Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-22, n. 202102420

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-22, n. 202102420
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102420
Data del deposito : 22 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2021

N. 02420/2021REG.PROV.COLL.

N. 04300/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4300 del 2019, proposto dalla Agricola Generale s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore , Ing. B R, rappresentata e difesa dall’avvocato B S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G C in Roma, via Cicerone, n. 44;

contro

il Comune di Monza, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M A B, A B, G M e P G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

la Provincia di Monza e della Brianza, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Elisabetta Baviera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizi;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano (Sezione Seconda), n. 2712 del 3 dicembre 2018, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monza e della Provincia di Monza e della Brianza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020 - svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell'art. 25 D.L. 137 del 2020 - il consigliere M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio concerne la legittimità della delibera che ha approvato la variante al P.G.T. del Comune di Monza, nella parte in cui ha interessato i terreni di proprietà dell’odierna appellante, attribuendo loro in parte destinazione ad “area agricola” e in parte “destinazione residenziale”.

2. L’interessata ha premesso che:

a) è proprietaria delle aree site nel Comune di Monza di cui al comparto 2MO30 ex Cimep che, in sede di approvazione del Piano di Governo del Territorio del 2007, è stato suddiviso in due sotto-ambiti a destinazione residenziale, 50a (edilizia economica e popolare) e 50b (edilizia libera);

b) si tratta di due sub-ambiti omogenei, confinanti, situati in una zona del territorio comunale in cui sono presenti numerosissime edificazioni commerciali, terziarie, uffici, produttive, ed anche palazzi di pubblici uffici e residenze;

c) con riferimento all’ambito 50b “Via Lario-Via Monte Legnone”, catastalmente identificato ai mappali 36 e 37, fg. 24, già nel 2008 e poi nel 2015, ha presentato due proposte di piano attuativo, a firma di tutte le proprietà del comparto interessate, esitate in due dinieghi, impugnati con giudizi ancora pendenti;

d) con l’adozione del P.G.T., avvenuta il 07 luglio 2016, si è scoperto che la variante adottata dal Comune, prevedeva una disciplina ostativa all’edificazione nel solo sub ambito 50b (mappali 36 e 37, fg. 24), prima destinato a “edilizia libera”, venendo tale area ri-pianificata come “agricola”, essendo stata invece conservata l’edificazione solo per l’Ambito 50a, quello cioè destinato a c.d. “edilizia economica e popolare (E.E.P.)”.

3. Poiché le osservazioni con le quali ha domandato la diversa pianificazione dell’area non sono state accolte, la proprietaria dell’area ha impugnato gli atti attuativi della variante al P.G.T.

3.1. Nell’ambito del giudizio di prime cure, la società ha dedotto l’illegittimità degli atti gravati:

a) per difetto di istruttoria e motivazione, per non aver il Comune di Monza verificato o tenuto conto che l’area destinata a vocazione agricola si inserisce in un contesto interamente urbanizzato e, per di più, si tratterebbe di lotto intercluso;

b) per violazione della legge della Regione Lombardia n. 31 del 2014: la modifica della destinazione di zona sarebbe stata giustificata dal Comune per evitare ulteriore consumo di suolo, ma le finalità della suddetta legge regionale possono essere attuate soltanto all’esito dell’adeguamento dei piano del piano regionale e provinciale, non ancora avvenuto;
inoltre, i P.G.T. scaduti vengono addirittura prorogati ex lege dalla suddetta normativa, proprio per attendere il perfezionamento di tale percorso di adeguamento;

c) perché procedendo alla nuova pianificazione in variante, il Comune si è arrogato competenze che spetterebbero alla Regione e alla Provincia, emanando perciò atti nulli per difetto assoluto di attribuzione;

d) per non aver fornito alcuna motivazione della reiezione dell’articolata osservazione presentata dagli interessati;

e.1) perché non può neppure parlarsi di illegittima commistione e sovrapposizione fra il procedimento di V.A.S. e quello urbanistico, poiché il Consiglio comunale non ha pedissequamente recepito le valutazioni espresse in sede di procedimento di valutazione ambientale, come dimostra la predisposizione di emendamenti e il voto da parte del Consiglio comunale;

e.2) perché non sussisteva l’obbligo di convocazione della Conferenza finale, atteso il non verificarsi dei presupposti previsti dalla delibera n. 9/761, affinché divenga necessario un simile incombente.

