Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-02-23, n. 202401816

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-02-23, n. 202401816
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401816
Data del deposito : 23 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/02/2024

N. 01816/2024REG.PROV.COLL.

N. 09474/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9474 del 2019, proposto da
Porfido Trentino S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A P, A M V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, via degli Scipioni 268 A;

contro

Comune di Albiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del T.R.G.A. - della Provincia di Trento n. 110/2019, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Albiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2023 il Cons. Diana Caminiti e preso atto del deposito della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa del 10 gennaio 2023, da parte dell'avvocato Valorzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con atto notificato in data 31 ottobre 2019 e depositato il successivo 20 novembre Porfido Trentino S.r.l. (d’ora in poi per brevità semplicemente Porfido Trentino) ha interposto appello avverso la sentenza T.R.G.A. della Provincia di Trento 8 agosto 2019 n. 110 con cui si è rigettato il ricorso proposto dall’odierna appellante avverso la delibera della giunta del comune di Albiano n. 174 del 20 settembre 2018, con la quale è stata respinta l’istanza presentata dalla società ricorrente, unitamente alla società Nuova LP Rizzol s.r.l., in data 11 luglio 2018 per la riforma in autotutela della delibera della giunta comunale n. 99 del 31 maggio 2018, nella parte in cui è stata rigettata la richiesta di accesso alla premialità di cui al punto 2b) della delibera del consiglio comunale del comune di Albiano n. 22 del 31 ottobre 2017, avanzata dalle predette società, nonché avverso ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi la delibera n. 99 del 31 maggio 2018 e il parere reso dal Consorzio dei Comuni Trentini con nota del 22 agosto 2018, citato nella delibera n. 174 del 20 settembre 2018.

2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2.1. Il Comune di Albiano ha previsto, relativamente a tutte le concessioni rilasciate per l’estrazione e la lavorazione del porfido - ivi compresa quella rilasciata alla società ricorrente in prime cure – in conformità con la delibera del consiglio comunale n. 22 del 31 ottobre 2017 al punto 2b), un prolungamento di due anni della durata della concessione (con i relativi volumi) se la concessionaria “ si sia impegnata in un processo di riorganizzazione aziendale - attestato dalla produzione dell’atto costitutivo e dalla comprovata operatività della società o del consorzio di cui sia divenuta parte - volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006 e/o la costituzione di consorzi, che favoriscano la competitività delle imprese locali in un mercato aperto ”.

2.2. Il richiamato art. 34 della L.P. n. 7/2006 a sua volta prevede ai commi 1 e 2 che “ 1. Per garantire il miglioramento delle condizioni di sicurezza del lavoro e delle condizioni ambientali conseguenti a una corretta e razionale coltivazione del giacimento, il comune, di propria iniziativa o su domanda degli interessati e previo parere favorevole del comitato cave, può approvare un progetto unitario per la coltivazione di aree contigue oggetto di concessioni diverse. In tal caso sono conseguentemente adeguati i disciplinari di concessione e, se necessario, i singoli progetti di coltivazione.

2. Nel caso previsto dal comma 1 il comune, con apposito provvedimento, può autorizzare i singoli concessionari a unirsi in forma di consorzio o di società per eseguire unitariamente i lavori di scavo e di prima lavorazione. Il consorzio o la società deve essere partecipata esclusivamente dai titolari delle concessioni, ognuno per una quota determinata in proporzione al valore del giacimento in concessione con le modalità previste dai disciplinari di concessione
”.

2.3. Per ottenere tale prolungamento della durata della concessione la società Porfido Trentino e la società Nuova LP Rizzol s.r.l., svolgente l’attività di coltivazione del porfido in lotto contiguo, hanno chiesto di essere autorizzate a coltivare i rispettivi lotti con un progetto unitario, impegnandosi a tal fine « ad unirsi mediante la costituzione di rete d’impresa di tipo contratto », sul presupposto che il suddetto art. 34 si riferisca esclusivamente alle aggregazioni sotto forma di consorzio o di società sol perché all’epoca di emanazione della L.P. n. 7/2006 non era ancora in vigore la disciplina relativa alle reti di impresa, di cui all’art. 3, comma 4-ter , del decreto legge n. 5/2009, convertito dalla legge n. 33/2009.

2.4. Il Comune di Albiano con la delibera di giunta n. 99 del 31 maggio 2018, pur esprimendo parere favorevole all’aggregazione « nella forma della rete d’impresa di tipo contratto », escludeva che tale aggregazione integrasse « i presupposti per l’accesso alle premialità in termini di durata della concessione di cui al punto 2b) delle delibere 59 e 61/2011 come modificate dalla delibera 22/2017 », richiamando in motivazione il parere espresso dal Servizio minerario della Provincia di Trento con nota prot. n. 239416 del 23 aprile 2018.

2.4.1. Con tale parere infatti il Servizio minerario aveva preso atto di quanto previsto al punto 2b) della predetta delibera n. 22 del 2017, rilevando che la volontà del Comune era nel senso che, per beneficiare del prolungamento della durata della concessione, occorre(va) che « l’esecuzione unitaria dello scavo e/o della prima lavorazione sia (fosse) eseguita da un soggetto terzo formato dai titolari delle singole concessioni ».

