza.

11. Con provvedimento n. 5581 del 26.1.2018 il Comune, da un lato, ha annullato in autotutela l’efficacia della DIA in variante in corso d’opera al p. di c. n. 17/2014, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 120 gg.;
dall’altro, ha accertato e dichiarato che il P.I.I “-OMISSIS-” (e la relativa Convenzione) doveva considerarsi variato in senso sostanziale e pertanto doveva ritenersi “inattuabile, inefficace e decaduto”.

12. Le odierne appellanti incidentali:

- hanno presentato una SCIA per ripristino sia dell’accesso condominiale ai locali soffitta, in luogo dell’esistente collegamento interno dalle unità immobiliari poste al piano secondo (già assentito con il p. di c n. 17/14), sia del numero di unità immobiliari e soffitte già indicate nel P.I;

- con motivi aggiunti nell’ambito del giudizio n.r.g. 7618/17, hanno impugnato il provvedimento prot. n. 5581/2018 del 26.1.2018.

Le ricorrenti hanno chiesto anche il risarcimento dei danni subiti per effetto della condotta illegittima ascritta all’Amministrazione comunale.

13. Con ordinanza n. 1514/2018 il Tar ha chiesto documentati chiarimenti al Comune resistente in merito all’effettivo ripristino della conformità degli interventi al Programma Integrato, tramite la SCIA del 7.3.2018, nonché agli accertamenti effettuati dall’ufficio comunale in ordine alla conformità di quanto realizzato.

14. Il Comune con provvedimento. n. 20094/2018 del 10.04.2018 ha confermato il provvedimento prot. n. 5581/2018, di annullamento in autotutela dell’efficacia della DIA in Variante al p. di c. n. 17/2014.

15. Le ricorrenti hanno proposto un secondo ricorso per motivi aggiunti nell’ambito del n.r.g. 7618/17, contestando il provvedimento n. 20094/18 cit.

16. Con delibera n. 2 del 28.2.2018 il Consiglio comunale di -OMISSIS-:

- ha disposto la sospensione, in via cautelare, dell’efficacia del Protocollo d’Intesa sottoscritto dalla Regione Lazio e dal Comune di -OMISSIS- cit., per la completa inattuazione delle sue previsioni relative alle opere infrastrutturali e di servizio previste come condizioni essenziali e contemporanee per la trasformazione edilizia e la sostenibilità urbanistica degli interventi previsti nei PRINT -OMISSIS- – -OMISSIS- – -OMISSIS-, nonché

- ha invitato la Regione Lazio e i soggetti privati proponenti i PRINT a farsi parte diligente nel dare attuazione al punto 4 del Protocollo d’Intesa, confermando la propria piena disponibilità a partecipare ai relativi procedimenti e negoziazioni e a dar corso, per quanto di propria competenza, alle attività istituzionali e amministrative necessarie per la loro approvazione;

- ha significato alla Regione Lazio e a tutti i proponenti privati che, perdurando l’inattuazione del punto 4 del Protocollo d’Intesa, il medesimo Protocollo avrebbe dovuto ritenersi inattuato in una sua parte espressamente ritenuta nell’accordo “indispensabile” e comunque essenziale per lo sviluppo sostenibile del territorio, con conseguente sua possibile risoluzione di diritto;

- ha delegato il Sindaco a prendere immediati contatti con il Presidente della Regione Lazio per sollecitare la Regione ad avviare ogni iniziativa necessaria a dare attuazione agli accordi sottoscritti;

- ha deciso di avviare ex art. 7 comma 1, l.n.241/90 il procedimento di sospensione dei Programmi Integrati d’Intervento approvati sulla base del Protocollo di Intesa.

17. Con distinto ricorso dinnanzi al Tar Lazio, iscritto al n.r.g. 6412/18, le odierne appellate (appellanti incidentali) hanno impugnato la delibera n. 2/18, oltre che la nota n. 21885 del 19.4.2018, trasmessa a mezzo pec in pari data, con la quale il Dirigente Area V – Pianificazione Urbana del Comune di -OMISSIS- aveva comunicato ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990, l’avvio del procedimento di sospensione dell’efficacia del Programma Integrato di Intervento c.d. “-OMISSIS-”.

18. Con delibera n. 23 del 10.8.2018 il Consiglio Comunale di -OMISSIS- ha sospeso l’efficacia del PRINT per cui è causa.

Il Consiglio comunale ha, altresì, dato mandato al Sindaco e agli uffici di verificare le condizioni per l’avvio del procedimento di risoluzione del Protocollo di Intesa e dei conseguenti procedimenti di autotutela – annullamento e/o revoca – ovvero di recesso dai Programmi integrati.

19. Anche la delibera n. 23 del 2018 è stata impugnata dalle ricorrenti in primo grado con motivi aggiunti proposti nell’ambito del giudizio n.r.g. 6412/18.

Le ricorrenti hanno, altresì, chiesto il risarcimento dei danni sia per il rallentamento e la mancata operatività dei cantieri in corso (con conseguenti maggiori oneri per le Società), sia per le perdite economiche connesse alla mancata vendita degli immobili o alla risoluzione dei contratti già sottoscritti, sia per i dubbi, timori e sospetti ingenerati da tali provvedimenti nel sistema bancario, con conseguente difficoltà nel rinnovo degli affidamenti;
tutti danni da configurarsi anche in caso di esercizio del potere di autotutela, riscontrandosi la lesione dell’affidamento suscettibile di ristoro economico.

20. L’Amministrazione comunale si è costituita in entrambi i giudizi, resistendo ai ricorsi e ai relativi motivi aggiunti.

21. Il Tar, riuniti i giudizi, ha parzialmente accolto i motivi di censura svolti dalle ricorrenti, rigettando le domande risarcitorie.

In particolare, a giudizio del Tar:

- risultavano improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse le censure riferite al corretto adempimento degli obblighi convenzionali, avendo il Comune concordato sulla richiesta dei ricorrenti di cessazione della materia del contendere per quanto concerneva il mancato rispetto degli obblighi convenzionali e la mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione;

- l’interesse alla decisione, in relazione al primo ricorso, doveva riscontrarsi in relazione agli atti con cui l’amministrazione aveva annullato l’efficacia della DIA in variante al permesso di costruire n. 17/14 e aveva dichiarato che, per effetto delle variazioni essenziali il Programma Integrato d’Intervento, doveva ritenersi inattuabile, inefficace e decaduto;

- risultavano fondate le censure con cui si contestava che l’atto dirigenziale - attraverso il quale il PRINT e la Convenzione erano stati dichiarati “inattuabili, inefficaci e decaduti” - risultava inficiato sia dal vizio di incompetenza, dovendo ogni atto di secondo grado seguire il medesimo iter procedimentale e le stesse forme giuridiche dell’atto annullato o revocato (nella specie adottato dal Consiglio comunale e approvato dalla Giunta regionale ai sensi degli artt. 4 della legge regionale n.22/97 e 5 della legge regionale n. 36/87);
sia dalla violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/90, per decorrenza del termine di esercizio del potere di autotutela;
sia perché eventuali variazioni essenziali ex art. 22 DPR n. 380/01 avrebbero giustificato l’esercizio di poteri repressivi, ma non quello atipico posto in essere dall’organo dirigenziale;

- risultavano fondate le censure con cui si contestava che il Comune non poteva unilateralmente sospendere l’accordo concluso con la Regione Lazio, in quanto, ai fini di una qualche sospensione, sia pure atipica, dei suoi effetti sarebbe stato necessario pervenire ad un accordo tra le parti giacché, trattandosi di un patto volto alla cura di interessi pubblici il cui perseguimento è posto in capo ad entrambe, doveva ritenersi che la valutazione del venire meno dell’adeguatezza dello strumento sottoscritto per perseguire quegli interessi pubblici dovesse trovare un momento di confronto e di espressione di volontà comune di entrambe le parti sottoscrittrici;

- doveva essere smentita la valenza di atto di pianificazione urbanistica del Protocollo d’Intesa sia in astratto (non rientrando questo tipo di accordo tra gli atti a cui la Legge Urbanistica n. 1150/1942 e le successive disposizioni che hanno regolato la materia riconnettono in astratto tale funzione) sia in concreto, atteso che dalla sua lettura si evinceva che esso si collocava a monte rispetto agli strumenti di pianificazione urbanistica e attraverso lo stesso la Regione Lazio e il Comune di -OMISSIS- avevano inteso darsi linee di indirizzo comuni per il futuro assetto del territorio e delle opere di urbanizzazione da realizzare;

- il recesso atipico risultava anche immotivato, non venendo imputato alla Regione Lazio alcun inadempimento;

- risultava illegittima anche la sospensione del Print, soggiacendo tale decisione alla stessa procedura già seguita nell’ambito del suo iter di approvazione, per il principio del “ contrarius actus ”;

- risultava venuto meno l’interesse alla trattazione della censura riferita all’insussistenza di inadempimenti ascrivibili in capo alle ricorrenti, giacché il Print “-OMISSIS-”, nelle more della trattazione dei ricorsi, appariva essere giunto in una fase di avanzata realizzazione sia per quanto atteneva alle opere pubbliche (83%) sia per quanto riguardava gli interventi privati;

- non risultavano indicate le ragioni di pubblico interesse sottese alla sospensione del Protocollo di intesa e al preavviso di sospensione del Print, non avendo l’Amministrazione motivato sulle conseguenze derivanti dalla sospensione a carico della comunità comunale;

- risultavano infondate le domande risarcitorie, in quanto genericamente formulate, non essendo indicate in modo specifico voci di danno e gli elementi dimostrativi delle stesse, nonché, comunque, essendo stata sospesa dal Consiglio di Stato, Sezione VI, nelle more del giudizio, l’efficacia dei provvedimenti di annullamento in autotutela dell’efficacia della DIA in variante al permesso di costruire n. 17/2014, il che aveva permesso di evitare il verificarsi di danni tali da dovere essere economicamente ristorati.

22. L’Amministrazione comunale ha appellato in via principale la sentenza di prime cure, sostenendo la sussistenza:

- del potere dirigenziale di annullare d’ufficio la DIA in variante in corso d’opera al p. di c. n. 17/2014, di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi e di dichiarare l’inattuabilità, l’inefficacia e la decadenza del PRINT;

- del potere consiliare di sospendere l’efficacia del protocollo di Intesa e del Print;

- dei concreti presupposti giustificanti l’adozione delle determinazioni annullate dal primo giudice.

