Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-06, n. 202210661

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-12-06, n. 202210661
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210661
Data del deposito : 6 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2022

N. 10661/2022REG.PROV.COLL.

N. 00794/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 794 del 2016, proposto dalla ditta Sogeprim s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M E C e G L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L in Roma, via Costabella, n. 23;

contro

il Comune di Monterotondo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato N M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza dell’Orologio, n. 7;
la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), n. 8110 del 9 giugno 2015, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Monterotondo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato l’appello proposto dalla società Sogeprim s.r.l. avverso la sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 8110 del 9 giugno 2015.

2. Si premette che la ditta Sogeprim s.r.l., odierna appellante, è proprietaria di un fondo ubicato nel comune di Monterotondo, in via San Martino n. 31, individuato nel catasto al foglio n. 41, particelle nn. 281, 282, 283, 284, 285, 286 e 726, della superficie complessiva di 10.724 mq.

2.1. Durante la vigenza del precedente strumento urbanistico, costituito dal piano regolatore generale - PRG del 1976, tale area era ricompresa in parte a Zona “B”, sottozona “B32”, di edilizia attuale e di completamento, in parte Zona “E” agricola e su una sua porzione era stata localizzata parte del tracciato della viabilità pubblica.

2.2. In data 14-15 aprile 1999, con la deliberazione n. 47 del consiglio comunale è stata adottata la variante generale al PRG 1976, che si proponeva di apportare alcune modifiche all’originaria pianificazione, esclusivamente con riguardo alle aree site in zone periferiche del territorio che necessitavano di servizi/standard e opere di urbanizzazione.

2.3. A causa di alcune incongruenze riscontrate, la variante non venne pubblicata e la giunta comunale, con la deliberazione n. 183 del 23 giugno 2000, ha approvato il documento programmatico per la revisione della variante generale.

2.4. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 126 del 21 dicembre 2000, è stata riadottato il progetto di variante generale al p.r.g. con i relativi elaborati digitalizzati, che è stato anche depositato in visione al pubblico presso la segreteria comunale dal 21 febbraio 2001 al 22 marzo 2001.

2.5. I terreni di proprietà della ricorrente venivano destinati, come il precedente PRG 1976, in parte a Zona “B”, sottozona “B4”, di “edilizia attuale e di completamento” e in parte a zona agricola “E”, sottozona “E1”, di particolare pregio ambientale.

2.6. In data 14 ottobre 2002, il Comune ha rilasciato i titoli edilizi per la realizzazione di un complesso residenziale, in virtù di concessioni edilizie regolarmente rilasciate.

2.7. In sede di pubblicazione degli elaborati di Piano, gli uffici tecnici comunali hanno riscontrato che, in fase di digitalizzazione, soprattutto per motivi imputabili a diverse scale di rappresentazione grafica, in alcune zone si sono verificati degli scostamenti di perimetro, riguardanti anche l’area di proprietà dell’appellante, che, secondo la prospettazione del Comune, è risultata leggermente aumentata nella sezione destinata a “edilizia attuale e di completamento”. Pertanto, con l’osservazione d’ufficio n. 147, sub 4, il servizio tecnico del Comune proponeva di riconfermare, per tali aree, le destinazioni d’uso come stabilite nel PRG 1976 (e, dunque, di rettificare la cartografia del piano).

2.8. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 64/2003, riguardante le osservazioni presentate, il Comune ha accolto parzialmente la suddetta osservazione stabilendo di “ riconfermare le destinazioni d’uso del PRG 1976 per quanto riguarda le zone A e B, mentre per le zone C e D solamente quelle con Piano Attuativo approvato ”.

2.9. Con la deliberazione n. 36/2004 il consiglio comunale ha poi preso atto delle modifiche apportate in ragione dell’accoglimento dell’osservazione del servizio tecnico del Comune e approvato la relativa nuova “graficizzazione”.

2.10. Con la delibera della giunta della Regione Lazio n. 841 del 13 novembre 2009, la Regione Lazio ha approvato la variante generale al p.r.g. del Comune di Monterotondo.

3. Ritenendo gli atti del procedimento lesivi del suo interesse proprietario, la società ha impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio:

a) la delibera di Giunta regionale n. 841 del 13 novembre 2009, con cui è stata approvata la variante generale al P.r.g. del Comune di Monterotondo;

b) la delibera del Consiglio comunale del Comune di Monterotondo n. 64 del 22 maggio 2003 di controdeduzioni alle osservazioni presentate;

c) la delibera del Consiglio comunale del Comune di Monterotondo n. 36 del 5 aprile 2004 di presa d’atto delle modifiche apportate a seguito delle osservazioni accolte.

3.1. Con il primo motivo di ricorso, la società ha dedotto che il provvedimento di approvazione avrebbe modificato in peius le destinazioni urbanistiche dell’area di sua proprietà, previste nell’atto di adozione della variante e nel precedente strumento urbanistico, per un “mero errore grafico”, riducendone la porzione edificabile.

Si puntualizza che ciò sarebbe reso evidente dall’intendimento, più volte espresso dal Comune e dalla Regione, “ di mantenere le zone B derivanti dal P.R.G. del ‘76 ” (pag. 5 ricorso di primo grado).

3.2. Con il secondo motivo di ricorso, la società ha gravato il provvedimento di approvazione rilevando che il Comune non avrebbe potuto assumere alcuna determinazione in merito alla sua area in assenza di specifiche osservazioni.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso, la società ha dedotto che la diversa zonizzazione dell’area di sua proprietà avrebbe comportato una modifica sostanziale della destinazione urbanistica dell’area.

3.4. Con il quarto motivo di ricorso, si è censurato il provvedimento, perché avrebbe assegnato la destinazione agricola ad una parte del fondo, benché si tratti di un’area inserita in un contesto insediativo oramai edificato ed urbanizzato, con conseguente insussistenza di quei presupposti di fatto per una sua qualificazione come zona agricola. Con un’ulteriore censura, la ricorrente ha affermato l’illegittimità degli atti, in quanto “ l’area non raggiungerebbe le dimensioni del lotto minimo previste per la zona agricola E1 ”.

3.5. Con il quinto motivo di ricorso, si grava il provvedimento perché non chiarirebbe le ragioni che giustificherebbero il superamento della precedente destinazione edificatoria.

3.6. Si è costituito in giudizio il Comune, che ha domandato il rigetto del ricorso.

3.7. La Regione Lazio, ancorché intimata in giudizio, non si è costituita.

4. Con la sentenza n. 8110/2015, il T.a.r. ha respinto il ricorso e condannato la società al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 2.000,00 a favore del Comune di Monterotondo.

4.1. Segnatamente, il T.a.r.:

a) ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo infondata la doglianza della società, la quale non potrebbe fondatamente dolersi che, nel corso dell’adozione della variante generale del 1999, le fosse stata assegnata una superfice edificabile maggiore, in quanto quel procedimento di variante non si è perfezionato e il comune ha deciso, successivamente, di ridimensionare la superficie edificabile attribuendole la medesima quota già prevista dal p.r.g. del 1976, tenuto anche conto che il terreno aveva, già in parte, vocazione agricola;

b) ha respinto il secondo motivo di ricorso, in quanto la modifica della decisione inerente al fondo della società sarebbe scaturita dalle osservazioni presentate dal servizio urbanistica comunale, delle quali l’ente ha tenuto conto e, ad ogni modo, venendo meno il vincolo relativo alla viabilità precedentemente gravante sull’area, la superficie edificabile del fondo sarebbe addirittura aumentata rispetto a quella del p.r.g. del 1976;

c) ha respinto il terzo motivo di ricorso, accogliendo la difesa del Comune e affermando che non vi è stata una modifica della destinazione urbanistica dell’area, che ha mantenuto la sua vocazione edificatoria;

d) ha respinto il quarto motivo di ricorso, rilevando che la destinazione urbanistica del terreno è rimasta quella previgente: in parte a vocazione “agricola” e in parte a vocazione “edilizia” (salvo che per un lieve incremento della superficie a destinazione agricola). Si è altresì affermato, sull’ulteriore censura articolata nel motivo, che il “lotto minimo” è previsto soltanto per consentire l’edificazione sulle aree a destinazione agricola;

e) ha respinto il quinto motivo di ricorso, perché il Comune avrebbe esplicitato nella relazione generale alla variante generale l’obiettivo di contenere il consumo di suolo.

5. La società ha impugnato la sentenza di primo grado, proponendo cinque motivi di appello.

5.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Monterotondo, resistendo all’appello e domandandone il rigetto.

5.2. Con la memoria del 27 maggio 2022, il Comune ha esposto le sue difese.

5.3. In pari data, l’appellante ha, a sua volta, depositato una memoria difensiva con la quale ha illustrato le deduzioni già svolte nell’appello.

5.4. Ambedue le parti del giudizio hanno depositato memorie di replica.

6. All’udienza del 24 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il Collegio ritiene che si debba procedere all’esame dei motivi di appello, accantonando, per il momento, l’esame del primo motivo.

7.1. Vanno dunque esaminati dapprima il secondo e il terzo che sviluppano censure che possono essere esaminate e decise congiuntamente, per la loro connessione oggettiva.

7.2. Con il secondo motivo di appello, si grava la sentenza rilevandosi che l’osservazione presentata dall’ufficio urbanistica ha interessato l’intero territorio comunale e non, specificamente, l’area della società, sicché il Comune non poteva decidere sull’area di proprietà della stessa, in assenza di un’osservazione specificamente presentata dalla società.