4. Il Comune, costituitosi in giudizio, ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

5. Il Tribunale amministrativo regionale, dopo aver disatteso le eccezioni pregiudiziali di rito, ha respinto il ricorso, rilevando:

a) relativamente alla prima censura, che:

a.1) le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di pianificazione urbanistica si caratterizzano per un’ampia discrezionalità e non richiedono pertanto una specifica motivazione;

a.2) con tali scelte possono trovare spazio anche esigenze di tutela ambientale ed ecologica, tra le quali spicca proprio la necessità di evitare l’ulteriore edificazione;

a.3) anche laddove si fosse al cospetto di aree ampiamente urbanizzate, non per questo se ne può escludere la rilevanza dal punto di vista ambientale, per ragioni di compensazione ambientale;

a.4) non sussiste un affidamento qualificato alla permanenza della precedente vocazione funzionale, poiché non si è data prova di una di quelle situazioni che legittimano tale posizione;

b) non si applicano le norme della disciplina transitoria di cui alla legge regionale n. 31 del 2014 rispetto a quei piani o a quei documenti di piano che sono già scaduti, come, nel caso di specie, il P.G.T. del comune di Monza, sicché ben poteva l’ente provvedere alla pianificazione in variante del documento di piano di cui si era già consumata la scadenza;

c) il terzo motivo di ricorso va respinto per motivazioni analoghe a quelle esposte con riferimento alla censura precedente;

d) il Comune ha motivatamente respinto le osservazioni presentate dall’interessata al piano, con un atto che risulta sottoscritto elettronicamente dal dirigente competente e del quale, comunque, non è contestata la paternità;

e.1) non sussiste la sovrapposizione fra procedimenti, denunciata da parte ricorrente, poiché il consiglio comunale non ha affatto mutuato pedissequamente e in modo asettico la valutazione espressa dalle Autorità v.a.s., come dimostra la predisposizione di emendamenti e il voto da parte del Consiglio comunale (cfr. la comunicazione del 13 febbraio 2017);

e.2) non vi era, altresì, alcun obbligo di convocazione della conferenza finale da parte dell’autorità procedente, poiché non sarebbero emersi “ nuovi elementi conoscitivi e di valutazione ” dalle osservazioni pervenute.

6. L’interessata ha impugnato la sentenza di primo grado.

7. Con il primo motivo di appello, è lamentata l’erroneità della sentenza, perché essa non avrebbe considerato che il potere di pianificazione urbanistica del Comune non è assoluto e deve essere invece basato su una congrua istruttoria e giustificato da una altrettanto congrua motivazione. Per gli appellanti, l’amministrazione, nell’esercizio di tali poteri, non può spingersi fino ad attribuire al bene una conformazione del tutto astratta ed esorbitante dalle sue oggettive connotazioni naturalistiche e funzionali e, dunque, sarebbe illogico qualificare un’intera zona come agricola, quando essa è invece edificata da tempo e su di essa si svolgono attività economiche autorizzate.

Si censura la circostanza che né dagli atti impugnati né dalla sentenza si evincerebbero in maniera convincente gli interessi concretamente perseguiti dal Comune mediante la destinazione impressa sui fondi degli appellanti.

Quand’anche si volesse giustificare tale scelta per ridurre il consumo di suolo – prosegue l’appellante con una seconda diversa doglianza – una simile scelta sarebbe illegittima poiché alla luce della rinnovata valenza conferita al diritto di proprietà specialmente dalle norme di rango sovranazionale non può più consentirsene una sua ingiustificata limitazione senza che ciò comporti un serio ristoro.

Sarebbe irragionevole, a parere dell’interessata, prevedere il potere di imprimere una destinazione diversa da quella edificatoria ad un fondo al solo scopo di porre rimedio all’errata pianificazione in precedenza effettuata e consistita nell’aver consentito agli altri proprietari di costruire indiscriminatamente ed eccessivamente.