Le ricorrenti in primo grado si sono costituite in giudizio, controdeducendo rispetto ai motivi di appello e appellando in via incidentale la sentenza di prime cure, nella parte in cui:

- ha dichiarato improcedibili le doglianze concernenti l’adempimento degli obblighi convenzionali, aventi ad oggetto le opere infrastrutturali previste nel protocollo di intesa concluso tra la Regione Lazio e il Comune di -OMISSIS-;

- ha rigettato le domande risarcitorie.

23. Le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni mediante il deposito di memorie difensive.

24. La Sezione con sentenza non definitiva n. 7372 del 24 novembre 2020:

- ha rigettato il quarto, il quinto e il sesto motivo di appello principale e, per l’effetto, ha confermato in parte qua la sentenza impugnata;
ha accolto il primo motivo di appello incidentale e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto il secondo motivo e il sesto motivo aggiunto proposti nell’ambito del giudizio di primo grado n. r.g. n. 6412/2018;

- ha disposto apposita verificazione, incaricando del relativo incombente istruttorio il Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale dell’Università degli Studi di Roma, La Sapienza, con facoltà di delega ad un Professore di ruolo nell’ambito del medesimo Dipartimento in possesso di specifiche competenze per il tipo di attività da svolgere.

In particolare, la Sezione ha chiesto al verificatore di rispondere ai seguenti quesiti:

“1 ) dica il verificatore se, previo esame della documentazione acquisita agli atti di causa, dello stato dei luoghi e di ogni altro elemento rilevante, ivi inclusa la documentazione sussistente agli atti del Comune di -OMISSIS- e delle pubbliche amministrazioni interessate, le S.C.I.A. protocollo comunale n. 13736 del 7.3.2018 e n. 13750 del 7.3.2018 - per variante in corso d’opera ai permessi di costruire n. 17 del 22 aprile 2014 e n. 25 del 9 giugno 2015 relativi alle palazzine 1-2-3-4 e 9-10-11-12 - siano conformi rispetto a quanto assentito con il programma integrato di intervento approvato con deliberazione regionale del 21 dicembre 2012, n. 614 (“PRINT -OMISSIS-”) e, per l’effetto, abbiano consentito di ripristinare gli interventi eseguiti rispetto a quanto assentito con il medesimo programma integrato di intervento;

2) in caso di risposta negativa al primo quesito sub 1), descriva il verificatore le difformità rilevate, specificando se siffatte difformità siano idonee ad influire sul numero dei piani e/o sulle cubature assentite con il citato programma integrato di intervento” .

Ai fini dell’espletamento dell’incarico istruttorio è stata chiesta la redazione di una relazione, corredata, altresì, da opportuni elaborati grafici e da riproduzioni fotografiche, con cui provvedere, altresì:

- a verificare se nelle sezioni presenti nelle SCIA n. 13736 del 7.3.2018 e n. 13750 del 7.3.2018 l’altezza utile rappresentata in sezione, quotata in misura pari a 2,20 ml in relazione ai locali per cui è causa, situati all’ultimo piano delle palazzine de quibus e indicati come soffitte, costituisse effettivamente un rispristino dell’altezza utile prevista nei grafici allegati al citato programma integrato di intervento;

- in caso di riscontro negativo a quanto indicato nel precedente alinea, a verificare, alla stregua della normativa di riferimento, se i locali per cui è causa, situati all’ultimo piano delle palazzine de quibus e indicati come soffitte, fossero irrilevanti ai fini del calcolo della cubatura autorizzata ovvero generassero una cubatura superiore a quella assentita con il citato programma integrato di intervento e, in tale ipotesi, in quale misura;
a tali fini, il verificatore avrebbe dovuto avere riguardo all’altezza utile rappresentata nelle sezioni presenti nelle SCIA n. 13736 del 7.3.2018 e n. 13750 del 7.3.2018 e comunque all’altezza misurata all’estradosso della copertura, alla superficie lorda dei locali de quibus , nonché al posizionamento e alle dimensioni delle aperture e delle finestrature sulle relative facciate;

3) allo svolgimento delle ulteriori attività ritenute utili a rispondere ai quesiti supra richiamati.

25. La Sezione, con ordinanza n. 983 del 3 febbraio 2021, ha autorizzato il verificatore ad avvalersi di un ausiliario nello svolgimento delle operazioni istruttorie;
con ordinanza n. 3917 del 21 maggio 2021 ha rinviato all’udienza pubblica la decisione sull’istanza di liquidazione del compenso presentata dal verificatore.

26. Il verificatore ha depositato la relazione istruttoria in data 25 marzo 2021.

27. In vista dell’udienza di discussione le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni mediante il deposito di memorie e repliche, pure prendendo posizione sulle risultanze della verificazione. Il Comune appellante ha anche depositato una consulenza tecnica acquisita in sede penale.

28. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 17 giugno 2021.

DIRITTO

1. L’odierno giudizio di appello ha ad oggetto tre complessivi temi di decisione, concernenti:

- la legittimità dei provvedimenti comunali n. 5581/2018 e n. 20094/2018, riferiti all’annullamento in autotutela dell’efficacia della DIA in Variante al p. di c. n. 17/2014, all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e alla dichiarazione di d’inefficacia, decadenza e inattuazione del PRINT -OMISSIS-;

- la sussistenza del potere comunale di sospendere il protocollo di intesa concluso con la Regione Lazio e (tra l’altro) il PRINT “-OMISSIS-” per cui è causa, nonché la sussistenza dei presupposti giustificanti l’adozione delle relative delibere consiliari, impugnate in prime cure con il ricorso iscritto al n.r.g. 6412 del 2018;

- la sussistenza di danni risarcibili procurati dall’Amministrazione comunale alle odierne imprese appellate (appellanti incidentali).

Il secondo tema di indagine è stato già affrontato e risolto dalla Sezione con la sentenza non definitiva n. 7372 del 2020;
le rimanenti questioni devono essere vagliate nella presente sede, alla stregua delle risultanze istruttorie emergenti dalla verificazione acquisita al giudizio.

In particolare, rimangono da esaminare i primi tre motivi di appello principale e il secondo motivo di appello incidentale.

Seguendo l’ordine logico delle questioni dedotte nei ricorsi in appello, occorre, preliminarmente, statuire sui motivi di impugnazione principale, afferenti alla legittimità della condotta amministrativa, per poi verificare, attraverso l’esame del secondo motivo di appello incidentale, se sussista un illecito civile, ascrivibile in capo all’Amministrazione comunale, fonte di danni risarcibili.

2. Con il primo motivo di appello principale il Comune di -OMISSIS- ha contestato l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento dirigenziale di annullamento dell’efficacia della DIA e di accertamento dello stato di inattuabilità, inefficacia e decadenza del PRINT fosse tardivo, inficiato dal vizio di incompetenza e dalla violazione del principio del contrarius actus .

A giudizio dell’appellante principale:

- l’accertamento in ordine al rispetto dello strumento urbanistico attuativo e, quindi, in ordine alla sussistenza di violazioni edilizie (in relazione alla maggiore altezza delle soffitte, pari a 2,40 mt, rispetto a quanto previsto dal PRINT, che prevedeva un’altezza di 2,20 mt) spettava al dirigente;

- le conseguenze della violazione dello strumento urbanistico si traducevano in una variazione essenziale del PRINT ai sensi dell’art. 6 L. Reg. n. 22/97, sicché, per rispettare la volumetria massima consentita dal PRINT sarebbe stato necessario procedere ad una “rivisitazione” in diminuzione dei progetti edilizi relativi alle palazzine da realizzare, con ridefinizione dei disegni architettonici, del numero dei piani, delle altezze e delle relative volumetrie.

In particolare, il Comune sostiene che nella specie, anche all’esito della SCIA di ripristino eseguita dalle parti private, rimaneva una difformità rispetto al PRINT, data dall’altezza delle soffitte, tenuto conto che lo strato isolante interno applicato dalle società appellate sarebbe stato irrilevante ai fini della misurazione dell’altezza del sottotetto, da rapportare alla distanza esistente tra i soli elementi strutturali dell’edificio.

Nel caso in esame il dirigente comunale non avrebbe dunque agito in autotutela sul PRINT, limitandosi ad anticipare il diniego di rilascio di ulteriori permessi di costruire per l’edificazione residua, a piano attuativo invariato o a ripristini ineseguiti, esercitando una propria competenza ex art. 13 DPR n. 380/01.

In ogni caso, anche ad ammettere un’incompetenza dell’organo dirigenziale, atteso il carattere vincolato dell’accertamento compiuto, neanche il Consiglio comunale avrebbe potuto statuire diversamente, con conseguente integrazione della fattispecie di non annullabilità di cui all’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/90.

3. Con il secondo motivo di appello principale il Comune di -OMISSIS- ha contestato l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento dirigenziale di annullamento dell’efficacia della DIA e di accertamento dello stato di inattuabilità del PRINT avesse violato il disposto dell’art. 21 nonies L. n. 241/90, per tardività dell’intervento in autotutela.

Difatti, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, D. Lgs. n. 222/16 il termine per l’esercizio del potere di autotutela decorrerebbe dalla data di scadenza del termine previsto dalla legge per l'esercizio del potere ordinario di verifica da parte dell'amministrazione competente, nella specie scaduto il 29.7.2017, l’annullamento d’ufficio disposto in data 26.1.2018 avrebbe dovuto ritenersi tempestivo.

Con il medesimo motivo il Comune insiste nel ritenere che il dirigente con l’atto gravato in prime cure si fosse limitato ad informare che – viste le violazioni perpetrate, da qualificarsi come variazioni essenziali al PRINT – per il rilascio di ulteriori permessi sarebbe stata necessaria una modifica del piano attuativo, in relazione ad una violazione urbanistica permanente, per la quale non sarebbe stato rilevante il decorso del tempo.

4. Con il terzo motivo di appello principale il Comune deduce che il provvedimento dirigenziale per cui è causa non avrebbe prodotto effetti su quanto realizzato, anticipando il contenuto vincolato dei futuri provvedimenti sulle eventuali ulteriori richieste di nuovi titoli edilizi, cui ostava la variazione essenziale del PRINT, esercitando un potere traente fondamento nell’art. 13 DPR n. 380/01 e nell’art. 12 Convenzione conclusa con le società appellate.

