Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-02-05, n. 202401179

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-02-05, n. 202401179
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401179
Data del deposito : 5 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2024

N. 01179/2024REG.PROV.COLL.

N. 06827/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6827 del 2023, proposto da Centro per i Diritti del Cittadino – C, in persona del legale rappresentante pro tempore, e da B A, rappresentati e difesi dall'avvocato C D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Latina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C E, A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

nei confronti

Latina Green Building S.r.l.s, non costituita in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina n. 00553/2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2023 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con istanza del 2 dicembre 2022, il Centro per i diritti del cittadino – CODICI chiedeva al Comune di Latina, ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33, l’accesso alla seguente documentazione: 1) titolo unico n. 8/2022 del 9 agosto 2022 rilasciato alla società controinteressata Latina Green Building s.r.l.;
2) “ ‘comunicazione’ di ignoti estremi che dalla nota del 4 ottobre 2022 risulterebbe essere stata inoltrata alla società ”;
3) nota prot. n. 170485 del 4 ottobre 2022;
4) provvedimento o provvedimenti relativi alla cancellazione del nulla osta alberghiero.

Con nota prot. n. 615 del 2 gennaio 2013, il dirigente del Servizio attività produttive del comune di Latina denegava totalmente quanto richiesto a titolo di accesso civico semplice e generalizzato, rilevando che: a) l’avviso di rilascio del titolo unico de quo pubblicato sull’albo pretorio l’11 agosto 2022 era sufficiente per l’adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge per l’accesso civico semplice; b) gli atti relativi alla eliminazione del vincolo alberghiero e cioè le delibere giuntali n. 457 del 28 dicembre 2018 e n. 89 del 26 aprile 2021 erano state pubblicate sull’albo pretorio; c) gli atti di cui ai punti 2) e 3) dell’istanza costituivano mera corrispondenza interna rispetto alla quale non sussistevano esigenze conoscitive di tipo generale; d) ai sensi dell’art. 36 della delibera consiliare n. 8 del 1° marzo 2018, recante il regolamento locale in materia di accesso, erano sottratti all’ostensione gli “ atti riguardanti controversie pendenti ” quali sono quelli richiamati al punto 1) dell’istanza.

Conseguentemente, il Centro per i diritti del cittadino – CODICI, con nota prot. n. 11728 del 24 gennaio 2013, chiedeva al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza il riesame della determinazione assunta dal suddetto ufficio. All’esito del procedimento di secondo grado, con nota prot. n. 27075 del 17 febbraio 2023, la predetta istanza del 2 dicembre 2022 veniva accolta limitatamente ai documenti di cui al punto 4) attraverso la comunicazione del link di pubblicazione sulla sezione “Amministrazione trasparente” del sito internet istituzionale del Comune di Latina. Per il resto, quanto al titolo unico del 9 agosto 2022, all’esito di una rinnovata e più completa istruttoria veniva confermato il rigetto già disposto il 2 gennaio 2023, sottolineandosi come, anche in relazione all’accesso civico generalizzato, nel bilanciamento tra l’interesse conoscitivo della ricorrente e quello alla riservatezza dei dati personali della controinteressata era stata ritenuto prevalente il secondo, tenuto conto che l’art. 20, comma 6, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 prevede che il regime di pubblicità del permesso di costruire non consista nella messa a disposizione dell’intero provvedimento e che, ai sensi dell’art. 5- bis , comma 2, lett. a), d.lgs. n. 33 del 2013, l’eventuale accesso civico generalizzato creerebbe un pregiudizio concreto per la protezione dei dati personali e della proprietà intellettuale, non eliminabile mediante la tecnica dei c.d. omissis . Anche in merito ai documenti di cui ai punti nn. 2) – i.e. la nota prot. n. 164203 del 22 settembre 2022 – e 3) dell’istanza confermava l’assunto che si tratta di corrispondenza interna per la quale non sussiste alcun interesse conoscitivo meritevole di tutela.

Da ultimo, veniva confermato che le delibere della giunta comunale nn. 457 del 2018 e 89 del 2021 erano state pubblicate nella sottosezione “Pianificazione e governo del territorio” della sezione “Amministrazione trasparente” del sito internet istituzionale comunale, ove sono liberamente accessibili per chiunque, indicandosi il relativo link .