8. Con il secondo motivo, si è gravata la pronuncia nel capo in cui ha ritenuto sussistente il potere del Comune di procedere all’approvazione di una variante al P.G.T., poiché la legge regionale n. 31 del 2014 non potrebbe applicarsi all’attività di pianificazione effettuata.

Sarebbe infatti inesatta, secondo l’appellante, la statuizione del Tribunale amministrativo, in quanto la citata legge regionale fissa principi programmatici e regole puntuali operanti a far tempo dalla sua entrata in vigore, che nel caso di specie non sarebbero stati rispettati dal Comune di Monza (si fa riferimento, a questo proposito, alle nozioni di “superficie agricola”, “fondi non edificati” o a quelli “edificati dei quali è impossibile la riqualificazione”, che non sarebbero state correttamente applicate).

La sentenza di primo grado è stata inoltre censurata, per violazione dell’art. 5, comma 4, legge regionale n. 31 del 2014, che non consentirebbe la pianificazione comunale, in assenza di un aggiornamento della pianificazione sovraordinata di coordinamento di tipo regionale e provinciale.

Infine, la pianificazione del Comune di Monza non poteva ritenersi scaduta o, comunque, in base alla legge regionale n. 31 del 2014, doveva intendersi prorogata o “mantenuta ferma” nelle sue statuizioni.

9. Con il terzo motivo, si lamenta l’apoditticità della sentenza del T.a.r. per non aver rilevato che il Comune ha esercitato competenze spettanti alla Regione e alla Provincia e dunque i suoi atti sarebbero nulli per difetto assoluto di attribuzione.

10. Con il quarto motivo, si censura la sentenza di primo grado, perché il Comune, nel corso del procedimento, non avrebbe adeguatamente controdedotto alle osservazioni presentate dagli interessati.

11. Con il quinto motivo, si impugna la sentenza relativamente alle statuizioni concernenti le doglianze di prime cure relative alla v.a.s., che il Tribunale amministrativo avrebbe erroneamente rigettato.

Si reitera la critica degli atti, in ragione della commistione e della sovrapposizione tra la procedura di v.a.s. e le relative valutazioni, rispetto alla procedura di approvazione finale del Piano di governo del territorio, nonché la mancata convocazione della conferenza di valutazione finale.

12. In data 3 luglio 2019, si è costituita in giudizio la Provincia di Monza e Brianza, la quale, con memoria del 16 ottobre 2020, ha insistito per la reiezione dell’appello e la declaratoria di inammissibilità delle doglianze articolate dall’appellante, ribandendo che nessun atto provinciale è stato da questi impugnato.

13. In data 8 ottobre 2020, si è costituito in giudizio il Comune di Monza, il quale ha resistito all’appello, domandandone il rigetto e articolando le sue difese nella successiva memoria del 19 ottobre 2020.

14. Con memoria del 16 ottobre 2020, parte appellante ha illustrato ulteriormente alcuni dei motivi d’appello proposti.

15. Con repliche del 28 ottobre 2020, parte appellante ha preso posizione sulle difese articolate dagli enti appellati.

16. All’udienza del 19 novembre 2020, svoltasi con modalità telematiche, la causa è stata trattenuta in decisione.

17. Giunge dunque all’esame di questo Consiglio la sentenza del T.a.r. Lombardia, che ha statuito la legittimità degli atti di approvazione della variante al P.G.T. del Comune di Monza, relativamente ai suoli dell’odierna parte appellante.

18. Può intraprendersi l’esame dei motivi di appello con la disamina del primo mezzo di gravame. 19. Esso è infondato.

19.1. Quanto alla doglianza relativa all’illegittimità del potere di pianificazione esercitato dal Comune, il Collegio rileva che, con dovizia di argomentazioni, corroborate con rimandi alla consolidata giurisprudenza amministrativa, il T.a.r. per la Lombardia ha evidenziato l’ampia discrezionalità di cui è titolare il Comune nell’esercizio della sua potestà pianificatoria.

