TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2019-06-14, n. 201903259

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2019-06-14, n. 201903259
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201903259
Data del deposito : 14 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2019

N. 03259/2019 REG.PROV.COLL.

N. 03534/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3534 del 2018, proposto da
Società Agricola Agribio di Chianese Pietro s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M L in Napoli, Corso Umberto I, n. 365;

contro

Comune di Teverola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio Abbamonte in Napoli, viale Gramsci, n.16;

per l’annullamento

previa sospensione dell'efficacia, con adozione di misure cautelari monocratiche:

“a) della nota prot. n. 6452 del 07.09.2018 a firma del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Teverola, contenente la diffida a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 6139 del 21.08.2018 ed alla SCIA prot. n. 6183 del 23.08.2018;

b) della nota prot. n. 4528 del 15.06.2018, a firma del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Teverola, contenente la diffida a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 3250 del 27.04.2018;

c) una agli atti preordinati connessi e consequenziali.”


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Teverola;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2019 la dott.ssa R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Società Agricola Agribio di Chianese Pietro s.a.s. espone in fatto di essere iscritta nella sezione speciale delle imprese agricole e di essere titolare del permesso di costruire n. 36 del 27 febbraio 2015, rilasciato dal Comune di Teverola, avente ad oggetto la realizzazione di un fabbricato rurale con annesse pertinenze dei fondi agricoli.

Riferisce che il 27 aprile 2018 aveva presentato al suddetto Comune la SCIA prot. n. 3250 per la realizzazione di opere in variante al citato P.d.C. n. 36/2015, al fine di adeguare i locali rurali esistenti allo svolgimento di attività agrituristica, ai sensi della Legge Regionale della Campania n. 15/2018;
trascorsi 30 giorni senza l’adozione di alcun provvedimento inibitorio da parte dell’amministrazione comunale aveva realizzato le relative opere.

In seguito il nuovo tecnico nominato da essa società ricorrente aveva presentato, prima dell’ultimazione dei lavori, una ulteriore SCIA, assunta al protocollo comunale n. 6139 del 21 agosto 2018, con la quale documentava la piena corrispondenza delle opere realizzate con quelle oggetto della precedente SCIA (prot. n. 3250 del 27 aprile 2018) e, dopo aver comunicato la formale ultimazione dei lavori (nota prot. n. 6182), in data 23 agosto 2018 aveva presentato la SCIA prot. n. 6183, volta al conseguimento dell’agibilità dell’immobile ultimato;
in data 24 agosto 2018 aveva infine presentato allo Sportello Unico attività Produttive del Comune di Teverola la SCIA prot. n. Rep_Prov_CE/CE-SUPRO/0024365 per l’apertura, con decorrenza immediata dell’attività agrituristica.

Parte ricorrente espone altresì che in data 7 settembre 2018 il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Teverola aveva notificato (a mezzo pec) al tecnico incaricato la nota impugnata prot. n. 6452 del 7 settembre 2018 con la quale l’aveva diffidata a non dar corso all’esecuzione delle opere di cui alla SCIA prot. n. 6139 del 21 agosto 2018, aveva privato di efficacia la SCIA per l’agibilità prot. n. 6183 del 23 agosto 2018, e le aveva assegnato il termine di 10 giorni per formulare eventuali osservazioni.

Dalla lettura dell’indicata nota era emerso che, in relazione alla SCIA prot. n. 3250 del 27 aprile 2018, l’Amministrazione aveva adottato una diffida in data 15 giugno 2018, che parte ricorrente rappresenta di non aver mai ricevuto ed in riferimento alla quale aveva pertanto richiesto di poter estrarre copia, con nota prot. n. 6539 del 10 settembre 2018, comprese le eventuali relate di notificazione;
l’U.T.C. in data 12 settembre 2018 aveva riscontrato la predetta istanza di accesso consegnando copia della diffida prot. n. 4528 del 15 giugno 2018.

In relazione, poi, alla domanda di ostensione degli eventuali avvisi di ricevimento, il personale dell’Area Tecnica rilasciava copia della busta indirizzata all’arch. Luigi di Martino che era stata restituita al mittente ritenendo, erroneamente, che il destinatario si fosse trasferito.

In realtà l’indicata raccomandata era stata spedita, con posta ordinaria non raccomandata, ad un indirizzo completamente diverso da quello indicato nella SCIA che invece riportava, sia nel modello unico che nella relazione tecnica, l’effettivo indirizzo del suddetto professionista coincidente con quello risultante dall’albo.