5. I primi tre motivi di appello possono essere trattati congiuntamente, in quanto oggettivamente connessi, riferendosi alla legittimità della determinazione n. 5581 del 26.1.2018 (confermata con determinazione n. 20094/2018 del 10.04.2018), con cui il Comune di -OMISSIS-, da un lato, ha disposto l’annullamento in autotutela dell’efficacia DIA del 2016 cit. presentata dalle odierne appellate e il conseguente ripristino dello stato autorizzato anteriore alla DIA del 2016 cit., dall’altro, ha dato atto dell’inattuabilità, dell’inefficacia e dell’intervenuta decadenza del PRINT.

Al riguardo, si osserva che le note nn. 20094/2018 e 5581/2018 incorporano, ciascuna, due atti aventi natura giuridica distinta, attraverso cui il medesimo organo dirigenziale ha inteso:

- sia esercitare il potere di controllo, secondo le forme e i presupposti di cui all’art. 21 nonies L. n. 241/90, su una DIA previamente presentata dalla parte privata, spendendo una pubblica potestà attribuita in via generale dall’art. 19 L. n. 241/90;

- sia dichiarare lo stato di inattuabilità e, comunque, la decadenza e l’inefficacia del PRINT in ragione di una sua asserita variazione essenziale.

Facendosi questione di plurimi provvedimenti incorporati nel medesimo documento, al fine di vagliare la legittimità delle determinazioni amministrative così assunte, deve esaminarsi separatamente la sussistenza dei presupposti (soggettivi e oggettivi) del provvedere, come delineati dal regime giuridico riferibile a ciascuno degli atti posti in essere dall’Amministrazione comunale.

6. È possibile iniziare la disamina dall’annullamento d’ufficio degli effetti giuridici della DIA in variante e dal conseguente ordine ripristinatorio (configuranti le misure inibitorie, di divieto di prosecuzione dell’attività denunciata e di rimozione degli effetti prodotti, previste dagli artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90).

Al riguardo, in primo luogo, deve ravvisarsi la tempestività dell’intervento amministrativo, non potendosi ritenere nella specie decorso il termine di diciotto mesi previsto dal combinato disposto degli artt. 19, comma 4, L. n. 241/90 e 21 nonies L. n. 241/90.

La denuncia di inizio di attività (così come la segnalazione certificata di inizio attività) costituisce uno strumento di liberalizzazione delle attività private non più sottoposte ad un controllo amministrativo di tipo preventivo, ma avviabili sulla base di una mera segnalazione da sottoporre al successivo controllo amministrativo.

Nella perimetrazione del potere di controllo esercitabile dall’Amministrazione procedente, il legislatore (art. 19 L. n. 241/90) ha distinto due periodi temporali, entro i quali è possibile inibire l’attività intrapresa dal privato in caso di accertata carenza dei relativi requisiti e presupposti abilitativi.

Con particolare riguardo alla materia edilizia, il termine per l’esercizio del potere inibitorio è fissato in trenta giorni dal ricevimento della segnalazione (art. 19, comma 6 bis, L. n. 241/90);
oltre tale termine i medesimi provvedimenti (di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti dannosi eventualmente prodotti) possono essere assunti soltanto in presenza delle ulteriori condizioni previste dall'articolo 21-nonies, L. n. 241 del 1990, tra le quali acquista particolare rilevanza, ai fini dell’odierno giudizio, il termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto dodici mesi (secondo la formulazione r atione temporis applicabile alla specie) “ dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici ”.

Pure applicando il termine di diciotto mesi alle denunce funzionali all’avvio di un’attività fonte di vantaggi economici per la parte privata -in tale modo valorizzando l’esigenza di forme rafforzate di tutela del legittimo affidamento ingenerato nel segnalante per effetto della prosecuzione dell’attività in assenza di interventi inibitori dell’Amministrazione procedente-, non potrebbe comunque individuarsi il dies a quo del relativo termine nella data di ricezione della segnalazione (o della denuncia) presso gli uffici amministrativi.

Difatti:

- da un lato, la decorrenza del termine de quo è fissata dall’art. 21 nonies L. n. 241/90 avendo riguardo alla data di adozione del provvedimento di primo grado;
fattispecie, tuttavia, non configurabile in presenza di una DIA (o SCIA), non costituente una determinazione provvedimentale suscettibile di riesame in sede amministrativa, bensì un atto privato funzionale all’avvio di un’attività giuridicamente rilevante;

- dall’altro, a fronte di una DIA (o SCIA), l’Amministrazione è tenuta all’osservanza delle condizioni di cui all’art. 21 nonies L. n. 241/90 soltanto a partire dalla scadenza del trentesimo giorno (in materia edilizia) dalla ricezione della segnalazione;
risultando per il periodo antecedente inapplicabili i limiti propri dell’autotutela decisoria.

Per l’effetto, deve ritenersi che il termine di diciotto mesi previsto dall’art. 21 nonies L. n. 241/90, qualora si faccia questione (anziché di intervento di autotutela su un provvedimento di primo grado assunto dall’organo amministrativo procedente) di una segnalazione privata, può iniziare a decorrere soltanto dal momento in cui le “ condizioni previste dall'articolo 21-nonies ” siano effettivamente applicabili;
il che si verifica soltanto alla scadenza del trentesimo giorno dal ricevimento della denuncia (o segnalazione).

Anteriormente a tale arco temporale, non operando i limiti previsti dall’art. 21 nonies L. n. 241/90, non potrebbe farsi decorrere un termine (di diciotto mesi) ancora inapplicabile.

Una tale interpretazione, che ancora la decorrenza dei limiti temporali ex art. 21 nonies L. n. 241/90 alla scadenza del trentesimo giorno a far data dalla ricezione della denuncia (o segnalazione), ha trovato conferma in sede normativa, avendo il legislatore previsto che “ Nei casi del regime amministrativo della Scia, il termine di diciotto mesi di cui all'articolo 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, decorre dalla data di scadenza del termine previsto dalla legge per l'esercizio del potere ordinario di verifica da parte dell'amministrazione competente ” (art. 2, comma 4, D. Lgs. n. 222/16).

La circostanza per cui la disposizione in parola sia recata in un atto normativo sopravvenuto rispetto alla presentazione della DIA per cui è causa, non risulta dirimente, tenuto conto che l’art. 2, comma 4, D. Lgs. n. 222/16. assume una funzione interpretativa del disposto di cui all’art. 19, commi 4 e 6 bis, L. n. 241/90, accogliendo un significato precettivo, come osservato, già ritraibile dal previgente quadro normativo (espresso dalla stessa L. n. 241/90).

Alla stregua delle considerazioni svolte, il provvedimento in contestazione, tradottosi nell’inibizione dell’attività privata oggetto della DIA n. 32367 del 29.6.2016, deve ritenersi tempestivo.

Difatti, essendo stata ricevuta la DIA presso gli uffici amministrativi in data 29.6.2016 e, pertanto, decorrendo il termine di diciotto mesi in esame dal 29.7.2017 (costituente il trentesimo giorno successivo alla ricezione della DIA), l’Amministrazione avrebbe potuto esercitare il potere di verifica ex artt. 19, comma 4, L. n. 241/90 e 21 nonies L. n. 241/90 entro il 29.1.2018.

Il provvedimento per cui è causa è stato assunto in data 26.1.2018 (n. 5581) e, dunque, risulta tempestivo, in quanto adottato entro diciotto mesi dalla scadenza del termine previso per l’esercizio del potere ordinario di verifica (trenta giorni dalla ricezione della denuncia di inizio attività).

La fondatezza della censura riferita alla tempestività dell’intervento amministrativo non risulta, tuttavia, di per sé idonea a determinare l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, la riforma della sentenza gravata.

In ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’appello, la contraddittorietà o l’erroneità della motivazione giudiziale non determinano infatti l’annullamento con rinvio della sentenza gravata (non ricorrendo alcuna delle fattispecie di rimessione al primo giudice ex art. 105 c.p.a.), né comportano la riforma della pronuncia di prime cure, ammissibile soltanto ove si giunga ad un diverso esito della controversia.

Pure di fronte ad una motivazione contraddittoria o erronea, occorre verificare in sede di appello se il contenuto dispositivo della decisione assunta dal Tar – nella specie di accoglimento parziale del ricorso – sia comunque corretto.

7. Asseverata la tempestività del provvedimento n. 5581 del 26 gennaio 2018, occorre, dunque, verificare la sussistenza dei presupposti alla base della determinazione comunale, pure oggetto delle censure svolte dall’Amministrazione appellante (in specie, con il primo motivo di appello, diretto a contestare la perdurante emersione di una variazione essenziale del PRINT, derivante dal mancato rispristino dell’altezza dei locali soffitta, con conseguente asserita emersione di una variazione del numero dei piani e di un incremento della volumetria rispetto a quanto autorizzato).

7.1 Al riguardo, occorre evidenziare che, all’esito di un ordine istruttorio impartito dal Tar in prime cure e tenuto conto di un sopravvenuto mutamento dello stato dei luoghi - determinato da una condotta spontaneamente tenuta dalle parti private sul piano sostanziale -, le originarie contestazioni sollevate dall’Amministrazione comunale sono state parzialmente confermate con il successivo provvedimento n. 20094/2018 del 10.04.2018.

In particolare, alla stregua di quanto osservato nella disamina dei fatti di causa, le odierne appellate hanno presentato una SCIA per il ripristino sia dell’accesso condominiale ai locali soffitta, sia del numero di unità immobiliari e soffitte già indicate nel P.I.

Il Tar con Ordinanza n. 1514/2018 il Tar ha disposto un’istruttoria in merito all’effettivo ripristino della conformità degli interventi al Programma Integrato, tramite la SCIA del 7.3.2018, nonché agli accertamenti effettuati dall’ufficio comunale in ordine alla conformità di quanto realizzato.

Il Comune con provvedimento. n. 20094/2018 del 10.04.2018 ha confermato il provvedimento prot. n. 5581/2018.

7.2 Al fine di valutare il perimetro oggettivo delle residue contestazioni amministrative, occorre, dunque, avere riguardo al provvedimento di conferma.