19.2. Come statuito in primo grado, la pacifica giurisprudenza ha rilevato che:

a) le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;
Sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051;
Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960;
Sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611;
Sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345;
Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986).

b) esse non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. (Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456;
Sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297;
Sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;
Sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326;
Sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666);

c) non richiedono, inoltre, una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall’ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844);

d) sono censurabili oltre che per violazione di legge, solo per illogicità o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (Cons. Stato, Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086;
Sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484;
Sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780;
sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037;
sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;
sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589;
sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).

19.3. Questi principi costituiscono il punto di partenza per procedere all’esame del motivo di appello.

19.3.1. Invero, parte appellante deduce, preliminarmente, la sussistenza di un travisamento dei fatti e un difetto di istruttoria, che si sarebbe verificato perché il Comune non avrebbe tenuto conto né delle caratteristiche tipologiche del terreno oggetto della destinazione di piano contestata, né, tantomeno, di quelle dei suoli circostanti.

La scelta dell’amministrazione sarebbe pertanto arbitraria e manifestamente illogica e irragionevole.

Si lamenta, inoltre, il difetto di motivazione degli atti impugnati, che non avrebbero manifestato quali siano gli interessi pubblici perseguiti con la destinazione di zona prescelta.

19.3.2. Il Collegio, in applicazione dei principi sopra riportati, ritiene che le doglianze di parte siano infondate.

Va rilevato come la sentenza di primo grado abbia adeguatamente motivato sulla congruità delle scelte operate dall’amministrazione.

19.3.3. A tale riguardo, in considerazione delle censure d’appello, questo Collegio ritiene di evidenziare che, dalla rappresentazione fotografica dell’area e, in particolare dalla foto depositata in primo grado, in data 12 settembre 2018, come documento “n. 32 – veduta aerea”, da parte del Comune di Monza, emerge che i lotti per i quali è causa sono completamente inedificati e costituiscono, attualmente, dei prati o dei campi.

Essi si collocano effettivamente al confine con un’area urbanizzata, come affermato dagli appellanti, ma, al contempo, costituiscono il “lembo” più avanzato di una vasta area verde destinata a prati o a campi.

Conseguentemente, la statuizione del T.a.r., secondo cui “ l’area per cui è causa è essenzialmente libera e comunque non è interclusa come afferma la ricorrente ”, si palesa corretta e scevra da qualsivoglia errore di valutazione o travisamento dei fatti di causa.

La destinazione impressa dalla pianificazione comunale è, pertanto, pienamente legittima ed espressione della discrezionalità amministrativa del Comune, la quale, in quanto priva di errori di fatto, valutazioni abnormi o patenti irrazionalità, è insindacabile ( ex multis , Cons. Stato Sez. II, 04 maggio 2020, n. 2824).

D’altra parte, è ovvio che, quando vi è la pianificazione, una specifica destinazione sia impressa fino ad un’area, oltre la quale se ne imprime un’altra.

19.4. La censura esaminata va pertanto respinta.

19.5. È invece inammissibile la doglianza concernente l’asserita violazione del diritto di proprietà e, segnatamente, della sua facoltà di godimento, intesa quale facoltà di sfruttarne le potenzialità edificatorie.

L’appellante lamenta, per la prima volta, in questo grado di giudizio, l’avvenuta violazione dell’art. 42 della Costituzione da parte degli atti di pianificazione, perché, a suo dire, si sarebbe verificata, a suo danno, un’espropriazione di valore, come tale indennizzabile.

Tuttavia, nei motivi di censura articolati in primo grado, l’interessata non ha mai dedotto simili argomentazioni a sostegno della domanda di annullamento spiegata nei confronti della variante al P.G.T. impugnata.

La censura, in esame, come ulteriore doglianza nell’ambito del primo motivo risulta violare perciò la disciplina dettata dall’art. 104, comma 1, c.p.a., che non ammette la deduzione di una nuova causa petendi in appello (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 29 gennaio 2020, n. 714).

19.6. D’altra parte, la censura risulta infondata e va respinta, in considerazione della rilevanza sociale del diritto di proprietà e della compatibilità con la Costituzione e con la CEDU delle disposizioni di legge che attribuiscono poteri di pianificazione, volti a tutelare la qualità della vita e dell’ambiente.