Mentre in relazione alla diffida, inviata ad essa società, il medesimo personale riferiva che agli atti del Comune non vi era documentazione utile ad attestare l’intervenuta notifica, non essendo ancora pervenuta al mittente (a distanza ormai di 3 mesi dall’adozione) la ricevuta di ritorno dell’atto asseritamente inviato. Inoltre gli uffici non avevano neppure fornito copia della ricevuta di “accettazione della raccomandata” con la quale sarebbe stata spedita la diffida in questione e, pertanto, non vi sarebbe neppure la prova della spedizione dell’indicato atto.

La società ricorrente riferisce, infine, che con nota inoltrata all’Ente a mezzo pec in data 13 settembre 2018 aveva formulato le proprie osservazioni rispetto alla diffida prot. n. 6452 del 7 settembre 2018.

La Società Agricola Agribio di Chianese Pietro s.a.s. ha, quindi, proposto il presente ricorso, ritualmente notificato in data 14 settembre 2018 e depositato il 16 settembre 2018, con il quale ha chiesto l’annullamento della suddetta nota prot. n. 6452 del 7 settembre 2018, concernente la diffida del Comune di Teverola a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 6139 del 21 agosto 2018 ed alla SCIA prot. n. 6183 del 23 agosto 2018, nonché della citata nota prot. n. 4528 del 15 giugno 2018 del medesimo Comune, con la quale veniva diffidata a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 3250 del 27 aprile 2018.

A sostegno del gravame sono state dedotte le seguenti censure:

I Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, violazione degli art. 1 e 6 del protocollo addizionale n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, violazione degli artt. 19 e 21 bis della legge 241/1990, violazione degli artt. 20, 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 15/2008 e del relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.G.R. Campania n. 18/2009, violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 30 bis N.T.A. del PUC del Comune di Teverola, violazione delle regole di diligenza, correttezza e trasparenza dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria e di motivazione, difetto assoluto dei presupposti, illogicità manifesta.

La società ricorrente, quanto al primo provvedimento prot. n. 4528 del 15 giugno 2018, con il quale era stata diffidata a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 3250 del 27 aprile 2018, lamenta che tale provvedimento di diffida sarebbe stato adottato oltre il termine previsto di 30 giorni dalla presentazione della SCIA stessa, e non conterrebbe, comunque, i requisiti di cui all’articolo 21 nonies e, quindi, non potrebbe ritenersi adottato in autotutela. Inoltre esso, essendo l’avviso di parte ricorrente atto recettizio, intanto avrebbe potuto spiegare i propri effetti in quanto portato a conoscenza del destinatario;
mentre nel caso di specie essa società, come rappresentato in fatto, aveva avuto conoscenza solo attraverso la lettura della diffida prot. n. 6452 del 7 settembre 2018 e, pertanto, a distanza di circa tre mesi dalla sua adozione.

Inoltre in occasione della predetta diffida l’Amministrazione comunale resistente avrebbe illegittimamente richiamato, a fondamento delle determinazioni assunte un atto che, non essendo mai pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario, non poteva aver prodotto alcun effetto;
non avendo considerato il consolidamento degli effetti della prima alla SCIA, mai regolarmente diffidata sarebbe pervenuta alla illogica e contraddittoria conclusione di volere inibire la prosecuzione di opere che in realtà sarebbero già state legittimamente realizzate.

II Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, violazione degli art. 1 e 6 del protocollo addizionale n. 1 della C.E.D.U., violazione degli artt. 3 e 19, comma 3, della legge 241/1990, violazione degli artt. 20, 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. n. 96/2006, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 15/2008 e del relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.G.R. Campania n. 18/2009, violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 30 bis N.T.A. del PUC del Comune di Teverola, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta.

Società Agricola Agribio, premesso il carattere assorbente del primo motivo di ricorso, ha comunque dedotto la illegittimità delle “diffide” impugnate in quanto corredate da motivazione apparente, che non consentirebbero in realtà di comprendere le ragioni dell’asserito contrasto con le disposizioni comunali e regionali di riferimento. L’Amministrazione, in entrambi i provvedimenti, afferma che l’intervento contrasterebbe con le previsioni di cui agli artt. 30 e 30 bis delle NTA del vigente PUC, ovvero di quelle della Legge regionale della Campania n. 15 del 2008, senza tuttavia fare un minimo di accenno alle ragioni di siffatto contrasto.

III Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, violazione degli art. 1 e 6 del protocollo addizionale n. 1 della C.E.D.U., violazione degli artt. 19 e 21 bis della legge 241/1990, violazione degli artt. 20, 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 15/2008 e del relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.G.R. Campania n. 18/2009, violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 30 bis N.T.A. del PUC del Comune di Teverola, difetto di istruttoria e di motivazione, difetto assoluto dei presupposti.