In particolare, si è in presenza di un atto di conferma in senso proprio, tipicamente funzionale alla manifestazione di una rinnovata volontà dispositiva dell’Amministrazione procedente, attuativo di un assetto di interesse sostitutivo rispetto a quello divisato nel provvedimento confermato, idoneo, dunque, ad assurgere a nuova fonte di regolazione del rapporto sostanziale.

Come precisato da questo Consiglio, “ la conferma "è emessa dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta, e in particolare dopo una nuova istruttoria;
diversamente, l'atto meramente confermativo non fa che ripetere la precedente volontà dell'Amministrazione, che come tale non viene toccata. Di conseguenza, solo nel caso del provvedimento di conferma in senso proprio vi è un procedimento;
e, all'esito di questo, un nuovo provvedimento, sia pure di contenuto identico al precedente, che si sostituisce ad esso (C.d.S., Sez. II, 12 giugno 2020, n. 3746;
cfr. Sez. V, 17 aprile 2020, m. 2447 e 11 ottobre 2019, n. 6916;
Sez. IV, 23 marzo 2020, n. 2035;
Sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7230;
Sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6984)
” (Consiglio di Stato, Sez. III, 18 novembre 2020, n. 7172).

Nel caso di specie, il Comune ha confermato il provvedimento n. 5581 del 26.1.2018, “ per le suesposte ragioni e nei limiti come sopra esposti ”.

Il nuovo atto è stato, dunque, assunto all’esito di una nuova istruttoria, culminata con un provvedimento avente una motivazione non coincidente con quella sottesa alla pregressa determinazione;
con conseguente integrazione degli estremi dell’atto di conferma in senso proprio, avendo il Comune riconsiderato la fattispecie concreta assumendo un nuovo provvedimento amministrativo.

7.3 Né potrebbe diversamente argomentarsi valorizzando la necessità per il Comune di ottemperare all’ordinanza n. 1514/2018 emessa dal Tar procedente.

Se è vero che condotte amministrative meramente attuative di un ordine giudiziale non possono manifestare una nuova una regula iuris del rapporto amministrativo tendenzialmente stabile, occorrendo a tali fini che la parte pubblica provveda autonomamente e indipendentemente dalla doverosa esecuzione del provvedimento giurisdizionale all’uopo emesso, è tuttavia pure vero che nella specie il primo giudice non aveva imposto un riesame della fattispecie, ma soltanto l’acquisizione “ dal Comune di -OMISSIS-- Area Pianificazione urbana [di] documentati chiarimenti circa l’effettivo ripristino, tramite la SCIA presentata dalle società ricorrenti il 7 marzo 2018, della conformità degli interventi al Programma integrato di intervento “La casa nel Parco” e circa gli accertamenti comunque effettuati dal detto ufficio comunale relativi alla conformità di quanto realizzato e dei titoli edilizi rilasciati o comunque formati al Programma integrato ”.

Il Comune, dunque, era chiamato a presentare una relazione di chiarimenti, non essendo vincolato al riesame della precedente determinazione.

Nella specie, invece, l’Amministrazione ha ritenuto di agire in autotutela, avendo riguardo al mutato contesto amministrativo (emergente dalla presentazione della SCIA) e decidendo, con un nuovo provvedimento sulla base di una nuova istruttoria e di nuove rationes decidendi , di confermare la pregressa determinazione;
in tale modo agendo spontaneamente e, dunque, adottando un atto di conferma in senso proprio, non imposto da un previo ordine giudiziale.

7.4 Una volta asseverata la tempestività del primo provvedimento n. 5581/2018 (e, dunque, la persistenza in capo al Comune del potere di controllo secondo le condizioni di cui all’art. 21 nonies cit.), rilevava la natura di conferma in senso proprio da riconoscere al provvedimento n. 20094/18, al fine di valutare i presupposti alla base della decisione amministrativa, deve aversi riguardo alla nuova determinazione (di conferma in senso proprio), assunta con atto n. 20094/2018, costituente la fonte regolatrice del rapporto amministrativo.

8. Ciò rilevato, giova porre a confronto le rationes decidendi sottese ai due provvedimenti in esame, per individuare le residue contestazioni amministrative, alla base della conferma censurata in prime cure.

Con il provvedimento n. 5581 del 26.1.2018 il Comune aveva rilevato che:

- con i permessi di costruire n°17 del 2014 e n° 25 del 2015 era stato illegittimamente autorizzato un incremento di cubatura, pari a circa 380 mc per ogni palazzina (otto palazzine per un incremento di cubatura totale pari a circa mc. 3040), aggiuntivi rispetto a quanto previsto nel Programma Integrato di Intervento;
le modifiche introdotte dall'elaborato definito "Nuovi Tipi" prevedevano, in particolare, la realizzazione di soffitte, non più con accesso condominiale come prescritto dal Programma Integrato di Intervento, ma direttamente ed esclusivamente dagli alloggi del piano inferiore con un’altezza netta interna di 2,40 mt ed ampie finestrature e aperture sulle facciate;
con conseguente integrazione di una variante essenziale al Programma Integrato di Intervento ex art. 6 L.R. n. 22/97;

- la DIA n. 32367 del 29.6.2016 aveva variato illegittimamente il numero delle unità immobiliari rispetto a quelle autorizzate dal permesso di costruire, prevedendo per ogni palazzina -in luogo delle 12 unità immobiliari e 4 soffitte originariamente assentite - 9 unità immobiliari totali, con tre zone abitabili all'ultimo piano, erroneamente definite soffitte, con accesso esclusivo da scale interne alle unità sottostanti;
con conseguente integrazione di una variante essenziale al Programma Integrato di Intervento ex art. 6 L.R. n. 22/97;

- stante il decorso del termine di 18 mesi previsto per l’annullamento dei permessi di costruire, residuava il solo potere di annullamento della DIA per variante in corso d’opera, protocollata il 29.6.2016 ed efficace dal 29.7.2016.

Pertanto, il Comune aveva annullato l’efficacia della DIA n. 32367 del 29 giugno 2016, aveva ordinato il ripristino dello stato autorizzato antecedentemente alla DIA annullata, nonché aveva accertato, dichiarato e fatto presente che, sebbene fosse decaduto dal potere di annullamento in relazione ai permessi di costruire, gli stessi avrebbero variato in maniera sostanziale il Programma Integrato di Intervento, ai sensi di quanto disposto dall'art. 6 della Legge Regionale 26/06/1997 n. 22.

Il Comune con provvedimento n. 20094/2018 del 10.04.2018 ha confermato il provvedimento prot. n. 5581/2018, rilevando che, sebbene, all’esito della presentazione della SCIA, il numero delle unità immobiliari risultasse pari a 11 e il numero delle soffitte fosse pari a 6 con accesso da scala condominiale, come previsto nel programma integrato di intervento:

- dall’esame della SCIA per variante in corso d’opera n. 13736 e n. 13750 del 7.3.2018, emergeva che l’altezza ivi rappresentata pari a 2,20 ml non risultava quella utile, ma quella “ relativa all’estradosso del solaio del piano secondo e strato di isolamento termico pari a 23 cm ”, mentre l’altezza utile risultava pari a 2,40 mt secondo quanto previsto dalla deliberazione n. 243 del 2017 della Regione Lazio, recante all’allegato A il quadro delle definizioni uniforme, in cui si specificava alla voce 9 che, per altezza utile, avrebbe dovuto intendersi l’altezza del vano misurata dal piano di calpestio all’intradosso del solaio sovrastante, senza tenere conto degli elementi strutturali emergenti, mentre nei locali aventi soffitti inclinati o curvi, l’altezza utile avrebbe dovuto determinarsi calcolando l’altezza media ponderata;
sicché il posizionamento di un isolamento all'intradosso del solaio non avrebbe potuto incidere sul computo dell'altezza utile;

- ai sensi dell’art. 93 regolamento edilizio comunale, inoltre, le superfici della soffitta eccedenti il 20% del piano sottostante dovevano calcolarsi in cubatura con esclusione, nel caso di copertura dell’edificio in piano, dei soli locali per cabina idrica, stenditoio e lavatoio, a condizione che la superficie lorda non superasse il 20% della superficie lorda dell’ultimo piano abitabile e che l’altezza fosse uguale o inferiore a cm 250,00, misurata dal piano di calpestio del terrazzo di copertura dell’edificio fino all’estradosso della copertura dei locali;
dai calcoli all’uopo svolti emergeva un incremento del volume pari a circa 291 mc per ogni palazzina, con quantificazione di 2.328 mc totali in eccedenza a quanto previsto dal programma integrato di intervento;

- doveva, dunque, confermarsi la pregressa determinazione n. 5581 del 26.1.2018, ribadendosi che modifiche delle cubature e del numero dei piani approvati costituivano una variazione essenziale del Programma Integrato di Intervento ex art. 6 L. Reg. n. 22/97, avendo rilevanza urbanistica e non solo edilizia.

Alla stregua delle considerazioni svolte, emerge che la conferma dell’annullamento dell’efficacia della DIA in variante in corso d’opera al p. di c. n. 17/2014, dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e della dichiarazione di inattuabilità, inefficacia e decadenza del P.I.I “-OMISSIS-” (e della relativa Convenzione) è stata giustificata dal mancato ripristino delle previsioni del PRINT, non essendo state ritenute a tali fini sufficienti le S.C.I.A. per variante in corso d’opera ai permessi di costruire n. 17 del 22 aprile 2014 e n. 25 del 9 giugno 2015 (protocollo comunale n. 13736 del 7.3.2018 e n. 13750 del 7.3.2018).

9. Al fine di accertare la correttezza di un tale presupposto, la Sezione ha disposto apposita verificazione giudiziale, le cui risultanze possono essere valorizzate ai fini dell’odierna decisione, essendo incentrate su puntuali rilevazioni e sulla corretta applicazione del quadro regolatorio tecnico di riferimento.

