Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-04-13, n. 202202751

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-04-13, n. 202202751
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202751
Data del deposito : 13 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/04/2022

N. 02751/2022REG.PROV.COLL.

N. 09605/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9605 del 2021, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati M C e P C, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di giustizia;

contro

Ministero dell’interno, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis , in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocato L D S, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno e del Comune di -OMISSIS-;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2022, il Cons. Pier Luigi Tomaiuoli e viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1- Con ricorso in appello la -OMISSIS- ha impugnato la sentenza in epigrafe indicata, con cui il Tar Campania ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti volti all’annullamento dell’informativa antimafia interdittiva emessa nei suoi confronti dal Prefetto di Napoli e del conseguente provvedimento del Comune di -OMISSIS-di annullamento di un permesso di costruire ventitré unità immobiliari, oltre che degli atti ad essi presupposti e connessi.

2.- L’appellante lamenta l’illegittimità della sentenza di primo grado per erronea applicazione al caso di specie delle norme e dei principi regolanti la materia. In particolare, secondo l’appellante il primo giudice avrebbe errato: 1) nell’affermare che il suo legale rappresentante era stato raggiunto da una misura cautelare personale e che il fratello dello stesso era contiguo alla criminalità organizzata, nonché nel collegare, senza motivo, la vicenda della ricorrente allo scioglimento per infiltrazione mafiosa del consiglio comunale di -OMISSIS-;
2) nel non avere considerato che la ricorrente non aveva cointeressenze economiche con imprese interdette, che il suo amministratore non aveva frequentazioni con soggetti ritenuti vicini al clan -OMISSIS-ed aveva avuto contatti esclusivamente con il titolare della ditta -OMISSIS-e con il direttore dei lavori, soggetti incensurati, e che l’iniziativa economica intrapresa dalla società era stata avviata grazie all’iniziativa dei cugini del legale rappresentante, i fratelli -OMISSIS- i quali avevano ceduto il terreno su cui poi è stato realizzato l’intervento edilizio oggetto del permesso di costruire;
3) nel non avere, in sostanza, ritenuto, alla luce di tali rilievi, che l’informativa antimafia sia stata emessa al cospetto di una mera ipotesi investigativa del Pubblico ministero e non sulla base di indizi sufficienti a fare emergere un condizionamento mafioso dell’attività di impresa;
4) nel non avere ritenuto che non vi sia alcuna prova del collegamento tra la società ricorrente e il clan -OMISSIS-;
5) nel non aver ritenuto che l’art. 67 del codice antimafia non consenta l’annullamento di un provvedimento di autorizzazione di un’opera privata, quale sarebbe l’autorizzazione richiesta, che non avrebbe dunque ad oggetto l’esercizio di un’attività commerciale;
6) nel non avere considerato che il permesso di costruire non avrebbe potuto essere oggetto di annullamento in autotutela sulla base di un’interdittiva antimafia sopravvenuta, posto che il potere di annullamento presuppone l’illegittimità originaria del provvedimento;
7) nel non avere ritenuto illegittimo l’annullamento del permesso di costruire, anche perché l’art. 94, comma 2, del codice antimafia si applica al caso «di “rapporti” in essere con la PA o per esercitare una attività commerciale sottoposta ad autorizzazione della PA o per eseguire concessioni di costruzioni pubbliche», e perché l’art. 83, commi 1 e 2, del medesimo codice non consentono di procedere «alle revoche o ai recessi nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi»;
8) nel non avere considerato che la pubblica Amministrazione non può disporre l’annullamento «senza neanche vagliare lo “stato dei lavori” e senza considerare le posizioni giuridiche che nel frattanto si sono “consolidate”»;
9) nel non avere considerato che gli artt. 67 e 100 del codice antimafia non si applicano all’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, in cui «il rilascio del titolo “autorizzatorio/concessorio” sia connesso ad un permesso di costruire già ottenuto»;
10) nel non avere accolto il motivo volto a censurare la mancata comunicazione di avvio del procedimento e nel non avere ritenuto che l’annullamento in parola integri una misura di prevenzione patrimoniale disciplinata dagli artt. 16 e segg. del codice antimafia, la cui applicazione esulerebbe dai poteri del Comune;
11) nell’avere ritenuto che l’atto di annullamento sia stato esercitato nell’esercizio di un doveroso potere di ritiro e non sia, invece, una revoca, la quale avrebbe imposto l’indennizzo del privato inciso dal provvedimento.