Il Centro per i diritti del cittadino impugnava gli atti di diniego, lamentando:

I) quanto alla nota del 2 gennaio 2023, violazione degli artt. 5 e 43, d.lgs. n. 33 cit., per incompetenza del dirigente che l’ha adottata;

II) in relazione alla medesima nota del 2 gennaio 2023, violazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 cit., oltre ad eccesso di potere sotto svariati profili;

III) sempre riguardo alla nota del 9 febbraio 2023, violazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 cit., nonché eccesso di potere per diversi indici sintomatici;

IV) in merito alla stessa nota del 9 febbraio 2023, eccesso di potere sotto differenti profili e violazione del parere del Garante per la protezione dei dati personali n. 26 del 18 gennaio 2018;

V) ancora in riferimento alla nota del 9 febbraio 2023, violazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 cit. ed eccesso di potere;

VI) violazione della circolare del Ministro per la pubblica amministrazione n. 2 del 30 maggio 2017, pubblicata sulla GU n. 162 del 13 luglio 2017.

Parte ricorrente, altresì, precisava di ritenere non satisfattiva la comunicazione di un mero link , avendo a suo dire l’Amministrazione l’obbligo di trasmettere integralmente le delibere giuntali n. 457 del 2018 e n. 89 del 2021 ed i loro allegati.

Il T.a.r Lazio, con sentenza del 17 luglio 2023 n.553, accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo in particolare:

- improcedibili i motivi di impugnazione rivolti nei confronti dell’originario provvedimento di diniego giacché questo era stato superato nei contenuti e nelle determinazioni dal successivo provvedimento di parziale accoglimento emesso dal Segretario Generale all’esito del riesame richiesto;

- fondati i motivi di ricorso avverso il diniego di ostensione del titolo unico del 9 agosto 2022;

- non fondati i motivi finalizzati ad ottenere la conoscenza dei provvedimenti relativi alla cancellazione del vincolo alberghiero, realizzato attraverso la comunicazione del link di collegamento sul portale di pubblicazione degli atti, ritenendo che, in relazioni a tali atti, fosse sufficiente la messa a disposizione della documentazione tramite link.

Contro tale decisione il Centro per i diritti del cittadino – CODICI ha proposto appello chiedendo la parziale riforma della sentenza impugnata.

Si è costituito nel presente giudizio il comune di Latina, chiedendo di dichiarare l’appello inammissibile e, in ogni caso, infondato.

In vista dell’udienza del 7 dicembre 2023, le parti hanno depositato memorie con le quali hanno chiarito e ulteriormente argomentato la fondatezza delle rispettive posizioni difensive.

In data 6 dicembre 2023 Centro per i diritti del cittadino – CODICI ha depositato la seguente ulteriore documentazione: Ordinanza dirigenziale n. 271 del 30.11.2023 avente ad oggetto: 1)-Cessazione dell’attività di media struttura di vendita - Ditta Punto Immobiliare S.r.l. e Gamy S.r.l.”;
2)- Richiesta di Volture del Titolo Unico n. 6/2022 del 31.05.2022;
3)- Ordinanza dirigenziale n. 273 dell’01.12.2023 ad oggetto: “Apposizione di new jersey spartitraffico in via del Lido”;
4)- Nota a firma del Dirigente arch. Daniela Prandi.

All’udienza camerale del 7 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con un primo mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando : Illegittimità dell’assunto relativo alla improcedibilità del primo motivo di ricorso - Omessa motivazione - Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 del codice di rito civile in relazione alla natura ed effetti del procedimento di resame regolato dall’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013 ”.

Con tale mezzo di gravame la parte appellante contesta, sotto il profilo del difetto di motivazione e di mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la pronuncia di improcedibilità del giudice di prime cure in relazione al primo motivo del ricorso di primo grado con il quale, in riferimento alla nota del 2 gennaio 2023, era stata dedotta la violazione degli artt. 5 e 43, d.lgs. n. 33 cit., per incompetenza del dirigente che l’ha adottata.

Con un secondo mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando: Illegittimità dell’assunto relativo alla improcedibilità del secondo motivo di ricorso - Omessa motivazione - Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 del codice di rito civile in relazione alla natura ed effetti del procedimento di riesame” regolato dall’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013 ”.

Con tale mezzo di gravame la parte appellante contesta, sotto il profilo del difetto di motivazione e di mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la pronuncia di improcedibilità del giudice di prime cure in relazione al primo motivo del ricorso di primo grado con il quale, in relazione alla medesima nota del 2 gennaio 2023, era stata dedotta violazione dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 cit., oltre che eccesso di potere sotto svariati profili.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione, non sono fondati.

Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, assume dirimente rilievo ai fini dell’esame dei suesposti motivi, la distinzione tra conferma in senso proprio e atto meramente confermativo, che, secondo un costante insegnamento giurisprudenziale, si fonda sul fatto che la prima è un atto adottato in esito a una rinnovata istruttoria, integralmente sostitutivo di quello precedente nella disciplina del rapporto controverso (Cons. di Stato, sez. VI, 13 luglio 2020 n. 4525;
sez. II, 12 giugno 2020 n. 3746;
sez. II, 8 maggio 2019 n. 2969;
sez. V, 17 gennaio 2019 n. 432;
sez. III, 9 luglio 2014 n. 3491;
sez. III, 2 settembre 2013 n. 4358).

In altri termini, il discrimen tra atto di conferma e atto meramente confermativo risiede, non nella identità o diversità delle ragioni e delle espressioni utilizzate, bensì nella circostanza che la conferma costituisca o meno l’esito di nuova istruttoria e di una nuova ponderazione degli interessi.

Nell’ipotesi della conferma, infatti, l’Amministrazione giunge ad emanare il provvedimento con il medesimo contenuto di quello previamente emesso, ma dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta e, soprattutto, dopo una nuova istruttoria. Nel caso dell’atto meramente confermativo, invece, l’amministrazione non fa che ripetere la precedente determinazione, senza alcuna nuova valutazione della fattispecie concreta (Cons. Stato, sez. II 17 novembre 2022 n. 10142;
sez. IV, 23 aprile 2020, n. 2570).

Nel caso di specie, come si avrà modo di ulteriormente dettagliare nel corso dell’esame del sesto motivo di appello, il provvedimento del 9 febbraio 2023 riflette nuove valutazioni dell’Amministrazione e implica il definitivo superamento di quelle poste a base di quello confermato, sicché correttamente il giudice di prime cure ha rilevato la mancanza di interesse del ricorrente ad ulteriormente coltivare il gravame proposto avverso la nota del 2 gennaio 2013, non potendo dallo stesso conseguire alcuna utilità.

Con un terzo mezzo di gravame la parte appellante deduce : “ Error in procedendo et in iudicando Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 del codice di rito civile in relazione alla natura ed - effetti del procedimento di riesae” regolato dall’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013 ed al principio secondo il quale chiuque ha diritt di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche pubbiche amministrazioni ri rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto e rispetto dei diritti relativi alla tutela degli interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’art. 5 bis - Omessa motivazione ”.

La parte appellante, in particolare, lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso il terzo motivo del ricorso di primo grado, con il quale era stata denunciata la violazione, sempre con rifermento alla nota del 9 febbraio 2023, dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 cit., nonché eccesso di potere per l’asserira sussistenza di diversi indici sintomatici;

Con un quarto mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 del codice di rito civile in relazione alla differenza - sostanziale tra pubblicità - notizia dei permessi di costruire e precipue finalità contemplate dal secondo comma dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, anche alla luce del parere del Garante della privacy in data 18 gennaio 2018, n. 26 - Omessa motivazione”.

Nella prospettiva dell’appellante, nonostante il parziale accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata prescinderebbe del tutto dalle deduzioni svolte nel ricorso introduttivo, e , in particolare, dalla distinzione, ivi formulata, tra il tema della pubblicità - notizia dei permessi di costruire (cfr. art. 20, comma 6, d.p.r. n. 380/01) e le precipue finalità contemplate dal secondo comma dell’art. 5 del d.lgs. n. 33/2013.