Parte ricorrente sostiene che l’intervento edilizio oggetto di contestazione, come peraltro già documentato dai tecnici di parte in allegato alle segnalazioni inoltrate, sarebbe conforme alle disposizioni di legge nazionale ed alle previsioni edilizie comunali e regionali sopra rubricate. In particolare evidenzia che essa avrebbe legittimamente fatto ricorso alla SCIA in variante al Permesso di Costruire (art. 22 del d.P.R. n. 380/2001) trattandosi di opere che non modificherebbero la destinazione d’uso e la categoria edilizia, né inciderebbero sulle volumetrie assentite e sui parametri urbanistici e non altererebbero la sagoma dell’edificio.

III (IV) Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, violazione degli art. 1 e 6 del protocollo addizionale n. 1 della C.E.D.U., violazione dell’art. 19 della legge 241/1990, violazione degli artt. 20, 22 e 23 del d.P.R. n. 380/2001, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 15/2008 e del relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.G.R. Campania n. 18/2009, violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 30 bis N.T.A. del PUC del Comune di Teverola, difetto di istruttoria e di motivazione, difetto assoluto dei presupposti, illogicità manifesta.

La società ricorrente sostiene che, quanto alla seconda diffida prot. n. 6452 del 7 settembre 2018, anche a voler prescindere dai profili di illegittimità derivata, di cui al primo motivo di ricorso, essa risulterebbe in ogni caso illegittima in quanto intervenuta ad inibire opere minori, non costituenti “variazioni essenziali” (nei termini di cui all’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001) che, essendo pienamente conformi alle prescrizioni urbanistico edilizie, potevano essere comunicate in maniera postuma entro la fine dei lavori, ai sensi del comma 2 dell’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001 che disciplina la SCIA in variante al permesso di costruire. Nella specie, invece, l’Amministrazione avrebbe preteso di diffidare essa società ricorrente “ dalla esecuzione dei lavori de quo ” come se si trattasse di opere non ancora eseguite. Ciò denoterebbe l’assoluta carenza dell’attività istruttoria condotta e il carattere strumentale ed apparente della motivazione addotta, che prescinderebbe totalmente dalla ricostruzione dei fatti e dalle previsioni normative di riferimento. Inoltre se l’amministrazione comunale resistente avesse correttamente applicato il comma 3 dell’art. 19 della legge 241/1990 avrebbe potuto comprendere le ragioni sottese all’atto impugnato, circostanza che avrebbe permesso ad essa ricorrente, per un verso di esternare il proprio motivato dissenso, per altro verso di conformarsi alle prescrizioni che avesse ritenuto legittime.

Con ordinanza di n. 1427 del 4 ottobre 2018 questa Sezione,

CONSIDERATO che, ad un primo esame sommario proprio della fase cautelare, emergono profili che inducono a ritenere fondato il ricorso tenuto conto in particolare che:

- quanto alla nota prot. n. 4528 del 15 giugno 2018 essa è stata adottata dal Comune di Teverola nonostante fosse scaduto il termine perentorio per l’esercizio del potere inibitorio;
ed invero una volta decorso tale termine l'intervento dell'Ente pubblico può essere esercitato solamente nell’ambito dei poteri di autotutela, quale annullamento d'ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, nel rispetto delle condizioni ivi indicate (cfr. ex multis TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 1145 del 21 febbraio 2018);

- quanto ad entrambi i provvedimenti impugnati, essi devono ritenersi illegittimi per carenza di motivazione;
ed invero il generico richiamo agli articoli 30 e 30 bis delle Norme Tecniche di Attuazione, alla L. R. n. 15/2008 e al relativo Regolamento di Attuazione non permette di comprendere quale sia l’effettivo contrasto tra le opere per cui è causa e le predette disposizioni, anche in considerazione delle molteplici previsioni in esse contenute e, quindi, di ricostruire l’iter logico seguito dall’Amministrazione;
”, ha accolto la domanda incidentale di sospensione e ha fissato l'udienza pubblica del 9 maggio 2019 per la discussione del ricorso nel merito.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Teverola con atto di stile e ha poi presentato una memoria nella quale ha dedotto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto, pertanto, il rigetto. L’ente locale resistente, dopo avere rilevato in merito alla mancata notifica degli atti adottati dal Comune nell’esercizio del suo potere di inibizione, che essi sarebbero stati regolarmente trasmessi dall’amministrazione secondo l’ordinaria diligenza, ha sostenuto che l’ agere dell’amministrazione sarebbe stato conforme alla disciplina recata dall’art. 19 comma 3 della legge 241/90. Nel caso di specie sussisterebbe in primo luogo un interesse pubblico prevalente rispetto alla permanenza della S.C.I.A. da individuarsi nel rispetto della normativa urbanistico edilizia menzionata nel provvedimento impugnato. Inoltre gli atti volti ad impedire la prosecuzione dell’attività sarebbero stati adottati a distanza di un esiguo lasso di tempo, tale da non potersi ritenere consolidato alcun affidamento in capo alla società ricorrente.

In particolare rappresenta che il contrasto con gli art. 30 e 30 bis delle N.T.A. è dovuto alla circostanza che la società ricorrente con la SCIA prot. n. 6452 aveva richiesto il cambio di destinazione d’uso da struttura agricola autorizzata con PdC n. 36 del 27 febbraio 2015 a struttura agrituristica, che non sarebbe previsto dal suddetto art. 30;
inoltre l’art. 30 bis prevederebbe che per l’attività agrituristica la nuova edificabilità sia subordinata alle disposizioni di un piano di sviluppo aziendale (PSA) che, nella specie, non sarebbe stato allegato o altrimenti comunicato.

Quanto alla violazione della Legge Regionale del 6 novembre 2008 n. 15 nonché del relativo Regolamento di attuazione recante “Disciplina per l'attività di agriturismo”, quest’ultimo all’art. 2, rubricato “Connessione delle attività agrituristiche e prevalenza dell’attività agricola”, prevede una serie di requisiti specifici che la ricorrente non avrebbe allegato alle proprie SCIA;
pertanto queste ultime sarebbero state presentate in carenza già ab initio dei presupposti che avrebbero abilitato il privato alla loro presentazione e, dunque, mai regolarmente formatesi.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione;
parte ricorrente ha prodotto una memoria e memorie di replica per l’udienza di discussione nelle quali ha, tra l’altro, chiesto la condanna dell’amministrazione resistente al pagamento di una somma equitativamente determinata, pari al doppio delle spese liquidate, stante la ritenuta manifesta infondatezza delle difese avverse, ai sensi dell’art. 26 comma 1 c.p.a..

All’udienza pubblica del 9 maggio 2019 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

In via preliminare occorre rilevare che il presente ricorso deve ritenersi ammissibile anche in riferimento al primo provvedimento prot. n. 4528 del 15 giugno 2018 in quanto, in disparte la questione in ordine alla notifica di tale provvedimento, oggetto di contestazione tra le parti, l’odierno gravame risulta notificato il 14 settembre 2018 e, quindi, anche il suddetto provvedimento deve ritenersi comunque tempestivamente impugnato nel termine di 60 giorni decorrenti dalla sua adozione, tenuto conto della sospensione dei termini del periodo feriale ( ex multis T.A.R. Torino, sez. I, 27 marzo 2017, n. 414, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 8 giugno 2017, n. 437, T.A.R. Roma, sez. II, 10 agosto 2017, n. 9282).

Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

Coglie nel segno il primo motivo di ricorso con il quale la Società Agricola Agribio di Chianese Pietro s.a.s. lamenta la violazione dell’art. 19 della legge 241/1990 in quanto il primo provvedimento prot. n. 4528 del 15 giugno 2018, con il quale era stata diffidata a non proseguire le opere di cui alla SCIA prot. n. 3250 del 27 aprile 2018, sarebbe stato adottato oltre il termine previsto di 30 giorni dalla presentazione della SCIA stessa, e non conterrebbe, comunque, i requisiti di cui all’articolo 21 nonies e, quindi, non potrebbe ritenersi adottato in autotutela.

Al riguardo la giurisprudenza di questo Tribunale, condivisa dal Collegio (TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 23 aprile 2018 n. 2664) ha chiarito che, secondo la disciplina attualmente vigente della S.C.I.A.:

- a seguito della presentazione della S.C.I.A., l’amministrazione competente verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti: il potere di verifica di cui dispone l’amministrazione non è finalizzato all’emanazione di un atto amministrativo ampliativo della sfera giuridica dell’interessato, bensì al controllo, privo di discrezionalità, tra la corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato e i canoni normativi stabiliti per l’attività in questione (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 12.3.2018, n. 2785);

- il termine di trenta giorni riveste carattere perentorio, come affermato dalla giurisprudenza, condivisa dal Collegio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 14.11.2012, n. 5741;
T.A.R. Veneto, Sez. III, 26.7.2016 n. 893);

- scaduto tale termine, l’amministrazione può intervenire solo con l’adozione di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti dannosi di essa nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 21 nonies della legge n. 241/1990 (il quale, nella formulazione in vigore dal 28 agosto 2015, al comma 1 prescrive che “ 1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi (128) dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge… ”).

In altri termini, il potere di intervento dell’amministrazione sussiste anche dopo la scadenza del termine perentorio per la verifica della legittimità della S.C.I.A,, ma trova una diversa base giuridica, potendo essere esercitato solo in presenza dei presupposti individuati dall’art. 21 nonies per l’annullamento d’ufficio degli atti amministrativi illegittimi, tanto che la giurisprudenza ha affermato che, “sebbene la D.I.A. e la S.C.I.A. non abbiano natura di provvedimenti amministrativi taciti, gli effetti di esse possono essere legittimamente rimossi, tardivamente, mediante un potere che condivide con quello di annullamento d’ufficio i termini e le condizioni di esercizio”, ossia in virtù dell’adozione di specifici provvedimenti, volti alla rimozione degli effetti della S.C.I.A., con esternazione delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la loro adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e degli eventuali controinteressati (cfr., TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 25.5. 2017, n. 6262, TAR Liguria, Sez. I, 3.10.2016 n. 970).

Pertanto, una volta scaduto il termine perentorio per l’esercizio del potere inibitorio, subentra in capo all’Amministrazione un potere residuale, utile a porre rimedio al mancato esercizio del doveroso potere inibitorio, da esercitare nel rispetto del limite di tempo ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi.

Passando ad esaminare la fattispecie oggetto di gravame alla luce della sopra richiamata giurisprudenza il Collegio, confermando quanto statuito con la sopra richiamata ordinanza cautelare n. 1427 del 4 ottobre 2018, rileva che il potere di inibitoria della SCIA sia stato esercitato dal Comune di Teverola quando era ormai decorso il termine di trenta giorni previsto dal combinato disposto dell'art. 19, commi 3 e 6-bis, della legge n. 241/1990 (TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 1145 del 21 febbraio 2018);
posto che, a fronte della presentazione della SCIA il 27 aprile 2018, il provvedimento interdittivo gravato è stato adottato in data 15 giugno 2018, esso, in disparte la data della notificazione, risulta comunque ,adottato oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto dall’art. 19 della legge n. 241/1990.

Deve, pertanto, concludersi che l’ente locale resistente abbia agito in violazione delle prescrizioni richiamate.

Né il provvedimento prot. n. 4528 del 15 giugno 2018, contrariamente a quanto prospettato negli scritti difensivi dal Comune di Teverola, può essere qualificato quale annullamento d’ufficio della SCIA, adottato in autotutela.

Al riguardo il citato provvedimento non solo non richiama le disposizioni in materia di autotutela, quale fondamento del provvedimento stesso, ma neppure i presupposti previsti dalla suddetta disposizione normativa (TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 20 marzo 2018, n. 1716) e, pertanto, alla luce del suo contenuto, non può che essere qualificato che mero atto inibitorio dell’attività. Ciò, peraltro, si evince chiaramente dal medesimo provvedimento che si limita a diffidare i soggetti destinatari dello stesso dall’esecuzione dei lavori, assegna loro 10 giorni per eventuali osservazioni rappresentando che, trascorso tale termine senza la presentazione delle osservazioni o nel caso in cui non venissero accolte favorevolmente, il provvedimento stesso “equivale a diniego definitivo della richiesta di SCIA”.

L’illegittimità del provvedimento prot. n. 4528 del 15 giugno 2018 non può che ripercuotersi sul successivo provvedimento prot. n. 6452 del 7 settembre 2018 che è stato adottato richiamando espressamente il primo provvedimento inibitorio. Pertanto, come pure lamentato da parte ricorrente nel primo motivo di ricorso, il successivo provvedimento è stato adottato senza considerare il consolidamento degli effetti della prima SCIA ancora valida in quanto, come detto, non oggetto di annullamento da parte del Comune di Teverola.

Conclusivamente, il Collegio ritiene che i su illustrati profili di illegittimità abbiano una indubbia valenza assorbente, sicché la fondatezza delle dedotte censure comporta l’accoglimento dell’odierno ricorso, con l’assorbimento delle ulteriori censure, e, conseguentemente, l’annullamento degli atti impugnati.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Quanto alle spese, secondo la regola della soccombenza, vanno poste a carico di parte resistente, nell’importo liquidato in dispositivo;
non si ravvisano i presupposti per l’applicazione dell’art. 26, comma 1, c.p.a..

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