TAR Napoli, sez. III, sentenza 2015-09-17, n. 201504564
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N. 04564/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02408/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2408 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
V M R, titolare dell’omonima ditta individuale, con sede in Napoli, al Parco Grifeo, n. 37, rappresentata e difesa dall’Avv. F L, presso il quale elettivamente domiciliano in Napoli, alla Via F. Caracciolo, n. 15;
contro
COMUNE DI SANT’ANASTASIA, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. A C, presso la quale elettivamente domicilia in Napoli, alla Via dei Tribunali, n. 181;
per l’annullamento, previa sospensione
- quanto al ricorso introduttivo:
a) della nota prot. 2665/2014, ricevuta in data 1° aprile 2014, con cui il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Sant’Anastasia ha riscontrato la precedente diffida 29070/2013;
b) di tutti i provvedimenti ivi richiamati compresi quelli datati 29.6.2004, con cui sono state respinte le istanze di condono presentate dalla So.Fi.Coop. S.p.a. in data 1.3.1995 e dei successivi provvedimenti 66/2004 e 53/2005, rispettivamente recanti l’ordine di adeguamento dei locali alle prescrizioni della concessione edilizia 148/90 ed acquisizione gratuita al patrimonio comunale di tutti gli immobili interessati dai provvedimenti precedenti;
c) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziali;
- quanto ai motivi aggiunti, notificati il 4.7.2014 e depositati il giorno 11 successivo:
a) dell’ingiunzione del Comune di Sant’Anastasia 66/2004 richiamata nella nota 2665/2014 e il cui contenuto è stato conosciuto solo a seguito della costituzione in giudizio del Comune di Sant’Anastasia del 19.5.2014;
b) dell’ordinanza di acquisizione del Comune di Sant’Anastasia 53/2005 richiamata nella nota 2665/2014 ed il cui contenuto è stato conosciuto solo a seguito della costituzione in giudizio del Comune di Sant’Anastasia del 19.5.2014;
c) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, compresi i provvedimenti di diniego del richiesto condono edilizio emessi dal Comune di Sant’Anastasia in data 29.6.2004 (prot. 11911/2004 e seguenti) e del 9.7.1998 (prot. 10471/98), richiamati nella nota 2665/2014 e conosciuta solo a seguito di accesso agli atti presso gli uffici comunali del 13.6.2014.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti in epigrafe;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato Comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi - Relatore alla pubblica udienza del 25 giugno 2015 il cons. dr. Cernese - i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso - notificato il 17.4.2014 e depositato il 2.5.2014 - Villani Maria Rosaria, titolare di omonima ditta individuale - proprietaria degli immobili al piano terra degli edifici realizzati dalla Società Finanziaria Popolare per la Cooperazione e l’Associazionismo - So.Fi.Coop. S.p.a. su suolo concesso in proprietà dal Comune di Sant’Anastasia, giusta convenzione 102/1980 ex art. 35, L. 865/71- impugnava, innanzi a questo Tribunale, la nota prot. 2665/2014, in epigrafe, ricevuta in data 1° aprile 2014, unitamente a tutti i provvedimenti ivi richiamati (compresi quelli datati 29.6.2004 di rigetto delle istanze di condono presentate dalla Soficoop S.p.a. in data 1.3.1995 ed i successivi provvedimenti 66/2004 e 53/2005, rispettivamente recanti l’ordine di adeguamento dei locali alle prescrizioni della concessione edilizia 148/90 e l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di tutti gli immobili interessati dai provvedimenti precedenti), con cui il Responsabile del competente Servizio del Comune di Sant’Anastasia, a riscontro della diffida prot. 29070 del 10.12.2013 a provvedere in ordine alle pratiche di condono edilizio ex L. n. 724/1999, relativa ai predetti immobili, comunicava di avere ordinato il ripristino dello stato dei luoghi e di avere acquisito gratuitamente al proprio patrimonio gli stessi beni, con provvedimenti notificati esclusivamente alla ex proprietaria.
All’uopo, parte ricorrente, evidenziato di non avere ricevuto né notifica, né comunicazione degli atti menzionati nella nota impugnata, a sostegno del gravame, deduceva le seguenti censure:
1) Violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, lamentando che alcuna possibilità di leale collaborazione e di partecipazione al procedimento le sarebbe stata offerta, nonostante avesse esplicitamente resa edotta l’Amministrazione comunale di avere acquistato la piena disponibilità degli immobili oggetto delle istanze con la nota del 5 settembre 1997;inoltre l’ufficio comunale, accertata l’esistenza di motivi ostativi al rilascio del condono richiesto, avrebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 10 bis, L. n. 241 del 1990 alla formale contestazione offrendole la possibilità di formulare proprie controdeduzioni ed apportare ulteriore documentazione a sostegno della fondatezza delle istanze ed omissione siffatta, secondo la richiamata giurisprudenza, vizierebbe l’atto non solo sotto il profilo formale, ma anche nel suo contenuto sostanziale.
2) Violazione dell’art. 39 della legge 724/1994 - Eccesso di potere (per difetto di motivazione e difetto di istruttoria, genericità, inesistenza dei presupposti). Premesso che le istanze di condono avrebbero teso sia al cambio di destinazione d’uso (da non residenziale a commerciale) che alla sanatoria della maggiore altezza interna realizzata rispetto a quella prescritta dalla variante 148/1990 e nonostante risulterebbero assolutamente soddisfatti i requisiti legali per l’ottenimento del titolo abilitativo in sanatoria richiesto, sia in ordine alla volumetria condonabile che al mutamento di destinazione (da non residenziale a commerciale), essendo gli immobili già realizzati alla scadenza della concessione edilizia 62/87 (1990) e connotati dalle necessarie idonee caratteristiche, la impugnata nota del Comune di Sant’Anastasia prot. 2665/2014 si limiterebbe ad elencare numeri e date dei provvedimenti di diniego, omettendo qualsiasi indicazione dei presupposti di fatto, motivazione di diritto o riferimento normativo utili a giustificare il negativo esito del procedimento.