Con un quinto mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 del codice di rito civile - Violazione e falsa applicazione del principio secondo il quale chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti da e pubbliche amministrazioni rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi degli artt. 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33/2013 Omessa motivazione .

In particolare, con tale motivo si assume l’erroneità della sentenza impugnata, la quale avrebbe di fatto disatteso principi giurisprudenziali richiamati con il quinto motivo di ricorso di primo grado in materia di accesso civico e di accesso civico generalizzato.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione, sono inammissibili.

Secondo un costante indirizzo interpretativo, sussiste un interesse concreto ad impugnare una sentenza, al solo fine di ottenere una modificazione della sua motivazione, solo allorché da quest'ultima possa dedursi un'implicita statuizione contraria all'interesse della parte medesima, nel senso che a questa possa derivare pregiudizio da motivi che, quale premessa necessaria della decisione, siano suscettibili di formare giudicato (C.d.S. 4452/2020).

Nel caso in esame siffatta fattispecie non ricorre per le ragioni che seguono.

L’accesso civico generalizzato, come noto, costituisce un diritto fondamentale che contribuisce al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l’ordinamento giuridico riconosce alla persona.

La natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato rinviene, infatti, fondamento, oltre che nella Carta costituzionale (artt. 1, 2, 97 e 117) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 42), anche nell’art. 10 della CEDU, in quanto la libertà di espressione include la libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di legge.

L’accesso civico generalizzato si traduce nel diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire.

La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, infatti, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese.

Ai fini dell’accesso civico generalizzato, inoltre, non occorre verificare, così come per l’accesso documentale, la legittimazione dell’accedente, né è necessario che la richiesta di accesso sia supportata da idonea motivazione.

L’accesso civico “generalizzato” consente, contrariamente a quello documentale, a “chiunque” di visionare ed estrarre copia cartacea o informatica di atti “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (articolo 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33).

Per effetto dell’adesione dell’ordinamento al modello di conoscibilità generalizzata delle informazioni amministrative proprio dei cosiddetti sistemi FOIA (Freedom of information act), l’interesse conoscitivo del richiedente è elevato al rango di un diritto fondamentale (cosiddetto “right to know”), non altrimenti limitabile se non in ragione di contrastanti esigenze di riservatezza espressamente individuate dalla legge, mentre l’accesso documentale (e ancor di più quello difensivo) risponde al paradigma del “need to know”, con tutto ciò che ne consegue.

Dalle considerazioni che precedono emerge la netta distinzione, sul piano strutturale e funzionale, tra l’istituto dell’accesso documentale e quello civico generalizzato, da cui ulteriormente discende la legittima facoltà di azionare il secondo anche quando non sussistono, o non sussistono più, i presupposti per esercitare il primo.

Applicando tali coordinate al caso in esame, il giudice di prime cure, ha correttamente rilevato la fondatezza della richiesta di accesso avente ad oggetto il titolo unico del 9 agosto 2022 (ovvero un atto amministrativo che, ai sensi dell’art. 7, d.P.R. 7 settembre 2010 n. 160, comprende sia il permesso di costruire per la realizzazione a stralcio di una media struttura di vendita sia un’autorizzazione per un passo carrabile), in considerazione del fatto che, prima ancora che ai sensi dell’articolo 5, comma 2, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in relazione alle pratiche edilizie, vige un sistema sostanzialmente improntato alla trasparenza, in quanto gli atti di assenso rilasciati dalle Autorità in questa materia sono soggetti a pubblicazione già ai sensi dell’abrogato art. 31, l. 17 agosto 1942 n. 1150 e lo sono tuttora in base all’art. 20, comma 6, d.P.R. n. 380 del 2001.

Muovendo da tale condivisibile premessa interpretativa, la sentenza impugnata ha correttamente tratto il corollario secondo cui, in alcun modo, l’accesso agli atti relativi al rilascio dei titoli edilizi può recare un pregiudizio concreto agli “ interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale […] e i segreti commerciali ”, di cui all’art. 5- bis , comma 2, lett. c), d.lgs. n. 33 cit., non potendosi configurare, in relazione alle relazioni tecniche, planimetrie, sezioni e tabelle di dimensionamento di ciascuno dei titoli edilizi rilasciati, alcuna lesione di interessi economici e commerciali dei destinatari, afferenti a segreti commerciali, trattandosi di mere rappresentazioni grafiche ed elaborati utili a trasporre sul piano reale, delineandone l’oggetto, la localizzazione e gli sviluppo planimetrici dell'attività edilizia realizzata.

Alla luce di tali rilievi, la sentenza impugnata ha annullato il provvedimento del Segretario Generale del Comune di Latina - conclusivo della fase di riesame - nella parte in cui ha negato, in ragione della prevalenza dell’esigenza di tutela dei dati personali ivi contenuti, la ostensione del titolo unico richiesta, ritenendo al contrario accessibili tali informazioni.

Alla stregua delle riportate condivisibili argomentazioni sviluppate dalla sentenza impugnata, le censure formulate dall’appellante non appaiono sorrette da alcun interesse funzionale ad ottenere una pronuncia di riforma della motivazione della sentenza gravata, non potendo la parte appellante ricavare dall’accoglimento delle censure riferite alla omessa o inadeguata considerazione dei rilievi svolti nel ricorso di primo grado alcuna concreta utilità.

Con un sesto mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando :Erronea individuazione degli effetti dell’istanza di riesame avanzata ai sensi dell’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013, con conseguente confusione tra i temi del riesame ex art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013 e della improcedibilità del ricorso a seguito dell’avvenuto soddisfacimento dell’interesse dedotto dal ricorrente .

La sentenza impugnata violerebbe il disposto di cui all’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013, il quale prevede che “Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni”. Da tale norma, in particolare, ad avviso della parte appellante, si ricaverebbe l’assunto secondo cui, il diniego originario frapposto dall’amministrazione non verrebbe sostituito o superato dal successivo provvedimento del responsabile della prevenzione e corruzione, “ma possiederebbe natura ed effetti di appendice al procedimento”.

Il motivo non è fondato.

L’art. 5, comma 7, d.lgs. n. 33/2013, stabilisce che “Nei casi di diniego totale o parziale dell'accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all'articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni”.

La conclusione del procedimento attivato con la richiesta di accesso civico deve avvenire entro trenta giorni "con provvedimento espresso e motivato".

Diversamente dalla prima versione del decreto, che prevedeva l'ipotesi del "silenzio-rigetto", la formulazione adottata impone, pertanto, all'amministrazione di motivare le ragioni di diniego.

Ovviamente, può comunque accadere che l'amministrazione non risponda nel termine previsto.

In questa ipotesi di "silenzio-inadempimento", come nel caso di diniego espresso (totale o parziale), si può ricorrere al giudice amministrativo nelle forme del rito speciale in materia di accesso (art. 116 c.p.a.) e/o chiedere il riesame della decisione al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza della stessa amministrazione. Il provvedimento motivato di quest'ultimo, da adottare entro venti giorni, è impugnabile davanti al giudice amministrativo.

In tale ultimo caso, il provvedimento espresso del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza costituisce il provvedimento contro il quale azionare l’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo.

L’assunto trova riscontro nel peculiare procedimento in materia di accesso civico generalizzato in cui, contrariamente a quanto avviene nel procedimento in materia di accesso documentale, la mancata risposta allo scadere del termine per provvedere non determina immediatamente il silenzio rigetto dell'istanza, ragione per la quale una parte della giurisprudenza amministrativa ritiene che la contestazione del silenzio maturato in relazione ad una richiesta di accesso civico (ovvero di accesso civico generalizzato) non possa essere fatta valere con il ricorso ex art. 116,c.p.a, ma solo con il rito del silenzio ex art. 117,c.p.a. (cfr. T.a.r. Campania, Salerno, 9 novembre 2023m n. 2513).

Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto nell’atto di appello, quando, come nel caso in esame, il provvedimento del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, in riforma dell’originario provvedimento di diniego, accoglie parzialmente l’istanza di accesso, il provvedimento del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza costituisce l’unico provvedimento impugnabile in sede giurisdizionale.