Il verificatore ha, in particolare, rilevato che:

- all’interno dello spessore individuato nella Tavola 10 - Tipi edilizi specifici del PRINT, pari a 40 cm nel caso dell’ultimo orizzontamento, devono considerarsi compresi indistintamente sia gli elementi strutturali sia gli elementi non strutturali (guaine, isolamento termico, massetto, pavimenti, etc.). Tale rappresentazione è confermata anche negli orizzontamenti interpiano che sono chiaramente comprensivi degli elementi sia strutturali sia non strutturali;

- il PRINT presentato non vincolava in alcun modo le società appellate a realizzare l’isolamento termico nella parte superiore dell’orizzontamento (nell’estratto della Tavola 10 - Tipi edilizi specifici del PRINT del 2012 l’orizzontamento è rappresentato come un unico elemento nel quale non è possibile individuare il posizionamento dell’isolamento termico);

- la scelta di applicare tale strato sotto la struttura portante, come previsto nelle SCIA del 2018 e come effettivamente realizzato, risulta conforme al PRINT del 2012;

- non appare condivisibile, sul piano tecnico, la tesi sostenuta dal Comune di -OMISSIS- secondo cui lo strato di 20÷23 cm di isolante sarebbe facilmente amovibile e dunque privo di una caratterizzazione definitiva a livello strutturale;
trattasi, infatti, di elemento non strutturale (l’isolamento termico) che non potrebbe considerarsi facilmente amovibile, essendo necessarie numerose lavorazioni per giungere alla completa rimozione;

- in assenza di tale isolamento termico non solo i locali del terzo piano sarebbero stati totalmente esposti alle variazioni termiche (limitandone l’uso anche come locali accessori) ma tali escursioni termiche si sarebbero trasferite negativamente sia attraverso l’orizzontamento che separa il secondo piano abitabile dal terzo piano sia attraverso le scale condominiali;

- il PRINT del 2012 (approvato in variante al PRG), al rispetto del quale sono vincolate le SCIA del 2018, non fa affatto riferimento ai “solai”, ma si limita a quotare l’altezza libera di 2,20 m, indipendentemente dal fatto che la delimitazione sia dovuta ad elementi strutturali o non strutturali dell’orizzontamento (di cui nel PRINT non è riportata la stratigrafia);

- la tipologia di isolante in concreto utilizzata dalle parti private poteva trovare applicazione sia dall’esterno che dall’interno;

- la prescrizione posta dall’art. 93 del reg. edilizio comunale – che poneva il limite di superficie lorda del 20% della superficie lorda dell’ultimo piano abitabile al fine di escludere l’intera superficie del locale dal computo del volume - non risultava applicabile in quanto derogata già dal PRINT del 2012, approvato in variante allo strumento urbanistico.

A soluzione del primo quesito, il verificatore ha, dunque, ritenuto che “ le SCIA del 2018 sono conformi al PRINT del 2012 e, per l’effetto, hanno consentito di ripristinare gli interventi eseguiti rispetto a quanto assentito con il medesimo programma integrato di intervento ” (pag. 27).

Il verificatore ha, comunque, svolto una verifica anche in relazione al secondo quesito, evidenziando come, per l’ipotesi in cui fossero state accolte le contestazioni dell’Amministrazione e, dunque, fosse stato ritenuto irrilevante lo strato di isolamento termico ai fini del computo delle altezze, sarebbe emersa un’altezza dei locali soffitta superiore a quella prescritta dal PRINT, con conseguente difformità sia sul numero dei piani sia sulle cubature assentite dal PRINT.

Per l’effetto, il verificatore ha rassegnato le seguenti conclusioni:

“- come si evince dagli elaborati grafici riportati nella presente relazione e dalle riproduzioni fotografiche allegate quale parte integrante (allegato 6), è accertato che nelle sezioni presenti nelle SCIA del 2018, l’altezza utile rappresentata in sezione - quotata in misura pari a 2,20 m in relazione ai locali per cui è causa - costituisce effettivamente un ripristino dell’altezza utile prevista nei grafici allegati al PRINT del 2012. Conseguentemente, in risposta al primo quesito, lo scrivente verificatore conclude che le SCIA del 2018 sono conformi al PRINT del 2012 e, per l’effetto, hanno consentito di ripristinare gli interventi eseguiti rispetto a quanto assentito con il medesimo programma integrato di intervento;

- il secondo quesito è assorbito in considerazione della risposta al primo quesito. In ogni caso, in esito agli accertamenti condotti, con riferimento al secondo quesito lo scrivente verificatore rileva che qualora - accedendo alla tesi sostenuta dal Comune - la previsione progettuale di cui alle SCIA del 2018, circa la realizzazione di un elemento di isolamento termico interno ai locali del terzo piano in corrispondenza dell’intradosso dell’orizzontamento divisorio con il terrazzo sovrastante, non fosse ritenuta idonea a ridurre l’altezza dei locali del terzo piano a 2,20 m (e, pertanto, tale l’altezza fosse 2,40 m), si avrebbe una difformità sia sul numero dei piani sia sulle cubature assentite dal PRINT, atteso che condizione necessaria e non sufficiente per considerare tale superficie come accessoria è che l’altezza interna sia non superiore a 2,20 m. In tale ipotesi, computando i locali del terzo piano nella superficie residenziale, l’aumento della volumetria complessiva sarebbe di circa 390 m3 per ciascuna palazzina (pari a circa 142 m2 di superficie x 2,75 m di altezza), quindi 1.560 m3 per ogni titolo edilizio e circa 3.120 m3 totali, con incremento superiore al 20% del volume massimo previsto dal PRINT ”.

10. Gli accertamenti condotti dal verificatore conducono al rigetto delle censure impugnatorie svolte dall’Amministrazione comunale, riferite alla legittimità dell’atto di annullamento dell’efficacia della DIA del 2016 (e del conseguente ordine di ripristino).

Il verificatore ha, infatti, ritenuto che le SCIA del 2018 fossero conformi al PRINT del 2012 e, per l’effetto, avessero consentito di ripristinare gli interventi eseguiti rispetto a quanto assentito con il medesimo programma integrato di intervento.

Tale conclusione non potrebbe ritenersi inficiata dall’analisi comunque svolta dal verificatore in relazione al quesito n. 2, formulato dalla Sezione per l’ipotesi in cui fosse stato fornito un riscontro negativo al primo quesito e, dunque, fossero state rilevate difformità rispetto al PRINT.

Lo stesso verificatore evidenzia infatti che “ Il secondo quesito è assorbito in considerazione della risposta al primo quesito, che conferma la conformità del progetto di cui alle SCIA del 2018 al PRINT del 2012 ” (pag. 27 della relazione): la disamina del secondo quesito è stata, dunque, svolta prudenzialmente, per l’ipotesi in cui il Collegio avesse ritenuto comunque di escludere la rilevanza dello strato di isolamento termico ai fini del calcolo delle altezze dei locali in esame.

Il Collegio ritiene, invece, attendibili i rilievi tecnici riportati nella verificazione, svolti sulla base di un’approfondita disamina della documentazione amministrativa pertinente e di una corretta applicazione delle regole tecniche della materia.

In particolare, come osservato, nella specie, le contestazioni alla base del provvedimento comunale di conferma Comune afferivano alla violazione delle prescrizioni del PRINT, ragion per cui il parametro da prendere in esame nell’odierno giudizio al fine di valutare la legittimità delle determinazioni amministrative in contestazione è costituito proprio dal Programma Integrato di Intervento adottato dal Comune e approvato dalla Regione, non rilevando ulteriori ed eventuali abusi dati dalla difformità tra il realizzato e i titoli edilizi rilasciati, che invece potranno, in ipotesi, al ricorrere dei relativi presupposti, formare oggetto dei provvedimenti ripristinatori tipizzati dal DPR n. 380/01 e dalla relativa disciplina regionale.

Tenuto conto delle prescrizioni del PRINT, considerato che tale strumento urbanistico non “ fa affatto riferimento ai “solai”, ma si limita a quotare l’altezza libera di 2,20 m, indipendentemente dal fatto che la delimitazione sia dovuta ad elementi strutturali o non strutturali dell’orizzontamento ” (pag. 26 relazione di verificazione), deve ritenersi che, ai fini del rispetto del PRINT, assumesse rilevanza anche lo strato di isolamento termico realizzato dalle parti private, costituente, peraltro, un elemento non facilmente amovibile, consentito dal PRINT, anche ove realizzato all’interno.

Per l’effetto, tenuto conto, altresì, di tale strato di isolamento termico, non si registra una violazione dei limiti di altezza posti dal PRINT in relazione ai locali per cui è controversia;
con conseguente insussistenza del presupposto fondante le contestazioni comunali.

11. Non potrebbe diversamente argomentarsi sulla base:

- della disciplina in origine dettata dall’art. 14, comma 6, D. Lgs. n. 102/14 (abrogato dall’art. 13, comma 1, lett. a), D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 73) in ordine all’irrilevanza, al ricorrere dei presupposti delineati dalla norma, dello spessore delle murature esterne, delle tamponature o dei muri portanti, dei solai intermedi e di chiusura superiori ed inferiori, eccedente ai 30 centimetri, ai fini del computo per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e nei rapporti di copertura;
ovvero

- della giurisprudenza che impone di computare l’altezza avendo riguardo alle distanze tra gli elementi strutturali dell’edificio.

Come osservato, nella specie, è lo stesso PRINT a non prevedere la composizione stratigrafica dei solai e a consentire, all’interno dello spessore individuato nella Tavola 10 - Tipi edilizi specifici del PRINT, pari a 40 cm nel caso dell’ultimo orizzontamento, la presenza indistintamente sia degli elementi strutturali sia degli elementi non strutturali;
con la conseguenza che anche gli elementi non strutturali avrebbero dovuto computarsi ai fini della determinazione dell’altezza utile.

12. Né potrebbe contestarsi un diverso posizionamento delle finestrature o la violazione del limite di altezza misurata dalla quota dell’estradosso del solaio del terzo piano all’estradosso della copertura (emergendo un’altezza pari a 2,75 metri, a fronte di 2,60 metri previsti nel PRINT).

Al riguardo, deve darsi seguito all’indirizzo giurisprudenziale in forza del quale, nel processo amministrativo, l'integrazione in sede giudiziale della motivazione del provvedimento impugnato è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi (tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. II, 6 maggio 2020, n. 2860).

La motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984).

Nel caso di specie, il provvedimento di conferma censurato in prime cure non soltanto non recava un riferimento alla violazione del limite di 2,60 metri previsto dal PRINT, ma dava anzi atto che non emergevano difformità essenziali in relazione alle quote di imposta dei solai. Parimenti, nel provvedimento di conferma non vengono svolte contestazioni in ordine al posizionamento delle finestrature.