7.2.1. Con il terzo motivo di appello, la società impugna il capo della sentenza che ha respinto il terzo motivo di ricorso di primo grado, rilevando che il T.a.r. avrebbe errato nel non ritenere sostanziale la modifica apportata dal Comune in sede di approvazione, allorché, modificando le Tavole di zonizzazione, ne ha ridotto la potenzialità edificatoria, e dunque necessaria (ai fini della sua legittimità) la ripubblicazione della variante di piano.

7.3. I motivi di appello sono infondati e, per la loro disamina, giova esaminare, per prima, la censura articolata nel terzo motivo.

7.3.1. Il Collegio evidenzia che, secondo la consolidata e condivisa giurisprudenza del Consiglio di Stato, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni della pianificazione sovraordinata, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi), modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali), e modifiche “concordate” (conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune). Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie in esame (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027;
Sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944);

7.3.2. Muovendo dall’implicito assunto di parte, secondo cui non si verterebbe, nel caso di specie, in tema di modifiche “obbligatorie”, il Collegio evidenzia che, in materia urbanistica, l’eventualità che le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute;
pertanto, soltanto laddove chi ha interesse dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da capo il relativo procedimento di formazione;
l’eventuale necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l’impostazione di Piano stesso. Costituisce, perciò, principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui si rende necessaria la ripubblicazione del piano solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una “ rielaborazione complessiva ” del piano stesso, e cioè un “ mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione ” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944;
Sez. IV, 21 settembre 2011, n. 5343, id., 26 aprile 2006 n. 2297, id., 31 gennaio 2005, n. 259;
id., 10 agosto 2004, n. 5492), mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027;
Sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5769).

7.3.3. Applicando i suesposti principi al caso di specie, il Collegio evidenzia che la rettifica operata dal Comune, sulla base di un rilievo del suo stesso ufficio tecnico, non può considerarsi un “ mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla … impostazione ” del Piano, né un suo “ stravolgimento ” o un suo “ profondo mutamento ”, tale da comportare l’obbligo di ri-pubblicazione del piano ai fini della sua legittimità.

7.3.4. I principi richiamati inducono, altresì, a respingere la diversa ma connessa censura articolata con il secondo motivo di appello.

7.3.5. Dai precedenti che hanno approfondito funditus la problematica della fase partecipativa della presentazione delle osservazioni agli strumenti urbanistici adottati, si evince l’infondatezza in diritto della tesi sostenuta dall’appellante, in quanto in tali pronunce non è mai stata affermata la sussistenza di un vincolo di corrispondenza biunivoca ed esclusiva fra la titolarità della proprietà dell’area e la legittimazione a presentare osservazioni su quell’area.

7.3.6. La disamina degli articoli 9 e 10 della legge del 17 agosto 1942 n. 1150 smentisce la tesi sostenuta dall’interessata, ossia che il Comune non avrebbe potuto procedere ad una modifica del Piano riguardante il terreno di sua proprietà sulla base di un’osservazione non proposta dalla ditta proprietaria (bensì dal servizio tecnico dello stesso Comune che aveva riscontrato un errore nella redazione della parte cartografica del Piano), non contenendo alcun elemento di carattere testuale o, tanto meno, sistematico che corrobori questa interpretazione della normativa, de facto sminuente la potestà pianificatoria dell’Ente, in contrasto con la ratio della normativa stessa.

7.3.7. Il secondo e il terzo motivo di appello vanno pertanto respinti.

7.4. Con il quarto motivo di appello, ci si duole della pronuncia impugnata per aver respinto il quarto motivo di ricorso di primo grado, con il quale si era censurata l’insussistenza dei presupposti per ritenere l’area in esame a destinazione “agricola”, anche in considerazione dell’insussistenza del “lotto minimo” per potersi qualificare come “zona agricola”.

7.4.1. Come correttamente statuito dal T.a.r., le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. da Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163 a Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986) e non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. (cfr. da Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2420 a Sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666).

7.4.2. A tale proposito, il Collegio rileva che le c.d. zone agricole, oltre a comprendere le aree destinate effettivamente all’attività agricola, possono includere anche aree, solitamente periferiche, le quali, benché non utilizzate, in concreto, all’esercizio dell’agricoltura, non possono secondo le valutazioni del pianificatore avere altra valutazione urbanistica (Cons. Stato, Sez. II, 28 febbraio 2020, n. 1461;
cfr. anche 22 gennaio 2021, n. 659 e 13 ottobre 2021 n. 6883).