3) Violazione di legge (art. 7, L. n. 241/1990;art. 31, D.P.R. n. 380/2001) - Eccesso di potere (per difetto di istruttoria e carenza di motivazione). Al riguardo rileva parte ricorrente che:
- per illegittimità derivata del diniego delle istanze di condono anche l’ingiunzione al ripristino sarebbe affetta dai vizi procedurali evidenziati nel primo motivo ed, in particolare, dalla violazione delle garanzie partecipative prescritte dal rubricato art. 7, ribadendosi che al momento in cui sarebbe stata ordinata la riduzione dell’altezza, la ditta ricorrente sarebbe stata già proprietaria degli immobili da quasi dieci anni e di tale circostanza il Comune di Sant’Anastasia sarebbe stato assolutamente consapevole, giusta comunicazione via lettera raccomandata del 5 settembre 1997;
- evidenti sarebbero, pertanto, il difetto di motivazione e l’erroneità dei presupposti in quanto le difformità riscontrate non inciderebbero sulle dimensioni del fabbricato e nemmeno sull’aspetto esterno dello stesso, configurandosi, pertanto, quali difformità “non essenziali” rispetto a quanto assentito con la concessione edilizia 62/87 e la successiva variante 148/1990, che non incrementerebbero il carico urbanistico;
- nella chiarissima impossibilità di rimuovere le stesse senza pregiudizio per le opere conformi (visto che non sarebbe possibile “segare” un edificio in cemento armato), il Comune di Sant’Anastasia avrebbe più correttamente dovuto applicare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 34, co. 2, D.P.R. 380/2001, ma, cionostante, il provvedimento ometterebbe qualsiasi considerazione o motivazione nella scelta della sanzione di ripristino in luogo della più adeguata sanzione pecuniaria;
- l’ingiunzione in discorso si scontrerebbe, comunque, con il generale obbligo di sospensione dei procedimenti amministrativi in pendenza dell’istanza di condono;
4) Illegittimità derivata - Violazione di legge (art. 31, D.P.R. n. 380/2001;art. 21 bis, L. 241/1990;art. 41ter, L. n. 1159/1942;art. 34, D.P.R. n. 380/2001) - Elusione del giudicato cautelare penale. L’omessa comunicazione alla ditta ricorrente dell’ingiunzione di cui alla disposizione dirigenziale n. 66 del 9.9.2004 vizierebbe irrimediabilmente anche il successivo provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale. 53/2005. Infatti, come ripetutamente evidenziato dalla giurisprudenza in materia, la mancata notificazione al proprietario dell’ordine di demolizione precluderebbe l’emanazione del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, stante il carattere sanzionatorio di detta misura. Cionondimeno il Comune di Sant’Anastasia avrebbe provveduto a notificare tutti i provvedimenti impugnati esclusivamente all’ex proprietaria So.Fi.Coop. S.p.a. (e mera detentrice del possesso) e non all’allora ed attuale proprietaria (ovvero la ditta ricorrente). Non vi è dubbio, infatti, che il termine di 90 giorni previsto dal terzo comma dell’art. 31 del T.U. di cui al D.P.R. 380/2001 dovrebbe concedersi, non solo al responsabile dell’abuso, ma anche al proprietario dell’immobile, al fine di consentire a quest’ultimo di adottare tutte le iniziative necessarie e conseguenti all’ingiunzione di demolizione;nella specie, poi, sarebbe ben noto all’intimato Comune che la proprietà degli immobili sarebbe stata trasferita dalla So.Fi.Coop. alla ditta ricorrente, con la conseguenza che la carente istruttoria condotta dagli uffici comunali si ripercuoterebbe anche sul provvedimento acquisitivo in assenza della notificazione dell’ingiunzione, circostanza che, ai sensi dell’art. 21 bis della legge 241/1990, ne comporterebbe la radicale inefficacia e precluderebbe in via autonoma l’adozione della misura acquisitiva.
Si costituiva in giudizio l’intimato Comune, preliminarmente eccependo l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso del ricorso introduttivo (sì come proposto avverso una nota non avente natura provvedimentale e la tardività di ogni doglianza con riferimento ad atti oramai consolidati) e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Presa piena cognizione del contenuto dei provvedimenti richiamati nella impugnata nota prot. 2665/2014, attraverso il loro deposito da parte dell’intimato Comune, in data 19.5.2014, in sede di sua costituzione in giudizio, e dei rimanenti atti, tramite accesso agli atti operato in data 13.6.2014, parte ricorrente, alla luce della documentazione raccolta e delle relazione tecnica prodotta, nella memoria difensiva depositata l’11.7.2014 (con allegati motivi aggiunti), ad integrazione di quanto già illustrato nel ricorso introduttivo, rappresentava che:
- i fabbricati erano stati costruiti in conformità ed in vigenza della concessione edilizia n. 62/1987 e per il completamento dell’intervento costruttivo (ovvero per consentire la costruzione di un ulteriore fabbricato, oltre ai quattro già edificati in cui sono compresi i locali de quibus), il Comune di Sant’Anastasia aveva rilasciato la concessione edilizia 148/1990 che, in variazione della precedente 62/1987, anche per gli edifici già realizzati, prescriveva la riduzione dell’altezza interna dei locali al piano terra a 2,50 mt. rispetto alla maggiore altezza prevista e realizzata in forza della precedente concessione edilizia;
- la So.Fi.Coop. S.p.a., non ottemperava a tali prescrizioni ed, in data 1.3.1995, presentava istanze di condono ai sensi della legge 724/1994 per ciascuno dei locali al piano terra, assunte al protocollo comunale con i numeri 3493 e ss., tese oltre che al cambio di destinazione (da non residenziale a commerciale), a sanare la maggiore altezza interna effettivamente realizzata, versando le somme necessarie all’ottenimento dei titoli richiesti;
- in data 31 dicembre 1996 per atto notarile, in atti, la So.Fi.Coop. S.p.a. vendeva gli immobili oggetto delle suddette istanze di condono alla ditta ricorrente e, con lettera raccomandata del 5 settembre1997 (in atti), unitamente alla So.Fi.Coop. S.p.a., comunicava al Comune di Sant’Anastasia il passaggio di proprietà degli immobili oggetto delle istanze di condono, invitando l’Ente a rilasciare i provvedimenti di sanatoria direttamente alla nuova proprietaria, odierna ricorrente;
- in data 10.12.2013 diffidava il predetto Comune al rilascio dei titoli in sanatoria, specificando le dannose conseguenze economiche relative all’inerzia rispetto alle istanze presentate dovute alla limitata commercializzazione degli stessi immobili;
- con nota 2665/2014 - impugnata con ricorso introduttivo - il Comune comunicava che le pratiche di condono in parola erano già state negativamente esitate con i seguenti provvedimenti notificati ed intestati esclusivamente alla So.Fi.Coop. s.p.a.;
- con le disposizioni dirigenziali del 29.6.2004, rideterminandosi rispetto al precedente parziale diniego prot. 10471 del 9.7.1998 il Comune di Sant’Anastasia rigettava anche le istanze di condono relative alla maggiore altezza realizzata;
- con disposizione dirigenziale 66/2004 il Comune ordinava alla So.Fi.Coop. di eseguire le opere necessarie alla riduzione dell’altezza interna degli immobili, come da prescrizioni contenute nella variante alla concessione edilizia 148/90;
- con disposizione dirigenziale 53/2005, il Comune di Sant’Anastasia acquisiva gratuitamente al proprio patrimonio tutti gli immobili siti al piano terra degli edifici 1, 2, 4 del lotto R3 e dell’edificio n. 1 del lotto R7 (ovvero tutti gli immobili di proprietà della ditta ricorrente).
Tanto premesso ed evidenziato che nessuno dei provvedimenti indicati era stato intestato o notificato da parte del Comune di Sant’Anastasia alla ditta ricorrente (proprietaria degli immobili) ma solo alla soc. So.Fi.Coop. (detentrice del possesso), parte ricorrente, in relazione ai provvedimenti da ultimo menzionati (peraltro già oggetto di impugnativa con il ricorso introduttivo), con motivi aggiunti notificati il 4.7.2014 e depositati il giorno 11 successivo, deduceva le seguenti ulteriori censure:
1) Violazione dell’art. 10 bis, L. 241 del 1990, violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, rilevando, oltre a quanto già illustrato con la prima censura del ricorso introduttivo, che:
- con la memoria di costituzione in giudizio del 19.5.2014 la resistente Amministrazione avrebbe eccepito l’infondatezza della censura affermando essere pacifico che i provvedimenti di diniego di condono edilizio non dovrebbero essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, ma l’eccezione non sarebbe pertinente in quanto con il motivo di ricorso sarebbe stata censurata la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza prevista dall’art. 10 bis della legge 241/90 (la cui mancanza renderebbe illegittimi i provvedimenti di diniego) e non la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, a cui, evidentemente, si riferirebbe la ricorrente;
- la difesa comunale, inoltre, trascrivendo un passo della sentenza 5148/2011 di questa Sezione, escluderebbe la legittimazione della ricorrente a ricevere i provvedimenti impugnati, individuando, ai sensi dell’art. 35 della L. 47/85 solo la So.Fi.Coop. quale unico soggetto interlocutore del procedimento di condono e unico destinatario del provvedimento finale, richiamando, però, un precedente giurisprudenziale non pertinente, sì come afferente a fattispecie in cui - a differenza di quanto avviene nella controversia in esame - il nuovo proprietario avrebbe reso edotto l’Amministrazione del passaggio della titolarità del bene solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo;
- per quanto sopra risulterebbero altresì ininfluenti (e non potrebbero trovare ingresso nella presente indagine processuale) le sentenze emesse agli esiti dei giudizi celebrati tra la So.Fi.Coop. ed il Comune di Sant’Anastasia, richiamate dalla difesa comunale con la memoria di costituzione depositata in data 19 maggio 2014.
2) Violazione dell’art. 35 della L. 47/1985 e della Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 2241/1995 - Eccesso di potere per difetto di motivazione. Essendo i fabbricati già oggetto di autorizzazione paesaggistica 1497/39, il silenzio serbato dal Comune comporterebbe assenso delle istanze in discorso, ai sensi dell’art. 35 della legge 47/85, comma 17, (trasfuso nell’art. 39 della legge 724/94), con la conseguenza che i provvedimenti di diniego richiamati nella nota 2665/2014, rappresenterebbero una rideterminazione in autotutela da parte dell’Ente e pertanto avrebbero necessitato di una congrua motivazione circa lo specifico ed attuale interesse pubblico perseguito, che viceversa non si rinverrebbe.
3) Violazione dell’art. 39 della legge 724/1994 - Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria.
4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Violazione dell’art. 40 della legge 47/85 e dell’art 29 della legge 24/1994;
5) Violazione L. 47 del 1985 e 724 del 1994 - Illegittimità derivata - Violazione dell’art. 7 della legge 241/1990 - Eccesso di potere (per difetto di istruttoria e di motivazione) - Violazione dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001;
6) Illegittimità derivata - Violazione dell’art. 31, D.P.R. 380/2001 - Violazione dell’art. 21 bis, L. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Anche in relazione ai motivi aggiunti, si costituiva in giudizio l’intimato Comune, preliminarmente eccependone l’inammissibilità e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.
Alla pubblica udienza del 25 giugno 2015 la causa passava in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente devono esaminarsi le eccezioni di inammissibilità del ricorso - proposte dal resistente Comune di Sant’Anastasia - sia per difetto di legittimazione attiva della ricorrente, sia per la tardività del ricorso ed, infine per essere stato il ricorso introduttivo proposto avverso una nota non avente natura provvedimentale.
Relativamente al difetto di legittimazione ad agire nei confronti del predetto Comune, quest’ultimo eccepisce che parte ricorrente agirebbe nella (affermata ma non provata), qualità di proprietaria degli immobili per i quali l’Ente avrebbe adottato gli atti di diniego precisati nella impugnata nota prot. 2665/2014, non avendo mai comunicato al Comune di Sant’Anastasia di essere la nuova proprietaria degli immobili in questione, né tantomeno documentato di essere l’attuale e legittima proprietaria degli immobili medesimi e, comunque, mancando di precisare di quali immobili sarebbe proprietaria, trasmettendo copia del relativo atto notarile di trasferimento della proprietà.
Infatti, dall’esame del titolo rappresentato dall’atto di compravendita del 31.12.1996 con firme autenticate dal notaio in forza del quale la Villani assumerebbe di essere proprietaria, emergerebbero almeno due incongruenze: in primo luogo, i beni descritti nella scrittura privata trasmessa con firme autenticate dal Notaio in data 31.12.1996, sarebbero individuati con numeri di particella, subalterni e consistenza diversi rispetti a quelli oggetto dei provvedimenti sanzionatori adottati dal Comune di Sant’Anastasia;segnatamente ed alla stregua di quanto analiticamente descritto nella memoria del resistente Comune, i locali che il Comune di Sant’Anastasia avrebbe acquisito al patrimonio comunale in danno della So.Fi.Coop. S.p.a. non corrisponderebbero, né per identificazione catastale né per consistenza, con i locali da tale ultima società venduti alla Villani;in secondo luogo parte ricorrente avrebbe prodotto in atti copia dell’atto di compravendita notarile del 31.12.1996, priva del timbro sulla stessa dell’avvenuta trascrizione e/o della copia della nota di trascrizione.
Le eccezioni vanno tutte disattese.
In punto di fatto, deve subito rilevarsi che - come risulta dalla documentazione versata in atti - con nota/raccomandata dell’8 settembre 2007, acquisita al n. 10669 del protocollo del Comune di Sant’Anastasia sottoscritta dal legale rappresentante della So.Fi.Coop. e per adesione da Villani Maria Rosaria, indirizzata al Commissario Straordinario del Comune di Sant’Anastasia, dopo aver premesso “che il legale rappresentante della So.Fi.Coop. aveva presentato istanze tese ad ottenere sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994 e successive, per i locali sottostanti gli edifici n.1, 2 e 4 del lotto R/3 ed edificio n. 1 del lotto R/7 del P.E.E.P. realizzati in località Romani, realizzati in difformità alla concessione edilizia n. 148 del 28.9.1990 ed assunte al protocollo del Comune in data 1.3.1995 dal n. 3493 al n. 3508 e che la società scrivente per rogito del notaio M R C rep. 143897 del 31.12.1996, aveva venduto gli immobili interessati da dette pratiche di condono alla ditta Villani Maria Rosaria P. Iva (…….), corrente in Napoli, alla Via Parco Grifeo, n. 37”, si richiedeva la certificazione attestante la congruità delle somme versate per l’ottenimento della sanatoria di cui alla legge 724/1994, relativamente alle predette istanze ed altresì la voltura di tutte le pratiche di condono relative ai detti immobili in capo alla ditta Villani Maria Rosaria, la quale sottoscriveva la nota in esame per adesione.
Orbene, la Villani con la nota del 5.9.1997 ha comunicato al Comune resistente di avere acquistato da quasi venti anni dalla So.Fi.Coop. S.p.a. i locali siti al piano terra degli edifici realizzati da quest’ultima in forza della convenzione stipulata con il Comune di Sant’Anastasia ed oggetto delle istanze di condono avanzate in data 1.3.1995;inoltre, con la diffida prot. 29070 del 10 dicembre 2013 - a riscontro della quale il Comune di Sant’Anastasia ha emanato la nota prot. 2665/2014, impugnata con ricorso introduttivo - la ricorrente ha precisato di essere proprietaria di “tutti” gli immobili interessati dalle istanze di condono presentate dalla So.Fi.Coop. S.p.a., citando specificamente gli estremi catastali ed i numeri di protocollo con cui le stesse erano state acquisite dal Comune;infine dirimente in ordine alla circostanza che l’Ufficio Tecnico Comunale ha piena contezza della consistenza immobiliare di cui si discute, nonché della titolarità della stessa, si presenta il rogito del 31.12.1996, prot. 143897 - depositato con il ricorso introduttivo - nel quale sono analiticamente richiamate ed allegate le pratiche di condono di cui trattasi, tutte coincidenti con gli immobili compravenduti in quella sede e successivamente oggetto dei provvedimenti richiamati nella nota 2665/2014.
Quanto alla lamentata incongruenza tra i dati catastali oggetto dei provvedimenti citati e quelli oggetto dell’atto di compravendita del 31.12.1996, ferma la perfetta corrispondenza del folio e delle particelle, il Comune mostra di non tenere conto dell’avvenuta variazione dei subalterni - con la nuova numerazione degli stessi e con le relative planimetrie - a seguito della relativa denuncia al N.C.E.U., la cui ricevuta, è richiamata nel suddetto rogito di compravendita (versato in atti con ricorso introduttivo) ed è stata trasmessa al Comune di Sant’Anastasia, su richiesta della Commissione Condono, con nota assunta al protocollo comunale in data 6 novembre 1997 e da quel momento è agli atti delle pratiche di cui trattasi, come rilevato dalla operazioni di accesso del 13.6.2014.
Ulteriore eccezione si collega alla circostanza che parte ricorrente avrebbe prodotto copia dell’atto di compravendita per Notar Caccia del 31.12.1996, priva del timbro sulla stessa dell’avvenuta trascrizione e/o copia della nota di trascrizione, pacifico risultando, al riguardo, che, una volta redatto, affinché l’atto notarile di compravendita (o la scrittura privata autenticata) possa essere opposto a terzi (e, quindi, anche al Comune di Sant’Anastasia), sarebbe fondamentale che esso venga trascritto ai sensi dell’art. 2644 cod. civ. con la conseguenza che il Comune di Sant’Anastasia avrebbe correttamente adottato ogni provvedimento nei confronti dell’unico soggetto legittimato passivo, ovvero So.Fi.Coop. S.p.a.
I suddetti rilievi sono smentiti dalla documentazione in atti.
In ordine all’assunta carenza della trascrizione del rogito, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa comunale, l’atto di compravendita di cui trattasi è stato regolarmente trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari “Napoli 2”, in data 22.1.1997, con numero Registro Generale 3260 e numero di Registro Particolare 2883, come da certificato Notaio De Vivo e Visura RR.II., Napoli 2 in atti.
Analogamente da disattendere è l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per tardività della sua proposizione.
Sul punto parte ricorrente asserisce di non avere avuto contezza dei provvedimenti di diniego, prima di della ricezione in data 1° aprile 2014 della nota prot. 2665/2014, (a riscontra della precedente diffida n. 29070/2013) e, non avendo il Comune fornito la prova di una data diversa di conoscenza dei provvedimenti impugnati, la ricorrente è stata senz’altro rimessa in termini per l’impugnativa dei provvedimenti con la suddetta nota comunicati ed individuati, per modo che il ricorso introduttivo, sì come notificato il 17.4.2014, si presenta senz’altro tempestivo.
Né miglior sorte ha l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per la circostanza di essere stata impugnata la nota prot. 2665/2014 non avente natura provvedimentale.
Al riguardo con la suddetta nota il responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Sant’Anastasia, a riscontro della diffida prot. 29070 inoltrata dalla Villani in data 10.12.2013 per conoscere l’esito di n. 21 istanze di condono dell’1.3.1995 prot. 3492 e seguenti presentate dal legale rappresentante della So.Fi.Coop. s.p.a., comunicava che, con gli atti di diniego ivi riportati, erano state respinte le richieste di concessione edilizia in sanatoria presentate ai sensi della L. 724/1994 dal legale rappresentante della Soc. So.Fi.Coop., nonché i successivi consequenziali provvedimenti adottati per la repressione dell’abuso commesso;ma se la suddetta nota, null’altro è che un mezzo con il quale sono stati comunicati al ricorrente i provvedimenti ivi riportati, appare evidente che il proposto ricorso deve ritenersi tempestivamente proposto avverso i suddetti provvedimenti.
Deve ancora premettersi che, pur risultando impugnato con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti i medesimi provvedimenti (al punto da potersi ritenere che, nella specie, più che di “motivi aggiunti”, più correttamente tratterebbesi di “ulteriori motivi” di censura), per la circostanza che a tale impugnativa parte ricorrente è acceduta per il tramite dell’impugnativa con il ricorso introduttivo della nota prot. 2665/2014, ricevuta in data 1° aprile 2014, (a riscontro di precedente diffida n. 29070/2013), tale ultimo ricorso non può ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Inoltre, risultando le censure di cui ai motivi aggiunti uno sviluppo (conseguente all’acquisizione della piena conoscenza degli atti prima non compiutamente conosciuti) delle medesime censure già dedotte con il ricorso introduttivo, si giustifica una trattazione congiunta delle medesime censure, in quanto attinenti al medesimo iter logico-argomentativo attraverso una “trattazione” integrata sia del ricorso introduttivo che dei motivi aggiunti.
Ciò premesso, nel merito, il ricorso introduttivo è parzialmente infondato.
Con la prima censura del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti parte ricorrente lamenta la violazione delle regole del giusto procedimento di legge e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria;in particolare, in violazione dell’art. 10 bis, L. n. 241/1990, il Comune di Sant’Anastasia avrebbe omesso di comunicare (non l’avvio del procedimento ex art. 7, L. n. 241/1990, come erroneamente asserito dal resistente Comune nella memoria di costituzione in giudizio del 19.5.2014, ma) i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono ai sensi dell’art. 10 bis, L. n. 241 del 1990, nonostante avesse esplicitamente resa edotta l’Amministrazione comunale di avere acquistato la piena disponibilità degli immobili oggetto delle istanze con la nota del 5 settembre 1997.
La censura è infondata.
E’ a dir subito che, nonostante con la nota/raccomandata dell’8 settembre 2007, acquisita al n. 10669 del protocollo del Comune di Sant’Anastasia sottoscritta dal legale rappresentante della So.Fi.Coop. e per adesione da Villani Maria Rosaria ed indirizzata al Commissario Straordinario del Comune di Sant’Anastasia nel modo come sopra descritto, si fosse comunicato a tale Comune l’avvenuto trasferimento in favore della Villani della proprietà degli immobili per cui è causa, relativamente alla questione se il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono debba essere preceduto o meno dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della predetta istanza, la giurisprudenza, superando alcuni dubbi e perplessità iniziali, è ormai consolidata nel senso che: <<Il provvedimento, che nega la richiesta di concessione in sanatoria, è atto vincolato con la conseguenza che la mancata comunicazione del preavviso di diniego non produce effetti vizianti ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti diversi >>(Consiglio di Stato sez. IV, 25/09/2014, n. 4809);ed ancora: <<Il provvedimento di diniego di condono edilizio costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione. Di conseguenza, il mancato rispetto dell'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 non può inficiare il provvedimento impugnato qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in applicazione dell'art. 21 octies comma 2, primo periodo, l. n. 241 del 1990) >>(T.A.R. Napoli sez. VIII, 12/06/2014, n. 3268);<<Laddove il diniego di concessione edilizia in sanatoria si imponga come atto dovuto, la mancata comunicazione del preavviso di rigetto viene dequotata a mera irregolarità >>(T.A.R. Napoli sez. VI, 08/10/2014, n. 5162);<<È irrilevante l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento di diniego della domanda di condono edilizio, posto che il diniego stesso è atto dovuto, nei casi previsti dall'art. 33, l. n. 47 del 1985, e risulta palese che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso pur se, a seguito dell'invio alla parte interessata della comunicazione in parola, fosse stato instaurato un rituale contraddittorio procedimentale >>(T.A.R. Napoli sez. VII, 12/03/2013, n. 1408).
Ma parte ricorrente lamenta che il lamentato deficit comunicativo riguarderebbe anche la mancata ricezione dei provvedimenti impugnati.
Secondo la ricorrente la difesa comunale trascrivendo un passo della sentenza 5148/2011 di questa Sezione, escluderebbe la legittimazione della ricorrente a ricevere i provvedimenti impugnati, individuando, ai sensi dell’art. 35 della L. 47/85 solo la So.Fi.Coop. quale unico soggetto interlocutore del procedimento di condono e unico destinatario del provvedimento finale, senza tener conto che la giurisprudenza richiamata non sarebbe sovrapponibile al caso di specie con la conseguenza che il principio ivi evocato risulterebbe irrilevante in questa sede;infatti diversamente dalla vicenda oggetto del precedente (impropriamente) richiamato dalla difesa resistente in cui il nuovo proprietario avrebbe reso edotto l’Amministrazione del passaggio della titolarità del bene solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo e l’emanazione del provvedimento di diniego, nella fattispecie in esame, la ricorrente avrebbe comunicato e documentato di avere acquistato la proprietà degli immobili oggetto delle istanze di condono con lettera raccomandata del 5 settembre 1997, un anno prima della conclusione del procedimento istruttorio esitato con il parziale diniego delle istanze (prot. 10741/98);con tale comunicazione, sottoscritta anche dal legale rappresentante della società venditrice, il Comune di Sant’Anastasia sarebbe stato esplicitamente invitato ad intestare le pratiche di condono ed i relativi provvedimenti direttamente alla nuova proprietaria, unica legittimata ed odierna ricorrente che, da quel momento, sarebbe divenuta a tutti gli effetti la richiedente delle pratiche di condono. Pertanto la censura in esame sarebbe assolutamente coerente con la portata dell’art. 35 della legge 47/85 invocato da parte resistente e non residuerebbero dubbi, quindi, sulla piena ed esclusiva legittimazione della ricorrente a partecipare al procedimento, a ricevere i relativi atti ed a proporre iniziative giurisdizionali tese all’annullamento degli stessi.
Contrariamente a quanto ritenuto dal resistente Comune, per la piena assimilabilità alla presente fattispecie si rende opportuno riportare alcuni passaggi fondamentali della sentenza del T.A.R. Napoli sez. II, 04/11/2011, n. 5148, richiamata dalla difesa resistente. In tale sentenza si rileva che: <<Con riferimento alla prima censura, con cui è stata contestata la mancanza delle necessarie garanzie partecipative in favore del ricorrente, va rilevato che l'art. 35 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 stabilisce espressamente che "il diniego di sanatoria è notificato al richiedente", dando ragione sia della necessità di una notificazione del provvedimento negativo, sia del fatto che unico destinatario della stessa debba essere colui che ha attivato il procedimento. Quindi, dalla chiara lettera della legge si evince che nessun obbligo incombeva sul Comune di San G. Vesuviano di individuare come destinatario del provvedimento di rigetto, oltre al richiedente - di cui nessuna norma, tra l'altro, prevede l'esclusione in caso di alienazione - anche l'eventuale acquirente dell'immobile interessato in tutto o in parte dalla sanatoria. Del resto, una simile stringente applicazione del dato normativo trova ragionevole rispondenza in evidenti esigenze di certezza e celerità che devono assistere procedimenti e provvedimenti riguardanti beni ed interessi di rilevanza generale, come la tutela del territorio, soprattutto ove con la stessa venga ad interferire un regime derogatorio quale quello introdotto da norme di sanatoria di interventi realizzati in assenza di titolo edilizio o in difformità dalla disciplina urbanistica vigente;ne discende che del tutto ragionevolmente il legislatore ha indicato il solo richiedente come soggetto interlocutore del procedimento di condono, nonché quale formale destinatario del provvedimento finale, affidando alla tutela predisposta dal diritto civile ogni questione che possa sorgere da eventuali vicende traslative di diritti dominicali interessanti le opere e gli immobili per cui è stato richiesto il beneficio urbanistico;vicende, che a ben vedere, poco o quasi nulla rilevano ai fini dell'ordinato sviluppo del territorio cui la disciplina urbanistica si rivolge.
Ovviamente, fermo restando che sotto il profilo della legittimità formale, nessun obbligo di comunicazione o partecipazione è stato violato dal Comune di San G. Vesuviano, al ricorrente era sempre possibile partecipare, di sua iniziativa, al procedimento di sanatoria in qualità di interventore e portatore di un interesse privato;ebbene, in tale veste il ricorrente, V. S., sebbene fin dall'acquisto dell'immobile, avvenuto nel 1992, fosse a conoscenza della pendenza del procedimento di condono, non ha depositato se non un'istanza di rilascio di copie del 17 dicembre 2009 ed osservazioni di merito - quelle del 3 marzo 2010 - che sono di epoca successiva alla conclusione del procedimento e quindi a volte ad un riesame del diniego su cui non sussisteva per l'Amministrazione alcun obbligo di provvedere.
Ne discende anche l'infondatezza del terzo motivo di ricorso, con cui il S., nel contestare nuovamente la violazione del principio partecipativo, ha rilevato che, diversamente, avrebbe non solo potuto integrare la documentazione originaria per la definizione del procedimento di sanatoria, ma anche allegare quella relativa all'avvenuto pagamento dell'oblazione;invero, se è vero che al ricorrente non spettava la comunicazione di cui all'art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto egli non può considerarsi soggetto "istante" ai sensi dalla suddetta disposizione della legge generale sul procedimento, è anche vero che in veste di interventore, oltre che di persona ben a conoscenza della pendenza del procedimento di sanatoria (pagina 2 del rogito notarile), avrebbe comunque potuto offrire il proprio contributo partecipativo già da lungo tempo, senza attendere l'adozione del diniego per poi limitarsi a stimolare un potere di riesame, meramente facoltativo, con una memoria successiva, a corredo della quale non risulta nemmeno allegato qualche documento idoneo a dimostrare la disponibilità della documentazione mancante e necessaria alla definizione del procedimento >>.
Pertanto nella fattispecie in esame, il Collegio, constatato che anche nel precedente in esame il trasferimento della proprietà era avvenuto antecedentemente alla definizione del procedimento, a fronte dell’inequivocabile dato normativo costituito dall’art. 35 della L. n. 47 del 1985, nel condividere l’impostazione data dalla suddetta sentenza alla questione relativa alla individuazione del soggetto a ricevere le comunicazioni inerenti al procedimento di condono, non può che prendere atto, quanto meno ai fini della validità dei provvedimenti di diniego della comunicazione della irrilevanza della nota/raccomandata prot. n. 10669 indirizzata al Comune di Sant’Anastasia in data 8 settembre 2007.
In buona sostanza risulta pienamente legittimo che sia il soggetto da cui provenga la richiesta di condono ad essere il naturale destinatario del provvedimento definitivo, anche, se nelle more, la proprietà dei cespiti oggetto di condono sia stata trasferita a terzi.
In ogni caso è opportuno aggiungere che un difetto di comunicazione non incide sulla legittimità dell’atto adottato, ma può semmai influire sulla decorrenza del termine per la proposizione dell’impugnativa giurisdizionale da parte dell’interessato;tant’è che il presente ricorso è stato infatti ritenuto tempestivo.
Con la seconda censura dei motivi aggiunti è dedotta la violazione dell’art. 35 della L. 47/1985, nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione, atteso che, essendo i fabbricati già oggetto di autorizzazione paesaggistica 1497/39, il silenzio serbato dal Comune comporterebbe assenso delle istanze in discorso, ai sensi dell’art. 35 della legge 47/85, comma 17, (trasfuso nell’art. 39 della legge 724/94), con la conseguenza che i provvedimenti di diniego richiamati nella nota 2665/2014, rappresenterebbero una rideterminazione in autotutela da parte dell’Ente e pertanto avrebbero necessitato di una congrua motivazione circa lo specifico ed attuale interesse pubblico perseguito.
La censura è infondata per un duplice ordine di ragioni.
Anzitutto perché, in astratto, recente giurisprudenza rileva che: <<In materia di condono di manufatti su aree soggette ai vincoli, il silenzio formatosi per decorso dei termini sulla istanza di regolarizzazione edilizia non equivale mai ad assenso ma, al contrario, a rigetto;ove poi, scaduto il termine, sia sopravvenuto il parere negativo, avendo questo valenza vincolante, viene ad assumere il valore di atto preclusivo del condono >>(C. d S., sez. IV, 9 settembre 2014, n. 4548);ed, ancora: <<L’istituto del silenzio assenso non opera, in generale in tutte le ipotesi di immobili soggetti a vincoli in quanto il prodursi del silenzio-accoglimento è escluso nei casi in cui non sussistano i presupposti che dovrebbero invece ricorrere per legittimare l’adozione del provvedimento positivo. Ciò in quanto l’eventuale inerzia dell’Amministrazione nel provvedere sulle domande di condono edilizio non può far guadagnare agli interessati in risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di un provvedimento espresso >>(T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 15.1.2015, n. 108);inoltre, nella fattispecie in esame, alla stregua di quanto si andrà ad esporre, le domande di condono presentate dalla So.Fi.Coop. sono state tutte respinte con provvedimenti espressi, con la conseguenza che del tutto inconferente si rivela il richiamo al meccanismo del silenzio-assenso ed ancor di più ad un presunto atto di autotutela in relazione ad un presunto provvedimento tacitamente assentito mai intervenuto.
La terza censura, inerente unicamente alla impugnativa della nota 10471/1968 della II Commissione Condono e recante il rigetto delle istanze di condono tese al cambio di destinazione d’uso dei locali al piano seminterrato da box a locali per attività commerciali inoltrate dalla Soc. So.Fi.Coop. è inammissibile.
Al riguardo la predetta nota è stata già in precedenza impugnata dalla So.Fi.Coop S.p.a. ed il giudizio in siffatta guisa instaurato è stato definito con la sentenza n. 785/2001 del T.A.R. Campania, sez, IV, confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 885 del 25.2.2014 della Sezione Quinta, con la conseguenza che, nel caso di specie, il provvedimento di diniego di condono è divenuto definitivo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che ha respinto il ricorso avverso lo stesso ed ai sensi dell’art. 2909 cod. civ.: <<L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa >>.
Ne deriva altresì che - contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente con ulteriore profilo di censura - tutte le sentenze emesse agli esiti dei giudizi instaurati dalla So.Fi.Coop. contro il Comune di Sant’Anastasia aventi ad oggetto l’impugnativa dei provvedimenti di diniego - richiamate dalla difesa comunale con la memoria di costituzione depositata in data 19 maggio 2014 - sono pienamente valide, efficaci ed in grado di regolare i rapporti fra le parti ed i loro aventi causa, ivi compresa la ricorrente, senza pertanto che, al riguardo, possa farsi questione di violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione.
La seconda censura del ricorso introduttivo e le censure quarta e quinta dei motivi aggiunti (violazione degli artt. 29, 39, L. 724/1994, dell’art. 40, L. 4/1985;eccesso di potere sotto vari profili) sono inammissibili.
E’ subito da precisare che, pur avendo parte ricorrente indicato nell’epigrafe del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, quali oggetto di impugnativa tra gli altri, “i provvedimenti di diniego del richiesto condono edilizio emessi dal Comune Sant’Anastasia in data 29.6.2004 (prot. 11911/2004 e seguenti) e del 9.7.1998 (prot. 10471/98) richiamati nella nota 2665/2014 e conosciuti solo a seguito di accesso agli atti presso gli uffici comunali del 13.6.2014”, tuttavia, l’unica censura all’uopo dedotta risulta quella in esame che, però, inerisce all’unico provvedimento di condono riguardante la disposizione dirigenziale del 29.6.2004.
Ciò precisato, la Soc. So.Fi.Coop. S.p.a., sempre qualificandosi proprietaria dei locali, in data 1.3.1993, inoltrava nuova istanza di condono volta ad ottenere la sanatoria della volumetria scaturente dalla maggiore altezza rispetto a quella assentita con la concessione edilizia n. 148 del 28.9.1990, per destinare l’immobile ad un uso diverso da quello per il quale era stata rilasciata la concessione medesima.
L’Ente respingeva anche tale diversa istanza di condono, escludendo la sanabilità in considerazione del rilievo - pure mosso dalla Commissione Condono con parere n. 11691 del 24.6.2004 - che l’aumento di altezza utile interna di tutto il piano seminterrato comporta la trasformazione dei locali box in locali abitabili e, quindi, computabili per la loro intera volumetria (altezza utile netta di mt. 2,70) in quanto, mentre all’atto del rilascio della concessione edilizia, per la ridotta altezza, l’intera volumetria non era stata computata, perché non abitabile, con una maggiore altezza che trasforma i locali interessati in immobili abitabili, la volumetria deve essere calcolata per intero e non solo per la differenza ricavabile dalla maggiore altezza di 20 cm.
Avverso tale ulteriore provvedimento di diniego la Soc. So.Fi.Coop. separati ricorsi innanzi al T.A.R. Campania che venivano respinti con sentenze n. 2649/2009, n. 5158/2011, n. 5159/2011 e n. 160/2011, dichiarandosi, inoltre, l’inammissibilità dei ricorsi “per violazione del principio del ne bis in idem e dei connessi motivi aggiunti”, dato che la questione della condonabilità del locale box era stata portata al vaglio del medesimo Tribunale, il quale si era già pronunciato con sent. n. 785/2001.
Ne deriva che con le censure in esame parte ricorrente intende rimettere in discussione questioni inerenti ad asseriti vizi di legittimità del provvedimento di diniego che ormai risultano coperte dal passaggio in cosa giudicato della suddette sentenze, dalle quali peraltro questo collegio non ha ragione di discostarsi.
Infondata è anche la terza censura del ricorso introduttivo, relativamente alla impugnativa dell’ingiunzione di demolizione n. 66/2004, per violazione dell’art. 7, L. n. 241/1990 ed eccesso di potere (per difetto di istruttoria e carenza di motivazione), censura corrispondente alla sesta censura dei motivi aggiunti (Illegittimità derivata - Violazione dell’art. 31, D.P.R. 380/2001 - Violazione dell’art. 21 bis, L. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria). Al riguardo rileva parte ricorrente che:
- per illegittimità derivata del diniego delle istanze di condono anche l’ingiunzione al ripristino sarebbe affetta dai vizi procedurali evidenziati nel primo motivo ed, in particolare, dalla violazione delle garanzie partecipative prescritte dal rubricato art. 7, ribadendosi che al momento in cui sarebbe stata ordinata la riduzione dell’altezza, la ditta ricorrente sarebbe stata già proprietaria degli immobili da quasi dieci anni e di tale circostanza il Comune di Sant’Anastasia sarebbe stato assolutamente consapevole, giusta comunicazione via lettera raccomandata del 5 settembre 1997;
- evidenti sarebbero, pertanto, il difetto di motivazione e l’erroneità dei presupposti in quanto le difformità riscontrate non inciderebbero sulle dimensioni del fabbricato e nemmeno sull’aspetto esterno dello stesso, configurandosi, pertanto, quali difformità “non essenziali” rispetto a quanto assentito con la concessione edilizia 62/87 e la successiva variante 148/1990, che non incrementerebbero il carico urbanistico;
- nella chiarissima l’impossibilità di rimuovere le stesse senza pregiudizio per le opere conformi (visto che non sarebbe possibile “segare” un edificio in cemento armato), il Comune di Sant’Anastasia avrebbe più correttamente dovuto applicare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 34, co. 2, D.P.R. 380/2001, ma, cionostante, il provvedimento ometterebbe qualsiasi considerazione o motivazione nella scelta della sanzione di ripristino in luogo della più adeguata sanzione pecuniaria;
- l’ingiunzione in discorso si scontrerebbe, comunque, con il generale obbligo di sospensione dei procedimenti amministrativi in pendenza dell’istanza di condono;
La censura è infondata.