Non possono, dunque, contestarsi nella sede giurisdizionale rationes decidendi non emergenti dagli atti del procedimento culminato con il provvedimento impugnato in giudizio.

In ogni caso, fermo rimanendo l’accertato rispetto del limite di altezza delle soffitte prescritto dal PRINT, si rileva che la divergenza di 15 centimetri (derivante da un’altezza dalla quota dell’estradosso del solaio del terzo piano all’estradosso della copertura pari a 2,75 metri, anziché 2,60 metri) non sarebbe comunque elemento idoneo a determinare una variazione essenziale del PRINT - unico aspetto rilevante nell’odierno giudizio perché posto a base della determinazione di conferma -, occorrendo a tali fini l’emersione di un’altezza complessiva dell’edificio superiore di 1 metro.

Come previsto dall’art. 6, comma 1, lett. c) L.R. n. 22/97, non costituiscono variante al programma integrato le “ modifiche all'altezza degli edifici in misura non superiore a metri 1,00 purché senza variazione del numero dei piani e nel rispetto delle norme relative alle distanze degli edifici dalle altre costruzioni e dai confini di proprietà ”;
pertanto, l’incremento della quota dell’estradosso del solaio del terzo piano, comportante un aumento dell’altezza dell’edificio non superiore a metri 1,00, a fronte di locali soffitta, come osservato, non integranti locali abitabili, non costituirebbe neppure una variazione al programma ai sensi della legislazione regionale.

13. Parimenti, risulta irrilevante ai fini del decidere l’incremento dell’altezza complessiva del fabbricato e dello spessore dell’orizzontamento, sia perché non contestati nei provvedimenti censurati in prime cure, in cui si rileva che in relazione alle quote di imposta dei solai non si rilevano difformità essenziali;
sia perché la variazione riscontrata, che ha condotto ad un’altezza complessiva degli edifici di 12,20 m (a fronte di 11,90 m previsti nel PRINT) è (anche in tale caso) comunque inferiore a 1 metro, ponendosi dunque entro il limite sancito dall’art. 6 L.R. n. 22/97 cit.;
sicché, a fronte di un’altezza delle soffitte coerente con le prescrizioni del PRINT, sarebbe comunque insussistente il presupposto per l’esercizio del potere inibitorio ex artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90, dato dall’esistenza di una variazione essenziale del PRINT.

14. Risulta infondato anche il rilievo per cui attraverso la rimozione dello strato isolante, le parti appellate potrebbero, comunque, ricavare una maggiore altezza interna dei locali soffitta, in tale modo violando le disposizioni urbanistiche di riferimento.

In primo luogo, ai fini dell’odierno giudizio, deve tenersi conto dello stato attuale dell’immobile e non di quello che in ipotesi potrebbe emergere in futuro, all’esito di eventuali interventi edilizi: come rilevato dal verificatore, allo stato, le soffitte presentano l’altezza di 2,20 m, ragion per cui tali locali - conformemente al PRINT approvato - non sono considerati abitabili;
il che conferma l’assenza del mutamento di destinazione d’uso e, per l’effetto, la mancata emersione di un ulteriore piano abitabile e del conseguente incremento di volumetria.

In secondo luogo, si rileva che un (ipotetico) intervento di rimozione dello strato isolante non potrebbe configurare un’attività edilizia libera, in quanto, per le conseguenze che ne deriverebbero, (incremento del numero dei piani e della volumetria assentita), necessiterebbe del previo rilascio del titolo abilitativo edilizio, in assenza del quale si configurerebbe un abuso perseguibile dall’Amministrazione.

Come osservato da questo Consiglio, “ costituisce nuova costruzione qualsiasi modifica della volumetria di un fabbricato, derivante sia dall'aumento della sagoma d'ingombro, sia da qualsiasi sopraelevazione, ancorché di dimensioni ridotte;
quindi, sono nuove costruzioni tutti gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che, per le loro caratteristiche, necessitano di permesso di costruire e tali sono, per espressa previsione normativa, non solo la realizzazione di un manufatto completamente nuovo su suolo libero, ma anche gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici
” (Consiglio di Stato Sez. II, 17 novembre 2020, n. 7159).

Ne deriva, dunque, che il Comune appellante potrebbe sempre assicurare il rispetto della normativa edilizia ed urbanistica di riferimento, nell’esercizio dei poteri di repressione dell’abusivismo edilizio di cui la stessa è titolare.

15. Infine, non risulta rilevante ai fini dell’odierno giudizio la consulenza tecnica, acquisita in sede penale, depositata dal Comune in vista dell’udienza di discussione.

Pure prescindendo dalle eccezioni di inutilizzabilità opposte dalle parti private (trattandosi di documento di formazione anteriore rispetto alla pubblicazione della sentenza appellata, come tale da produrre in prime cure stante le preclusioni istruttorie di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a.), si osserva che vi è una divergenza tra le valutazioni svolte dalla consulenza tecnica e la motivazione alla base della decisione comunale, sulla quale soltanto è possibile pronunciare nella presente sede.

In particolare:

- nella consulenza tecnica si contesta una difformità dell’altezza degli edifici e una variazione delle quote di imposta dei solai (pag. 23), mentre nel provvedimento comunale non si contesta una difformità dell’altezza dell’edificio (ma solo, infondatamente, dei locali soffitta) e si rileva la sostanziale conformità delle quote di imposta;

- nella consulenza tecnica si fa riferimento ad un’altezza interpiano di 2,75 mt, maggiore rispetto a quella approvata nella Tavola 10 – Tipi Edilizi – Print, mentre tale contestazione (come osservato) non è sollevata nel provvedimento di conferma;

- nella consulenza tecnica si contestano modifiche sulla sagoma e sui prospetti della costruzione, nonché l’omesso computo delle superfici del vano scala, ascensore, e pianerottolo dell’edificio;
ancora una volta si tratta di profili non censurati nel provvedimento amministrativo di conferma.

16. Alla stregua di quanto osservato, i residui motivi di appello principale, non esaminati nella sentenza non definitiva emessa nell’ambito dell’odierno giudizio, devono essere rigettati, tendendo il Comune ad ottenere, infondatamente, la riforma dei capi decisori con cui il Tar ha annullato il provvedimento di annullamento d’ufficio dell’efficacia della DIA del 2016 e il conseguente ordine di ripristino dello stato dei luoghi.

Premessa la tempestività dell’intervento amministrativo (tradottosi in un provvedimento assunto prima della decorrenza del termine di cui all’art. 21 nonies L. n. 241/90), nonché rilevata la sostituzione dell’originario atto di annullamento d’ufficio ( rectius , di divieto di prosecuzione dell’attività privata e di rimozione dei relativi effetti dannosi ex artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90) con un nuovo atto di conferma in senso proprio, alla stregua delle risultanze della verificazione acquisita al giudizio, emerge infatti l’illegittimità del provvedimento per cui è causa, avendo il Comune assunto una decisione sull’erroneo presupposto di un’intervenuta variazione essenziale del PRINT.

17. Le considerazioni svolte conducono, altresì, al rigetto delle censure impugnatorie indirizzate contro il provvedimento di dichiarazione della decadenza, dell’inefficacia e dell’inattuabilità del PRINT (incorporato, come osservato, nel medesimo documento amministrativo recante l’annullamento d’ufficio dell’efficacia della DIA).

Oltre al difettare il presupposto fattuale della decisione assunta (variazione essenziale del PRINT secondo quanto supra illustrato ai fini dell’esame dell’atto assunto ex artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90), nella specie risulta dirimente l’incompetenza dell’organo dirigenziale.

L’Amministrazione, infatti, non ha esercitato il potere repressivo di abusi edilizi, presupponente una difformità tra lo stato autorizzato (emergente dai titoli edilizi all’uopo rilasciati) e lo stato di fatto realizzato, bensì ha assunto una decisione volta ad incidere su un pregresso atto amministrativo, dichiarandone l’inattuabilità, la decadenza e comunque l’inefficacia.

Tale intervento, da un lato, dà luogo ad un atto di secondo grado, avendo ad oggetto una pregressa determinazione amministrativa, dall’altro, si traduce in una rinnovata regolazione del rapporto amministrativo.

In particolare, per effetto della dichiarazione di inefficacia, decadenza e inattuabilità del PRINT, non sarebbe stato più possibile il rilascio dei permessi di costruire giustificati sulla base di un Programma di intervento dichiarato non più efficace;
con conseguente previsione di una nuova regula iuris , limitativa della sfera giuridica dei destinatari, frutto di una rinnovata manifestazione della volontà dispositiva dell’Amministrazione procedente.

Facendosi questione di atto di secondo grado, recante una nuova regolazione del rapporto amministrativo, il provvedimento così assunto implicava la spendita di un potere di autotutela decisoria, statuendo il Comune, senza l’intermediazione dell’autorità giudiziaria, sull’efficacia di un proprio atto ai fini della conformazione del futuro assetto di interessi da attuare tra le parti.

Per l’effetto, ai sensi dell’art. 21 nonies L. n. 241 del 1990, l’Amministrazione, nel riesaminare le proprie precedenti determinazioni, avrebbe dovuto applicare il principio del contrarius actus , “ in forza del quale la modifica o il ritiro di un atto deve avvenire nelle stesse forme (anche pubblicitarie) e seguendo le stesse procedure dell'atto modificato o ritirato (cfr. Cons. Stato, VI, n. 2306/2007;
vedi anche V, n. 5740/2011), e che, pertanto, nei casi di modifica o rettifica del bando, l’amministrazione è tenuta a porre in essere un procedimento gemello, anche per quel che concerne le formalità pubblicitarie, di quello a suo tempo seguito per l'adozione dell'atto modificato, richiedendosi una speculare, quanto pedissequa, identità dello svolgimento procedimentale (cfr. Cons. Stato, VI, n. 2306/2007, cit.;
IV, n. 183/1997;
V, n. 6291/2004)
” (Consiglio di Stato, sez. III, 5 maggio 2017, n. 2075).

Trattandosi di atto adottato dal Consiglio comunale e approvato dalla Giunta regionale, l’organo dirigenziale non sarebbe potuto intervenire in autotutela su un atto amministrativo dallo stesso non assunto, facendosi questione di decisione rientrante nella competenza dei diversi organi che, manifestando la propria volontà provvedimentale, avevano concorso alla formazione dello strumento urbanistico.