3.- Si sono costituite le Amministrazioni resistenti, eccependo la correttezza della sentenza impugnata, aderendo alle argomentazioni del primo giudice e concludendo per il rigetto dell’appello.

4.- All’udienza del 24 marzo 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. L’appello è infondato per le ragioni di cui appresso.

6.- I primi quattro motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, perché si risolvono in una critica al capo della sentenza di primo grado che ha ritenuto legittima l’impugnata informativa sulla base degli elementi indiziari ivi riportati.

Tale critica non si appunta sulla correttezza dei principi in materia di informative antimafia richiamati dal Tar Campania, ma sulla loro applicazione al caso di specie.

6.1.- Non è quindi in discussione che, stante la sua natura cautelare, preventiva e fortemente anticipatoria della difesa della legalità, l’informativa antimafia non sia volta a provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa ma soltanto la sussistenza di elementi sintomatici e presuntivi, dai quali, secondo un giudizio prognostico ampiamente discrezionale, possa evincersi il pericolo di ingerenza della criminalità organizzata, e che tali elementi non debbano essere valutati in modo atomistico, poiché ciascuno di essi acquista valenza nella sua connessione con gli altri (tra le ultime, Consiglio di Stato, Sezione III, 17 marzo 2022, n. 1935;
Sezione III, 9 marzo 2022, n. 1694;
Sezione III, 7 gennaio 2022, n. 57;
Sezione III, 25 novembre 2021, n. 7890);
che essi possano essere tratti anche da atti delle indagini preliminari, pur nelle loro fasi iniziali, e anche se non sfociati in misure cautelari (tra le tante, Consiglio di Stato, Sezione III, 8 luglio 2020, n. 4391;
Sezione III, 2 maggio 2019, n. 2855;
Sezione III, 28 ottobre 2016, n. 4555;
Sezione III, 4 febbraio 2016, n. 444);
e che nel giudizio prognostico assuma rilievo anche il contesto ambientale e locale (tra le ultime, Consiglio di Stato, sezione III, 24 marzo 2022, n. 2167;
sezione III, 17 marzo 2022, n. 1935;
Sezione III, 2 febbraio 2022, n. 715;
Sezione III, 5 agosto 2021, n. 5770), come nel caso di relazioni imprenditoriali e amministrative con amministrazioni locali i cui Consigli comunali siano stati sciolti per infiltrazione mafiosa ( ex multis , Consiglio di Stato, sezione III, 17 marzo 2022, n. 1934;
Sezione III;
27 giugno 2019, n. 4431).

6.2.- Poiché la contestazione dell’appellante cade, invece, sulla valutazione dei fatti posti alla base dell’informativa, appare opportuno, sul punto, riportare la motivazione del primo giudice: «Il provvedimento della Prefettura richiama il verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia n. -OMISSIS-, in cui si considera che -OMISSIS- è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere in quanto ritenuto responsabile, in concorso con l’aggravante ex art. 416-bis c.p., dei reati configurati nell’intestazione fittizia della titolarità del terreno e dell’immobile alla Società ricorrente, per realizzare 23 unità immobiliari successivamente alienate, i cui proventi venivano ripartiti tra --OMISSIS-, “comunque al fine di agevolare le attività del clan camorristico -OMISSIS-”. Viene significato che l’uno (--OMISSIS-) è reggente e l’altro (--OMISSIS-) è affiliato al clan;
gli altri soggetti risultano essere il fratello di -OMISSIS- e il padre del direttore dei lavori. È inoltre ravvisata la riconducibilità dell’attività della Società alle vicende del Comune di -OMISSIS- che hanno condotto allo scioglimento del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000. Dall’indagine penale è tratta la valutazione del P.M. secondo cui la Società ricorrente, sebbene formalmente intestata a -OMISSIS- e alla madre, “è riconducibile in realtà al loro congiunto -OMISSIS-, il quale, a sua volta, risulta in società occulta, in relazione all’affare concernente il fabbricato di -OMISSIS-, con -OMISSIS- e --OMISSIS-” (dalla stessa indagine è estratto il riferimento al “dialogo intercettato in data 20.1.2017 a bordo dell’autovettura di -OMISSIS-”, contenente “ulteriori elementi utili a corroborare la società di fatto esistente tra gli indagati, in relazione alla proprietà immobiliare di -OMISSIS-, nonché l’ambito camorristico in cui era maturato l’affare in trattazione”). Relativamente alle circostanze pertinenti all’esecuzione delle opere, è detto che i lavori venivano affidati alla -OMISSIS-(con --OMISSIS- quale direttore di cantiere, rivestendo l’incarico di direttore dei lavori l’arch. -OMISSIS-amministrata dal cugino di ---OMISSIS-, costituita un mese prima e in cui favore era poi effettuata la cessione dei lavori. La Prefettura ha quindi ritenuto la Società ricorrente “fortemente esposta al pericolo di condizionamento da parte dei gruppi criminali attivi a -OMISSIS-, sussistendo gravi e concordanti indizi circa il coinvolgimento della stessa in molteplici affari illeciti posti in essere da soggetti appartenenti al clan -OMISSIS-” (emergendo dalla citata o.c.c.c. n. -OMISSIS-“che a condizionare l’operato della società sono prevalentemente, se non esclusivamente, gli interessi dei clan di -OMISSIS-, veicolati nella società stessa, in primis , dal fratello di -OMISSIS-, ossia -OMISSIS-, il quale a sua volta è collegato ad esponenti di primo piano del Clan -OMISSIS-”, aggiungendo “la circostanza del coinvolgimento della società -OMISSIS-nei pericolosissimi intrecci tra l’economia legale e le istituzioni cittadine di -OMISSIS-, con un chiaro contesto di corruzione e asservimento dell’UTC del Comune alla criminalità organizzata in rapporti simbiotici anche con referenti politici locali che hanno reso permeabile la vita amministrativa dello stesso Comune tale da determinare lo scioglimento del consiglio comunale con D.P.R. 18 marzo 2020”)».