2.5. A seguito di tale delibera giuntale la Porfido Trentino, con istanza presentata in data 1 luglio 2018, richiedeva al comune di riformare in autotutela la delibera stessa nella parte in cui era stata negata la proroga del termine di durata della concessione, evidenziando che per accedere al beneficio si richiedeva - in via alternativa alla costituzione di un consorzio - l’impegno dei soggetti interessati a porre in essere un processo di riorganizzazione aziendale “ volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006 ” e che la rete di imprese fosse uno strumento senz’altro idoneo a tal fine.

2.5.1. In via subordinata la società, con l’istanza di riesame, chiedeva di essere rimessa in termini per istituire apposito consorzio o ulteriore soggetto terzo, sì da poter ottenere la proroga biennale.

2.6. Il Comune con la delibera di giunta n. 174 del 20 settembre 2018 ha rigettato integralmente l’istanza di riesame, senza prendere in considerazione l’istanza di rimessione in termini formulata in via subordinata, richiamando in motivazione il parere reso dal Consorzio dei Comuni Trentini con nota del 22 agosto 2018, che individuava due condizioni ostative all’istanza rilevando che:

a) l’avveramento della condizione di premialità, di cui alla lettera 2b) della delibera consiliare di definizione del termine per le concessioni di cava individuava una forma autonoma e maggiormente stringente rispetto ai casi prospettati dall’art. 34 comma 2 L.P. 7/2006, ovvero la costituzione di un soggetto terzo munito di autonoma personalità giuridica;

b) al 28 febbraio 2018 il contratto di rete non era stato ancora stipulato, né tantomeno posto in esecuzione.

2.7. La società Porfido Trentino ha dunque impugnato la delibera giuntale n. 174 del 2018 ed i relativi atti presupposti con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, articolando avverso gli stessi, in due motivi, le seguenti censure:

I) Violazione dell’art. 34 della L.P. n. 6/2007 e dei principi generali dell’ordinamento, nazionale e provinciale, in materia di incentivazione all’aggregazione di imprese;
eccesso di potere per violazione del criterio premiale sub 2b) della delibera del Consiglio del Comune di Albiano n. 22 del 31 ottobre 2017 e carenza di motivazione e di istruttoria.

In sintesi la società ricorrente assumeva che l’art. 1, punto 2b), della concessione, come modificata in conformità alla delibera consiliare n. 22 del 2017, laddove prevedeva una proroga di due anni del termine di durata della concessione qualora la concessionaria “ si sia impegnata in un processo di riorganizzazione aziendale - attestato dalla produzione dell’atto costitutivo e dalla comprovata operatività della società o del consorzio di cui sia divenuta parte - volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006 e/o la costituzione di consorzi, che favoriscano la competitività delle imprese locali in un mercato aperto ” dovesse essere interpretato nel senso che la proroga fosse subordinata alla costituzione di un consorzio o - in via alternativa - all’impegno del concessionario a porre in essere un “ processo di riorganizzazione aziendale ”, volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione, anche mediante la costituzione di una rete d’impresa.

Del resto sia nel parere del Servizio minerario del 23 aprile 2018, sia nella delibera di Giunta n. 99 del 2018, si riconosceva che la rete di imprese fosse istituto idoneo a perseguire le finalità di cui al predetto art. 34.

Da ciò l’illegittimità della delibera n. 174 del 2018, nella parte in cui richiamava il parere del Consorzio dei Comuni Trentini.

II) Eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto di motivazione e di istruttoria.

Parimenti illegittima, secondo la Porfido Trentino, doveva ritenersi la seconda causa ostativa all’accoglimento dell’istanza di riesame, addotta dalla Giunta, incentrata sul passo del parere del Consorzio dei Comuni Trentini ove si rileva che « al 28 febbraio 2018, il contratto di rete non era stato ancora stipulato né, tantomeno, posto in esecuzione. La circostanza che, in quella stessa data, sia stata depositata istanza per la preventiva autorizzazione ex art. 34 co. 2 l.p. n. 7/2006 non determina alcuna sospensione automatica del termine, né pare giustificabile una rimessione in termini del concessionario, in quanto trattasi di istituto invocabile nei soli casi di errore scusabile o incolpevole. Nel caso che ci occupa, la necessità di munirsi preliminarmente dell’autorizzazione de qua era ben conosciuta o comunque conoscibile dalle parti private, in quanto espressamente previsto dalla normativa provinciale richiamata nelle stesse delibere consiliari ed ormai in vigore da diversi anni. Esse avrebbero ben potuto e dovuto, dunque, formulare l’istanza autorizzatoria entro tempi compatibili a garantire lo spatium deliberandi dell’Amministrazione procedente, quantomeno nella misura del termine di conclusione del procedimento stabilito dalla stessa o, in mancanza, previsto in via residuale dall’art. 3 co. 4 l.p. 30 novembre 1992, n. 23 ».

Infatti, per accedere al beneficio del prolungamento della durata della concessione, l’allegato A alla delibera n. 22 del 2017 richiedeva di presentare, alla data del 28 febbraio 2018, un “ attestato comprovante la costituzione e l’operatività di società derivanti dall’accorpamento di ditte attinenti lotti contigui secondo quanto previsto dall’art. 34 della L.P. 7/2006, con l’impegno di salvaguardare i livelli occupazionali ”. Dunque, seguendo il ragionamento della Giunta, le imprese interessate avrebbero dovuto predisporre il progetto unitario di coltivazione, ottenere la relativa autorizzazione comunale ai sensi dell’art. 34, previo parere da parte del Servizio minerario e del Comitato cave della Provincia, nonché costituire e rendere operativa la rete di imprese in soli quattro mesi, ossia nel periodo ricompreso tra il 31 ottobre 2017 (data di adozione della delibera n. 22/2017) e il 28 febbraio 2018. Tuttavia tale ragionamento, secondo la prospettazione attorea non terrebbe conto né della complessità della procedura prevista dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006, che richiedeva anche il parere del Comitato cave e l’istruttoria del Servizio minerario, né del fatto che all’istanza di autorizzazione all’aggregazione, depositata dalla ricorrente in data 28 febbraio 2018, era stata data riscontro solo con la delibera n. 99 del 2018, ossia dopo quasi quattro mesi, senza che nel frattempo fossero stati acquisiti i pareri previsti dallo stesso art. 34.

III) Eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria.

In tesi attorea la delibera giuntale gravata era altresì illegittima per non essersi pronunciata sulla richiesta di rimessione in termini formulata, in via subordinata, dalle società Porfido Trentino e Nuova LP Rizzol, da ritenersi fondata in ragione dell’incertezza normativa ravvisabile nella fattispecie, riconosciuta nella stessa delibera n. 99 del 2018, ove si ricollegava l’esigenza del parere provinciale al complesso approfondimento sotteso alla domanda presentata dalla ricorrente.

3. A seguito dell’opposizione proposta dal Comune di Albiano, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971, la società Porfido Trentino si è costituita dinanzi al T.R.G.A. Trento.

4. Il Comune di Albiano, nel costituirsi in giudizio ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità del ricorso per tardività, essendo la delibera n. 174 del 2018 un atto meramente confermativo della precedente delibera n. 99 del 2018, non tempestivamente impugnata dalla ricorrente, perché supportata da una motivazione sostanzialmente identica a quella posta a fondamento del diniego della proroga e per non essere stata svolta nessuna nuova istruttoria sull’istanza di riesame.

5. Il giudice di prime cure con la sentenza oggetto di gravame ha rigettato il ricorso, disattendendo tutte le articolate censure - evidenziando in particolare come la prospettazione attorea, sottesa a tutti e tre i motivi di ricorso, contrastasse con il chiaro tenore letterale della delibera del Consiglio comunale n. 22 del 31 ottobre 2017 al punto 2b), non impugnata dalla parte e non estensibile in via analogica, stante il carattere eccezionale delle norme relative alla concessione di agevolazioni – ed assorbendo l’eccezione di irricevibilità formulata dal Comune.

6. Avverso tale sentenza, con il presente atto di appello la società Porfido Trentino ha articolato, in quattro motivi, le seguenti censure, avverso i capi della sentenza che avevano disatteso i motivi di ricorso:

1) In relazione al rigetto del primo motivo di ricorso: Erronea e comunque insufficiente valutazione dei presupposti nonché carenza della motivazione della sentenza appellata. Violazione degli artt. 33 e 34 LP 6/2007 e dei principi generali dell’ordinamento nazionale e provinciale di incentivazione all’aggregazione di imprese. Violazione e/o contraddittorietà rispetto al criterio premiale sub 2b) stabilito nella Delibera del Consiglio del Comune di Albiano n. 22 d.d. 31.10.2017 e conseguente eccesso di potere. Difetto di motivazione e di istruttoria.

2) In relazione al rigetto del secondo motivo di ricorso quanto alla ravvisata necessaria stipulazione ed esecuzione da parte della ricorrente del contratto di rete entro il 28.02.2018: Erronea e comunque insufficiente valutazione dei presupposti e carenza della motivazione della sentenza appellata. Nei confronti degli atti impugnati: Eccesso di potere per illogicità manifesta. Difetto di motivazione e di istruttoria. Parimenti da censurare si ritiene la parte di motivazione della sentenza impugnata (punto 6 Diritto) relativa al rigetto del secondo motivo di ricorso.

3) In relazione al rigetto del terzo motivo di ricorso in ordine al mancato riscontro da parte del Comune di Albiano rispetto alla subordinata domanda di rimessione in termini formulata. Erronea valutazione dei presupposti e carenza della motivazione della sentenza appellata.

4) Motivazione ingiustificata della sentenza impugnata in relazione alla condanna dell’odierna appellante alla rifusione delle spese legali sostenute dal Comune di Albiano in primo grado. Violazione dell’art. 92, comma 2, cp.

7. Con atto notificato in data 2 dicembre 2019 e depositato il successivo 5 dicembre il Comune di Albiano ha interposto appello incidentale avverso la sentenza di prime cure , nella parte in cui non ha delibato l’eccezione di irricevibilità del ricorso, chiedendo pertanto in via principale detta declaratoria ed instando nel merito in via subordinata per il rigetto del medesimo ricorso, con conferma della sentenza appellata.

8. La Porfido Trentino ha depositato, in vista dell’udienza pubblica di discussione del merito del ricorso, in data 22 giugno 2023 la sola memoria di replica al fine di contrastare l’eccezione di irricevibilità formulata dal Comune con l’appello incidentale.

9. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 18 luglio 2023.

DIRITTO

10. In limine litis va evidenziato come debba intendersi inammissibile la memoria di replica prodotta da parte appellante in data 22 giugno 2023, oltre i termini di rito di trenta giorni liberi prima dell’udienza per la produzione di memoria diretta, non avendo il Comune a sua volta prodotto memoria diretta ex art. 73 comma 1 c.p.a. cui replicare.

10.1. Ed invero secondo la giurisprudenza in materia (ex multis Cons. Stato, Sez. VII, 08/02/2023, n. 1374) nel processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall'esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell'udienza di merito, con la conseguenza che ove quest'ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica, dilatando il relativo termine di produzione, pari a trenta giorni prima dell'udienza, mentre quello di venti giorni è riservato dall'art. 73 c.p.a. alle repliche.

Pertanto l'oggetto delle memorie di replica deve restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria ed anche a voler ammettere che la parte che non abbia depositato la memoria conclusionale possa depositare una memoria di replica, comunque la replica non può essere considerata prima memoria, se depositata oltre il termine di trenta giorni di cui all'art. 73 c.p.a..

11.Ciò posto, in ordine logico va esaminato prioritariamente l’appello incidentale presentato dal Comune in quanto volto a contestare il capo della sentenza che ha assorbito l’eccezione di irricevibilità del ricorso di prime cure .

11.1. Lo stesso peraltro si palesa infondato, presupponendo il carattere meramente confermativo della delibera giuntale n. 174 del 2018 rispetto alla precedente delibera n. 99 del 2018, laddove detto presupposto è smentito per tabulas dalla stessa delibera n. 174 del 2018 che pone a fondamento della decisione nuovi atti istruttori, ovvero la richiesta di parere dd. 25.7.2018 prot. 4293/P inviata al Consorzio dei Comuni e la nota di riscontro prot. 4912 dd. 22.8.2018 in cui si afferma expressis verbis A fronte di una richiesta di riesame ed annullamento in autotutela del provvedimento giuntale, formulata dalle Società concessionarie, codesta Amministrazione chiedeva conferma della correttezza delle scelte amministrative assunte. Le stesse, ad avviso dello Scrivente, appaiono del tutto legittime e, pertanto, suscettibili di essere confermate, per le ragioni di seguito esposte.

Va innanzitutto evidenziato che, contrariamente a quanto prospettato dalle Società concessionarie, non pare sussistere alcuna biunivocità tra il riconoscimento dell’autorizzazione a porre in essere le forme di cooperazione tra imprese nella gestione di lotti soggetti a pianificazione attuativa unitaria, di cui all’art. 34 co. 2 l.p. n. 7/2006 cit., e l’avveramento della condizione di premialità, di cui alla lettera 2b) della delibera consiliare di definizione del termine per le concessioni di cava, in essere all’entrata in vigore della suddetta legge. Il provvedimento consiliare in oggetto - nell’ambito dell’ampia discrezionalità amministrativa riconosciuta al Comune dall’art. 33 co. 1 l.p. n. 7/2006 - individua, infatti, i requisiti di accesso all’ultimo biennio di estensione delle concessioni in essere in forma autonoma e maggiormente stringente rispetto ai casi prospettati dall’art. 34 co. 2 cit. [...]. Ciò

considerato, le azioni intraprese dai concessionari - tese a costituire una mera forma di collaborazione leggera tra concessionari, senza la costituzione di un soggetto terzo munito di autonoma personalità giuridica, e finalizzata al coordinato svolgimento delle sole attività di scavo - si palesano, anche sotto questo aspetto, inidonee a conseguire l’estensione premiale della concessione in discorso ”.

11.2. La delibera n. 174 del 2018 del pari si richiama in parte qua la nota di riscontro prot. 4912 dd. 22.8.2018 nella parte in cui evidenzia la seconda causa ostativa all’accoglimento dell’istanza: “va rilevato in ogni caso che al 28 febbraio 2018 il contratto di rete non era stato ancora stipulato né tantomeno posto in esecuzione. La circostanza che, in quella stessa data, sia stata depositata istanza per la preventiva autorizzazione ex art. 34 co. 2 l.p. 7/2006 non determina alcuna sospensione automatica del termine, né pare giustificabile una rimessione in termini del concessionario, in quanto trattasi di istituto invocabile nei soli casi di errore scusabile o incolpevole. Nel caso che ci occupa, la necessità di munirsi preliminarmente dell’autorizzazione de qua era ben conosciuta o comunque conoscibile dalle parti private….Esse avrebbero ben potuto e dovuto, dunque, formulare l’istanza autorizzatoria entro tempi compatibili a garantire lo spatium deliberandi dell’Amministrazione procedente, quantomeno nella misura del termine di conclusione del procedimento stabilito dalla stessa o, in mancanza, previsto in via residuale dall’art. 3 co. 4 l.p. 30 novembre 1992 n. 23 [ndr 30 giorni]”.

11.2.1. La circostanza che la delibera n. 174 del 2018 impugnata nei termini di rito sia stata resa a seguito di nuova istruttoria e segnatamente all’esito dell’acquisizione di un distinto parere, cui rinvia per relationem nell’individuare le due cause ostative all’accoglimento dell’istanza, evidenzia come si sia in presenza di un atto di conferma in senso proprio, ovvero di un atto a valenza provvedimentale, con conseguente traslazione dell’interesse a ricorrere avverso lo stesso e decorrenza di un nuovo termine per impugnare.

11.2.3. Infatti la distinzione tra atti di conferma in senso proprio e meramente confermativi viene ravvisata in giurisprudenza nella circostanza che l'atto successivo sia stato adottato o meno senza una nuova istruttoria e una nuova ponderazione degli interessi, escludendosi che possa considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduto da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata;
mentre ricorre invece l'atto meramente confermativo (non impugnabile), allorché l'Amministrazione si limiti a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 09 maggio 2023, n. 4642;
sez. II, 14/01/2022, n.272, Sez. II, 31 maggio 2021, n. 4157;
Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5977;
Sez. V, 10 aprile 2018, n. 2172;
Sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5341;
Sez. IV 27 gennaio 2017, n. 357, Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3207 12 ottobre 2016, n. 4214 e 29 febbraio 2016, n. 812).

11.3. L’appello incidentale va pertanto rigettato.

12. Con i motivi dell’appello principale la società Porfido Trentino critica la statuizione di prime cure che ha ritenuto legittimi entrambi i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza presentata dalla società, individuati nella nota di riscontro prot. 4912 dd. 22.8.2018 del Consorzio dei Comuni, richiamata per relationem nella delibera giuntale n. 174 del 2018.

13. Prima di esaminare i motivi di doglianza, essendosi in presenza all’evidenza di un atto plurimotivato, in quanto fondato su due autonomi motivi ostativi, giova richiamare la giurisprudenza amministrativa secondo la quale in presenza di un atto plurimotivato, è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni giustificatrici per sostenere il provvedimento, tenuto conto che, anche in caso di fondatezza degli ulteriori motivi di doglianza riferiti alle distinte rationes decidendi poste a fondamento del provvedimento amministrativo, questo non potrebbe comunque essere annullato in quanto sorretto da un'autonoma ragione giustificatrice (cfr., ex multis , e fra le più recenti Cons,. Stato, sez. VII, 29 settembre 2023, n. 08593;
Cons. Stato, sez. II, 16 giugno 2022, n. 4939 con richiamo a Cons. Stato, Sez. VI, n. 3160 del 2022;
n. 3026 del 2022;
Sez. IV, n. 438 del 2022 e n. 2403 del 2020).

14. Ciò posto, può principiarsi alla disamina del primo motivo di appello, con cui Porfido Trentino critica la statuizione di prime cure nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di ricorso volto a contestare il primo profilo ostativo individuato nella delibera giuntale gravata.

14.1. In tesi di parte appellante la motivazione della sentenza di prime cure sarebbe erronea già nell’assimilazione della concessione della proroga biennale di cui è causa alla concessione di un beneficio, i cui presupposti non sarebbero suscettibili di applicazione analogica. Il parametro di attribuzione di ulteriori due anni al termine finale della concessione non assegnerebbe una agevolazione in via “eccezionale” ma, come affermato dalla recente sentenza della di questa Sezione, n. 1042/2019 e da altre coeve in una serie di ricorsi riguardanti gli ulteriori criteri premiali previsti dal Comune sempre dalla lettera 2b) delle delibere adottate in merito nel 2011, dovrebbe essere coerente e correlato ai parametri espressi dall’art. 33 della LP 7/2006 in ordine al termine finale delle concessioni vigenti.

14.2. In ogni caso la sentenza non avrebbe tenuto correttamente in considerazione la normativa in materia di incentivazione dell’aggregazione di imprese e dell’attitudine della rete di impresa a soddisfare i requisiti per la concessione della suddetta proroga.

Anziché rilevare erroneamente l’omessa impugnazione da parte della ricorrente/odierna appellante della delibera n. 22/2017 (“ la ricorrente non ha impugnato la delibera n. 22 del 2017, contestando la mancata equiparazione, da parte del Comune di Albiano, del contratto di rete al contratto di consorzio ”), il primo giudice avrebbe dovuto accogliere l’interpretazione prospettata in ricorso in ordine alla riconducibilità del contratto di rete di imprese agli “ accorpament i” previsti alla citata lettera 2 b) ai fini della premialità in discussione.

La sentenza di primo grado, in tesi di parte appellante, avrebbe pertanto omesso di considerare la reale natura della rete di imprese e la sua idoneità a soddisfare i requisiti per la concessione della proroga biennale in quanto assimilabile al consorzio, dovendo la stessa delibera n. 22 del 2017 interpretarsi in tale ottica.

Già nelle prime delibere comunali del 2011 si prevedeva in via alternativa alla costituzione di un consorzio, l’impegno dell’istante in un processo di riorganizzazione aziendale volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006, senza indicare requisiti autonomi e maggiormente stringenti rispetto allo stesso art. 34. Peraltro il citato punto 2 b) non indicherebbe, in tesi attorea, una particolare tipologia o requisito del consorzio che doveva essere posto in essere per ottenere il requisito premiale sub punto 2b), limitandosi ad affermare che i costituiti consorzi “ favoriscano la competitività delle imprese locali in un mercato aperto ” - obiettivo peraltro identico a quello della rete d’impresa rispetto a cui l’art. 3, comma 4 -ter DL 5/2009 prevede che con tale contratto “ più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato.

Inoltre la soggettività del consorzio di per sé non garantirebbe maggiormente rispetto alla rete d’impresa che i consorzi costituendi “ favoriscano la competitività delle imprese locali in un mercato aperto ” come richiesto dal punto 2b) giuntale n. 174 del 2018.

15. Il motivo va disatteso.

Ed invero non rileva ex se la circostanza che il primo giudice, nell’argomentare in ordine all’impossibilità dell’estensione in via analogica della previsione del punto 2 b) della delibera del Consiglio comunale n. 22 del 2017, abbia fatto generico riferimento al carattere eccezionale in generale delle norme concernenti la concessione di benefici, posto che la premialità cui fa riferimento l’indicata delibera, comportante la concessione di un’ulteriore biennio di durata per le concessioni di cava, costituisce senza dubbio una deroga alla durata massima delle concessioni de quibus , dovendo le stesse essere riattribuite mediante procedura ad evidenza pubblica, come evincibile proprio dalla sentenza di questa Sezione n. 1042 del 2019 menzionata anche da parte appellante.

Detta sentenza, sia pure relativamente all’interpretazione dell’art. 33 della L.P. n. 7 del 2006 ha precisato come “Devono parimenti ritenersi meritevoli di favorevole considerazione anche le statuizioni della sentenza impugnata che hanno riconosciuto la legittimità della fissazione del termine di durata massima delle concessioni in essere in anni diciotto, anziché, come sostiene l’appellante, in un diverso maggior termine correlato alle differenti e peculiari caratteristiche di minore o maggiore pregressa coltivazione di un determinato lotto in concessione ovvero ai maggiori investimenti effettuati: ed infatti, posto che il citato art. 33 della legge provinciale non prevedeva un termine finale di efficacia, lasciandone al Comune la determinazione, non pare revocabile in dubbio (ed anzi è incontestato) che ciò è proprio quanto avvenuto nella fattispecie in esame ove il Comune ha provveduto alla fissazione della durata massima, risultando anche la scelta di recepire i rilievi della Provincia riconducibile unicamente alla volontà dell’Amministrazione comunale che ha puntualmente adempiuto a quanto stabilito dalla normativa provinciale nell’ottica di garantire l’apertura al mercato delle concessioni di estrazione del porfido, innovando la previgente disciplina incentrata sull’affidamento diretto e sulle proroghe reiterate di tali concessioni in base ad un sistema che aveva dato luogo ad una procedura di infrazione comunitaria [….]. Così ricostruita la ratio legis, risulta allora evidente come se è vero che la legge in questione non predetermina un termine massimo di durata delle concessioni in essere, è anche vero che quello attribuito dalla medesima legge al Comune è un potere discrezionale, come emerge dalla formulazione della norma in cui si stabilisce che il Comune, per la determinazione del volume estraibile e della durata massima, tiene conto di alcuni criteri […]. Non può infatti sottacersi che l’esegesi proposta dalla concessionaria finirebbe per svuotare la norma del suo significativo innovativo, ovvero quello di assicurare il graduale passaggio da un sistema nel quale i singoli lotti, già affidati ad imprese private senza esperimento di alcuna procedura competitiva, erano stati confermati ex lege in capo agli assegnatari sino ad esaurimento, ad altro che stabilisce la scadenza di tutte le concessioni in essere: una tale interpretazione della norma finirebbe, in definitiva, per renderla non coerente con la sua ratio che è quella di garantire l’apertura al mercato del settore estrattivo del porfido in tempi ragionevoli e per ripristinare di fatto il vecchio regime, non più compatibile con i principi comunitari (in specie con la libertà di stabilimento), che prevedeva la possibilità di coltivazione “fino all’esaurimento del lotto”, con una proroga delle concessioni in essere eccessivamente lunga e tale da eludere gli obiettivi del legislatore.

15.1. Alla stregua di tale precisazione risulta immune dalla contestate censure la sentenza di prime cure che, avuto riguardo in ogni caso al carattere eccezionale della premialità prevista dalla delibera consiliare, ha ritenuto che la previsione di cui al punto 2b) di tale delibera (ove si prevede un prolungamento di due anni della durata della concessione se l’impresa interessata “ si sia impegnata in un processo di riorganizzazione aziendale - attestato dalla produzione dell’atto costitutivo e dalla comprovata operatività della società o del consorzio di cui sia divenuta parte - volto a promuovere gli accorpamenti per la prima lavorazione nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 34 della L.P. n. 7/2006 e/o la costituzione di consorzi, che favoriscano la competitività delle imprese locali in un mercato aperto ”) non possa essere letta nel senso che il prolungamento biennale spetti anche al concessionario che (come nel caso in esame) si sia impegnato in un processo di riorganizzazione aziendale da attuare mediante la stipula di un contratto di rete ai sensi dell’art. 3, comma 4- ter , del decreto legge n. 5/2009, convertito dalla legge n. 33/2009, in considerazione dei seguenti rilievi:

a) la previsione di cui al punto 2b) della delibera consiliare n. 22 del 2017 - sebbene adottata dopo l’entrata in vigore dell’art. 3, comma 4-ter , del D.L. n. 5/2009, convertito dalla L. n. 33/2009 - non contiene un espresso riferimento al contratto di rete, ma richiama espressamente la disciplina relativa al “ progetto unitario di coltivazione ” di aree contigue di proprietà comunale costituenti oggetto di concessioni diverse, di cui all’art. 34 della legge provinciale n. 7/2006. In particolare il secondo comma dell’art. 34 dispone che “ il comune, con apposito provvedimento, può autorizzare i singoli concessionari a unirsi in forma di consorzio o di società per eseguire unitariamente i lavori di scavo e di prima lavorazione ”;
in tale ottica non rileva la circostanza che la L.P. n. 7/2006 sia antecedente all’art. 3, comma 4-ter , D.L. n. 5/2009, convertito dalla L. n. 33/2009, posto che per contro la delibera consiliare è ad esso successivo, per cui, ove avesse ritenuto che anche il contratto di rete potesse dar luogo alla cennata premialità, avrebbe dovuto dirlo espressamente secondo il noto brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit taquit ;

b) come ritenuto nel parere reso dal Consorzio dei Comuni Trentini (richiamato nella delibera n. 174 del 2018) non sussiste « alcuna biunivocità » tra il rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 34, comma 2, della legge provinciale n. 7/2006 e l’avveramento della condizione prevista dal punto 2b) della delibera consiliare n. 22 del 2017 per la concessione della proroga biennale, in quanto i requisiti per l’accesso a tale beneficio sono più stringenti rispetto a quelli richiesti per ottenere la predetta autorizzazione, proprio in considerazione della diversa natura delle due disposizioni di cui trattasi. Infatti la disciplina posta dall’art. 34 L.P. n. 7/2006 per il rilascio dell’autorizzazione è suscettibile di applicazioni analogiche (come avvenuto nel caso in esame), nel senso che la ratio sottesa a tale disciplina ed ivi palesata - consistente nel “garantire il miglioramento delle condizioni di sicurezza del lavoro e delle condizioni ambientali conseguenti a una corretta e razionale coltivazione del giacimento ” mediante un “ progetto unitario di coltivazione ” di aree contigue costituenti oggetto di concessioni diverse - può ben essere soddisfatta anche attraverso una forma di « collaborazione leggera tra concessionari », come quella che si realizza attraverso la stipula di un contratto di rete. Diverse considerazioni valgono per la disciplina posta dal punto 2b) della delibera consiliare n. 22 del 2017, relativa alla proroga biennale;
ciò in quanto la ratio dell’agevolazione di cui trattasi, consiste non soltanto nell’incentivare il coordinamento tra le imprese concessionarie, quanto piuttosto nel promuovere le più intense forme di collaborazione testualmente previste dall’art. 34 comma 2 della L.P. n. 7/2006, subordinando la proroga biennale delle concessioni alla costituzione, da parte dei concessionari di lotti contigui, di una nuova società o di un consorzio, ossia alla «costituzione di un soggetto terzo munito di autonoma personalità giuridica », deputato a gestire unitariamente le attività di scavo e di prima lavorazione sulla base di un progetto unitario approvato ai sensi dell’art. 34, comma 2, nell’ottica generale di una graduale trasformazione dell’attuale sistema, impostato su micro lotti-cava affidati in concessione a imprese di dimensioni medio-piccole, in un sistema caratterizzato dalla presenza di imprese più strutturate, di medio-grandi dimensioni;

c) tenuto contro del carattere eccezionale della disposizione di cui al punto 2b) della delibera consiliare n. 22 del 2017, il rifermento ivi contenuto all’impegno in un processo di riorganizzazione aziendale “ attestato dalla produzione dell’atto costitutivo e dalla comprovata operatività della società o del consorzio di cui sia divenuta parte ” non può essere interpretato analogicamente, nel senso di consentire l’integrazione del presupposto impegno anche mediante la produzione di un contratto di rete e la comprovata operatività della rete di imprese ivi disciplinata, proprio perché il contratto di rete non determina la « costituzione di un soggetto terzo munito di autonoma personalità giuridica », assimilabile ad un consorzio o ad una società;

d) avuto riguardo al tenore testuale della previsione dei cui al punto 2b) della delibera consiliare n. 22 del 2017, non suscettibile di interpretazione analogica, non rileva la natura del contratto di rete, non dando comunque lo stesso luogo ad un distinto soggetto, a differenza del consorzio ex art. 2602 c.c. caratterizzato da un’organizzazione comune (cfr. quanto alla natura dei consorzi la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2021 e la sentenza di questa Sezione 7 novembre 2022 n. 9762), non avendo la società impugnato la cennata delibera consiliare che expressis verbis fa riferimento alle riorganizzazioni aziendali attuate mediante la costituzione di una società o di un consorzio, laddove la prospettazione di parte appellante, lungi dal deporre per l’interpretazione della cennata previsione della delibera consiliare contro il suo chiaro tenore letterale, avrebbe dovuto essere fatta valere mediante l’impugnazione della stessa.

16. Il rigetto del primo motivo sarebbe ex se idoneo a determinare il rigetto dell’appello per la parte concernente l’annullamento della delibera n. 174 del 2018 ed i relativi atti presupposti, vertendosi in tema di atto plurimotivato, come innanzi rappresentato.

16.1. Solo per esigenze di completezza verrà pertanto delibato anche il secondo motivo di appello con cui la Porfido Trentino critica la statuizione di prime cure nella parte in cui ha rigettato il secondo motivo di ricorso, sulla base del rilievo che la prospettazione posta alla base del secondo motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza di proroga biennale, condivisa dalla sentenza di prime cure , secondo cui alla data del 28 Febbraio 2018 non era stato stipulato alcun contratto di rete colliderebbe con l’impossibilità di rispettare tale termine, stante la necessità del previo parere del comitato cave e dell’istruttoria del Servizio Minerario;
ciò senza considerare la circostanza che all’istanza di autorizzazione all’aggregazione per scavo e prima lavorazioni depositata il 28 febbraio 2018 dalle ricorrenti il Comune aveva dato riscontro dopo circa quasi 4 mesi, senza che nel frattempo risultassero acquisiti i citati pareri provinciali previsti dallo stesso art. 34, comma 1.

16.2. Anche tale motivo va disatteso, come correttamente evidenziato nel parere del Consorzio dei Comuni posto a base della delibera giuntale n. 174 del 2018, avuto riguardo all’inequivoco tenore testuale della previsione del punto 2b) della predetta delibera consiliare n. 22 del 2017 che per la concessione della premialità de qua fa riferimento alla produzione da parte dell’istante dell’atto costitutivo e dalla comprovata operatività della società o del consorzio di cui sia divenuta parte.

16.2.1. Inoltre, come evidenziato dal primo giudice, con statuizione non sottoposta ad alcuna critica puntuale, l’allegato A alla delibera n. 22 del 2017 era sufficientemente chiaro nel richiedere, ai fini della concessione della proroga biennale, la presentazione alla data del 28 febbraio 2018, di un “ attestato comprovante la costituzione e l’operatività di società derivanti dall’accorpamento di ditte attinenti lotti contigui secondo quanto previsto dall’art. 34 della L.P. 7/2006, con l’impegno di salvaguardare i livelli occupazionali ”;
si aggiunge che nel medesimo allegato, viene richiesto in via alternativa, per la concessione del prolungamento biennale, la presentazione alla data del 28 febbraio 2018, “ di attestato comprovante la costituzione e l’operatività di nuovi consorzi commerciali per il conferimento della totalità del proprio prodotto, cui aderiscano almeno sei ditte concessionarie o di partecipazione al consorzio esistente ”.

16.3. Pertanto - in ossequio al brocardo in claris non fit interpretatio - non residuerebbe alcuno spazio per accedere all’interpretazione prospettata dall’appellante, che per far valere l’asserita esiguità del termine di quattro mesi previsto per realizzare l’accorpamento avrebbe dovuto ad impugnare la predetta delibera n. 22 del 2017, come correttamente evidenziato dal primo giudice.

16.4. Nel caso in esame la proroga biennale era stata quindi correttamente negata anche perché alla data del 28 febbraio 2018 il contratto di rete non era stato ancora stipulato, non potendo evidentemente assumere alcun rilievo, ai fini della concessione della proroga, la circostanza che a tale data le due società avessero presentato un’istanza ai sensi dell’art. 34, comma 2, della L.P. n. 7/2006.

16.5. Né tantomeno rileva il contenuto del fac-simile invocato da parte appellante in quanto ictu oculi collidente con la previsione della delibera consiliare e con l’allegato A della stessa, per cui avuto riguardo al principio di autoresponsabilità che non poteva che gravare sugli operatori economici del settore che intendevano beneficiare della proroga biennale de qua nel rispetto delle correlative prescrizioni, non era invocabile alcun legittimo affidamento.

16.6. Parimenti irrilevante, come evidenziato dal primo giudice, è secondo una consolidata e condivisibile giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 4 dicembre 2018, n. 6873) l’asserita disparità di trattamento in presenza di eventuali condotte illegittime tenute dall’amministrazione in casi analoghi in favore di altre imprese, non potendo detto trattamento illegittimo costituire valido tertium comparationis.

17. Del pari non meritevole di accoglimento è il terzo motivo di appello con il quale la Porfido Trentino critica la statuizione di prime cure nella parte in cui ha rigettato il terzo motivo di ricorso con cui si contestava la delibera giuntale n. 174 del 2018 laddove non aveva concesso la rimessione in termini per la costituzione di consorzio e/o società per errore scusabile, in quanto secondo una consolidata e condivisibile giurisprudenza la rimessione in termini presuppone un errore scusabile determinato dall’incertezza del quadro normativo, laddove dal chiaro tenore testuale della previsione della delibera consiliare n. 22 del 2017, non impugnata dalla parte, si evinceva la ricorrenza di entrambi i motivi ostativi posti dal Comune a base della delibera giuntale n. 174 del 2018, oggetto di gravame.

18. Destituito di fondamento è infine il quarto motivo di appello che sottopone a critica la statuizione resa dal primo giudice in punto di condanna alle spese in quanto a suo dire ingiustificata.

18.1. Ed invero la regula iuris per la liquidazione delle spese di lite è quella della soccombenza, necessitando la sentenza di motivazione solo laddove si deroghi a tale regola, disponendo la compensazione delle stesse, come inequivocabilmente desumibile dal combinato disposto degli artt. 91 comma 1 e 92 comma 2 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio di cui all’art. 26 c.p.a..

18.2. Pertanto secondo la giurisprudenza amministrativa seguita anche da questa Sezione (Consiglio di Stato sez. V, 06 dicembre 2022, n.10680) il giudice di primo grado ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla, con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 08/03/2023, n.2465;
id. 07/03/2023, n.2390, sez. IV , 02/02/2023 , n. 1152;
id. 17/01/2022, n.278).

18.3. Nell’ipotesi di specie, posto che non occorreva alcuna motivazione per disporre la condanna della parte soccombente alla liquidazione delle spese di lite, la disposta condanna secondo la regula iuris non si rileva neanche iniqua, anche avuto riguardo al quantum liquidato (euro 2.000,00), in considerazione del rilievo che le doglianze di parte ricorrente, lungi dal portare ad interpretare la delibera consiliare n. 22 del 2017 contro il suo chiaro tenore testuale, avrebbero dovuto per contro indirizzarsi contro l’impugnativa della stessa, non proposta dalla ricorrente, come evidenziato dal primo giudice.

19. In conclusione va rigettato tanto l’appello incidentale che l’appello principale.

20. Data la soccombenza reciproca, avendo il Comune expressis verbis richiesto con l’appello incidentale in via principale l’accoglimento dell’eccezione di irricevibilità del ricorso di prime cure, e solo in subordine il rigetto dell’appello, sussistono, ad avviso del collegio, i presupposti per la compensazione delle spese di lite del presente grado ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 comma 1 c.p.a. e dell’ art. 92 comma 2 c.p.c..

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