Non potrebbe, neppure, evitarsi l’annullamento dell’atto applicando il disposto dell’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/90.

Il rilievo dell’incompetenza, avente natura preliminare, osta ad una pronuncia sulle modalità di esercizio del potere e, quindi, ad una verifica sul contenuto dispositivo che il provvedimento avrebbe potuto presentare in assenza della violazione in concreto rilevata, altrimenti ammettendosi - in violazione del principio di separazione dei poteri - una pronuncia giudiziaria sul contenuto dispositivo di un atto non ancora assunto dall’organo competente.

In ogni caso, il potere di autotutela implica la spendita di valutazioni discrezionali, dirette a comparare l'interesse pubblico con l'affidamento del destinatario dell'atto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3277), ad ulteriore conferma della impossibilità di applicare nella specie, in cui si fa questione di atto di autotutela, l’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/90, regolante una causa di non annullabilità riferibile alla sola azione amministrativa vincolata (salva l’ipotesi di omessa comunicazione di avvio del procedimento, nella specie non rilevante).

Infine, non potrebbe giungersi a diverse conclusioni neppure richiamando:

- l’art. 13 DPR n. 380/01, tenuto conto che l’organo dirigenziale non si è pronunciato su una concreta istanza di permesso di costruire, provvedendo al suo diniego in ragione della ritenuta mancata osservanza delle prescrizioni recate dalla presupposta disciplina urbanistica;
bensì ha esercitato un potere di secondo grado, incidendo sull’efficacia di un atto di pianificazione, non rientrante nella propria competenza;

- l’art. 12 convenzione inter partes conclusa, riguardando tale previsione l’esercizio del potere sanzionatorio, di sospensione dei lavori, di decadenza della convenzione, ma non quello di influire sull’efficacia dell’atto di pianificazione presupposto;

- l’art. 6 L. Reg. n. 22/97, regolante il procedimento di modifica del PRINT, facendosi questione nella specie, anziché di modifica del PRINT, rimasto immutato nel suo contenuto, della sua dichiarazione di inefficacia (per supposta violazione delle relative previsioni), nell’esercizio, dunque, di un potere di autotutela che norma primaria de qua non attribuisce alla competenza dirigenziale.

Si conferma, dunque, l’illegittimità (altresì) della dichiarazione di inefficacia, decadenza e inattuabilità del PRINT, in quanto promanante da un organo incompetente.

18. Alla luce delle considerazioni svolte, deve pervenirsi al rigetto dei primi tre motivi di appello, tenuto conto che:

- quanto all’annullamento d’ufficio dell’efficacia della DIA ( rectius al divieto di prosecuzione dell’attività denunciata e alla rimozione degli effetti prodotti ex artt. 19 e 21 nonies L. n. 241/90), sebbene si sia in presenza di un intervento tempestivo, il provvedimento è stato assunto sulla base di una variazione essenziale del PRINT invero inesistente (con particolare riferimento alle altezze dei locali soffitta e, per l’effetto, al numero dei piani abitabili e alla volumetria realizzata);

- quanto alla dichiarazione di inefficacia, decadenza e inattuabilità del PRINT, è stata resa da un organo amministrativo (dirigenziale) incompetente.

19. Ciò rilevato, è possibile esaminare il secondo motivo di appello incidentale, con cui le parti private hanno chiesto la riforma del capo decisorio riguardante il rigetto delle domande risarcitorie proposte in prime cure.

L’acclarata illegittimità dell’azione amministrativa in contestazione, tradottasi sia nella sospensione del Protocollo di Intesa e del PRINT (profili vagliati nella sentenza non definitiva), sia nell’annullamento d’ufficio dell’efficacia della DIA del 2006 (e nel conseguente ordine di ripristino) e nella dichiarazione di inefficacia, decadenza e inattuabilità del PRINT (questioni esaminate con la presente decisione), consente di ritenere integrato uno degli elementi costitutivi dell’illecito civile della pubblica amministrazione, dato dall’illegittimità dell’atto amministrativo.

Al riguardo, deve, tuttavia, osservarsi che ai fini dell’accoglimento di una domanda risarcitoria, occorre la prova sia degli ulteriori elementi costitutivi dell’illecito (in specie, per quanto più rileva nel presente giudizio, il coefficiente psicologico di colpevolezza), sia delle conseguenze dannose subite dalla parte ricorrente.

In particolare, in materia di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione la parte che affermi di avere subito un danno in conseguenza dell’altrui condotta lesiva è tenuta ad allegare e provare puntualmente gli elementi costitutivi dell’illecito e le conseguenze pregiudizievoli subite (Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2020, n. 6394).

L’illecito civile ascrivibile all’Amministrazione nell’esercizio dell’attività autoritativa, quale quella rilevante nell’odierna sede processuale, richiede:

- sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l’evento dannoso (o c.d. “danno-evento”) derivante dalla condotta, che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato, meritevole di tutela nella vita di relazione, e il conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. “danno-conseguenza”), suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3);

- sul piano soggettivo, l’integrazione del coefficiente di colpevolezza, con la precisazione che la sola riscontrata ingiustificata o illegittima inerzia dell'amministrazione o il ritardato esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell'Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 358).

Sul piano probatorio, l’accertamento del nesso di causalità tra la condotta e l’evento lesivo – c.d. “causalità materiale” – impone, inoltre, di verificare “ se l’attività illegittima dell’Amministrazione abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento ” (Consiglio di Stato, sez. II, 25 maggio 2020, n. 3318).

Trattasi di un giudizio da svolgere in applicazione della teoria condizionalistica, governata dalla regola probatoria del “più probabile che non” e temperata in applicazione dei principi della causalità adeguata.

In particolare, occorre procedere ad un giudizio controfattuale, volto a stabilire “ se, eliminando o, nell’illecito omissivo, aggiungendo quella determinata condotta, l’evento si sarebbe ugualmente verificato, e, una volta risolto positivamente tale scrutinio, un secondo stadio richiede di verificare, con un giudizio di prognosi ex ante, l’esistenza di condotte idonee - secondo il criterio del “più probabile che non” - a cagionare quel determinato evento.

Sicché l’esito positivo del predetto giudizio - riconducibile alla teoria della causalità adeguata - accerta definitivamente l’efficienza causale dell’atto illegittimo rispetto all’evento di danno, che va esclusa qualora emergano fatti o circostanze che abbiano reso da sole impossibili il perseguimento del bene della vita determinando autonomamente l’effetto lesivo (Cons. Stato, VI, 29 maggio 2014, n. 2792) ” (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 luglio 2019, n. 4790).

Positivamente definito lo scrutinio in ordine alla causalità materiale, a fronte d’un evento dannoso causalmente riconducibile alla condotta illecita, occorre verificare la sussistenza di conseguenze dannose, da accertare secondo un (distinto) regime di causalità giuridica che ne prefigura la ristorabilità solo in quanto si atteggino, secondo un canone di normalità e adeguatezza causale, ad esito immediato e diretto della lesione del bene della vita ai sensi degli artt. 1223 e 2056 Cod. civ. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 4 agosto 2015, n. 3854).

20. Avuto riguardo all’elemento soggettivo dell’illecito, inoltre, il solo riscontrato illegittimo esercizio della funzione amministrativa non integra la colpa dell'Amministrazione, dovendo anche accertarsi se l'adozione o la mancata o ritardata adozione del provvedimento amministrativo lesivo sia conseguenza della grave violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede - alle quali deve essere costantemente ispirato l'esercizio dell'attività amministrativa - e si sia verificata in un contesto di fatto ed in un quadro di riferimento normativo tale da palesare la negligenza e l'imperizia degli uffici o degli organi dell'amministrazione ovvero se per converso la predetta violazione sia ascrivibile all'ipotesi dell'errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l'incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto (Consiglio di Stato, Stato, V, 9 ottobre 2013, n. 4968;
VI, 14 novembre 2014, n. 5600).

Per la configurabilità della colpa dell'Amministrazione assume rilievo, altresì, la tipologia di regola di azione violata: se la stessa è chiara, univoca, cogente, si dovrà riconoscere la sussistenza dell'elemento psicologico nella sua violazione;
al contrario, se il canone della condotta amministrativa giudicata è ambiguo, equivoco o, comunque, costruito in modo tale da affidare all'Autorità amministrativa un elevato grado di discrezionalità, la colpa potrà essere accertata solo nelle ipotesi in cui il potere sia stato esercitato in palese spregio delle regole di correttezza e di proporzionalità.

A fronte di regole di condotta inidonee a costituire, di per sé, un canone di azione sicuro e vincolante, la responsabilità dell'Amministrazione può, infatti, essere affermata nei soli casi in cui l'azione amministrativa abbia disatteso, in maniera macroscopica ed evidente, i criteri della buona fede e dell'imparzialità, restando ogni altra violazione assorbita nel perimetro dell'errore scusabile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 05 giugno 2019, n. 3799).

Sotto il profilo processuale del riparto dell’onere della prova, inoltre, deve rilevarsi che, in caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo asseritamente foriero di danno, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell'elemento soggettivo della fattispecie;
egli può, infatti, limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto, dovendosi fare rinvio, al fine della prova dell'elemento soggettivo della responsabilità, alle regole della comune esperienza e della presunzione semplice di cui all' art. 2727 c.c. , mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile.

Tale presunzione di colpa dell'amministrazione, tuttavia, può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l'imperizia, cioè l'aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell'assunzione del provvedimento viziato, mentre deve essere negata la responsabilità quando l'indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto (Consiglio di Stato Sez. VI, 28 giugno 2019, n. 4454).

21. L’applicazione di tali coordinate interpretative determina il rigetto delle domande risarcitorie proposte dalle parti private, non potendosi configurare una colpa dell’apparato amministrativo e, comunque, non essendo dimostrate le conseguenze dannose in concreto subite dagli appellanti incidentali.

22. Sotto il primo profilo, si osserva che la situazione di fatto e di diritto all’attenzione del Collegio è caratterizzata dalla particolare complessità delle questioni tecniche e giuridiche esaminate.