E in effetti, nell’art. 5,coomma 8, dlgs. N. 33/2013 è prevista la possibilità di esperire il ricorso dinanzi al giudice amministrativo contro la decisione dell’autorità competente in prima istanza ovvero, in caso di richiesta di riesame, contro la decisione del responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza.

Di qui l’infondatezza della censura.

Con un settimo mezzo di gravame la parte appellante deduce : “Error in procedendo et in iudicando Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. - Violazione del principio secondo il quale deve esservi costante corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) e del principio secondo il quale il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti (art. 115 c.p.c.) - Violazione del principio del diritto del ricorrente all’integrale esame delle domande introduttivamente avanzate

Assume l’appellante che il ricorso introduttivo offrirebbe chiara e incontestabile dimostrazione che esso ha avuto ad oggetto la richiesta di poter esercitare l’accesso civico sia al titolo unico n. 8/2022 del 9 agosto 2022 rilasciato alla società controinteressata Latina Green Building s.r.l., sia ai provvedimenti relativi alla cancellazione del nulla osta alberghiero, mentre, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la sentenza impugnata avrebbe motivato in ordine alle delibere giuntali n. 457/2018 e n. 89/2021, le quali, non avrebbero ad oggetto la cancellazione del nulla osta alberghiero(che sarebbe oggetto della non conosciuta nota della Regione Lazio prot. n. 357248 del 15 giugno 2018).

Il motivo non è fondato.

La sentenza impugnata ha stabilito che la comunicazione del link di rinvio al sito della amministrazione pubblica, ove erano pubblicati gli atti di pianificazione con cui si era provveduto alla eliminazione del vincolo di destinazione d’uso alberghiero, costituisce misura sufficiente e adeguata ad assicurare l’accesso, anche alla luce del principio di buona fede, che deve improntarne i rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini. Ciò premesso l’assunto, coltivato dalla parte appellante, in ordine al fatto che il giudice di primo grado non abbia “inteso” che la richiesta di accesso era rivolta essenzialmente alla non conosciuta nota della Regione Lazio prot. 357248 del 15.06.2018 -di nulla osta alla cancellazione del vincolo-, non trova corrispondenza nella documentazione in atti.

Dall’esame della documentazione riversata nel giudizio di primo grado emerge la prova, sia pure indiretta, del fatto che l’Associazione appellante ha avuto conoscenza della deliberazione n. 457/2018 con cui è stata adottata la variante al piano particolareggiato Q3, che ha eliminato il vincolo di destinazione d’uso alberghiera all’interno della zona “attrezzature turistiche”. La prova si ricava, in particolare, dal fatto che la parte appellante ha presentato analitiche osservazioni avverso la delibera in esame, la quale era stata pubblicata sul sito istituzionale della trasparenza amministrativa, corredata da dieci allegati tra i quali figurava anche (sub allegato 4) la nota Regionale contenente il nulla osta alla cancellazione del vincolo alberghiero.

Con un ultimo mezzo di gravame la parte appellante deduce: “ Error in procedendo et in iudicando: Violazione di legge ed eccesso di potere per violazione degli artt. 91 e 92 del codice di rito civile ”. –

Con esso, in particolare, la parte appellante lamenta l’assenza di ragioni a sostegno della disposta compensazione delle spese dal contesto della sentenza.

Il motivo non è fondato.

Secondo un consolidato orientamento del Consiglio di Stato, la statuizione del giudice di primo grado sulle spese ed onorari di giudizio è espressione di un ampio potere discrezionale, come tale non sindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l'ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa oppure per il caso in cui la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate( cfr. Cons. di Stato, Sez. VII, 5 dicembre 2022, n. 10638;
Cons. Stato, Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2374).

Nel caso in esame, come emerge dalla semplice lettura della parte motiva della sentenza impugnata, la pronuncia è stata di parziale accoglimento del ricorso, con conseguente soccombenza parziale di entrambe le parti del giudizio. Dal che discende la coerenza e la ragionevolezza della statuizione che ha disposto la compensazione delle spese.

Le considerazioni che precedono impongono, pertanto, la reiezione dell’appello e la conferma, sia pure con le precisazioni svolte in motivazione, della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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