Nel rispondere alle censure della ricorrente il primo grado, il Tar Campania ha poi affermato «che gli elementi assunti nel provvedimento interdittivo (la cui motivazione non può dirsi carente, avuto riguardo alla dovizia di dati) consentono di ritenere in maniera non irragionevole la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa all’interno della Società ricorrente. A fronte di tali elementi, valutazioni di segno opposto non possono trarsi da quanto dedotto in ricorso, atteso che l’assenza di pregiudizi penali direttamente riguardanti la persona del legale rappresentante o gli altri soggetti non costituisce indice della “bontà” dell’operazione immobiliare, che si palesa rivolta al perseguimento di scopi illeciti. Nemmeno costituisce circostanza decisiva la menzionata esistenza di un contenzioso tra impresa e direttore dei lavori il quale, a prescindere dai fattori che l’hanno originata, non può valere a far desumere da ciò solo che la Società sia esente da concreti rischi di condizionamento da parte della criminalità. In conclusione, il quadro indiziario complessivamente valutato dalla Prefettura milita nel senso di ritenere adeguatamente comprovato il pericolo di condizionamento mafioso per la Società ricorrente, risultando che i reali dominus dell’operazione immobiliare sono legati ad ambienti criminali e che essa è stata posta in essere attraverso l’intermediazione della Società medesima».

6.3.- La motivazione della sentenza gravata resiste alle censure formulate in appello.

Centrale, nel provvedimento impugnato, è la riconduzione dell’operazione immobiliare della società appellante, realizzatasi attraverso l’attività autorizzativa del Comune di -OMISSIS-, agli interessi della cosca locale -OMISSIS-, in un contesto locale caratterizzato dallo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa proprio ad opera di quella cosca.

Tale riconduzione – che è specificamente suffragata anche dall’intercettazione di due soggetti, uno dei quali è il direttore dei lavori della neocostituita ditta cui la ricorrente ha affidato lo svolgimento degli stessi e l’altro è il direttore di cantiere, cugino del legale rappresentante di quella ditta e affiliato della cosca - è il cuore del capo d’imputazione formulato nella richiesta di misura cautelare richiamata nel provvedimento (al pari dell’intercettazione).

Per le ragioni dette al paragrafo 6.1. non rileva, poi, che nei confronti del legale rappresentante della società ricorrente non sia stata emessa alcuna misura custodiale, né rileva che esso sia incensurato e che la riconducibilità dell’operazione al clan camorristico non sia già stata oggetto di accertamento penale, bastando per contro, in un contesto ambientale e locale quale quello di specie, la sussistenza di precisi indizi emersi nel corso delle indagini di polizia e del procedimento penale.