Avuto riguardo agli atti di sospensione del Protocollo di Intesa e del PRINT, le violazioni in cui è incorsa l’Amministrazione non sono riferite a previsioni dal contenuto dispositivo chiaro e di immediata individuazione, facendosi questione, da un lato, di un atto atipico, quale il protocollo di intesa, non oggetto di puntuale regolazione normativa;
dall’altro, di un atto, il PRINT, pure tipizzato dalla legislazione regionale, in relazione al quale, tuttavia, si ponevano questioni interpretative nuove, concernenti il possibile esercizio di un potere di autotutela privata fondato sulle disposizioni civilistiche.

Le questioni esaminate, dunque, risultavano complesse e non oggetto di indirizzi consolidati, ragion per cui l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento e dunque, delle azioni suscettibili di essere in concreto intraprese, deve ritenersi scusabile, con conseguente esclusione di una condotta colposa.

Parimenti, avendo riguardo ai provvedimenti comunali n. 5581/2018 e n. 20094/2018 e, comunque, alla condotta amministrativa inibitoria dell’attività privata, gli elementi di complessità afferivano alla ricostruzione dei fatti di causa e all’integrazione di una variazione essenziale del PRINT.

In particolare, le parti private, dopo avere ricevuto la comunicazione del primo atto di annullamento d’ufficio dell’efficacia della DIA del 2016, hanno presentato nel 2018 una SCIA per ripristinare lo stato autorizzato con l’emissione dei titoli abilitativi edilizi, intervenendo sia sul numero di unità abitative, sia sul collegamento tra le unità poste all’ultimo piano e i locali soffitta.

Seppure tali condotte siano state tenute all’esclusivo scopo di poter proseguire e completare gli interventi (pubblici e privati) del Programma di Intervento, l’intervento di ripristino segnalato ha comunque rimosso alcune delle contestazioni sollevate dall’Amministrazione comunale, determinando, per l’effetto, il superamento del precedente assetto di interessi attuato sul piano sostanziale, tanto da avere richiesto un riesame del Comune sulla base delle sopravvenienze nelle more occorse.

L’Amministrazione, nello statuire sulle modifiche apportate dalle parti, ha confermato le proprie decisioni ritenendo che il rispristino eseguito fosse soltanto parziale.

Le risultanze istruttorie dimostrano come non fossero per nulla agevoli le valutazioni tecniche che l’Amministrazione era chiamata a svolgere in relazione alle opere realizzate dalle parti private.

In particolare, già soltanto la disamina della rilevanza dello strato di isolante termico ai fini del computo delle altezze risultava di particolare complessità, dipendendo sia dalla ricostruzione dei rapporti tra il PRINT, le ulteriori fonti urbanistiche e la disciplina edilizia all’uopo applicabile, in assenza di univoci riferimenti dati dalla normativa di riferimento;
sia da uno specifico esame tecnico delle opere realizzate, che ha pure richiesto l’utilizzo in giudizio di elevate professionalità (come comprovato dall’alta qualificazione del verificatore, professore universitario, titolare del corso di Legislazione delle opere pubbliche e dei lavori), a dimostrazione della difficoltà delle questioni all’uopo da risolvere.

A fronte, dunque, di una situazione complessa quale quella di specie, deve escludersi la colpa dell’Amministrazione, essendo le illegittimità riscontrate in giudizio il frutto di errori scusabili, non rimproverabili a titolo di colpa.

Attesa la mancata integrazione del coefficiente psicologico di colpevolezza, non risulta riscontrabile un illecito civile attribuibile al Comune appellante;
con conseguente infondatezza delle domande risarcitorie proposte in prime cure.

23. In ogni caso, le domande risarcitorie sono infondate anche perché carenti di prova in ordine alla sussistenza e alla quantificazione delle conseguenze dannose lamentate.

Le parti private, in particolare, operano un riferimento ad alcune relazioni di stima, asseritamente comprovanti i danni subiti, consistenti nella necessità di (i) ridefinire gli accordi già sottoscritti con i promissari acquirenti e con le imprese appaltatrici;
(ii) rimodulare la progettazione esecutiva degli interventi;
(iii) riprogrammare la commercializzazione degli immobili ancora invenduti;
(iv) sospendere l’ulteriore attività di sviluppo del Print.

Sulla base di tali relazioni le voci di danno sono state così quantificate: a) per la Soc. -OMISSIS- in (i) €. 950.000,00 in conseguenza del fermo del cantiere ed (ii) €. 3.500.000,00 in conseguenza della sospensione del Print;
b) per la Soc. -OMISSIS- in (i) €. 950.000,00 in conseguenza del fermo del cantiere ed (ii) €. 4.100.000,00 in conseguenza della sospensione del Print

Al riguardo, deve evidenziarsi, in primo luogo, che la Sezione con ordinanza n. 4171 del 5 settembre 2018 aveva sospeso l’efficacia dei provvedimenti di annullamento in autotutela dell’efficacia della DIA in variante al permesso di costruire n. 17/2014, giusta provvedimenti prot. n. 5581/2018 del 26.01.2018 e prot. n. 20094/2018 del 10.04.2018, nella parte in cui imponevano il ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di 120 giorni;
così come la sentenza di primo grado, pronunciata in data 19 novembre 2019, non risulta essere stata sospesa nella sua esecutività.

Pertanto, le parti private non hanno dovuto sostenere oneri derivanti dal ripristino imposto dagli atti amministrativi e, a far data dalla pubblicazione della sentenza di prime cure, non hanno patito alcuna limitazione della propria sfera giuridica, atteso l’annullamento degli atti gravati con sentenza di primo grado non sospesa nella sua esecutività.

Ciò premesso e, dunque, perimetrata, anche sotto il profilo temporale, l’efficacia lesiva degli atti amministrativi, si osserva che le parti private non hanno dimostrato le conseguenze dannose asseritamente subite per effetto della condotta (comunque non illecita) amministrativa, essendosi limitate a richiamare relazioni di stima prodotte in giudizio.

Tali atti assumono, tuttavia, natura giuridica di consulenza tecnica di parte, recando deduzioni tecniche a supporto delle richieste risarcitorie (in specie, in ordine all’individuazione delle poste risarcitorie e alla loro quantificazione).

Siffatte consulenze non possono considerarsi una prova del pregiudizio patito: come pure precisato dalla giurisprudenza ordinaria con indirizzo condiviso dal Collegio, “ la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio ” (tra gli altri, Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., 26 maggio 2021, n. 14469), con la conseguenza che si è in presenza di atti difensivi, recanti allegazioni (tecniche) a loro volta da dimostrare mediante la produzione degli occorrenti mezzi di prova.

L’illustrazione delle conseguenze dannose dedotte con relazioni di parte, dunque, non può consentire l’assolvimento dell’onere probatorio gravante sugli appellanti incidentali, tenuto conto che gli stessi avrebbero dovuto anche dimostrare la sussistenza delle relative allegazioni, ricorrendo ai mezzi di prova rientranti nella loro disponibilità.

Peraltro, in materia risarcitoria, l’assenza di prova non potrebbe essere sopperita neppure facendo leva sul metodo acquisitivo, proprio del processo amministrativo impugnatorio, avendo questo Consiglio ripetutamente precisato come “ nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo e dell'onere della prova, sancito in generale dall' art. 2697, primo comma, cod.. civ., opera con autonoma pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio invece dell'azione di annullamento (in termini, Cons. Stato, IV, 5 febbraio 2018, n. 701) ” (Consiglio di Stato Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1737).

Parimenti, non potrebbe neppure ricorrersi all’ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio o ad una valutazione equitativa del danno, tenuto conto che:

- l'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. non può essere assolto mediante consulenza tecnica d'ufficio, che non è un mezzo di prova, ma uno strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2016, n. 1649) ” (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3596).

- l’art. 1226 c.c., da un lato, non consente di sopperire alle carenza probatorie imputabili al danneggiato, essendo funzionale soltanto a “ colmare le lacune insuperabili ai fini della precisa determinazione del pregiudizio” (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 maggio 2018, n. 3169), dall’altro, si riferisce al solo quantum debeatur , “ aprendo alla valutazione equitativa “se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare”;
non certo all’an debeatur, ovverosia alla prova della sussistenza del danno, che resta ovviamente a carico del ricorrente…
” (Consiglio di Stato Sez. III, 11 giugno 2021, n. 4514).

Nella specie, risultando le consulenze di parte irrilevanti ai fini dell’adempimento dell’onere probatorio, non emerge la prova, nell’ an e ( a fortiori ) nel quantum , delle conseguenze dannose dedotte dalle parti private, sebbene si faccia questione di pregiudizi patrimoniali correlati all’andamento del cantiere, all’esecuzione delle opere edilizie e allo svolgimento dell’attività negoziale nei rapporti con i terzi e, dunque, a fatti afferenti allo svolgimento dell’attività di impresa delle parti private, come tali documentabili con i mezzi di prova rientranti nella disponibilità degli stessi operatori economici.

24. L’odierna controversia deve, dunque, essere risolta con il rigetto dei rimanenti motivi di impugnazione, non decisi con la sentenza non definitiva n. 7372 del 2020.

In particolare, devono essere rigettati i primi tre motivi di appello principale e il secondo motivo di appello incidentale e, per l’effetto, deve provvedersi alla conferma in parte qua della sentenza appellata.

25. Con la presente sentenza il Collegio è chiamato a statuire, altresì, sulle spese di verificazione.

Il verificatore, al riguardo, ha chiesto la liquidazione di € 9.851,73, oltre oneri di legge.

Tenuto conto delle previsioni e dei criteri di cui agli artt. 50 e 51 D.P.R. 30/05/2002 n. 115 (recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e al D.M. 30 maggio 2002 (di adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale) - costituenti parametro assumibile nel presente caso a fondamento della liquidazione giudiziale-, rilevato l’elevato grado di approfondimento istruttorio, nonché valorizzata l’oggettiva complessità degli accertamenti richiesti, il Collegio ravvisa i presupposti per accogliere l’istanza di liquidazione presentata dal verificatore, riconoscendo l’importo complessivo di € 9.851,73, oltre oneri di legge.

26. La complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Le spese di verificazione, il cui regime è correlato al riparto delle spese processuali (in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 5632), stante la compensazione integrale delle spese di giudizio, devono essere poste a carico delle parti in pari misura.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi