Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-10-27, n. 202209147

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-10-27, n. 202209147
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209147
Data del deposito : 27 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/10/2022

N. 09147/2022REG.PROV.COLL.

N. 05709/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5709 del 2022, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la A.O.R.N. “A. Cardarelli”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G C e A N, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. S G in Roma, F.S. Nitti, n. 11,

nei confronti

Della -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Giasi e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Napolitano in Roma, via Girolamo da Carpi, n. 6,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sezione Quinta, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della A.O.R.N. “A. Cardarelli” e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2022, il Cons. E F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- La -OMISSIS- (di seguito semplicemente -OMISSIS-) ha impugnato dinanzi al T.A.R. per la Campania la deliberazione del Direttore Generale dell’A.O.R.N. A. Cardarelli prot. n. -OMISSIS-, nella parte in cui ha aggiudicato alla -OMISSIS- (di seguito più brevemente -OMISSIS-) il lotto 1 della procedura negoziata indetta per l’affidamento del “ servizio di vigilanza attiva e passiva (portierato) dell’A.O.R.N. “A. Cardarelli” per la durata di un anno più eventuale ulteriore anno ”, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’importo stimato a base di gara pari a € 8.783.640, oltre IVA, per il medesimo lotto 1, oltre oneri per rischi interferenti non soggetti a ribasso.

1.2.- All’esito della suddetta procedura, infatti, si è classificata in prima posizione la controinteressata -OMISSIS-, che ha conseguito 91,68 punti (di cui 69,40 per l’offerta tecnica e 22,28 per l’offerta economica), ed in seconda posizione la ricorrente -OMISSIS- con 91,62 punti (di cui 61,62 per l’offerta tecnica e 30,00 per l’offerta economica), con uno scarto tra i punteggi complessivamente attribuiti alle due offerte di soli 0,06 punti.

1.3.- Le censure formulate dalla ricorrente, integrate con motivi aggiunti a seguito del deposito, in adempimento dell’ordine istruttorio impartito dal Tribunale adito, della documentazione tecnica presentata dalla controinteressata, inerivano, in sintesi, alla dedotta sussistenza dei presupposti per disporne l’esclusione (in ragione di un triplice ordine di ragioni escludenti, connesse alla mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara, alla mancata acquisizione dell’autorizzazione ex art. 186- bis , comma 4, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 - Legge Fallimentare, di seguito più brevemente L.F. - ed alla presenza di una situazione di grave irregolarità contributiva), alla lamentata erronea valutazione delle offerte tecniche, alla illegittima modifica/integrazione da parte della commissione di gara dei criteri di valutazione delle offerte dettati dalla lex specialis ed, infine, alla dedotta incompetenza dei componenti della commissione di gara.

1.4.- Il T.A.R., con la sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto tutti i motivi di ricorso, che vengono riproposti nella presente sede di appello, sub specie di altrettante critiche rivolte alla sentenza suindicata, ad esclusione di quello afferente alla irregolarità contributiva della controinteressata ed alla illegittimità della composizione della commissione di gara, sulle cui statuizioni reiettive, recate dalla sentenza appellata, si è quindi formato il giudicato.

1.5.- Si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso, di cui eccepiscono anche sotto alcuni profili l’inammissibilità, l’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “A. Cardarelli” e la -OMISSIS-.

1.6.- Con l’ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione, in continuità con la statuizione cautelare presidenziale di cui al decreto n. -OMISSIS-, ha accolto la domanda di tutela interinale formulata dalla società appellante, sospendendo per l’effetto l’esecutività della sentenza appellata.

1.7.- All’esito dell’odierna udienza di discussione, dopo lo scambio di ulteriori memorie, in vista della stessa, tra le parti, il ricorso in appello è stato trattenuto dal Collegio per la decisione di merito.

2.- Come accennato, il T.A.R., con la sentenza appellata, ha respinto in primo luogo il motivo di ricorso inteso a lamentare, ai fini escludenti, la mancata presentazione della domanda di partecipazione da parte della -OMISSIS- - omissione che, secondo la tesi di parte ricorrente, non sarebbe stata regolarizzabile avvalendosi dell’istituto del soccorso istruttorio, concesso invece dall’Amministrazione e grazie al quale la medesima -OMISSIS- aveva emendato la suddetta lacuna documentale – evidenziando che:

- “ le disposizioni normative in tema di soccorso istruttorio, nella formulazione recepita all’art. 83, comma 9, del d. lgs. n. 50 del 2016, consentono alla S.A. di sanare tutte le carenze afferenti a “qualsiasi elemento formale della domanda”, tali essendo la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità, quand’anche di tipo “essenziale”, della stessa, purché non involgente l’offerta economica o tecnica in sé considerata, con la precisazione che “costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa ”;

- “ il soccorso istruttorio, dunque, consente di sanare la domanda di partecipazione che sia ritenuta dalla Stazione appaltante incompleta o irregolare, sotto un profilo formale, essendo precluso soltanto consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte, in violazione del principio di immodificabilità e segretezza dell’offerta, imparzialità e par condicio delle imprese concorrenti ”;

- “ non si vedono ragioni per non far rientrare anche l’ipotesi della mancata presentazione della sola domanda di partecipazione nel perimetro applicativo della richiamata disposizione normativa, allorquando, come nella specie, non risulti affatto pregiudicato l’interesse sostanziale dell’amministrazione, in ragione della possibilità di desumere - dall’offerta tecnica ed economica del concorrente, nonché dalla ulteriore documentazione prodotta a corredo e, segnatamente, dal DGUE (comunque presentati nel rispetto dei termini di scadenza e dei requisiti partecipativi richiesti a tale data) - non solo la sicura manifestazione di volontà, sia pure non formalmente espressa, riferibile ad un preciso operatore economico, di partecipare alla gara, ma anche il complesso delle informazioni rilevanti ai fini della partecipazione (in particolare, dati identificativi dell’operatore economico e dei rappresentanti societari, forma della partecipazione, indicazione dei lotti per cui l’impresa ha inteso partecipare, assenza di motivi di esclusione ex art. 80 del codice contratti pubblici, rispetto di tutti i criteri di selezione richiesti, ecc.) ”;

- “ in tali casi, infatti, le manifestazioni di impegno negoziale e le ulteriori dichiarazioni di volontà e di scienza rese dal concorrente e inserite nella documentazione di gara risultano comunque idonee a sopperire alla mancanza della domanda di partecipazione. Ne consegue, pertanto, che - a fronte di una carenza che, si ribadisce, per le espresse ragioni, si attesta su un piano solo formale e non certo sostanziale - appare del tutto sproporzionata la sanzione espulsiva invocata dalla ricorrente nella fattispecie concreta, oltre che contraria alla logica della massima partecipazione, in funzione dell’affermazione della più ampia concorrenza ”.

2.1.- Mediante il corrispondente motivo di appello, la -OMISSIS-, originaria ricorrente, deduce in primo luogo che la stessa giurisprudenza richiamata dalla sentenza appellata chiarisce che il soccorso istruttorio non consente “ all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte ”, lamentando profili di contraddittorietà in ordine all’aspetto in esame a carico della sentenza appellata.

Essa deduce inoltre che la domanda di partecipazione avrebbe dovuto contenere una serie di “ dichiarazioni integrative ” (cfr. art. 14 del Disciplinare), costituenti assunzione di altrettanti impegni negoziali, che non sarebbero rinvenibili, nemmeno per implicito, negli altri documenti di gara prodotti dalla controinteressata: ciò varrebbe, in particolare, con riguardo all’impegno di mantenere valida l’offerta per un tempo non inferiore a 240 giorni dal termine fissato per la presentazione dell’offerta (punto 5 del modulo della domanda di partecipazione), alla dichiarazione di considerare remunerativa l’offerta economica presentata giacché per la sua formulazione il concorrente ha preso atto e tenuto conto a ) delle condizioni contrattuali e degli oneri compresi quelli eventuali relativi in materia di sicurezza, di assicurazione, di condizioni di lavoro e di previdenza e assistenza in vigore nel luogo dove deve essere svolto il servizio, b ) di tutte le circostanze generali, particolari e locali, nessuna esclusa ed eccettuata, che possono avere influito o influire sia sulla prestazione dei servizi, sia sulla determinazione della propria offerta (punto 6 del modulo della domanda di partecipazione), a quella di accettare, senza condizione o riserva alcuna, tutte le norme e disposizioni contenute nella documentazione gara (punto 7 del modulo della domanda di partecipazione), a quella di accettare il patto di integrità e il protocollo di legalità sottoscritto nell’anno 2007 dalla Stazione Appaltante (Deliberazione D.G. n. -OMISSIS-) con la Prefettura di Napoli ex art. 1, comma 17, l. n. 190/2012 (punto 8 del modulo della domanda di partecipazione), infine, a quella “ di accettare, ai sensi dell’art. 100, comma 2 del Codice, le condizioni particolari di cui al paragrafo 24.2 per l’esecuzione del contratto ” (punto 9 del modulo della domanda di partecipazione).

2.2.- La Sezione ritiene che il surriportato motivo di appello non sia meritevole di accoglimento e che la sentenza appellata meriti quindi, in parte qua , di essere confermata.

2.3.- La questione sollevata dalla parte appellante attiene al tema, mai definitivamente risolto in ogni suo possibile risvolto in quanto intimamente connesso alla incomprimibile varietà delle situazioni suscettibili di venire in rilievo nell’ambito giudiziario, dei confini tra le imperfezioni della documentazione prodotta dal concorrente, a cominciare dalla domanda, ai fini della partecipazione alla gara suscettibili di regolarizzazione e quelle che devono fatalmente condurre alla sua esclusione dalla competizione: tema la cui delicatezza deriva, come è evidente, dal suo collocarsi all’intersezione tra principi astrattamente confliggenti ma dotati di non dissimile valenza conformativa degli oneri dei concorrenti e dei connessi poteri collaborativi/sanzionatori della stazione appaltante, come, tra i più significativi, quelli sintetizzabili nelle formule del favor partecipationis , a sua volta espressione del principio di massima concorrenza, e della par condicio competitorum , corollario del principio di imparzialità dell’Amministrazione ex art. 97 Cost..

2.4.- Il legislatore, consapevole dell’esigenza di fornire un criterio interpretativo atto a discriminare i casi appartenenti all’uno o all’altro campo, con l’art. 83, comma 9, d.lvo n. 50/2016 ha statuito che:

Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa ”.

Come si evince dal disposto normativo, il criterio ordinatore fornito dal legislatore è ancorato al carattere formale o meno dell’errore e/o lacuna inficianti la documentazione di gara, con la necessaria precisazione, meritevole di essere esaltata sul piano interpretativo alla luce del tenore testuale della disposizione, che le carenze “ formali ”, emendabili mediante il soccorso istruttorio, sono, in senso ampio, tutte quelle attinenti alla estrinsecazione della dichiarazione partecipativa e di quelle ad essa accessorie, come ad esempio le dichiarazioni aventi ad oggetto il possesso dei requisiti di partecipazione, comprese le lacune, di carattere più radicale, consistenti nella mancanza stessa della dichiarazione o di sue componenti essenziali: ciò che si evince dal riferimento fatto dalla disposizione, al fine di perimetrare l’ambito del soccorso istruttorio, al “ caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85 ”.

2.5.- Da questo punto di vista, quindi, la distinzione tra “ forma ” (emendabile) e “ sostanza ” (non regolarizzabile), agli effetti applicativi della disposizione suindicata, coincide con quella – laddove la dichiarazione sia destinata ad attestare un requisito partecipativo - tra esistenza ab initio del requisito medesimo (riconducibile, appunto, all’aspetto “ sostanziale ” della fattispecie partecipativa ed insuscettibile di venire ad esistenza a posteriori , veicolato dal soccorso istruttorio) e sua dichiarazione (attinente all’aspetto “ formale ” della stessa e in quanto tale, in base alla citata disposizione, sempre regolarizzabile).

2.6.- Né la suesposta acquisizione interpretativa può ritenersi contraddetta dalla citata disposizione, laddove precisa che non sono sanabili “ le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa ”: previsione che, a prima vista, indurrebbe ad escludere dal perimetro della sanabilità le carenze contenutistiche della dichiarazione e quindi, a fortiori , l’omessa presentazione della stessa.

Ritiene infatti il Collegio che la prescrizione suindicata debba essere collegata a quella immediatamente precedente, che esclude dalla sanatoria le irregolarità “ afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica ”, relativamente alle quali, quindi, emerge una nozione più restrittiva di “ forma ” suscettibile di sanatoria, circoscritta a quelle imperfezioni attinenti alle “ modalità ” – e non all’ an - di estrinsecazione di una dichiarazione il cui contenuto, alla stregua di una visione a tutto campo della documentazione di gara, sia pur sempre oggettivamente individuabile.

2.7.- Entro le tracciate coordinate interpretative, trova risposta la questione attinente al significato della affermazione giurisprudenziale, citata anche dalla sentenza appellata e dalla quale tuttavia, secondo la parte appellante, il giudice di primo grado non avrebbe tratto ogni coerente conseguenza, secondo cui sarebbe precluso “consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte, in violazione del principio di immodificabilità e segretezza dell’offerta, imparzialità e par condicio delle imprese concorrenti ” (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sez. V, 4 aprile 2019, n. 2219).

Deve infatti ritenersi che, consentendo la disposizione citata la produzione postuma delle dichiarazioni omesse in prima battuta, la suddetta limitazione giurisprudenziale sia riferibile a quelle cui faccia riscontro un dato “ sostanziale ” che deve preesistere alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta, come nel caso tipico delle dichiarazioni attestanti il possesso dei requisiti di partecipazione: termine che, quindi, non potrebbe essere eluso mediante la produzione tardiva della relativa dichiarazione, ove il dato da dichiarare non sia esistente in rerum natura anteriormente a quel termine.

Tale conclusione, va aggiunto, trova fondamento nella casistica esaminata dalla giurisprudenza citata, ove si consideri che la sentenza di questa Sezione del 26 giugno 2020, n. 4103, che ugualmente pone quella limitazione al perimetro applicativo del soccorso istruttorio, precisa che essa vale precipuamente in relazione alle dichiarazioni destinate ad attestare il possesso dei requisiti di partecipazione: ciò che deve dirsi anche con riguardo alla sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sez. I, 27 dicembre 2021, n. 13539, richiamata dalla sentenza appellata, la quale ha appunto riguardo ad una ipotesi di carenza contenutistica del contratto di avvalimento, ugualmente utilizzato ai fini dimostrativi del possesso dei requisiti di partecipazione da parte dell’impresa avvalente.

2.8.- Deve quindi ritenersi che l’art. 13 del Disciplinare di gara, appunto dedicato al “ Soccorso istruttorio ”, pur contestato dalla parte appellante nella misura in cui dovesse fornire appiglio al censurato modus operandi della stazione appaltante, costituisca il coerente sviluppo applicativo della citata disposizione di legge.

Ciò vale, in particolare, laddove stabilisce che “ l’irregolarità essenziale è sanabile laddove non si accompagni ad una carenza sostanziale del requisito alla cui dimostrazione la documentazione omessa o irregolarmente prodotta era finalizzata. La successiva correzione o integrazione documentale è ammessa laddove consenta di attestare l’esistenza di circostanze preesistenti, vale a dire requisiti previsti per la partecipazione e documenti/elementi a corredo dell’offerta.

Nello specifico valgono le seguenti regole:

- il mancato possesso dei prescritti requisiti di partecipazione non è sanabile mediante soccorso istruttorio e determina l’esclusione dalla procedura di gara;

- l’omessa o incompleta nonché irregolare presentazione delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti di partecipazione e ogni altra mancanza, incompletezza o irregolarità del DGUE e della domanda, ivi compreso il difetto di sottoscrizione, sono sanabili, ad eccezione delle false dichiarazioni ”.

La clausola individua appunto il discrimine tra le carenze emendabili mediante il soccorso istruttorio e quelle sanzionabili con l’immediata esclusione dalla gara nella anteriorità o meno, rispetto al termine di presentazione delle offerte, del possesso del requisito partecipativo.

2.9.- La distinzione tra dichiarazioni destinate ad attestare e documentare un dato preesistente della realtà (morale, organizzativa, esperienziale, qualitativa) dell’impresa concorrente, ergo un requisito di partecipazione, e dichiarazioni sganciate da tale collegamento è rilevante anche ai fini della individuazione del giusto trattamento della carenza dichiarativa imputabile alla -OMISSIS-, consistente come si è detto nella mancata presentazione della domanda di partecipazione.

In proposito, occorre distinguere tra il contenuto essenziale della domanda e quello di carattere “ accessorio ”, così come concretamente enucleato dalla lex specialis .

2.10.- Quanto al primo, è evidente che esso attiene ad un elemento che deve necessariamente preesistere alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, ammettendosi altrimenti una inammissibile partecipazione tardiva, in violazione di una regola basilare del procedimento di gara: ciò perché, laddove una domanda di partecipazione non sia oggettivamente rilevabile, nemmeno de relato ad altre componenti della documentazione di gara aventi altra finalità, deve escludersi in radice che possa ritenersi perfezionata una fattispecie partecipativa (allo stesso modo, esemplificativamente, in cui il processo amministrativo non può ritenersi instaurato se fa difetto il relativo ricorso).

La sua sanabilità può quindi essere ammessa nei limiti in cui si tratti di rimediare ad una carenza strettamente formale della sua manifestazione esteriore, come accade nel caso in cui la suddetta volontà, pur non consacrata in un documento all’uopo destinato, conforme al modello eventualmente predisposto dalla stazione appaltante, sia comunque desumibile da altri documenti di gara, come nella specie – secondo il ragionamento svolto dal T.A.R. - dal DGUE.

In proposito, la stessa parte appellante non contesta in modo specifico che la volontà partecipativa della -OMISSIS-, preesistente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, possa essere desunta, pur in mancanza del modulo all’uopo destinato, aliunde , ed in particolare, come affermato dalla sentenza appellata, dal suddetto DGUE: in particolare, nessuna specifica doglianza è stata formulata dalla parte appellante al fine di confutare le puntuali affermazioni del giudice di primo grado in ordine alla “ possibilità di desumere - dall’offerta tecnica ed economica del concorrente, nonché dalla ulteriore documentazione prodotta a corredo e, segnatamente, dal DGUE (comunque presentati nel rispetto dei termini di scadenza e dei requisiti partecipativi richiesti a tale data) - non solo la sicura manifestazione di volontà, sia pure non formalmente espressa, riferibile ad un preciso operatore economico, di partecipare alla gara, ma anche il complesso delle informazioni rilevanti ai fini della partecipazione (in particolare, dati identificativi dell’operatore economico e dei rappresentanti societari, forma della partecipazione, indicazione dei lotti per cui l’impresa ha inteso partecipare, assenza di motivi di esclusione ex art. 80 del codice contratti pubblici, rispetto di tutti i criteri di selezione richiesti, ecc.) ”.

2.11.- Quanto invece alle “ dichiarazioni integrative ex art. 14 del Disciplinare (di cui la domanda di partecipazione deve essere “ comprensiva ” e che sono desumibili dal modello di domanda allegato al Disciplinare), deve in primo luogo osservarsi che le stesse non sono previste a pena di esclusione: ciò che sarebbe di per sé sufficiente ad escludere che dalla loro omissione – emendabile o meno che sia – possa discendere l’invocata sanzione espulsiva a carico del concorrente omissivo.

2.12.- In ogni caso, nel solco del ragionamento innanzi condotto, le stesse non sono destinate ad attestare un dato, inerente alla capacità del concorrente di eseguire l’appalto, necessariamente preesistente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, ma concernono essenzialmente l’assunzione di impegni e/o di responsabilità funzionali a garantire che l’offerta sia stata formulata sulla base di una consapevole ed attenta valutazione delle circostanze che possono influire sulla sua fattibilità e sulla sua convenienza e comunque che la prestazione contrattuale sarà eseguita conformemente ai requisiti richiesti dalla stazione appaltante.

E’ vero quindi che, rispetto ad esse, non si pone solo una questione di modalità di manifestazione (come per la volontà di partecipare alla gara), ma di carenza in radice delle stesse nella documentazione di gara presentata dal concorrente, non essendo effettivamente desumibili, come dedotto dalla parte appellante, nemmeno dal DGUE, nella sua rilevanza suppletiva di una domanda partecipativa non sacramentalmente esternata: tuttavia, poiché le stesse non sono destinate ad attestare circostanze preesistenti alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ben sono suscettibili di integrazione postuma, nel quadro del principio del cd. soccorso istruttorio di cui sono stati innanzi tracciati i limiti e le condizioni applicative.

2.13.- Conclusivamente quindi, per le ragioni illustrate, il motivo di appello esaminato deve essere respinto, potendo conseguentemente prescindersi dalla relativa eccezione di inammissibilità formulata rispetto ad esso dall’Amministrazione appellata.

3.- Il T.A.R. ha altresì respinto il motivo di ricorso inteso a lamentare che la -OMISSIS-, in stato di concordato preventivo con continuità aziendale già al momento della partecipazione, avrebbe dovuto essere esclusa per non aver fatto istanza e non aver altrimenti conseguito dal giudice delegato apposita autorizzazione alla partecipazione alla gara: autorizzazione, in tesi, necessaria sino al decreto di chiusura ex art. 186 L.F., in forza del combinato disposto dell’art. 186- bis della medesima legge e dell’art. 110, comma 3, d.lvo n. 50/2016.

3.1.- Ai fini reiettivi il T.A.R. ha evidenziato che:

- “ secondo la costante giurisprudenza, la procedura concordataria in senso proprio, come anche sancito dall’art. 181 l. fallimentare, ha termine con l’omologa del concordato preventivo, a seguito della quale si apre la separata fase di esecuzione (che si concluderà, ove adempiuta, con un decreto di completa esecuzione ai sensi dell’art. 136, comma 3, l. fallimentare).

In tale fase, che segue appunto la omologazione, l’impresa riacquista la piena capacità di agire ai fini del compimento di tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, in ragione della restituzione della capacità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda in capo all’organo gestorio, che deve operare nel rispetto del piano, senza necessità di autorizzazione, ferma restando la vigilanza degli organi della procedura ”;

- “ anche ai fini della partecipazione alle procedure di evidenza pubbliche, l’impresa in concordato omologato non necessita di ulteriori autorizzazioni del giudice delegato o del tribunale, essendo il ruolo del tribunale limitato al controllo dell’attività tramite il commissario giudiziale ”;

- “ inconferente è pertanto il richiamo di parte ricorrente all’art. 186-bis, comma 4, l. fallimentare, afferente alla diversa ipotesi in cui non sia ancora intervenuta l’omologazione del concordato, come è desumibile dalla espressa precisazione contenuta nella precitata disposizione per cui “Successivamente al deposito della domanda di cui all’articolo 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato” ”;

- “ né tale regime risulta in qualche modo modificato dal codice dei contratti pubblici che espressamente rinvia sul punto alle conferenti disposizioni della legge fallimentare ”.

3.2.- Deduce in senso critico la parte appellante che, come statuito dalla giurisprudenza civile, l’omologazione “ non comporta (salvo che alla data dell’omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito) l’acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, che resta vincolato all’attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata ” (Cass. civ., Sez. VI, n. 2656 del 24 febbraio 2021, nonché la ivi richiamata Cass. civ., Sez. I, n. 380/18): ciò in ragione del fatto che, a differenza di quanto ritenuto dai primi giudici, “ la fase di esecuzione, nella quale - come si desume dalla stessa rubrica dell’art. 185 - si estrinseca l’adempimento del concordato, non può allora ritenersi scissa, e come a sé stante, rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’art. 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori ” (Cass. civ., Sez. VI, n. 2656 del 24 febbraio 2021, cit.)”.

Aggiunge la parte appellante che lo stesso T.A.R., nel rigettare l’ulteriore censura con cui si lamentava a carico di -OMISSIS- la sussistenza di plurime gravissime violazioni fiscali e contributive sia pur non definitive, ha ritenuto che la correttezza della valutazione di affidabilità comunque espressa dalla stazione appaltante ai fini della partecipazione in gara traesse conferma proprio “ dalla approfondita e penetrante sorveglianza e dagli incisivi poteri esercitati dal giudice fallimentare ”.

Essa deduce inoltre che lo “ stato ” di concordato si conclude solo con il pieno adempimento del piano di concordato e l’adozione del decreto di chiusura di cui all’art. 136 L.F., che ne attesta l’integrale e corretta esecuzione.

Infine, la parte appellante richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui “ intervenuta l’omologazione del concordato, l’operatore economico non riacquista la piena capacità di agire, che avrebbe in assenza della procedura, e che tale capacità è raggiunta solo con il decreto che accerta l’adempimento del piano concordatario ”: ciò in quanto “ l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’articolo 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori ”, con la conclusione che pertanto “ l’omologazione del concordato non determina il ritorno in bonis dell’azienda e non consente di eludere la portata normativa del combinato disposto delle norme succitate ” in materia di partecipazione alle gare pubbliche, e dunque l’operatore, anche se è “ intervenuta la pronuncia di omologazione potrà (e dovrà) richiedere l’autorizzazione al giudice delegato ” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4302 del 7 giugno 2021 nonché, in precedenza, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 69/19 e n. 3938/19).

3.3.- La tesi di parte appellante viene contrastata, con non minore dovizia di argomenti esegetici e richiami giurisprudenziali, dalle parti resistenti, le quali fanno anche riferimento ai provvedimenti del giudice civile che, in analoghe vicende e, da ultimo, anche con riferimento alla gara in esame, in relazione alle istanze presentate dalla controinteressata, hanno escluso la necessità, ai fini partecipativi alle gare indette dalla P.A. da parte della stessa, di acquisizione dell’autorizzazione ex art. 186- bis , comma 4, L.F..

4.- Come si è detto, l’appello ripropone la questione, risolta in senso negativo dal giudice di primo grado, della necessità per l’impresa in stato di concordato preventivo con continuità aziendale ex art. 186- bis L.F., nella particolare ipotesi in cui sia intervenuto il decreto del Tribunale di omologa del concordato ex art. 180, comma 3, l. cit., di munirsi, ai fini della partecipazione ad una pubblica gara, dell’autorizzazione del giudice delegato ai sensi del comma 4 dell’articolo citato.

4.1.- Prima di tracciare le coordinate interpretative rilevanti ai fini del corretto inquadramento giuridico della fattispecie, è opportuno richiamare le disposizioni pertinenti.

Trovano in particolare applicazione ratione temporis , alla fattispecie in esame, le seguenti disposizioni.

Art. 80, comma 5, lett. b ), d.lvo n. 50/2016:

Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni…:

b) l’operatore economico sia stato sottoposto a fallimento o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’articolo 110 del presente codice e dall’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ”.

Art. 110, comma 4, d.lvo n. 50/2016:

Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’articolo 161 (ovvero la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, n.d.e. ) anche ai sensi del sesto comma (il quale disciplina l’ipotesi di cd. concordato in bianco, in cui l’imprenditore deposita il ricorso contenente la domanda di concordato, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, n.d.e. ), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l’articolo 186-bis del predetto regio decreto. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’articolo 163 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto ” (laddove, ai sensi del comma 5, “ l’impresa ammessa al concordato preventivo non necessita di avvalimento di requisiti di altro soggetto ”).

Art. 186- bis , comma 4, l.f.:

Successivamente al deposito della domanda di cui all’articolo 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato ”.

4.2.- E’ altresì opportuno richiamare le principali posizioni interpretative rinvenibili nella giurisprudenza in materia.

4.2.1.- La posizione espressa dal Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. V, 7 giugno 2021, n. 4302, che la parte appellante invoca a fondamento della sua domanda di riforma, è nel senso che l’intervenuta omologazione del concordato non sottragga l’impresa all’onere di acquisire, in funzione legittimante la sua partecipazione alla gara, l’autorizzazione del giudice delegato.

A fondamento di tale esito interpretativo vengono posti i seguenti argomenti, che prescindono dalla collocazione temporale del decreto di omologazione (se cioè anteriore alla presentazione delle offerte o intervenuto in corso di gara):

l’omologazione del concordato non determina il ritorno in bonis dell’azienda e non consente di eludere la portata normativa del combinato disposto delle norme succitate (art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare e art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. 163 del 2006).

Giova ricordare che la Corte di Cassazione ha statuito che "la chiusura del concordato che ai sensi dell’articolo 181 L. F., fa seguito alla definitività del decreto o della sentenza di omologazione, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione dei beni previsto, durante il corso della procedura, dall’articolo 167, non comporta (salvo che alla data dell’omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito) l’acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, che resta vincolato all’attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il Commissario Giudiziale, come espressamente stabilito dall’articolo 185, è tenuto a sorvegliare l’adempimento, "secondo le modalità stabilite nella sentenza (o nel decreto) di omologazione" (Cassaz. civ., sez. I, ordinanza 10 gennaio 2018, n. 380).

La fase di esecuzione, nella quale si estrinseca l’adempimento del concordato, come si desume dalla stessa rubrica dell’articolo 185, non può ritenersi separata rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’articolo 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori.

Riguardo alle procedure di evidenza pubblica è stato chiarito che se l’operatore economico in concordato preventivo con continuità aziendale, che intenda partecipare ad una procedura di gara, non ha richiesto la necessaria autorizzazione al Tribunale durante la procedura (sin dalla presentazione del ricorso), ovvero se detta autorizzazione non possa ricavarsi dall’omologazione del concordato, egli, intervenuta la pronuncia di omologazione, dovrà richiedere l’autorizzazione al giudice delegato, come prescritto dall’art. 110, comma 3, del codice dei contratti pubblici, ovvero presentare domanda di partecipazione alle condizioni di cui all’art. 186, bis, comma 5 della L.F. (Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69).

Da tanto consegue che, intervenuta l’omologazione del concordato, l’operatore economico non riacquista la piena capacità di agire, che avrebbe in assenza della procedura, e che tale capacità è raggiunta solo con il decreto che accerta l’adempimento del piano concordatario ”.

4.2.2.- Con altra meno recente pronuncia, la medesima Sezione V aveva ricavato la medesima conclusione interpretativa dal seguente percorso argomentativo:

a) l’autorizzazione alla partecipazione a procedure di affidamento dei contratti pubblici spetta, in primo luogo, al tribunale (come si ricava dall’art. 186-bis legge fallimentare) il quale sente il commissario giudiziale, ove nominato;

b) tale autorizzazione può essere richiesta per tutta la durata della procedura, sin dalla presentazione del ricorso con istanza da parte dell’impresa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2017, n. 4300;
V, 27 dicembre 2013, n. 6272;
V, 4 giugno 2015, n. 2737) e può essere contenuta anche nel provvedimento di omologazione del concordato preventivo con continuità aziendale;

c) qualora l’autorizzazione non sia stata mai richiesta né può ricavarsi dall’omologazione, e, nondimeno, l’impresa già ammessa al concordato con continuità aziendale intenda partecipare ad una procedura di evidenza pubblica, dovrà richiedere l’autorizzazione al giudice delegato (come prescritto dall’art. 110, comma 3, d.lgs. 50 cit.;
una diversa tesi, che escluda successivamente all’ammissione al concordato ogni ulteriore intervenuto degli organi della procedura, per aver l’impresa riacquistato la piena capacità di agire, accennata in obiter dictum da Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225, porterebbe a svuotare di ogni significato l’art. 110, comma 3, cit. ove letto nel rapporto con le disposizioni contenute nella legge fallimentare);

d) in ogni caso, opera la clausola di chiusura dell’art. 186-bis, comma 5, legge fallimentare, che definisce le condizioni per la partecipazione alla gara in assenza delle autorizzazioni in precedenza indicate.

15.5. In particolare, con specifico riferimento alla vicenda oggetto del giudizio, l’autorizzazione del tribunale di cui all’art. 186-bis è possibile sia contenuta anche dal decreto di omologazione, poiché, il legislatore pone un termine iniziale per la sua adozione (“Successivamente al deposito del ricorso”), ma non un momento finale, onde ben può ritenersi che esso coincida con l’ultimo momento nel quale il tribunale si esprime nella procedura di concordato, vale a dire proprio l’omologazione. Essa, poi, non richiede particolari formule, potendo ricavarsi anche per implicito dal rinvio che il tribunale compie alle attività di impresa indicate nel piano sottoposto ai creditori nell’ambito del procedimento concordatario” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 69 del 3 gennaio 2019).

4.2.3.- Di diverso avviso è stata la medesima Sezione V con la sentenza n. 3225 del 29 maggio 2018, con la quale è stato affermato quanto segue:

“l’art. 181 della Legge Fallimentare (che non è stato in nulla modificato a seguito dell’introduzione dell’art. 186 bis l.f. e per effetto della novella del 2012) prevede genericamente che "la procedura di concordato preventivo si chiude... con l’omologazione", senza operare alcuna distinzione.

Quindi, in entrambe le ipotesi su indicate, intervenuto il decreto di omologazione da parte del Tribunale l’impresa non è più né "in stato" né "in corso" di procedura di concordato e, di conseguenza, non operano i divieti di legge con riferimento alla partecipazione alle pubbliche gare (…) .

Inoltre, ai sensi dell’art. 38 comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 163 del 2006 “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: a) che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.

L’art. 186 bis legge fallimentare, che detta la disciplina del concordato con continuità aziendale, fa riferimento in tutte le sue disposizioni a situazioni di pendenza della procedura concordataria per le quali non sia ancora stato emesso il decreto di omologazione: segnatamente il quarto comma nel prevedere l’autorizzazione da parte del Tribunale per la partecipazione a gare pubbliche detta una disposizione che, ai sensi dell’art. 167, si applica solamente “durante la procedura di concordato”;
il quinto comma fa riferimento alla fase di “ammissione al concordato” ed il sesto comma consente la partecipazione dell’impresa “in concordato” a raggruppamenti temporanei d’imprese, parimenti al fine della partecipazione a gare pubbliche. Anche l’ultimo comma dell’art. 186 bis 1.f. nel prevedere che il Tribunale possa revocare ai sensi dell’art. 173 1.f. una procedura di concordato con continuità per l’ipotesi in cui l’impresa cessi l’attività o il proseguimento della stessa risulti manifestamente dannoso per i creditori, detta una disciplina che può attuarsi unicamente prima dell’emissione del decreto di omologa, non essendo invece più possibile dopo l’omologa provvedere alla revoca del concordato ex art. 173 1.f.

Pertanto, nell’ipotesi di concordato preventivo ordinario l’inibizione a contrarre con le Pubbliche Amministrazione stabilita dall’art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 viene meno con il decreto con cui il Tribunale autorizza la chiusura della procedura;
per il concordato con continuità aziendale questo divieto non opera in modo assoluto durante la fase di pendenza, ma la possibilità di partecipare alla gara per l’impresa ammessa è condizionata all’adempimento degli obblighi documentali di cui all’art. 186 bis, comma V, legge fallimentare (la presentazione della relazione del professionista e la dichiarazione di avvalimento inerente l’impresa ausiliaria su indicate), obblighi definitivamente superati con il decreto di omologazione.

Infatti, come già affermato da questo Consiglio “l’omologazione costituisce un segmento del procedimento che si conclude proprio con il citato decreto di chiusura della procedura, che solo può attestare l’integrale adempimento delle obbligazioni e quindi il ripristino definitivo dell’affidabilità economica dell’impresa ai fini della partecipazione ad appalti pubblici”, non essendo a tal fine necessario il successivo provvedimento con cui si dà atto dell’adempimento da parte del debitore di tutti gli obblighi assunti con il concordato omologato (Cons. Stato, III, 19 aprile 2012, 2305): tanto più nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, il decreto di omologazione sia stato emesso prima del termine di presentazione delle offerte alla gara.

Ne consegue che la dizione “in stato” non può che riferirsi alla fase precedente all’omologazione del concordato, la quale chiude definitivamente la procedura iniziata con il decreto di ammissione adottato ai sensi dell’art. 163 legge fallimentare, posto che il decreto di omologazione emesso dal Tribunale ex art. 181 della stessa legge, nell’esercizio delle funzioni di sorveglianza e controllo attribuitegli, costituisce atto conseguenziale ed esecutivo del concordato riguardo al complesso di obbligazioni assunte dal debitore: ciò per tutti i tipi di concordato preventivo, e a maggior ragione per quello con continuità aziendale.

Invece, la situazione dell’impresa nei cui riguardi “sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazione situazioni” può essere individuata nella fase temporale ricompresa tra il deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, legge fallimentare e il decreto di ammissione.

Una differente opzione non consentirebbe infatti di comprendere quale significato possa attribuirsi alla disposizione di cui all’art. 186 bis, comma 5, della Legge fallimentare in base al quale “l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici quando l’impresa presenta in gara: a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 lett. d) che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione per la durata del contratto le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata...”.

Dall’interpretazione letterale della norma in esame si ricava, dunque, che è unicamente l’“ammissione al concordato preventivo” (ovvero il deposito del ricorso ai fini di tale ammissione) a costituire potenziale condizione impeditiva della partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione delle commesse pubbliche e che tale situazione ostativa può essere superata mediante l’adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione: ma, a seguito dell’adozione del decreto di omologazione che determina la conclusione della procedura, lo stato di impresa ammessa al concordato viene definitivamente meno, come pure gli annessi obblighi documentali funzionali a consentirle la partecipazione alle gare pubbliche.

Inoltre, l’interpretazione in esame si fonda anche sulla circostanza per la quale, una volta omologato il concordato, il giudice delegato (che prima dell’omologazione deve autorizzare l’impresa ammessa alla partecipazione) non esercita più poteri autorizzatori, ma soltanto poteri di vigilanza e controllo sull’esecuzione del piano concordatario (fase che, nel caso di specie, si è peraltro da tempo conclusa).

In tal senso, ulteriore argomento si rinviene altresì dalla lettura dell’art. 110 del D.lgs. 50 del 18 aprile 2016 Nuovo Codice dei Contratti, norma che, nel subordinare la prosecuzione dei contratti pubblici da parte dell’impresa in concordato con continuità aziendale, ovvero la sua partecipazione a gare pubbliche, ad autorizzazione del giudice delegato, ben chiarisce qual è l’ambito temporale di tale normativa: dopo l’omologazione, infatti, non è più ravvisabile la necessità di alcuna autorizzazione giudiziale per siffatte finalità, essendo in tal caso il ruolo del Tribunale limitato al controllo, per il tramite del commissario giudiziale, all’attività gestoria svolta dagli amministratori e allo svolgimento di funzioni di vigilanza in ordine alla corretta esecuzione del concordato.

Con l’omologazione del concordato con continuità aziendale infatti l’impresa torna in bonis e supera lo stato di crisi, con completa e piena restituzione all’organo gestorio e definitivo superamento delle limitazioni alla propria capacità operativa, sicché nella fase esecutiva (da considerarsi estranea alla procedura concordataria) non sussiste più il bisogno di consentire all’amministrazione di effettuare la valutazione della sua affidabilità finanziaria, tecnica ed economica e dell’effettiva capacità di adempiere agli obblighi assunti con il contratto e di darvi regolare esecuzione, obblighi a cui l’impresa è in grado di far fronte con la normale prosecuzione della sua attività: ormai tale capacità è stata positivamente valutata, come dimostra proprio l’omologazione del concordato, non soggetta peraltro neppure a revoca;
tant’è che è vero che una dichiarazione di fallimento può in tal caso intervenire anche successivamente al decreto
(…) , ma soltanto per fatti di insolvenza nuovi e sopravvenuti rispetto all’omologazione.

A ciò si aggiunga l’ulteriore argomento, di carattere generale, in base al quale le limitazioni alla capacità di agire in generale e, in particolare, di quella a contrarre devono trovare un fondamento normativo o essere previste in esplicite prescrizioni della lex specialis: tale espressa copertura normativa nel caso di intervenuta omologazione del concordato (di qualunque tipologia si tratti) non sussiste e, con specifico riferimento a quello con continuità aziendale, la norma di cui all’art. 186 bis della Legge Fallimentare fa letteralmente riferimento soltanto alle “imprese ammesse al concordato”, le quali, come si è visto, possono partecipare a talune condizioni e adempiendo puntualmente a taluni obblighi dichiarativi e documentali.

Alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione non è, dunque, possibile procedere ad un’interpretazione estensiva di tali previsioni se non con inammissibili forzature.

Sarebbe, inoltre, contrario ai principi di logica e ragionevolezza prescrivere un regime più gravoso per le imprese in concordato preventivo con continuità aziendale che, pur a distanza temporale notevole dall’omologazione, dovrebbero dichiarare di essere in stato o in corso di concordato, sebbene non lo siano più, e assolvere ad obblighi documentali che, di fatto, in questa fase non avrebbero più alcuna finalità pratica, dovendo l’amministrazione valutare la capacità di eseguire l’opera pubblica da parte dell’impresa concorrente sulla base della situazione economica e finanziaria attuale, senza che alcuna influenza a riguardo possa rivestire un concordato pregresso e concluso ”.

4.2.4.- Non dissimili le conclusioni cui è successivamente pervenuta, prima del revirement del 2021, la Sezione V con la sentenza n. 6030 del 22 ottobre 2018, così sul punto motivata:

Osserva il Collegio che il decreto di omologa, come precisato dall’art. 181 della legge fallimentare, comporta la chiusura della procedura di concordato, aprendo la fase di esecuzione del concordato (che si concluderà, ove adempiuto, con un decreto di completa esecuzione ai sensi dell’art. 136, comma 3). Per effetto dell’omologazione il debitore torna in bonis, riacquista la possibilità di disporre del proprio patrimonio e di gestire l’azienda, compiendo gli atti ordinari e straordinari previsti dal piano, senza necessità di autorizzazione, ferma restando la vigilanza degli organi della procedura.

Con il decreto di omologazione del concordato preventivo in continuità la gestione dell’impresa viene dunque restituita all’organo gestorio e ciò costituisce, sul piano formale, come si desume del resto dalla rubrica del più volte richiamato art. 181 della legge fallimentare, la “chiusura della procedura” (concorsuale). Ciò è tanto vero che la giurisprudenza civile di merito, con molteplici pronunce, ha consentito la cancellazione della dicitura “in concordato preventivo” dal registro delle imprese, per effetto dell’intervenuta omologa.

Da parte sua, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che una volta emesso il decreto di omologazione, non può più parlarsi di pendenza della procedura concordataria, a meno che uno dei creditori non presenti istanza di risoluzione ai sensi dell’art. 186 della legge fallimentare (Cass., VI, 10 febbraio 2016, n. 2695), precisando altresì che, esauritasi la procedura di concordato preventivo, tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore, e che attengono all’esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato, e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi dinanzi al giudice competente (così Cass., I, 14 giugno 2016, n. 12265) ”.

4.2.5.- Di diverso avviso, rispetto al più rigoroso e più recente orientamento del Consiglio di Stato indicato all’inizio, anche la più recente giurisprudenza di primo grado, esemplificata, oltre che dalla sentenza qui appellata, da quella del T.A.R. per il Lazio, Sez. III, 3 gennaio 2022, n. 14.

Questi i passaggi motivazionali sottesi all’orientamento in tal modo manifestato:

- la procedura, che si apre con il decreto previsto dall’art. 163 L.F., di accoglimento dell’istanza presentata dall’impresa che si trova in stato di crisi, si conclude con l’adozione del decreto di omologa emesso dal tribunale, come espressamente e chiaramente stabilito dall’art. 181 L.F.;

- la conclusione della procedura derivante dalla definitività del decreto di omologa - ipotesi che incontestatamente ricorre nel caso di specie - determina la chiusura della fase nella quale l’amministrazione dell’impresa ed il compimento, da parte della stessa, degli atti di straordinaria amministrazione, devono rispettivamente svolgersi sotto la sorveglianza del commissario giudiziale e previa autorizzazione del giudice delegato (167 - 169 L.F.), e la contestuale apertura della distinta fase di esecuzione;

- nell’ambito di quest’ultima - che, come testualmente risulta dall’art. 181 L.F., si svolge dopo la “chiusura” della procedura di concordato preventivo – l’impresa è obbligata ad adempiere alle obbligazioni assunte nel piano, pena la risoluzione del concordato;
nulla è, tuttavia, previsto dalle disposizioni sopra richiamate a proposito della permanenza del regime autorizzatorio previsto degli art. 167 e seguenti della L.F. dopo la conclusione del concordato;
pronunciato dunque il decreto di omologa, viene meno il principio dello spossessamento attenuato e il debitore riacquista la piena capacità di agire e la disponibilità nella gestione del suo patrimonio, salvo il caso di diverse indicazioni contenute nel piano omologato;
agli organi della procedura spetta il mero controllo di un’attività esecutiva che resta affidata al debitore (cfr. sul punto la giurisprudenza civile: Trib. Trento 179/2017, Trib. Roma n. 8/2016);

- infatti l’art. 186 bis comma 4 della L.F. prevede che la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici dell’impresa che ha avviato la procedura sia subordinata ad autorizzazione del tribunale nella fase successiva al deposito della domanda di cui all’articolo 161 nonché ad autorizzazione del giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, successivamente all’emanazione del decreto di apertura, senza, tuttavia nulla disporre con riferimento alla fase di esecuzione del concordato.

9.5.5. Ciò posto, deve essere ulteriormente rilevato che, pur dovendosi riconoscere tra la fase di ammissione - omologa e quella di esecuzione del concordato un nesso di sicura ed evidente consequenzialità, nessuna tra le disposizioni sopra citate prevede che nell’ambito di quest’ultima l’impresa sia assoggettata al regime autorizzatorio di cui agli art. 167 e 186 bis L.F. il quale, peraltro, come già detto rinviene la propria ratio nella necessità di garantire, da un lato, il ceto creditorio da una possibile diminuzione della garanzia patrimoniale, dall’altro la stazione appaltante circa la capacità dell’impresa di adempiere le obbligazioni contrattuali, esigenze che devono ritenersi cessate allorché il piano concordatario sia stato definitivamente omologato dal tribunale e la procedura sia conclusa, come testualmente disposto dall’art. 181 L.F.

9.5.6. Il Collegio ritiene, pertanto, che successivamente all’omologazione del concordato debbano ritenersi cessati i poteri autorizzatori previsti per gli atti di gestione dell’impresa in capo al tribunale e/o al giudice delegato, con la conseguenza che i requisiti di partecipazione alle procedure di affidamento dei pubblici appalti previsti dagli art. 80 comma 5 lett. b) e 110 del D.lgs. 50/2016 nonché dall’art. 186 bis, commi 4 e 5 della L.F. - coerentemente con la disciplina generale di cui agli artt. 161 e 167 L.F. - devono intendersi riferiti alla sola ipotesi della pendenza della procedura concordataria, che - come più volte evidenziato - prende le mosse con il deposito della domanda e si conclude con l’omologazione.

9.5.7. Tale conclusione è coerente non solo con il sopra richiamato dato normativo, ma anche con le esigenze che le formalità in argomento sono destinate a soddisfare, le quali non sono più presenti nella fase successiva all’omologa del concordato, compendiandosi in quest’ultima il giudizio prognostico favorevole del ceto creditorio e del tribunale circa l’affidabilità e la convenienza del piano concordatario, così che non vi è alcuna ragione, alla luce della disciplina positiva, per ritenere che anche nella fase di esecuzione l’impresa debba subire una così rilevante ingerenza nella propria sfera di autonomia gestionale.

Né quest’ultima può fondarsi sulla permanenza dell’obbligo, per l’impresa, di adempiere alle obbligazioni assunte nell’ambito del piano concordatario, essendo piuttosto la violazione dello stesso, se di non scarsa importanza, esplicitamente sanzionata dall’art. 186 L.F. con la risoluzione del concordato e l’apertura del fallimento.

9.5.8. Neppure i precedenti giurisprudenziali citati dal Gestore a supporto della disposta esclusione possono condurre a diverse conclusioni.

Infatti, se è vero che la sentenza della I sezione della Corte di Cassazione n. 380 del 10 gennaio 2018, richiamata dalla V Sezione del Consiglio di Stato nella decisione n. 4302 del 7 giugno 2021 (…) ha condivisibilmente precisato che “La fase di esecuzione, nella quale - come si desume dalla stessa rubrica dell’art. 185 - si estrinseca l’adempimento del concordato, non può allora ritenersi scissa, e come a sé stante, rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’art. 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori”, la stessa non ha tuttavia affermato che successivamente alla omologa l’operatore economico non riacquisti la piena capacità di agire, la quale sarebbe “raggiunta solo con il decreto che accerta l’adempimento del piano concordatario” (Cons. di Stato, sent. cit., e Ord. 12 giugno 2019 n. 3938, nelle quali detta conclusione viene fondata sull’autonomo rilievo secondo cui “nulla è detto circa la situazione dell’impresa nel periodo temporale successivo all’omologazione del concordato, che, invece, è disciplinata dall’art. 136 della legge fallimentare, rubricato, infatti, ‘Esecuzione del concordato’ con la previsione per la quale ‘Dopo l’omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione’, vale a dire riconoscendo agli organi della procedura concorsuale ampi poteri di intervento”).

Tale rilievo non appare, tuttavia, ad avviso del Collegio, coerente con quanto letteralmente previsto dal combinato disposto degli art. 180, 181, 185 e 186 bis del R.D. 267/1942, i quali, nel disciplinare la fase di esecuzione del concordato non richiamano l’art. 136 dello stesso, il quale peraltro, come sopra evidenziato (punto 8.5.2.), riguarda la diversa procedura di concordato fallimentare, alla quale non è equiparabile, ai fini in esame, la procedura di concordato preventivo.

Inoltre e per altro verso, lo stesso art. 136 della L.F., nel prevedere che “Dopo la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione” non implica, di per sé, la permanenza del regime autorizzatorio.

9.5.9. Non possono evincersi argomenti di segno contrario neppure dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 85 del 7 maggio 2020 (…) la quale, nel giudicare ammissibile la questione ad essa rimessa proprio dalla citata Ordinanza del Consiglio di Stato (3938/2019 cit.) in ragione della ritenuta plausibilità della motivazione da quest’ultimo fornita in merito alla permanenza di poteri giudiziali di intervento nella fase esecutiva della procedura, nulla ha statuito con riferimento alla specifica questione oggetto del presente giudizio, che infatti non costituiva oggetto della valutazione di costituzionalità devoluta, la quale riguardava invece l’art. 186 bis, comma 6, L.F., censurato per violazione degli artt. 3,41 e 97 Cost., nella parte in cui escluderebbe dalle procedure di affidamento dei contratti pubblici l’impresa in concordato preventivo con continuità aziendale che rivesta la qualità di mandataria di un R.T.I.

9.6. Da quanto esposto deriva che nel caso di specie, essendo stato il concordato preventivo omologato e dunque concluso prima dell’indizione della procedura di affidamento, l’impresa allo stesso già sottoposta non fosse tenuta, ai fini della partecipazione alla gara, a disporre dell’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla procedura di affidamento, né della produzione della relazione asseverata prescritte, rispettivamente, dall’art. 186 bis comma 4 e comma 5 lett. b) L.F. ”.

4.2.6.- La stessa Sezione V del Consiglio di Stato, con la recentissima sentenza n. 7445 del 24 agosto 2022, ha peraltro mostrato di rimeditare l’orientamento più rigoroso di cui alla sentenza n. 4302/2021.

I passaggi motivazionali attinenti alla specifica fattispecie sono i seguenti:

mano a mano che si avanza nella procedura e dunque si aumentano le garanzie per i creditori (e per la stazione appaltante, correlativamente) diminuiscono – senza mai sparire del tutto, ad ogni modo – gli adempimenti a carico delle imprese stesse sottoposte a simili procedure. E ciò per garantire pur sempre il miglior equilibrio possibile tra libertà di impresa da un lato e tutela dei creditori (che non debbono essere pregiudicati dalla partecipazione ad una commessa che si riveli poi insostenibile per l’impresa ammessa al concordato) e della stessa stazione appaltante (che deve poter contrarre con soggetti affidabili) dall’altro lato. In questa stessa direzione, come del resto già anticipato, i suddetti adempimenti a carico dell’impresa soggetta a concordato si attenuano progressivamente ma non si eliminano del tutto;

9.4. Pertanto, ai fini che qui interessano (concordato con continuità aziendale):

9.4.1. Tra la richiesta di ammissione ad il decreto di apertura della procedura di concordato (art. 163) la partecipazione alle gare deve essere autorizzata dal Tribunale (art. 186-bis, comma 5);

9.4.2. Tra il decreto di apertura della procedura di concordato (art. 163 LF) e il decreto di omologazione del concordato stesso (art.181 LF) per la partecipazione alle gare l’autorizzazione va richiesta al giudice delegato che acquisisce altresì il parere del commissario liquidatore (art. 186-bis, comma 5, cit.);

9.4.3. Dopo il decreto di omologazione nessuna autorizzazione del Tribunale è ulteriormente richiesta ma soltanto una asseverazione di un tecnico professionista circa il rispetto del piano concordatario e la capacità di adempimento dell’impresa stessa (art. 186-bis, comma 6). In questa particolare fase, il decreto di asseverazione può dunque rappresentare il “punto di caduta” tra libertà di impresa e tutela dei creditori e della stazione appaltante ”.

4.2.7.- Spostando l’analisi alla giurisprudenza civile, viene in rilievo in primo luogo Cassazione civile, Sez. I, n. 23638 del 15 novembre 2007, con la quale si afferma che:

la sentenza di omologazione del concordato preventivo determina la cessazione della relativa procedura, liberando il debitore da ogni vincolo, che non sia quello dell’osservanza delle condizioni del concordato, facendogli riacquistare in tal modo la capacita giuridica e la piena libertà di esercizio della sua impresa. Tanto comporta che il debitore, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato preventivo, non ha necessità, per promuovere un giudizio o per resistervi, di alcuna autorizzazione integrativa da parte degli organi preposti alla procedura concordataria (Cass. n. 2380 del 1965;
n. 748 del 1962);
per effetto di detta sentenza viene meno il potere di gestione del commissario giudiziale (Cass. n. 7661 del 2005), che deve soltanto sorvegliare l’adempimento del concordato secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione (L. Fall., art. 185) e, se del caso, adottare le iniziative necessarie per provocare l’intervento del Tribunale ai fini dei provvedimenti di cui alla L. Fall., artt. 137, 138, (risoluzione ed annullamento del concordato), richiamati dalla L. Fall., art. 186, (Cass. n. 6859 del 1995).

Pertanto, in caso di concordato con garanzie, il debitore acquista la piena disponibilità dei propri beni e, ai sensi della L. Fall., art. 168, cessa anche il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore e, per analogia di ratio, anche il divieto per i creditori di acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti (Cass. n. 6166 del 2003), spettando la legittimazione passiva rispetto alle prime all’imprenditore (Cass. n. 2346 del 1970).

Inoltre, la L. Fall., art. 185, comma 2, stabilisce: “Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori”. La norma, come bene è stato osservato, ha innovato il sistema stabilito dalla L. 24 maggio 1903, n. 197, art. 21, nel quale il debitore fino al completo adempimento del concordato preventivo non avrebbe potuto alienare o ipotecare i suoi immobili, sistema criticato per la sua rigidità dalla dottrina, che accolse con favore la nuova disciplina, per la sua elasticità, bilanciata dalla possibilità della riapertura del fallimento.

Ne consegue che da detta norma, secondo la quale le funzioni di vigilanza e di direzione del commissario si trasformano in quelle di mera sorveglianza, dall’analogia con la L. Fall., art. 131, comma 4, nonchè dalla L. Fall., art. 168, tenuto conto, delle considerazioni sopra svolte, si desume che ogni forma di concordato preventivo ha termine con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, con conseguente irriferibilità della L. Fall., art. 167, agli atti compiuti dal debitore dopo tale momento ”.

4.2.8.- Meritevole di menzione è anche Cassazione civile, Sez. VI, n. 2656 del 4 febbraio 2021, sulla cui rilevanza ai fini della decisione ugualmente si confrontano le parti del giudizio:

la chiusura del concordato che, ai sensi della L. Fall., art. 181, fa seguito alla definitività del decreto o della sentenza di omologazione, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione dei beni previsto, durante il corso della procedura, dall’art. 167, non comporta (salvo che alla data dell’omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito) l’acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, che resta vincolato all’attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il Commissario Giudiziale, come espressamente stabilito dall’art. 185, è tenuto a sorvegliare l’adempimento, “secondo le modalità stabilite nella sentenza (o nel decreto) di omologazione”. La fase di esecuzione, nella quale - come si desume dalla stessa rubrica dell’art. 185 - si estrinseca l’adempimento del concordato, non può allora ritenersi scissa, e come a sé stante, rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all’osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell’art. 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori ”.

5.- Una autonoma menzione deve essere fatta a questo punto dell’ iter motivazionale - per il loro ruolo di “ cerniera ” tra l’illustrazione dei precedenti giurisprudenziali (il quale consente anche di superare l’eccezione di inammissibilità del deposito fatta, rispetto ad essi, dalla parte appellante in quanto asseritamente integranti nuovi documenti, in violazione del divieto di cui all’art. 104, coma 2, c.p.a., senza considerare che quantomeno l’ultimo non avrebbe potuto essere prodotto antecedentemente, essendo di data successiva alla instaurazione del giudizio di appello) e la parte più direttamente decisoria della controversia – dei provvedimenti del G.O. del 10 settembre 2019, del 1° marzo 2022 e del 22 settembre 2022 (rispettivamente doc.ti n. 3 e n. 4 della produzione di -OMISSIS- del 18 agosto 2022 e n. 5 della produzione del 22 settembre 2022).

5.1.- Con il primo dei predetti provvedimenti viene dichiarata, in accoglimento dell’istanza presentata dalla odierna appellata in relazione ad altra procedura di gara e sulla scorta della intervenuta sentenza di omologazione, il “ non luogo a provvedere ” in ordine al rilascio dell’autorizzazione ex art. 186- bis , comma 4, l.f., in quanto “ la responsabilità economica e giuridica della partecipazione ricade sull’istante quale soggetto di diritto privato ”.

Con il secondo, nel respingere l’istanza di autorizzazione presentata dalla appellata ai fini della partecipazione ad altra procedura di gara, viene affermato che “ col decreto di omologa passato in giudicato, ogni apprezzamento demandato al Tribunale sotto il profilo della legittimità e al ceto creditorio sotto il profilo della fattibilità economica è del tutto esaurito, così da non lasciare spazio ad un potere di autorizzazione nella fase dell’esecuzione del concordato, tranne che per limitati aspetti inerenti alle modalità di liquidazione del patrimonio (a titolo esemplificativo, proprio nel concordato della Union sono in corso specifiche attività di recupero del credito per le quali trova applicazione, con i connessi, eventuali poteri del Giudice Delegato, l’art. 182 l. fall.). Alcun potere di autorizzazione residua in capo al Giudice Delegato o al Tribunale per la gestione ordinaria dell’attività di impresa qual è quella espletata da una società che abbia ottenuto l’omologa di un concordato preventivo in continuità aziendale ”.

Con il terzo, infine, pur riconoscendosi la sottrazione dell’impresa, a seguito dell’omologazione del concordato, al regime autorizzatorio ex art. 186- bis , comma 4, L.F., viene nondimeno autorizzata “ a ratifica ” la partecipazione della -OMISSIS- alla gara di cui si tratta: ciò “ pur non condividendo l’orientamento del Consiglio di Stato ” (con riferimento, evidentemente, a quello espresso con la citata sentenza della Sez. V n. 4302/2021) e tenuto conto del fatto che, alla luce dello stesso, “ l’attività della istante e l’ordinaria partecipazione alle gare risulterebbero impossibilitate o gravemente rallentate ”.

5.2.- In relazione ai suddetti provvedimenti, che come si è detto contribuiscono alla ricostruzione del quadro giurisprudenziale in materia, deve ritenersi, sul piano direttamente decisorio della presente controversia, che gli stessi non siano idonei a legittimare, sotto il profilo in esame, la partecipazione alla gara da parte della -OMISSIS-, come vorrebbero le parti appellate, e quindi a dimostrare l’infondatezza del motivo di appello di cui si tratta e/o il superamento della carenza autorizzatoria con esso lamentata.

5.3.- Per quanto concerne i primi due, invero, basti rilevare che essi sono riferiti ad altre procedure di gara e comunque sono astrattamente insuscettibili di superare il dato normativo, ove interpretabile nel senso della necessità della suddetta autorizzazione.

Del resto, laddove l’ordinamento prescriva un requisito o condizione partecipativa, la relativa carenza in capo al concorrente non lo esenta dalle conseguenze escludenti da essa normativamente derivanti, a meno che non possa farsi applicazione del principio secondo cui ad impossibilia nemo tenetur e che quindi sia univocamente dimostrato che lo stesso abbia assolto ad ogni suo dovere di diligenza al fine di munirsi del requisito mancante: ciò che nella specie richiederebbe quantomeno che, a fronte di un provvedimento negativo del giudice delegato, sia stato inutilmente esperito il reclamo ex art. 164 L.F..

5.4.- Per quanto concerne invece il terzo, recante come si è detto l’autorizzazione “ a ratifica ” dell’autorizzazione a partecipare alla gara de qua , deve osservarsi che, ai sensi dell’art. 186- bis , comma 4, L.F., l’autorizzazione del Tribunale condiziona “ la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici ”, per cui essa deve essere richiesta (e conseguita) anteriormente all’adozione del provvedimento di aggiudicazione, essendo privo di valenza sanante il suo conseguimento postumo: ciò in linea con quanto statuito dalla Adunanza Plenaria con le sentenze n. 9 e n. 11 del 27 maggio 2021, secondo cui “ la centralità e l’importanza che riveste l’autorizzazione del giudice fallimentare, ai fini della partecipazione alla gara, conducono a ritenere che il rilascio e il deposito di tale autorizzazione debbano intervenire prima che il procedimento dell’evidenza pubblica abbia termine e, dunque, prima che sia formalizzata da parte della stazione appaltante la scelta del miglior offerente attraverso l’atto di aggiudicazione. Si tratta di una posizione, qui sostenuta anche dalla difesa erariale, che già è stata fatta propria dalla giurisprudenza più recente di questo Consiglio (Cons. St, sez. V n. 1328/2020), alla quale si è richiamata anche l’ANAC (delibera n. 362/2020), e che ha il pregio di individuare un limite temporale definito, (più) idoneo ad assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di gara, senza far carico l’amministrazione aggiudicatrice e gli altri concorrenti dei possibili ritardi legati ai tempi di rilascio (o di richiesta) dell’autorizzazione ”.

Né vale osservare che, secondo quanto affermato con la medesima pronuncia, “ è comunque rimesso alle stazioni appaltanti nel singolo caso concreto valutare se un’autorizzazione tardiva, ma pur sempre sopraggiunta in tempo utile per la stipula del contratto di appalto o di concessione, possa avere efficacia integrativa o sanante ”, dal momento che sarebbe comunque demandato all’Amministrazione il compimento della valutazione suindicata, non esperibile in via sostitutiva dal giudicante.

6.- Riassunti, nei termini di cui sopra, i principali orientamenti giurisprudenziali formatisi in subiecta materia , si rende opportuno delineare, nei suoi snodi principali, la questione interpretativa, al fine di illustrare le ragioni per le quali la Sezione ritiene di addivenire alla reiezione del motivo di appello in esame.

7.- Come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza 7 maggio 2020, n. 85, la “ ratio che ispira la regola generale di esclusione dalle gare per l’affidamento di appalti pubblici dell’imprenditore sottoposto a procedure concorsuali, prevista prima all’art. 38, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 163 del 2006 e poi all’art. 80, comma 5, lettera b), del D.Lgs. n. 50 del 2016 ” consiste “ nella finalità di tutelare l’interesse pubblico al corretto e puntuale adempimento delle prestazioni oggetto del contratto ”: regola alla quale viene apposta una deroga in favore delle imprese in concordato preventivo di continuità, nel rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 186- bis l.f..

Come ugualmente statuito dal giudice costituzionale, “ in linea con la più generale finalità dell’istituto di favorire il superamento dello stato di crisi dell’azienda, la disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale si caratterizza per la previsione di stabilità dei contratti in essere con le pubbliche amministrazioni, ex art. 186-bis, terzo comma, della legge fallimentare, e, al contempo, per la possibilità che l’impresa partecipi alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. La deroga al divieto di partecipare a gare pubbliche mira dunque a consentire eccezionalmente alle imprese che si trovino in questa condizione di acquisire commesse pubbliche e garantire così una migliore soddisfazione dei creditori ”.

7.1.- La peculiare condizione dell’impresa che debba fare fronte ad uno stato di crisi – cui, ai sensi dell’art. 160, comma 3, l.f., è equiparato, ai fini della ammissibilità della domanda di concordato, lo stato di insolvenza – giustifica, nonostante l’indubbio favor con il quale il legislatore guarda all’istituto de quo (di cui è espressione, ad esempio, la previsione secondo cui la necessità che la proposta di concordato assicuri il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari non si applica al concordato con continuità aziendale, ai sensi dell’art. 160, comma 4, l.f.), le cautele di cui è circondata, sul piano normativo, l’ipotesi che il concordato preventivo, in luogo della sua tradizionale funzione liquidatoria (del patrimonio del debitore, con la conseguente inevitabile cessazione della relativa attività produttiva e dispersione dell’avviamento aziendale maturato), si accompagni alla “ prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore ”, ai sensi dell’art. 186- bis , comma 1, L.F.: cautele di cui fa parte integrante, relativamente ai contratti con la P.A. in corso di esecuzione, la possibilità di continuazione degli stessi “ se il professionista designato dal debitore di cui all’articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento ” (art. 186- bis , comma 3, secondo periodo, L.F.) e, relativamente alla fase partecipativa alle procedure di gara finalizzate alla assegnazione dei contratti medesimi, la previsione di cui si tratta, prescrivente la preventiva acquisizione – alle condizioni previste dall’art. 186- bis , comma 4, della legge medesima – della autorizzazione del Tribunale ovvero del giudice delegato, a seconda dello stato della procedura di concordato.

7.2.- Tali cautele – che, va detto per inciso, non trovano riscontro relativamente ai contratti stipulati o stipulandi con soggetti privati – rinvengono il loro fondamento nell’esigenza di accertare che l’esecuzione del contratto già stipulato con la P.A. o l’assunzione di un nuovo impegno contrattuale nei confronti della stessa, in ragione degli interessi pubblici che si vi connettono, sia compatibile con la corretta ed integrale esecuzione degli obblighi assunti dal debitore mediante il piano di concordato proposto all’approvazione dei creditori ovvero, prima che tale piano sia proposto ed approvato, in quella di non aggravare la posizione debitoria dell’impresa in crisi mediante l’assunzione di ulteriori impegni che essa non abbia la capacità di assolvere, a discapito dei creditori preesistenti e del buon esito della procedura concordataria (oltre che della credibilità della proposta di concordato, tenuto conto che, ai sensi dell’art. 168, comma 1, L.F., già “ dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore ”): esigenza potenzialmente immanente al concordato preventivo con continuità aziendale quale che sia lo stato di avanzamento dello stesso e, quindi, almeno astrattamente, anche nella fase di esecuzione susseguente al provvedimento di omologazione da parte del Tribunale, ex art. 180 L.F..

7.3.- Ciò premesso, i dubbi interpretativi sollevati dalla disposizione in esame derivano essenzialmente dal fatto che essa, nel suo contenuto testuale, fissa il dies a quo dell’obbligo di acquisire l’autorizzazione del giudice (facendolo coincidere con il “ deposito della domanda di cui all’articolo 161 ”), senza indicare, almeno espressamente, alcun dies ad quem : lasciando in tal modo aperta l’alternativa se questo debba coincidere, come vorrebbe la parte appellante, con l’avvenuta esecuzione del piano concordatario, sancita dal decreto ex art. 136 L.F., ovvero, come sostengono le parti resistenti, già con l’adozione del decreto di omologazione da parte del Tribunale (che segna anche, ai sensi dell’art. 181 L.F., la chiusura della procedura di concordato preventivo, anche con continuità aziendale).

7.4.- In proposito, sembra doversi escludere che il suddetto dies ad quem possa essere ricavato per implicito dal fatto che, una volta che l’impresa abbia ottenuto l’omologazione, essa non si troverebbe più “ in stato ” di concordato preventivo, ex art. 80, comma 5, lett. b ), d.lvo n. 50/2016, non dovendo attendersi a tal fine il pieno adempimento del piano di concordato e l’adozione del decreto di chiusura di cui all’art. 136 L.F..

Basti osservare che la continuità tra la fase della “ procedura ” di concordato e quella relativa alla sua esecuzione, posta in evidenza dalla richiamata giurisprudenza civile, non consente di ravvisare nella omologazione del concordato una cesura netta tra le stesse, atta a giustificare l’assunto interpretativo secondo cui l’impresa che vi è sottoposta non si trovi più, una volta che l’omologazione sia intervenuta, in “ stato ” di concordato, con la conseguente inapplicabilità in radice del divieto partecipativo – e delle connesse eccezioni – di cui agli artt. 80, comma 5, lett. b ), e 110 d.lvo n. 50/2016.

7.5.- Inoltre, non può trascurarsi che, sebbene l’omologazione del concordato determini la cessazione dello “ spossessamento attenuato ” dei beni aziendali vigente nella fase antecedente, la successiva fase esecutiva si caratterizza pur sempre per la sottoposizione del debitore concordatario ad un regime gestionale che, oltre che svolgersi sotto il controllo e la vigilanza degli organi della procedura (nella composizione triadica: Tribunale, Giudice delegato e Commissario giudiziale) e dei creditori (cui sono attribuiti i poteri previsti dall’art. 185 L.F.), è orientato, come ugualmente posto in risalto dalla giurisprudenza civile, al prioritario soddisfacimento dei diritti dei secondi, così come cristallizzati nel piano di concordato e nel relativo decreto di omologazione.

8.- Ciò premesso, ritiene in primo luogo la Sezione che non siano convincenti, in un senso o nell’altro, gli argomenti interpretativi incentrati sul diritto di disposizione del patrimonio facente capo al debitore nelle diverse fasi in cui si dipana la vicenda concordataria ovvero, di riflesso, sul potere degli organi della procedura di “ affievolire ” quel diritto mediante l’esercizio delle loro prerogative autorizzatorie o, più ampiamente, dei loro poteri di sorveglianza della attività del debitore: ciò che vale anche laddove, piuttosto che ad un indistinto potere di disposizione patrimoniale, si abbia riguardo alla – più o meno piena, in ragione del diverso modo in cui essa si atteggia rispetto all’esercizio di quei poteri nelle diverse fasi della procedura concordataria – capacità di agire dell’imprenditore interessato.

Deve infatti ritenersi che la potestà autorizzatoria contemplata dall’art. 186- bis , comma 4, L.F. si configuri in termini di assoluta specialità rispetto alla generale situazione del debitore nell’ambito della vicenda di concordato preventivo, così come disciplinata dalle disposizioni precedenti (che quei limiti al potere di disposizione/capacità di agire del debitore espressamente prevedono): specialità che trova un duplice fondamento nella inerenza della disposizione de qua al (solo) concordato preventivo con continuità aziendale e, nell’ambito dello stesso, come si è detto, alle (sole) procedure contrattuali aventi come controparte la P.A..

8.1.- In ogni caso, sussistono plurime indicazioni normative che condurrebbero ad escludere che quelle limitazioni (al potere dispositivo e/o alla capacità di agire del debitore), ammesso che alle stesse possa assimilarsi il potere autorizzatorio de quo , siano caratterizzate da una ultrattività, rispetto alla chiusura della procedura di concordato ( recte , alla intervenuta omologazione), atta a fornire un appiglio giustificativo di un analogo esito interpretativo con riferimento allo speciale potere di cui all’art. 186- bis , comma 4, L.F..

In primo luogo, invero, l’art. 161, comma 7, della legge medesima prevede che “ dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’articolo 163 (quello, cioè, che dichiara l’apertura della procedura, n.d.e. ) il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato ”.

Invero, a prescindere dal fatto che la stipulazione di un contratto con una P.A. (o di un contratto di appalto tour court ) non è necessariamente qualificabile come atto di “ straordinaria amministrazione ” (essendo evidente che è privo di incidenza sul patrimonio del debitore, costituente la garanzia dei creditori, un contratto di appalto avente ad oggetto, ad esempio, l’esecuzione di un servizio di carattere immateriale), la previsione individua quale limite temporale della sua operatività l’adozione del decreto di cui all’art. 163 L.F., ovvero un evento chiaramente antecedente alla omologazione del concordato.

Né a diversa conclusione può pervenirsi alla luce dell’art. 167 L.F., secondo cui “ durante la procedura di concordato, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale ” (comma 1) e “ i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato ” (comma 2).

Invero, se da un lato la disposizione citata detta la disciplina della “ procedura di concordato ” (la quale, come si è detto, rinviene il suo confine temporale ultimo nel decreto di omologazione, ai sensi del richiamato art. 181 L.F.), dall’altro lato essa configura, per un verso, un generico potere di “ vigilanza ” del Commissario giudiziale, per l’altro, un potere autorizzatorio circoscritto agli atti di straordinaria amministrazione (quali non necessariamente, come si è detto, sono qualificabili i contratti stipulati con la P.A.), la cui elusione, peraltro, non produce conseguenze in punto di invalidità/illegittimità dell’atto partecipativo posto in essere in carenza di autorizzazione, ma in chiave di mera inopponibilità ai “ creditori anteriori al concordato ”.

Deve solo aggiungersi che tali disposizioni, con i relativi limiti temporali ai poteri autorizzatori da esse contemplate, non potrebbero che trovare a fortiori applicazione al concordato preventivo con continuità aziendale, caratterizzato da un più spiccato affidamento nella capacità di recupero dell’imprenditore.

8.2.- Ben diverso il regime apprestato dal legislatore per la fase dell’esecuzione “ post-omologazione ” del concordato.

In proposito, come si è detto, l’art. 185 (“ Esecuzione del concordato ”) L.F. prevede che “ dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori ”: deve infatti ritenersi che, per la diversità del contenuto e della stessa imputazione soggettiva (non al Tribunale né al Giudice delegato, ma al Commissario giudiziale) di tale potere di sorveglianza, il potere autorizzatorio ex art. 186- bis , comma 4, L.F. non possa ritrovare la sua matrice legittimante nella disposizione citata.

Inoltre, a rimarcare la diversità tra il suddetto potere di autorizzazione e il tipo di condizionamento che la libertà dispositiva e negoziale del debitore subisce nella fase della esecuzione del concordato, non può non sottolinearsi che il citato art. 185, ai suoi commi 4 e ss., dispone che “ il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata ” e che “ nel caso in cui il commissario giudiziale rilevi che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore, può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti ”.

Ebbene, come si evince dal chiaro tenore testuale delle disposizioni appena citate, gli obblighi attuativi del concordato imposti al debitore – con la particolarità che gli stessi risultano prescritti solo nel caso in cui la proposta di concordato provenga da uno dei creditori e non dallo stesso debitore – e presidiati dal potere di controllo sostitutivo del Commissario giudiziale oltre che dal meccanismo risolutorio di cui all’art. 186 - hanno carattere “ attivo ”, essendo diretti a dare esecuzione al piano concordato, mentre non risultano estensibili a quegli atti che, senza assumere diretto rilievo esecutivo del concordato (come, appunto, la partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica non contemplata dal piano omologato), costituiscono estrinsecazione, nell’ambito del concordato preventivo con continuità aziendale, dell’iniziativa imprenditoriale del debitore, libera di esprimersi – a meno che non entri in conflitto con gli obblighi assunti dal debitore concordatario – entro gli spazi gestionali non coperti né vincolati dagli impegni concordatari.

8.3.- Né può essere trascurato, quale ulteriore indice interpretativo favorevole alle parti appellate, che l’art. 186- bis , comma 4, l.F. indica quale organo deputato ad esprimere l’autorizzazione alla partecipazione alla gara del debitore in concordato preventivo, nella fase successiva all’adozione del decreto di ammissione ex art. 163 della legge medesima, il “ giudice delegato ”, le cui generali funzioni autorizzatorie tuttavia, come si è detto, devono ritenersi cessate, salve ipotesi eccezionali di riemersione, una volta che, con l’omologazione del piano concordatario, si sia conclusa, ex art. 181 L.F., la “ procedura de qua .

8.4.- In conclusione, sul piano del coordinamento delle disposizioni pertinenti, sono ravvisabili, ad avviso della Sezione, elementi prevalenti a favore della tesi interpretativa sostenuta dalle parti appellate: ciò che impone di verificare se l’interpretazione di carattere funzionale della disposizione de qua consenta di pervenire a diversi risultati.

9.- Da questo punto di vista, deve osservarsi che l’omologazione – e, ancor prima, l’approvazione da parte dei creditori - del piano di concordato preventivo che preveda la continuazione dell’attività aziendale scaturisce da una valutazione della sostenibilità economico-finanziaria della stessa oltre che della sua utilità per i creditori, in vista del migliore e più sicuro soddisfacimento dei loro diritti, così come rimodulati nell’ambito del piano di concordato.

Ai sensi dell’art. 186- bis , comma 2, della legge fallimentare, infatti:

Nei casi previsti dal presente articolo:

a) il piano di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

b) la relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori ”.

Dalle citate disposizioni si evince quindi che l’omologazione del concordato sottende un accertamento della (riacquistata) capacità del creditore di svolgere efficacemente ed utilmente l’attività di impresa, la quale deve presentare serie prospettive di redditività, tali da giustificare, nell’interesse dei creditori e dello stesso ordinamento al mantenimento di una cellula produttiva ancora vitale, la preferenza per la soluzione conservativa dell’integrità aziendale in luogo di quella liquidatoria-dissolutoria.

9.1.- E’ vero che, anche in tale fase (“ post-omologazione ”), l’affidamento dell’ordinamento nella solidità economico-finanziaria del debitore non è totale, permanendo la sua sottoposizione al potere di vigilanza del Commissario giudiziale (e, per suo tramite, del Tribunale): tuttavia, come accennato, tale potere di vigilanza è essenzialmente strumentale alla corretta e puntuale esecuzione degli obblighi assunti in sede concordataria dal debitore, mentre non è previsto che la stessa si estenda alla ordinaria gestione dell’impresa in concordato, comprensiva di tutte le iniziative (tra cui la partecipazione alle gare) finalizzate all’accrescimento dei ricavi aziendali ed, in ultima analisi, alla sopravvivenza dell’entità imprenditoriale, oltre che alla migliore soddisfazione degli interessi del ceto creditorio.

9.2.- In tale quadro, è ragionevole ritenere che la valutazione circa la capacità di riacquisto da parte dell’impresa di una piena condizione di solvibilità, e nello stesso tempo circa la coerenza della partecipazione alla gara con la situazione di crisi in cui essa attualmente versa, siano rese, nelle more della approvazione della proposta di concordato e della sua omologazione giudiziale, di volta in volta dal Tribunale o dal Giudice delegato, in relazione alla specifica procedura di gara, mentre, una volta che l’omologazione sia intervenuta, e salve le eventuali condizioni limitative ad essa apposte, essa debba ritenersi insita nella legittimazione dell’imprenditore al libero esercizio della sua iniziativa economica, di cui il medesimo si riappropria pur in un contesto di transizione nel percorso di superamento della crisi aziendale, laddove sussista una ragionevole prospettiva di favorevole risoluzione della stessa.

9.3.- Potrebbe tuttavia evidenziarsi in senso contrario, esaltando la connessione funzionale tra il potere autorizzatorio ex art. 186- bis , comma 4, L.F. e l’efficiente compimento del disegno di risanamento aziendale nel rispetto delle istanze dei creditori partecipanti alla procedura, che esso è preordinato (anche) a garantire la corretta e puntuale esecuzione del piano di concordato, spiegandosi sotto tale profilo la sua persistenza nella fase successiva alla omologazione.

In tale prospettiva, apparirebbe plausibile che tale potere, nella fase successiva all’omologazione, sia stato attribuito al Giudice delegato e non, ad esempio, al Commissario giudiziale, attenendo esso ad una verifica estesa alla compatibilità della partecipazione alla gara con gli impegni concordatari, la quale, anche in forza di un principio di parallelismo con il potere di omologazione, non potrebbe che essere attribuita, appunto, all’Autorità giurisdizionale.

9.4.- Ove poi si ritenesse che la ratio più genuina del potere de quo sia quella di salvaguardare l’interesse della stazione appaltante – ovvero quello pubblico in generale - alla corretta esecuzione della prestazione contrattuale da parte di un operatore economico pienamente affidabile, non potrebbe negarsi che la sua persistenza, anche nella fase “ post-omologazione ”, trovi il suo fondamento nella considerazione che l’approvazione del piano di concordato da parte dei creditori, e la stessa sua omologazione da parte del Tribunale, oltre a non contemplare gli interessi pubblici sottesi alla regolare esecuzione di un contratto con la P.A., hanno carattere generale e non prendono specificamente in considerazione la singola procedura di gara (e gli impegni che la sua positiva conclusione per il concorrente comporterà a suo carico), giustificandosi quindi che permanga, pur successivamente alla chiusura della procedura di concordato, l’esigenza di una autonoma valutazione di idoneità dell’imprenditore alla esecuzione della pubblica commessa, da esprimersi, appunto, in sede di esercizio del potere di autorizzazione ex art. 186- bis , comma 4, L.F..

9.5.- Del resto, potrebbe osservarsi, atteggiandosi la suddetta autorizzazione quale condizione di partecipazione, e rispondendo in via primaria agli interessi pubblici innanzi individuati, l’esigenza che essa è funzionale a soddisfare non si presterebbe ad essere realizzata, con la stessa efficienza, dal potere dei creditori e del Commissario giudiziale di contestare eventuali ritardi e/o omissioni del debitore nella esecuzione degli impegni concordati, atteso il diverso ordine di interessi (di matrice schiettamente privatistica) sottesi alle suddette iniziative, la derivazione delle stesse dalla sola eventualità di mancata esecuzione del piano concordato e dal loro carattere postumo rispetto alla eventuale partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica da parte dell’imprenditore.

9.6.- In tale ottica, quindi, la tesi secondo cui il potere autorizzatorio non sarebbe esercitabile una volta intervenuta l’omologazione sembrerebbe peccare per il fatto di dare soverchio risalto alla funzione “ privatistica ” dello stesso, siccome inteso a preservare le ragioni del ceto creditorio nelle more del perfezionamento della procedura di concordato (fino al momento, cioè, in cui lo stesso ceto non si sia pronunciato nel merito della proposta di concordato), tralasciando quella squisitamente “ pubblicistica ”, ancorata alla sua funzione di tutela degli interessi della stazione appaltante: funzione così pregnante, che il legislatore ha ritenuto di prevederla, almeno testualmente, accanto – e non in sostituzione – dell’onere di cui all’art. 186- bis , comma 5, L.F., in base al quale “ l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara:

a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto ”.

9.7.- Né potrebbe trascurarsi che il concordato preventivo con continuità aziendale, che come si è visto rappresenta una eccezione al divieto di partecipazione alle gare delle imprese in crisi, è suscettibile di regredire – recte , sfociare – nella fase fallimentare, con la conseguente riespansione di quel divieto, nell’ipotesi di risoluzione o annullamento dello stesso, ai sensi rispettivamente degli artt. 185 e 186 l.F., con la conseguente esigenza di un controllo esterno sulla utilità della partecipazione alla gara, come quello assicurato dal potere di autorizzazione de quo .

9.8.- Anche gli argomenti innanzi illustrati, tuttavia, non sembrano possedere peso decisivo al fine di suffragare la correttezza della tesi interpretativa della parte appellante.

Può infatti osservarsi che, anche ad ammettere che il potere autorizzatorio de quo sia preordinato a tutelare primariamente l’interesse della stazione appaltante, esso si innesta pur sempre in una condizione “ precaria ” dell’impresa – sia dal punto di vista della eventualità di esito negativo della procedura concordataria, sempre possibile fino alla omologa del Tribunale, sia nell’ottica della sua “ salute ” imprenditoriale – la quale può tuttavia ritenersi superata una volta che il ceto creditorio, con l’avallo ( recte , omologa) del Tribunale, abbia sancito la capacità dell’impresa di fare fronte alle sue posizioni debitorie, recuperando la sua condizione di normale operatività.

Né la condizione di “ sorveglianza ” in cui si trova l’impresa che abbia avuto accesso al concordato, con la connessa eventualità di annullamento/risoluzione del concordato, sarebbe suscettibile di modificare il suo status giuridico, allo stesso modo in cui non lo sono gli obblighi debitori di qualunque impresa, per il solo fatto che il loro eventuale inadempimento potrebbe dare luogo all’apertura di una procedura di tipo fallimentare.

9.9.- In ogni caso, una lettura non parziale del potere de quo induce a ravvisare nello stesso il punto di “ giunzione ” tra due interessi, il primo orientato al completamento del percorso di risanamento attraverso la depurazione dell’impresa dai debiti pregressi, il secondo proteso a garantire la corretta esecuzione dell’appalto eventualmente aggiudicato all’imprenditore concordatario all’esito della procedura di gara.

Una volta tuttavia che, intervenuta l’omologazione e valutata da parte dei creditori, interpreti “ autentici ” del primo ordine di interessi, la capacità dell’impresa di soddisfare le loro pretese e, nel contempo, operare autonomamente sul mercato, viene meno una delle due – entrambe essenziali e consustanziali – ragioni giustificative del potere autorizzatorio in questione, con la conseguente esclusione dell’obbligo di acquisire l’autorizzazione in discorso al fine di consentire la partecipazione dell’impresa alla gara.

Ciò tanto più se si considera che il potere in questione integra una forma di grave limitazione alla libertà operativa dell’impresa, oltre che dei principi generali di favor partecipationis e di non aggravamento delle procedure di evidenza pubblica, con la conseguente esigenza di interpretazione restrittiva dei relativi presupposti, e che permane comunque, a salvaguardia dell’interesse della stazione appaltante alla affidabilità economica dei suoi interlocutori, la garanzia di cui al richiamato art. 186- bis , comma 5, L.F., laddove prevede che “ l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara:

a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto ”.

10.1.- Alla luce dei rilievi che precedono, quindi, anche il motivo di appello in esame deve essere respinto.

11.- Come si è detto, il T.A.R. si è pronunciato, in chiave ugualmente reiettiva, sulle censure di -OMISSIS- intese a sostenere che l’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche da parte della Commissione giudicatrice sarebbe avvenuta in violazione di specifici parametri fissati dall’art. 17.1 del disciplinare di gara.

11.1.- La statuizione reiettiva recata sul punto dalla sentenza appellata è preceduta, nei termini che seguono, dalla illustrazione delle deduzioni di parte ricorrente:

- con riferimento al sub-elemento di cui all’art. 17.1, lett. f ), del disciplinare (“ Riduzione dell’impatto ambientale: numero e tipologia delle vetture e delle attrezzature utilizzate ”), -OMISSIS- contestava la valutazione di prevalenza espressa in favore dell’aggiudicataria, rivendicando il massimo punteggio o, comunque, un punteggio maggiore di quello dato all’aggiudicataria sul presupposto che, a suo dire, entrambi gli operatori avevano offerto due auto, ma solo la ricorrente aveva offerto auto ad alimentazione esclusivamente elettrica;

- quanto al parametro G riferito al progetto migliorativo, la ricorrente lamentava che per il servizio di videosorveglianza la -OMISSIS- aveva conseguito il punteggio massimo, pari al coefficiente 1, “ ottimo ”, nonostante avesse offerto un numero di telecamere e di registratori sensibilmente inferiore rispetto a quelli offerti dalla -OMISSIS- (che aveva conseguito il coefficiente 0,8, “ più che adeguato ”), aggiungendo che il sistema di telecamere offerto dalla controinteressata non sarebbe stato conforme alle reali esigenze della struttura ospedaliera e, infine, che le quantità riportate nella descrizione dei singoli padiglioni non sarebbero state coerenti con quelle indicate nella tabella riepilogativa alle pagine 76-77;

- in relazione al criterio di valutazione E, “ Reportistica ”, la ricorrente si doleva dell’erroneità del punteggio più alto attribuito a -OMISSIS-, avendo quest’ultima offerto solo 5 strumenti di reportistica contro i 15 offerti da -OMISSIS- e anche in considerazione del fatto che essa aveva descritto gli strumenti offerti in maniera più dettagliata rispetto a quanto fatto dalla aggiudicataria.

11.2.- Il T.A.R., al fine di respingere le censure suindicate, ha preliminarmente osservato che “ le valutazioni tecniche espresse dalla Commissione di gara sono ampiamente discrezionali e insindacabili in sede giurisdizionale ove non emergano travisamenti, pretestuosità o irrazionalità, ma solo margini di fisiologica opinabilità della valutazione tecnico-discrezionale operata, di talché il Giudice Amministrativo non può sovrapporre alla valutazione opinabile del competente organo la propria valutazione ”.

Fatta tale premessa, il T.A.R. ha evidenziato che:

- “ nel caso in esame, non sono emersi tangibili profili di irragionevolezza o erroneità nei giudizi complessivamente espressi dalla Commissione, restando i rilievi critici della parte ricorrente ancorati a profili di merito, involgenti la mera opinabilità delle scelte tecnico-discrezionali della S.A., tentando la ricorrente di colmare il sia pur brevissimo iato numerico che la separa dall’aggiudicataria con la sostituzione della propria personale valutazione, basata su dati non oggettivi ed incontrovertibili, a quella espressa dall’Ente, sulla base, peraltro, di dati parziali estrapolati dalle offerte dei due operatori economici in relazione a ciascun elemento o parametro considerato ”;

- “ le valutazioni di maggior favore per la controinteressata espresse dalla Commissione esaminatrice appaiono del tutto plausibili e coerenti, dovendosi in particolare evidenziare, anche alla luce dei rilievi difensivi svolti dalla difesa dell’ente resistente e della controinteressata, che:

- la -OMISSIS- ha messo a disposizione un variegato parco veicoli, comprensivo di moto a trazione elettrica e di biciclette elettriche (che all’opposto non sono rinvenibili nell’offerta di -OMISSIS-), coerentemente giudicati dalla Commissione, nell’esercizio della propria discrezionalità valutativa, come elementi di elevato valore, in quanto mezzi più agili e versatili e a ridotto impatto ambientale, di talché ben si giustificano le valutazioni espresse;

- l’offerta dell’aggiudicataria, inoltre, ha previsto svariati elementi migliorativi volti alla riduzione dell’impatto ambientale (effettuazione di una valutazione delle criticità ambientali approfondita e basata sulle informazioni e sui dati raccolti presso i siti oggetto dell’appalto con conseguente definizione di strumenti specifici di ottimizzazione del sistema;
utilizzazione, sulle postazioni di vigilanza fissa, di sacchetti per rifiuti prodotti al 100% da rifiuti riciclati;
uso di apparecchiature elettroniche di classe energetica A+ o superiore e conformi alle più recenti normative;
l’installazione di 8 generatori fotovoltaici portatili PROD3 IKUBE F150, al fine di caricare le attrezzature personali degli addetti dotate di batteria, ecc.), giudicati, in maniera non manifestamente irragionevole, più rispondenti alle richieste di innovazione e agli obiettivi prefissati dalla S.A. di riduzione dell’impatto ambientale;

- in relazione alla contestazione afferente ai punteggi attribuiti al progetto migliorativo, in disparte il rilievo per cui la valutazione abbracciava tutte le proposte migliorative e non solo quelle relative all’impianto di videosorveglianza (Union ha offerto oltre 30 soluzioni progettuali migliorative), in ogni caso, non può tralasciarsi di evidenziare come non emerga alcuna incongruenza o irragionevolezza sul punto;
invero, nemmeno risulta che -OMISSIS- abbia offerto più telecamere rispetto all’aggiudicataria, dovendosi scomputare dal numero di telecamere offerte dalla prima (333) quelle già esistenti in struttura (133), di talché - anche tralasciando il non marginale giudizio sulla qualità dei dispositivi offerti – il numero delle telecamere offerte dalla ricorrente (pari a 200) risulta minore rispetto a quello offerto dalla -OMISSIS- (pari a 220);

- diversamente da quanto dedotto in ricorso, l’aggiudicataria ha minuziosamente indicato nell’offerta tecnica (pagg. 74 e ss.) la realizzazione della infrastruttura a supporto del sistema offerto, con conseguente adeguatezza della proposta migliorativa formulata alle esigenze della Stazione appaltante;

- in relazione all’ulteriore parametro afferente alla reportistica, la S.A. ha coerentemente valutato il livello qualitativo più che quantitativo delle prestazioni offerte, giudicando del tutto favorevolmente l’offerta di Union, che, in parte qua, ha in particolare previsto l’utilizzo di una piattaforma realizzata dalla stessa società adattabile alle esigenze della Stazione appaltante e personalizzabile a seconda delle specifiche esigenze di monitoraggio dei servizi ”.

11.3.- Il T.A.R. ha altresì osservato che “ come risulta chiaramente dalla complessiva offerta tecnica - ove in più parti, alla stregua della delineata organizzazione aziendale e del dimensionamento della struttura dedicata alla gestione dell’appalto, il numero delle guardie particolari giurate operanti sulla commessa è indicato in 150 - l’incongruenza stigmatizzata dalla ricorrente costituisce solo un evidente errore materiale nella redazione dell’offerta da parte dell’aggiudicataria, di cui la Commissione ha preso del tutto correttamente atto, considerandolo irrilevante ai fini che ne occupano ”.

11.4.- Le conclusioni del T.A.R. sono contestate, con gli argomenti che andranno ad esaminarsi, dalla parte appellante.

11.5.- Essa deduce in primo luogo che, sebbene sia ben noto che le valutazioni in ordine alle proposte tecniche rientrano nell’esercizio della discrezionalità della commissione di gara, con i connessi limiti che ne conseguono in termini di sindacato giurisdizionale, è altrettanto noto che tale sindacato deve essere esercitato ogniqualvolta tali valutazioni siano affette da manifesta irragionevolezza ovvero da evidente erroneità dell’istruttoria e travisamento dei fatti.

Essa allega altresì che la commissione di gara ha proceduto alla valutazione delle offerte prescindendo in più di un’occasione dai criteri previamente definiti nella lex specialis e violando gli elementi cui la stazione appaltante aveva puntualmente collegato l’attribuzione del punteggio premiale, con la conseguente illegittima sottovalutazione dell’offerta tecnica di -OMISSIS- e la corrispondente ingiustificata attribuzione alla -OMISSIS- di punteggi in realtà non dovuti.

11.6.- Iniziando dal criterio G – “ Progetto migliorativo ” previsto all’art. 17.1 del Disciplinare, per un massimo di 6 punti, deduce la appellante che risulta del tutto illogica ed immotivata l’attribuzione ad -OMISSIS- del coefficiente massimo di 1 (“ ottimo ”), a fronte del coefficiente inferiore di 0,8 (“ più che adeguato ”) assegnato invece alla deducente.

Essa premette che, a norma dell’art. 4.7, n. 7, del Capitolato di gara, il criterio premiale de quo stabiliva che “valutate le reali esigenze della struttura ospedaliera, sulla base dell’attento sopralluogo delle aree interessate dal servizio e dell’esperienza maturata nel settore, dovranno essere proposte tutte le soluzioni migliorative e servizi aggiuntivi ritenuti utili alla migliore erogazione e fruizione del servizio ”.

Essa deduce quindi di aver previsto soluzioni tecniche idonee a garantire la massima funzionalità del servizio offerto in favore dell’Azienda ospedaliera, anche grazie alla conoscenza dei luoghi derivante dall’esserne l’attuale gestore, laddove, al contrario, l’offerta avversaria non contiene alcuna proposta tale da poter giustificare l’attribuzione di un punteggio superiore a quello invece riconosciuto alla -OMISSIS-.

Allega altresì la parte appellante che la semplice disamina delle due offerte evidenzia come le migliorie proposte da entrambi i concorrenti siano sostanzialmente sovrapponibili, sia in termini di attività supplementari che di apparecchiature tecnologiche, e che anzi, rispetto a tale ultimo aspetto, la proposta di -OMISSIS- risulta sicuramente più pertinente, con particolare riguardo alla previsione del servizio di sorveglianza tramite drone.

Né, essa rileva, la preferenza per il progetto di -OMISSIS- potrebbe trovare fondamento nella indicazione di servizi che in alcun modo rispecchiano le reali esigenze aziendali della stazione appaltante, come ad esempio un ipotetico servizio in alta uniforme o ancora un servizio di bonifica ambientale atto a rilevare l’inverosimile presenza di microspie nei locali dell’azienda ospedaliera.

Con specifico riferimento poi alla fornitura dell’impianto TVCC e in particolare al numero di telecamere fornite, la parte appellante lamenta l’erroneità della affermazione del T.A.R. secondo cui la -OMISSIS- avrebbe previsto solo 200 telecamere, e quindi meno delle 220 di Union, atteso che le 133 telecamere già presenti sulla struttura sono sempre di proprietà di -OMISSIS- in qualità di gestore attuale del servizio presso l’A.O.R.N. Cardarelli, con la conseguenza che l’offerta totale della deducente deve considerarsi correttamente pari a 333 telecamere, e dunque superiore di circa il 40% rispetto a quella dell’aggiudicataria.

Infine, la parte appellante lamenta che la sentenza appellata omette del tutto di farsi carico del fatto, ritualmente censurato nei motivi aggiunti di primo grado, per cui le quantità di dispositivi di telecamera offerti da Union nella descrizione dei singoli padiglioni e quelle invece riassunte nella tabella riepilogativa alle pagg. 76-77 risultano totalmente incoerenti, così da rendere del tutto indeterminata l’offerta migliorativa e impedirne l’oggettiva ed esatta valutazione: al riguardo, essa aggiunge, nella suddetta tabella viene riportata per due volte l’offerta di 23 telecamere termoscanner (per un totale dunque di 46), mentre quelle indicate a pag. 70 ammontano complessivamente a 29, numero quest’ultimo ancora diverso rispetto alla somma delle quantità specificate nella parte relativa a ciascuna area (padiglione e varco) interessata.

Il motivo non può essere accolto.

Al netto, infatti, delle considerazioni meramente tautologiche in esso contenute – come quella intesa apoditticamente a sostenere la più spiccata funzionalità delle soluzioni migliorative proposte dalla parte appellante rispetto alle esigenze della stazione appaltante – e di quella, altrettanto indimostrata oltre che eccessivamente generica, secondo cui i servizi offerti dalle due concorrenti sarebbero “ sostanzialmente sovrapponibili ” (non senza trascurare che il servizio di vigilanza tramite drone, che la parte appellante sostiene costituire una peculiarità della sua offerta, si trova invece illustrato anche alle pagg. 84-85 del progetto tecnico della controinteressata), deve osservarsi, con specifico riferimento a ciascuno dei rilievi critici formulati in appello, che:

- l’assunto secondo cui la -OMISSIS- avrebbe offerto servizi non seriamente funzionali alle esigenze della stazione appaltante (vengono all’uopo menzionati quelli in alta uniforme e di bonifica ambientale) è del tutto parziale a fronte dell’ampia ed articolata gamma di servizi aggiuntivi offerti dalla controinteressata;

- il diverso – e maggior - numero di telecamere dell’impianto di TVCC offerte dalla -OMISSIS- rispetto a quelle offerte dalla aggiudicataria non è decisivo al fine di dimostrare l’erroneità del punteggio attribuito al progetto migliorativo, sia perché quello formulato dalla -OMISSIS- consta di una serie molteplice di ulteriori servizi, sia perché a rilevare, oltre al profilo quantitativo, è quello qualitativo relativo alle telecamere proposte ed al relativo sistema di videosorveglianza complessivamente considerato;

- la deduzione inerente alla “ totale incoerenza ” dei dati numerici relativi alle telecamere desumibili dal progetto tecnico è genericamente formulata, non consentendo di afferrare l’entità della predicata divergenza, fermo restando che non è dimostrato che, anche assumendo quale dato prevalente quello “ minimo ”, esso sia suscettibile di dimostrare la non meritevolezza del punteggio attribuito al progetto migliorativo della controinteressata;

- in ogni caso, tenuto conto del carattere meramente “ riepilogativo ” della tabella riportata alle pagg. 76-77 del progetto tecnico della -OMISSIS-, è ragionevole avere riguardo, ai fini della determinazione – complessiva e per padiglione/area – del numero delle telecamere offerte, ai dati “ originari ” riportati alle pagine precedenti della medesima offerta tecnica;

- la duplicazione del numero di telecamere termoscanner indicato nella suddetta tabelle è palesemente frutto di un errore materiale, di cui può presumersi la commissione di gara abbia tenuto conto nella attribuzione del punteggio migliorativo in discorso, mentre la discrasia rilevabile tra il numero delle suddette telecamere riportato a pag. 70 del progetto tecnico (n. 23 e non 29 come sostenuto dalla appellante) e quello riportato nella menzionata tabella (23) ha carattere del tutto marginale e tale da non generare, come sostenuto dalla appellante, l’indeterminatezza dell’offerta tecnica della aggiudicataria.

11.7.- Con riferimento invece al parametro E - “ Reportistica ”, valido fino a 9 punti, ed al relativo punteggio attribuito alla controinteressata, deduce la parte appellante che la commissione, in modo del tutto ingiustificato e incomprensibile, ha ritenuto di attribuire alla -OMISSIS- un coefficiente pari a 0,73 (tra adeguato e più che adeguato), riconoscendo invece a -OMISSIS- un coefficiente pari ad appena 0,60 (solo adeguato), quando quest’ultima ha offerto gli strumenti di reportistica in misura e tipologia tre volte superiori a quelli di -OMISSIS- (15 vs 5).

Né, continua la parte appellante, potrebbe condividersi l’affermazione del T.A.R. secondo cui la stazione appaltante avrebbe “ coerentemente valutato il livello qualitativo più che quantitativo ”, atteso che il Capitolato, all’art. 4.7, n. 5, prescriveva in modo chiaro e inequivoco che oggetto di valutazione ai fini del punteggio premiale sarebbe stata la “ capacità di offrire flussi informativi su tutte le attività in cui si esplica il servizio ”, riconoscendo dunque rilievo essenziale proprio al profilo quantitativo delle soluzioni offerte.

Deduce inoltre la parte appellante che la macroscopica irragionevolezza del punteggio assegnato alla controparte si evince dal fatto che la stessa nella propria offerta tecnica ha dedicato al criterio in parola appena 3 pagine, a fronte delle 17 pagine con le quali -OMISSIS- ha descritto dettagliatamente le soluzioni offerte: senza contare che la -OMISSIS- ha ricompreso nel criterio in parola anche la previsione del sistema informativo, oggetto invece del diverso criterio B - “ Sistemi informativi di gestione e sistemi di comunicazione ”, derivandone dunque l’illegittima duplicazione di valutazione del medesimo elemento anche dal punto di vista qualitativo.

Allega altresì la parte appellante che non solo essa ha proposto ben 15 diverse tipologie di report , in luogo delle sole 5 previste dall’aggiudicataria, ma, a differenza di quest’ultima, ha altresì puntualmente illustrato ciascuno dei suddetti report , allegando anche per ciascuno uno specifico esempio concreto, laddove nessuna descrizione risulta invece rinvenibile nell’offerta tecnica avversaria: circostanza tanto più rilevante ove si consideri che il Capitolato prevedeva che il concorrente avrebbe dovuto “ illustrare gli strumenti di reportistica utilizzati sul servizio erogato ”.

Né, prosegue la parte appellante ed a differenza di quanto sostenuto dai primi giudici, la dedotta sub-valenza della proposta avversaria potrebbe essere in qualche modo compensata dall’avere essa offerto una piattaforma digitale realizzata dalla stessa e personalizzabile secondo le esigenze di monitoraggio dei servizi, laddove una piattaforma digitale del tutto analoga è stata proposta anche dalla -OMISSIS-, che però ne ha ampiamente descritto le funzionalità e modalità di utilizzo, a differenza invece della rappresentazione del tutto generica offerta da controparte.

Nemmeno il suindicato motivo di appello è meritevole di accoglimento.

In primo luogo, il criterio in discorso è sviluppato dal capitolato d’appalto (punto 4.7, n.ro 5: “Reportistica”) nel senso che “ la società dovrà illustrare gli strumenti di reportistica utilizzati sul servizio erogato in conformità alle norme capitolari ed alla propria offerta tecnica, intesi come effettiva capacita di facilitare l’accesso, la lettura e il riutilizzo delle informazioni relative al servizio erogato. Sarà valutata la capacità di offrire flussi informativi su tutte le attività in cui si esplica il servizio ”.

Ebbene, deve in primo luogo osservarsi che, come evidenziato dal T.A.R., a venire in rilievo non è solo l’aspetto quantitativo degli strumenti di reportistica offerti, ma anche quello qualitativo, come si evince dal riferimento fatto dal capitolato al fatto che oggetto della valutazione sarà l’” effettiva capacita di facilitare l’accesso, la lettura e il riutilizzo delle informazioni relative al servizio erogato ”.

Inoltre, non è dimostrato – né, comunque, concretamente allegato - che il minor numero di strumenti di reporting offerti dalla -OMISSIS- inficerebbe la “ capacità di offrire flussi informativi su tutte le attività in cui si esplica il servizio ”.

Né assume rilievo decisivo, al fine di dimostrare l’irragionevolezza della valutazione espressa in ordine al suddetto profilo dalla commissione di gara, la maggiore ampiezza illustrativa dell’offerta tecnica della -OMISSIS- rispetto a quella della controinteressata, non emergendo in maniera univoca – né essendo comunque allegato – che il minor numero di pagine della seconda non sia in concreto sufficiente a cogliere tutti gli aspetti qualificanti in parte qua della stessa.

Quanto poi alla circostanza che l’aggiudicataria avrebbe inserito nel paragrafo dedicato al criterio in discorso elementi spuri, essa è inidonea ad inficiare il giudizio della commissione, non essendo dimostrato che la stessa ne abbia tenuto conto nella attribuzione del corrispondente punteggio.

11.8.- Prosegue la parte appellante osservando che la sentenza appellata non si sofferma sulla censura, formulata con il ricorso introduttivo del giudizio, intesa a contestare l’irragionevolezza dell’applicazione fatta dalla stazione appaltante del criterio di valutazione di cui all’art. 17.1, lett. G), concernente “ Procedure e modalità di gestione delle emergenze e del pronto intervento ”.

La parte appellante, nel riproporre il suddetto motivo di censura, deduce che mediante lo stesso si prefiggeva di evidenziare che la controinteressata, nella propria relazione tecnica, al capitolo D, in tema di Gestione Emergenze (pagg. 34 e seguenti), aveva trattato l’argomento in maniera decisamente più sommaria e meno approfondita della -OMISSIS-, che aveva dedicato al tema oltre 40 pagine, descrivendo ogni singola tipologia di emergenza e specificando, per ogni area del nosocomio dove poteva verificarsi, in che modo e con quali mezzi sarebbe stata affrontata.

Essa deduce inoltre di aver elaborato specifiche analisi dei singoli rischi (anche in forma grafica), case studies e policy di sicurezza per tutte le diverse tipologie di emergenza in ospedale, non giustificandosi quindi l’assegnazione a -OMISSIS- di un punteggio sul tema equivalente o addirittura inferiore a quello attribuito alla -OMISSIS-.

Nemmeno il suddetto motivo, sebbene ritualmente riproposto in appello, può essere accolto.

E’ sufficiente al riguardo osservare che il perno della valutazione tecnica è rappresentato dai “ contenuti ” della proposta qualitativa, piuttosto che dal modo – o, addirittura, dal quantum – della relativa illustrazione, ben potendo verificarsi che un’offerta, pur succintamente illustrata, sia idonea a far cogliere gli elementi salienti che la caratterizzano e meritevoli, ad avviso della stazione appaltante, di un punteggio comparativamente più elevato.

11.9.- Per quanto concerne invece la censura intesa a lamentare l’illogicità delle valutazioni espresse dal seggio di gara con riguardo al criterio A - “ Modello organizzativo proposto ”, deduce la parte appellante che, a pag. 16 della propria offerta, la -OMISSIS- ha dichiarato per l’esecuzione dei servizi in oggetto un team di personale composto complessivamente, tra i titolari del servizio e risorse di back-up , da circa 150 guardie particolari giurate, sebbene nel medesimo paragrafo, alla successiva pag. 17, in modo del tutto contraddittorio, essa si sia invece impegnata ad effettuare corsi di formazione specifici per l’appalto in questione per tutto il personale impegnato nell’appalto, quantificandolo nel ben diverso e maggiore numero di 1.120 GPG, discendendone, ad avviso della appellante, l’indeterminatezza dell’offerta tecnica avversaria, non essendo in alcun modo comprensibile il numero di guardie che l’aggiudicataria si è impegnata ad utilizzare nell’appalto, rendendo così del tutto indeterminato anche il vincolo contrattuale dalla stessa assunto.

Né, aggiunge la parte appellante, la censura può essere superata dal fatto, rilevato dal T.A.R., che si sarebbe trattato di mero errore materiale, atteso che, da un lato, è del tutto infondata l’affermazione contenuta in sentenza per cui l’offerta tecnica avversaria “ in più parti ” avrebbe indicato in 150 il numero di g.p.g. operanti sulla commessa, laddove al contrario tale indicazione è contenuta esclusivamente alla pag. 16 dell’offerta avversaria, dall’altro lato, si tratta in ogni caso di dati tra loro del tutto diversi e inconciliabili, tali da escludere in radice il ricorrere dei presupposti richiesti dalla giurisprudenza per poter definire un errore come materiale, essendo a tal fine necessario non solo che lo stesso sia riconoscibile ex ante , ma anche che sia pacificamente e inequivocabilmente individuabile l’effettiva volontà negoziale che il concorrente ha inteso manifestare.

Dagli esposti rilievi la parte appellante fa quindi derivare il corollario della sussistenza di una ulteriore ragione di immediata esclusione dell’offerta avversaria, che giammai avrebbe potuto essere invece valutata, tanto meno positivamente, dalla commissione di gara.

Aggiunge la parte appellante che la proposta della -OMISSIS- risulta in ogni caso manifestamente irrealizzabile anche laddove ha previsto un piano formativo di base, in favore delle 1.120 g.p.g. previste, che consta di n. 26 (ventisei) corsi da eseguire entro i primi tre mesi di svolgimento dei servizi, quali in particolare:

1. Formazione conforme alle prescrizioni di cui al R.D. 18 giugno 1931, n.773 (T.U.L.P.S. Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, Titolo IV) e al DM 269/2010;

2. Formazione in materia di psicologia comportamentale dell’operatore e di soggetti terzi in situazioni di criticità Vigilanza e tecniche antiterrorismo;

3. Corso periodico utilizzo armi presso poligono;

4. Uso defibrillatore semiautomatico adulto pediatrico;

5. Prehospital crime scene care ;

6. Formazione sull’uso del pc;

7. Controllo siti sensibili e ad alto rischio;

8. Pronto intervento e comportamenti in situazioni di emergenza;

9. Tecniche di comunicazione non verbale;

10. Accertamento e contestazione del divieto di fumo;

11. Tecniche di autodifesa personale e di difesa a persone terze;

12. Approccio alle problematiche dei disabili e anziani;

13. Tecniche di riconoscimento di documenti contraffatti;

14. Corso di Formazione per prevenzione e conoscenza del protocollo emergenza del Covid 19;

15. Gestione dello stress e delle situazioni di crisi;

16. Manovre su impianti elevatori e scale mobili;

17. Tecniche per il controllo accessi e tutela di edifici pubblici;

18. Primo pronto soccorso sanitario con uso di defibrillatori semiautomatici BLS-DI;

19. Tecnica di gestione delle masse e procedure di emergenza ed evacuazione;

20. Gestione e custodia delle chiavi;

21. Gestione delle telefonate terroristiche;

22. Gestione macchinari ed attrezzature per l’esercizio delle attività oggetto dei singoli servizi;

23. Gestione delle criticità tecniche;

24. Tecniche per l’individuazione di soggetti sospetti applicando sistemi di profiling ;

25. Contatto con il pubblico, autocontrollo e tecniche di riduzione dello stress;

26. Normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali.

Allega inoltre la parte appellante che, anche a prescindere dal numero di g.p.g. destinatarie del piano formativo, appare in ogni caso oggettivamente impossibile lo svolgimento di tutti questi corsi di formazione entro i primi tre mesi di appalto, compatibilmente con la contemporanea esecuzione dei servizi, come invece assurdamente prospettato nel progetto avversario e illogicamente valutato dalla commissione di gara ai fini dell’attribuzione del punteggio premiale, anche a tacere del lievitare di costi e tempi conseguenti all’impegno di formare oltre 1.000 GPG, in alcun modo considerati dall’aggiudicataria ai fini della formulazione e successiva giustificazione della propria offerta economica.

Nemmeno il suesposto motivo di appello è suscettibile di accoglimento.

Premesso che i molteplici profili di contestazione nei quali si articola – in particolare, l’indeterminatezza dell’offerta tecnica, la sua irrealizzabilità, la sua sopravvalutazione e l’anomalia di quella economica – si fondano sul presupposto della incertezza dell’offerta tecnica della -OMISSIS- quanto alla indicazione del numero di g.p.g. impiegate nell’esecuzione dell’appalto, ritiene la Sezione che il passaggio del progetto tecnico in cui si afferma che “ La -OMISSIS- S.p.A. impiegherà per l’esecuzione dei servizi oggetto dell’appalto un team di personale altamente qualificato composto complessivamente, tra titolari del servizio e risorse di back-up, da circa n. 150 Guardie Particolari Giurate ”, in quanto direttamente destinato a definire da un punto di vista dimensionale l’assetto organizzativo del servizio, debba necessariamente prevalere – dimostrandone ictu oculi l’erroneità, agevolmente rilevabile, e presuntivamente rilevata, anche dalla commissione di gara - su quello concernente la formazione del personale, in cui il suddetto dato dimensionale è desunto (erroneamente) ab externo e formulato nel senso che “ questa Società si impegna a far conseguire, entro i primi tre mesi di svolgimento dei servizi, al personale impegnato nell’appalto carente di specifica formazione, attestati formativi per uno o più dei seguenti corsi. A tal fine, pertanto, la scrivente Società si impegna ad effettuare corsi di formazione specifici per l’appalto in questione, secondo quanto di seguito riportato per tutto il personale che sarà impegnato nell’appalto (quantificato in 1120 G.P.G.) ”.

Peraltro, il carattere materiale – ergo , agevolmente rilevabile – dell’errore in questione è dimostrato anche dal fatto che il progetto tecnico della -OMISSIS-, a pag. 3, nella sezione “ i nostri numeri ”, alla voce “ Personale ” indica la disponibilità di “ oltre 550 tra Guardie Particolari Giurate e operatori fiduciari ”, del tutto incoerente con l’ipotetico impiego nel servizio de quo di 1.220 dipendenti.

Deve solo aggiungersi che la complessiva infondatezza del motivo consente di prescindere dai profili di inammissibilità sollevati dalle parti resistenti (per ragioni, peraltro, che sono state in parte considerate ai fini reiettivi nel merito dalla Sezione).

12.- Il T.A.R. ha ravvisato l’infondatezza anche del motivo avente ad oggetto la violazione del principio in forza del quale, nelle procedure di gara, è preclusa alla Commissione, successivamente all’apertura delle buste, qualsivoglia modifica dei criteri di valutazione delle offerte tecniche.

Trattasi di motivo che, per la sua valenza rinnovatoria delle attività di gara, è chiaramente caratterizzato da una portata satisfattiva per gli interessi della parte appellante di carattere minore rispetto a quella riconoscibile ai motivi innanzi esaminati, con la conseguente necessità di riconoscere allo stesso rilievo subordinato nella complessiva articolazione delle censure della parte appellante.

Tuttavia, ritiene la Sezione di privilegiare esigenze di compiutezza e tempestività del sindacato giurisdizionale anticipando, rispetto al giudizio dell’Adunanza Plenaria, l’esame anche del motivo suindicato, il quale dovrebbe essere a rigore posposto alla definizione della questione interpretativa alla stessa devoluta.

12.1.- Ebbene, il T.A.R. ha rilevato in proposito che “ contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la griglia predisposta dalla Commissione nel corso delle operazioni di valutazione, piuttosto che aggiungere nuovi e ulteriori parametri valutativi, ha avuto il solo scopo di dar conto della congruente applicazione dei criteri previsti dal Disciplinare di gara, in modo da rendere intellegibili le ragioni del coefficiente numerico attribuito alle singole proposte, nell’intento di sintetizzare il percorso motivazionale seguito nell’attribuzione dei punteggi ”.

Osserva in senso contrario la parte appellante che la commissione di gara ha inammissibilmente elaborato solo a posteriori , dopo l’apertura e la valutazione delle varie offerte in gara, una griglia di criteri “ motivazionali ” generali, con i quali ha per giunta modificato in modo sensibile quanto previsto dalla lex specialis , come emerge dal verbale della XI seduta riservata del 16 settembre 2021.

Aggiunge la parte appellante che, se può ritenersi ammissibile che la commissione si auto-vincoli nell’esercizio della propria discrezionalità mediante la specificazione delle modalità applicative dell’attribuzione dei punteggi secondo quanto stabilito dai criteri di valutazione prefissati dal bando di gara, costituisce in ogni caso condizione ineludibile “ che ciò non avvenga a buste già aperte e che in ogni caso non si modifichino i criteri di valutazione e i fattori di ponderazione fissati nel bando di gara ” (Cons. St., Sez. V, n. 3737/18).

Né, allega la parte appellante, potrebbe sostenersi che tali criteri motivazionali postumi rappresentino invece le motivazioni dei giudizi espressi dalla commissione, una volta che gli stessi sono stati individuati in via astratta, generica e generale, senza in alcun modo farsi carico delle specificità delle singole offerte.

In ogni caso, osserva la parte appellante, nella loro predisposizione il seggio di gara ha radicalmente alterato i parametri di valutazione prefissati dalla lex specialis , omettendo del tutto di dare rilievo ad elementi invece ritenuti decisivi ai fini dell’attribuzione dei relativi punteggi premiali, richiamando quanto si legge con riferimento al “ modello organizzativo proposto ”, rispetto al quale il criterio motivazionale introdotto ex post dalla commissione trascura del tutto di dare rilievo al “ dimensionamento della struttura dedicata alla gestione dell’appalto ”, ovvero alle “ attività poste in essere per la periodica formazione del personale ”, come invece previsto dall’art. 4.7, n. 1, del Capitolato.

Altrettanto, essa aggiunge, è a dirsi con riguardo ai “ sistemi di controllo interni adottati dalla società per la verifica e il monitoraggio dell’efficienza del servizio ”, rispetto ai quali in alcun modo viene fatto “ particolare riferimento alle attrezzature e apparecchiature tecnologiche utilizzate ” (cfr. art. 4.7, n. 3, Capitolato, cit.).

Analoga contraddizione, osserva la parte appellante, con gli elementi di valutazione previsti dalla legge di gara si rinviene in riferimento alla “ reportistica ”, rispetto alla quale non viene in alcun modo considerato il numero delle attività oggetto di report , laddove ai sensi del Capitolato si sarebbe dovuta invece valutare “ la capacità di offrire flussi informativi su tutte le attività in cui si esplica il servizio ” (cfr. art. 4.7, n. 5, Capitolato, cit.).

Infine, con riferimento alla “ riduzione dell’impatto ambientale ”, lamenta la parte appellante che i criteri motivazionali elaborati dalla commissione hanno tenuto in esclusiva considerazione il numero di vetture utilizzate e di attrezzature impiegate, mentre il Capitolato (cfr. art. 4.7, n. 6) dava espresso e decisivo rilievo anche (se non soprattutto) alla loro tipologia.

12.2.- Il motivo non può essere accolto.

Esso nasce da una non condivisibile lettura della funzione attribuibile, nell’ambito del percorso formativo degli atti impugnati, ed in particolare di quelli relativi alla valutazione delle offerte tecniche, al documento di cui all’allegato n. 2 del verbale del seggio di gara del 16 settembre 2021.

Ritiene infatti la parte appellante che esso rappresenti l’esercizio da parte della commissione di una funzione regolatrice della sua attività valutativa esondante dai limiti entro cui la stessa deve essere contenuta al fine di non incorrere nella violazione dell’auto-vincolo che si è data la stazione appaltante, in sede di formulazione nell’ambito della lex specialis dei criteri di valutazione delle offerte: limiti connessi, da un punto di vista temporale, all’esigenza che quella funzione si esplichi prima dell’apertura delle offerte e, da un punto di vista contenutistico, che essa non introduca criteri di valutazione che “ modifichino i criteri di valutazione e i fattori di ponderazione fissati nel bando di gara;
in particolare questa non consentita modificazione si realizza quando la commissione enuclea sub - criteri di valutazione non previsti dal bando o alteri il peso di quelli contemplati dalla lex specialis
” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3737 del 18 giugno 2018).

Deve per contro ritenersi che il documento contestato non inerisca alla suddetta funzione regolatrice, a monte, della successiva attività valutativa della commissione di gara, ma attenga invece, a valle, alla stessa attività valutativa, in quanto, come si evince dal verbale cui lo stesso è allegato, destinato a motivare il “ giudizio di merito ” che i commissari hanno espresso, con riferimento a ciascuna offerta, mediante l’attribuzione dei relativi coefficienti numerici.

Sebbene, quindi, i giudizi compendiati nel predetto documento, in corrispondenza di ciascun coefficiente e nell’ambito di ciascuno dei criteri di valutazione fissati dal disciplinare di gara (ad eccezione di quelli che non risultino concretamente attribuiti da commissari ad alcuna offerta), siano “ standardizzati ”, ovvero identici per ciascuna offerta, ciò non toglie che essi, da un punto di vista funzionale, siano destinati ad illustrare il punteggio attribuito e non a regolare le modalità applicative dei criteri di valutazione, prima della loro concreta applicazione alle offerte esaminate.

13.- L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto, mentre la complessità dei temi trattati, insieme alle richiamate oscillazioni giurisprudenziali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di appello.

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