19.7. La censura esaminata va pertanto dichiarata inammissibile.

20. Può procedersi all’esame del secondo motivo di appello, inerente alla violazione della legge regionale n. 31 del 28 novembre 2004.

20.1. Va premesso che la Corte Costituzionale, con la sentenza 16 luglio 2019, n. 179, ha avuto modo di affermare come, in linea generale, “ la legge reg. Lombardia n. 31 del 2014 persegue innovative finalità generali, consistenti nell’orientare gli interventi edilizi prioritariamente verso aree già urbanizzate, degradate o dismesse e nel prevedere consumo di suolo esclusivamente se la riqualificazione e la rigenerazione di aree già edificate si dimostri tecnicamente ed economicamente insostenibile (art. 1).

Essa quindi, da un lato, traguarda le più recenti concezioni di territorio, considerato non più solo come uno spazio topografico suscettibile di occupazione edificatoria ma rivalutato come una risorsa complessa che incarna molteplici vocazioni (ambientali, culturali, produttive, storiche) e, dall’altro, è avvertita sul fatto che il consumo di suolo rappresenta una delle variabili più gravi del problema della pressione antropica sulle risorse naturali. In quest’ottica la legge regionale si distingue per aver definito il suolo come «bene comune di fondamentale importanza per l’equilibrio ambientale, la salvaguardia della salute, la produzione agricola finalizzata alla alimentazione umana e/o animale, la tutela degli ecosistemi naturali e la difesa dal dissesto idrogeologico» (art. 1, comma 2).

La legge regionale quindi, nelle sue finalità generali, dimostra di inserirsi in un processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, all’interno della quale si è consolidata la consapevolezza del suolo quale risorsa naturale eco-sistemica non rinnovabile, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale ”.

20.2. Va altresì rimarcato, in punto di fatto, che il presente contenzioso concerne la legittimità dell’approvazione di una variante urbanistica del P.G.T. del Comune di Monza.

20.3. Giova precisare, inoltre, che la normativa transitoria contenuta nell’art. 5, comma 4, della legge della Regione Lombardia del 28 novembre 2014, n. 31, vigente ratione temporis , non inibiva – né avrebbe potuto inibire, in punto di legittimità costituzionale (vedi, infra , la pronuncia della Corte Cost. n. 179 del 2019, proprio con riferimento alla legge regionale n. 31 del 2014, art. 5, comma 4, ultimo periodo) – tutte le attività di pianificazione in variante, ma anzi consentiva quelle espressamente previste dal comma 4.

Il comma 4 dell’art. 5 ha previsto che “ Fino all’adeguamento di cui al comma 3 e, comunque, fino alla definizione nel PGT della soglia comunale del consumo di suolo, di cui all’articolo 8, comma 2, lettera b ter), della l.r. 12/2005, come introdotto dall’articolo 3, comma 1, lettera h), della presente legge, i comuni possono approvare unicamente varianti al PGT e piani attuativi in variante al PGT, che non comportino nuovo consumo di suolo, diretti alla riorganizzazione planovolumetrica, morfologica, tipologica o progettuale delle previsioni di trasformazione già vigenti, per la finalità di incentivarne e accelerarne l’attuazione, esclusi gli ampliamenti di attività economiche già esistenti, nonché quelle finalizzate all’attuazione degli accordi di programma a valenza regionale. Fino a detto adeguamento sono comunque mantenute le previsioni e i programmi edificatori del documento di piano vigente ”.

20.4. Poiché non è stato specificamente contestato da parte dell’appellante sotto quale aspetto la pianificazione in variante attuata dal Comune avrebbe travalicato i limiti posti dalla normativa regionale per l’esercizio di tale potere, deve essere rigettato il motivo di appello che invece contesta la sussistenza tout court di tale potere.

Va evidenziato che la tesi sostenuta dall’appellante, volta ad impedire, “fino all’adeguamento” degli strumenti di piano sovracomunali, ogni forma di pianificazione, da parte del Comune, non può essere condivisa, anche perché, se accolta, porterebbe la normativa regionale, così interpretata, ad essere viziata per illegittimità costituzionale. La Corte Costituzionale, con la già richiamata sentenza n. 179 del 2019, ha infatti sottolineato l’inesauribilità del potere di pianificazione territoriale da parte del Comune, statuendo l’illegittimità costituzionale di quella disposizione – coincidente con l’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 5 – che vietava ogni modificazione di “ previsioni e programmi edificatori del documento di piano vigente ” fino all’adeguamento del piano regionale e di quello provinciale con i dettami della predetta disciplina normativa.

La Corte Costituzionale ha evidenziato che “ la norma impugnata, precludendo ogni modifica al documento di piano quand’anche di carattere riduttivo, e perciò volta a contenere il consumo di suolo, finisce per paralizzare la potestà pianificatoria del Comune al di là di quanto strettamente necessario a perseguire l’obiettivo, e anzi in contraddizione con quest’ultimo ” e ha rimarcato l’esistenza di un “ principio di inesauribilità della funzione di pianificazione urbanistica ” la cui attribuzione spetta ai Comuni.

Pertanto, la tesi dell’appellante finisce per conculcare la potestà pianificatoria comunale e a porsi, in tal modo, in contrasto con quelli che sono i principi sanciti dalla richiamata pronuncia.

20.5. L’appellante censura altresì la sentenza di primo grado, che erroneamente non si sarebbe avveduta della circostanza che il piano comunale doveva intendersi prorogato alla luce della richiamata disciplina regionale e, in particolare, in applicazione dell’art. 5, comma 5.

La censura non risulta fondata.

Va rilevato come la doglianza perda ogni rilievo alla luce delle precedenti deduzioni: sia che il piano fosse stato prorogato ex lege , come sostiene il ricorrente, sia che non lo fosse stato, il Comune ben poteva approvarne una variante, rimanendo nei limiti degli obiettivi, dei principi e delle regole enucleabili dalla legge regionale.

A differenza di quanto dedotto dall’appellante, il Comune disponeva, dunque, di poteri pianificatori che consentivano l’approvazione di varianti al P.G.T.

20.6. Non risulta fondata, infine, l’ulteriore censura, secondo cui non sarebbero stati rispettati i principi programmatici e le regole puntuali fissati dalla Legge regionale n. 31 del 2014.

L’attività di pianificazione, per quanto emerso nel giudizio di primo grado e non è stato censurato con i motivi di appello, è stata preordinata ad attuare la riduzione del consumo di suolo e ha conseguito questo risultato, avendo predisposto una nuova strumentazione finalizzata a raggiungere questo obiettivo.

Va evidenziato che la fattispecie scrutinata – come già osservato – risulta disciplinata dall’art. 5, comma 4, il quale prevede, nell’ambito della disciplina transitoria, da applicarsi “ fino all’adeguamento di cui al comma 3 e, comunque, fino alla definizione nel PGT della soglia comunale del consumo di suolo, di cui all’art. 8, comma 2, lettera b ter), della l.r. 12/2005, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera h), della presente legge ”, che il Comune possa comunque approvare delle varianti, purché – e sono questi gli unici presupposti espressamente richiesti – ciò non comporti nuovo consumo di suolo e sia rivolto ad attuare determinate finalità puntualmente indicate nella legge.

Poiché non sono questi presupposti ad essere contestati, la doglianza va disattesa.

20.7. Sulla base delle motivazioni sin qui esposte, il secondo motivo di appello va respinto.

21. Parimenti, va disattesa la censura relativa all’asserito difetto di attribuzione in cui sarebbe incorso il Comune di Monza.

21.1. Per la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. IV, 26 gennaio 2021, n. 778;
Sez. IV, 30 dicembre 2020, n. 8516), il ‘difetto assoluto di attribuzioni’ è configurabile soltanto quando una Amministrazione non è titolare di alcun potere in materia.

Tale radicale vizio dell’atto “ è configurabile, in particolare, solo in casi in cui un atto non possa essere radicalmente emanato dall'autorità amministrativa, in quanto priva di alcun potere nel settore ” (Cass. civ. Sez. Unite, 3 ottobre 2016, n. 19682), cosicché non può predicarsene fondatamente la sussistenza allorché il “ potere, pur astrattamente sussistente, [è] esercitato in assenza dei presupposti di legge ” (Cons. giust. amm. Sicilia, 21 luglio 2015, n. 571).

Nella specie, è indubbio che il Comune era titolare del potere di emanare gli atti del procedimento.

21.2. Nel caso in esame, pure a voler seguire, in ipotesi, la prospettazione dell’appellante e ritenere, pertanto, che il Comune avrebbe dovuto necessariamente aspettare le determinazioni regionali e provinciali, altrimenti ne avrebbe conculcato le prerogative, nondimeno risulta che l’amministrazione comunale è comunque titolare di un generale potere di pianificazione ed è altresì coinvolta, proprio dalla legge regionale n. 31 del 2014, specificamente, nell’attività di governo del territorio preordinata al conseguimento di una riduzione del consumo di suolo.

21.3. La prospettazione di parte appellante ha comunque prospettato un vizio di violazione di legge, il quale – qualora fosse risultato sussistente – avrebbe comportato l’annullabilità degli atti gravati.

21.4. Inoltre, la sentenza n. 179 del 2019 della Corte Costituzionale evidenzia come la legge attribuisca ai Comuni, tendenzialmente, un inesauribile potere di pianificazione del suo territorio, che può essere limitato, ma non conculcato da altri enti, sicché va respinta la censura sulla sussistenza del vizio di difetto assoluto di attribuzione.

21.5. Il motivo di appello va pertanto respinto.

22. Non merita accoglimento il quarto motivo, relativo all’omessa puntuale motivazione delle osservazioni infra-procedimentali presentate dall’odierna parte appellante.

22.1. La censura non risulta fondata.

Costituisce jus receptum l’orientamento di questo Consiglio secondo cui “ Le osservazioni presentate in occasione dell'adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all'Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l'Amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse. ” (da ultimo, Cons. Stato Sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 751).

22.2. Invero il richiamato principio rappresenta il necessario bilanciamento fra il dovere di fornire una giustificazione per le scelte compiute, in risposta alle deduzioni di parte privata, e il consentire un’efficiente attività di pianificazione territoriale.

22.3. Sulla base del condivisibile orientamento richiamato, la doglianza d’appello non risulta fondata, dovendosi ritenere condivisibili le statuizioni del T.a.r.

22.3.1. Malgrado quanto evidenziato dalla parte appellante, il Comune, dopo aver raggruppato in gruppi omogenei le osservazioni presentate dai privati, ha rappresentato per ciascun gruppo le ragioni che lo hanno indotto al loro mancato accoglimento.

La circostanza che si sia proceduto in tale maniera, lungi dal costituire sintomo di difetto di istruttoria o di motivazione, dimostra che la pianificazione comunale ha seguito alcune linee di principio ispiratrici, che sono state applicate, in maniera omogenea, a tutti quei fondi per i quali l’ente locale ha ravvisato le condizioni di fatto.

22.3.2. Le controdeduzioni in questione, adottate dall’organo consiliare del Comune, sono ad esso ascrivibili, senza che possa sorgere alcun fondato dubbio di attribuzione delle scelte espresse, e costituiscono congrua e legittima esplicazione delle ragioni dell’attività di governo del territorio.

22.4. Il motivo di appello va pertanto respinto.

23. Residua, infine, l’ultimo motivo di appello concernente la violazione della disciplina in materia di v.a.s.

23.1. Il Collegio ritiene correttamente motivata la statuizione di rigetto che il T.a.r. Lombardia ha articolato con riferimento alla prima delle doglianze di parte.

23.1.1. Il consiglio comunale ha valutato le osservazioni proposte dalle parti private alla variante del P.G.T., ritenendo di fare proprie, sia pure con emendamenti, le controdeduzioni espresse nell’ambito del procedimento di valutazione ambientale, approvato all’esito di un voto consiliare.

23.1.2. Si può rimarcare, quanto a questo primo rilievo, che nulla vieta, anche in linea generale, ad un’amministrazione di valutare, nell’ambito del procedimento amministrativo intrapreso, il materiale istruttorio formatosi e acquisito nel corso di un diverso procedimento.

Ciò che conta, per giudicare la legittimità degli atti procedimentali, non è infatti “l’originalità” dell’attività istruttoria, bensì che ciò che ne rappresenta lo svolgimento o il risultato sia congruo e pertinente anche relativamente all’oggetto del procedimento in corso e sia stato oggetto di una adeguata valutazione da parte dell’amministrazione procedente che, per seconda, si serve di apporti istruttori o deliberativi già formatisi e adoperati in precedenza.

23.1.3. Tale modus operandi , oltre a non essere di per sé illegittimo, può costituire, anzi, un esempio di buon andamento e di efficienza dell’amministrazione, la quale, in ossequio ad un criterio di economicità ed efficienza (e di coerenza dell’azione amministrativa), ottimizza gli apporti già perfezionatisi in precedenza, se congruenti e utili all’interesse pubblico perseguito con il nuovo procedimento.

23.1.4. Nel caso in esame, la ponderazione e la pertinenza non sono state messe in discussione dagli appellanti, che si sono limitati ad una doglianza solamente formale e, anzi, dalle circostanze emerse nel corso del giudizio tali presupposti non possono essere revocati in dubbio, considerato che l’attività di ponderazione, come correttamente messo in risalto dal T.a.r., si è espressa attraverso la predisposizione di emendamenti e la successiva deliberazione consiliare.

23.2. Quanto alla seconda doglianza, va rilevato che l’interpretazione che l’appellante fornisce della delibera non può essere condivisa, mentre va confermata la motivazione del T.a.r. al riguardo.

23.2.1. Come correttamente statuito dal T.a.r., la deliberazione di giunta regionale del 10 novembre 2010, n. 9/761, che si deduce violata, al punto 6.10, non impone di riconvocare la conferenza di servizi, qualsiasi siano le osservazioni e le informazioni pervenute, bensì di procedere a tale riconvocazione soltanto laddove il Comune ritenga che siano pervenuti “nuovi elementi conoscitivi e valutativi”: l’ente, in altri termini, può apprezzare, attraverso una valutazione discrezionale, se vi sono stati ulteriori apporti conoscitivi, acquisiti nel procedimento, che debbano essere valutati e delibati dall’insieme degli apparati amministrativi coinvolti nel procedimento di pianificazione.

23.2.2. A tale riguardo, sul piano dell’interpretazione letterale della normativa della suddetta delibera risulta dirimente l’impiego della locuzione “ In presenza di …”, che implica, per l’appunto, la valutazione, da parte dell’ente, della sussistenza dei “ nuovi elementi conoscitivi e valutativi ”.

Qualora la conferenza si fosse dovuta convocare in ogni caso, la locuzione impiegata sarebbe stata diversa e avrebbe previsto la convocazione della conferenza in presenza di qualsiasi apporto procedimentale, senza il riferimento ad elementi di novità (“ nuovi ” elementi).

23.2.3. Nel caso in esame, il Comune non ha ritenuto che siano stati acquisiti al procedimento siffatti elementi “ conoscitivi e valutativi ”, come dimostra, per l’appunto, la circostanza che nel valutare le informazioni il Comune ha ritenuto sufficienti quelle provenienti dal procedimento v.a.s. sia pure rivalutate, in parte, mediante emendamenti e voto consiliare.

Né, sul versante sostanziale, l’appellante ha dedotto specifici elementi tali da indurre a ritenere che la ponderazione comunale circa l’assenza di nuovi elementi conoscitivi e valutativi possa essere stata inficiata da un qualche profilo di eccesso di potere.

23.3. L’ultimo motivo di appello va respinto.

24. In conclusione, l’appello va respinto e, per l’effetto, confermata la sentenza di primo grado.

25. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza nei confronti del Comune di Monza e si liquidano come da dispositivo. Esse vanno compensate nei confronti della Provincia di Monza e della Brianza.

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