7.4.3. Risulta parimenti corretta la statuizione della sentenza di primo grado, che ha rilevato come la previsione di un “lotto minimo” per le zone a destinazione agricola non costituisca un presupposto previsto per poter attribuire la destinazione agricola al fondo, bensì l’unità minima necessaria affinché su quel fondo si possa autorizzare, da parte del comune, l’edificazione degli edifici strumentali all’attività di coltivazione o di carattere residenziale a servizio del fondo, al fine di evitare che le aree a destinazione agricola vengano surrettiziamente trasformate, mediante la loro vendita frazionata e mediante la costruzione di edifici su ciascuna di esse, in lotti a destinazione sostanzialmente residenziale.

7.4.4. Il quarto motivo di appello va respinto.

7.5. Con il quinto motivo di appello, si grava la sentenza per non aver accolto la censura di difetto di motivazione del provvedimento di approvazione della variante.

7.5.1. In base alla costante e pacifica giurisprudenza di questo Consiglio, della quale il T.a.r. ha fatto applicazione nello scrutinio della doglianza di ricorso, gli atti di pianificazione non necessitano di motivazione che sia puntuale per ciascuna specifica previsione di piano, riguardante la singola area (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844).

7.5.2. Nel caso di specie, la motivazione contenuta nella relazione generale è pienamente pertinente alla scelta comunale di confermare la pregressa destinazione del suolo di proprietà della società, per evitare il consumo di suolo mediante l’incremento della superficie edificabile.

7.5.3. Il quinto motivo di appello va pertanto respinto.

7.6. Con il primo motivo di appello, la società grava la sentenza del T.a.r. rilevando che l’accoglimento dell’osservazione dell’ufficio comunale n. 147, non avrebbe comportato la mera rettifica dell’errore grafico ravvisato dal suddetto ufficio, bensì una rappresentazione cartografica di una parte del fondo di proprietà della società diversa da quella del PRG del 1976 (e, perciò, la diminuzione della porzione edificabile del fondo, che sarebbe passata, a causa di questo errore nella rappresentazione grafica e della minore porzione del fondo ricompresa nella zona a destinazione urbanistica “B”, da 5.549,87 mq a 5.400,00 mq, come da perizia giurata depositata in atti).

7.6.1. Alla riduzione della superficie edificabile si sarebbe accompagnata anche la riduzione della cubatura realizzabile, anche in ragione del fatto che non sarebbe utilizzabile, ai fini dell’edificazione, una parte del fondo sulla quale è stato eliminato il vincolo di viabilità.

7.6.2. Il primo motivo di appello necessita dello svolgimento di un approfondimento istruttorio.

7.6.3. Il Collegio evidenzia che, con il primo motivo di appello, la società si duole del fatto che sarebbe stato compiuto un errore a suo danno, in sede di redazione della parte cartografica dello strumento di pianificazione, in quanto, nella rappresentazione del fondo della società appellante, sarebbe stata disegnata una porzione inferiore destinata a zona B, rispetto a quella avente la medesima destinazione, già disegnata nel piano del 1976.

7.6.4. Per poter decidere sulla censura di parte, va pertanto disposta verificazione finalizzata ad accertare se sussista, effettivamente, l’errore cartografico di cui si lamenta la società, demandando, a tal fine, al direttore regionale per il Lazio dell’Agenzia delle entrate e del territorio, con facoltà di sub-delega ad un funzionario sottordinato dotato della necessaria qualificazione, competenza ed esperienza professionale, l’incarico di rispondere al seguente quesito:

dica il verificatore se, dal raffronto fra la parte cartografica del PRG del 1976 e la parte cartografica della variante generale al PRG, riguardanti l’area di proprietà della società Sogeprim (Comune di Monterotondo, foglio n. 41, particelle nn. 281, 282, 283, 284, 285, 286 e 726), emerge che:

a) la superficie delle aree di proprietà della società, per effetto delle correzioni apportate con la delibera n. 36/2004 all’atto di adozione della variante generale al PRG del comune di Monterotondo, veniva riportata all’originario perimetro previsto dal PRG del 1976;

b) ovvero che vi è stata una differente perimetrazione dell’area in questione, da parte del Comune di Monterotondo, che ha comportato una diminuzione della porzione dell’area destinata a zona B ”.

7.6.5. A tanto il Commissario ad acta nominato dovrà provvedere, con propria relazione da depositarsi presso la Segreteria della Sezione, entro 120 (centoventi) giorni dalla comunicazione della presente sentenza, o da quella di notificazione, se anteriore.

7.6.6. A favore del Commissario si dispone un acconto immediatamente esigibile pari ad € 2.000,00 (euro duemila/00), con onere a carico solidale delle parti.

8. Alla luce di quanto sin qui considerato vanno respinti il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di appello, mentre sul primo motivo di appello va disposta verificazione nei sensi di cui in motivazione.

9. Spese al definitivo.

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