7.- Gli altri motivi di appello possono essere trattati congiuntamente perché si risolvono nella censura del capo della sentenza che ha ritenuto legittimo il conseguente provvedimento di «annullamento» del permesso di costruire, censura incentrata sull’assunto di fondo che tale titolo edilizio non potrebbe essere travolto dall’informativa antimafia.

7.1.- Il Tar Campania ha osservato, al riguardo, che, «ancorché la ricorrente postuli che si tratterebbe di un intervento edilizio connaturato al diritto di proprietà o di abitazione, risulta piuttosto che si sia trattato di una speculazione immobiliare realizzata attraverso la realizzazione e la vendita di immobili. Nella specie, si è quindi in presenza di un’attività commerciale che, come valutato dal Prefetto sulla base di plausibili e concordanti indizi, è stata rivolta a ripartire i proventi tra gli esponenti del clan. Pertanto, la fattispecie ricade nell’ambito di applicazione della normativa antimafia che, ad ampio spettro, esige che l’attività economica sia espletata con il corredo della documentazione antimafia che, ove mancante, impone la paralisi dell’attività medesima e la rimozione dei suoi effetti. Né vale sostenere che il permesso di costruire vada valutato con esclusivo riferimento ai presupposti esistenti al momento della sua emanazione e sia insuscettibile di essere ritirato, se emerge che esso abbia costituito il mezzo attraverso il quale si sia favorita la criminalità. Come incidentalmente chiarito dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del 26/10/2020 n. 23 (a proposito di erogazioni pubbliche, affermante principi generali valevoli al di là del tema specifico), “le disposizioni degli articoli 92 e 94 intendono affermare per il tramite del non appropriato riferimento agli istituti della “revoca” (del provvedimento) e del “recesso” (dal contratto), che l’accertamento dell’intervenuta “condizione risolutiva” altro non è che l’accertamento successivo (consentito dalla legge) dell’incapacità giuridica del soggetto ad essere destinatario di provvedimenti amministrativi ovvero ad essere parte del contratto ad evidenza pubblica”».

Il primo giudice ha quindi concluso, affermando che «[c]iò vale a disattendere anche la censura dei secondi motivi aggiunti sulla supposta qualificazione in termini di revoca del provvedimento emesso dal Comune di -OMISSIS- (ipotizzando che dovesse prevedersi la corresponsione di un indennizzo) trattandosi come appena detto del doveroso ritiro di un atto che non avrebbe dovuto essere rilasciato (né può affermarsi che debba accordarsi il valore delle opere eseguite, eventualmente riferibile ai casi di opera pubblica in parte utilizzabile dalla P.A., non già allorquando il privato abbia realizzato il bene per fini esclusivamente propri). L’indicato carattere vincolato del provvedimento esclude infine che rilievi la mancanza della comunicazione di avvio del procedimento».

7.2.- Anche tale motivazione resiste alle censure dell’appellante.

Deve essere chiarito, in primo luogo, che, nonostante il Tar Campania qualifichi l’attività dell’appellante come «commerciale», è tuttavia chiaro che il riferimento è, nei fatti, ad un’attività imprenditoriale (di realizzazione e vendita di ventitré unità immobiliari), sicché il provvedimento impugnato in primo grado si fonda sull’art. 92, comma 3, del codice antimafia, che impone il ritiro della autorizzazioni, delle concessioni e dei contratti di cui all’art. 67, tra cui qui rilevano le «altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati».

E’ poi corretta l’affermazione del primo giudice, secondo cui, al di là del nomen iuris dato al provvedimento, esso si risolve in un atto di ritiro vincolato ed accertativo della temporanea incapacità giuridica del soggetto ad essere destinatario di provvedimenti amministrativi ampliativi (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 6 aprile 2018, n. 3;
Adunanza plenaria, 23 ottobre 2020, n. 23;
Adunanza plenaria, 6 agosto 2021, n. 14, Sezione III, 22 novembre 2021, n. 7810).

Del pari è corretta l’affermazione che, proprio in ragione della sua natura vincolata ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 22 marzo 2022, n. 2083;
Sezione II, 3 novembre 2021, n. 7353;
Sezione IV, 14 gennaio 2019, n. 309) e della sua riconducibilità al novero dei provvedimenti «in materia di tutela antimafia» (tra le tante, Consiglio di Stato, Sezione III, 7 dicembre 2021, n. 8178), esso non abbisognava di previa comunicazione di avvio del procedimento.

8.- Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza con esso impugnata.

9.- Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza dell’appellante e si liquidano come da dispositivo.

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