Secondo consolidata e condivisa giurisprudenza: <<Gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata (essendo dovuti in assenza di titolo per l’avvenuta trasformazione del territorio), con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario e quindi non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento >>(T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 15.1.2015, n. 233;T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 30.12.2014, n. 13335);ed, ancora: <<Gli atti sanzionatori in materia edilizia, dato il loro contenuto vincolato sia nell’an che nel quid, non devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento ai sensi dell’art. 7, L. n. 241 del 1990 e non richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario. L’ordine di demolizione scaturisce dal mero fatto della commissione dell’abuso e, stante la sua natura vincolata, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e non richiede una specifica motivazione né la valutazione sull’interesse pubblico, che è in re ipsa >>T.A.R. Campania, Sez. III 2.12.2014, n. 6302 e 9.12.214, n. 6425);<<L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario dare notizia dell’avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto >>(T.A.R. Campania Sez. VII, 5.12.2014, n. 6383).
D’altronde, nella fattispecie in esame, già con le sentenze del T.A.R. Campania, sez. III, n. 2649/2009, n. 5158/2011 e n. 5160/2011, relativamente all’ingiunzione di demolizione n. 66/2004 erano stati affrontati i profili di mancata comunicazione di avvio del procedimento e di difetto di motivazione, rilevandosi che: <<La sopra rilevata legittimità del diniego di condono comporta il carattere vincolato dell’ordinanza di ripristino impugnato, con conseguente superamento delle censure formali inerenti la pregiudizialità del procedimento di condono e l’omissione delle garanzie partecipative - delle quali va altresì sancita l’irrilevanza ai sensi dell’art.21 octies della legge n. 241/1990, non essendo come sopra emerso profili per i quali l’Amministrazione avrebbe potuto determinarsi diversamente - nonché l’infondatezza del preteso difetto di motivazione e carenza di istruttoria, atteso da un lato che per pacifica giurisprudenza l’ordinanza della specie è sufficientemente motivata con riferimento all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime concessorio, dall’altro che risulta specificatamente indicato l’oggetto del ripristino (controsoffittatura volta a ridurre l’altezza interna) >>.
Infine appena è il caso di rilevare che, a fronte del rigetto delle domande di condono, alcun spazio può esservi per la invocata sospensione dei procedimenti amministrativi repressivi dell’abuso edilizio presupponente (ovviamente in presenza dei presupposti normativamente previsti), la pendenza del procedimento di condono.
E’ appena il caso di soggiungere che il richiamo all’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 non è pertinente, essendo da escludere l’applicabilità delle sanzioni previste in caso di parziale difformità dal permesso di costruire laddove, per l’intervento in questione, l’aumento di altezza utile interna di tutto il piano seminterrato comporta la trasformazione in locali abitabili e, quindi, computabili per la loro intera volumetria e non solo per la differenza ricavabile dalla maggiore altezza di 20 cm.
Fondata si presenta, invece, la sesta censura dei motivi aggiunti (Illegittimità derivata - Violazione dell’art. 31, D.P.R. 380/2001 - Violazione dell’art. 21 bis, L. 241/1990 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria) che riprende e sviluppa la quarta censura del ricorso introduttivo. Al riguardo parte ricorrente deduce che la mancata notifica alla ricorrente - unica legittimata, in virtù di atto notarile e di comunicazione effettuata al Comune in data 5.9.1997 - della ingiunzione di cui alla disposizione dirigenziale n. 66 del 9.9.2004 vizia irrimediabilmente la successiva ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale n. 53/2005, atteso che, come ripetutamente evidenziato dalla giurisprudenza in materia, la mancata notificazione al proprietario dell’ordine di demolizione preclude l’emanazione del procedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, stante il carattere sanzionatorio di detta misura rispetto all’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione e, nella specie, il Comune di Sant’Anastasia ha provveduto a notificare tutti i provvedimenti impugnati esclusivamente all’ex proprietaria So.Fi.Coop. S.p.a. (e mera detentrice del possesso) e non all’allora ed attuale proprietaria (ovvero la ditta ricorrente), ancorché quest’ultima avesse informato l’ente territoriale dell’acquisita legittimazione. Infatti il termine di novanta giorni previsto dal terzo comma dell’art. 31 del T.U. di cui al D.P.R. 380/2001, deve concedersi non solo al responsabile dell’abuso, ma anche al proprietario dell’immobile al fine di consentire a quest’ultimo di adottare tutte le iniziative necessarie e conseguenti all’ingiunzione di demolizione;è ben noto al Comune di Sant’Anastasia che la proprietà degli immobili in parola è stata trasferita dalla So.Fi.Coop. alla ditta ricorrente, sicché la carente istruttoria condotta degli uffici comunali si ripercuote sul provvedimento acquisitivo posto in essere in assenza della notificazione all’ordine di ripristino, del decorso del termine e della possibile inottemperanza.
La prospettazione di parte ricorrente, limitatamente a questa parte, merita condivisione.
Al riguardo, nota il Collegio che se - come sopra rilevato - la conoscenza del trasferimento della proprietà del complesso immobiliare in capo alla Villani è circostanza irrilevante, non in grado, cioè, di influire sugli atti impugnati con il ricorso introduttivo e sull’ordinanza di demolizione - impugnata con motivi aggiunti - non altrettanto può dirsi con riferimento all’atto di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, pure impugnato con i medesimi motivi aggiunti.
In punto di diritto l’art. 31, del D.P.R. n. 380/2001, ai commi 3 e 4, dispone che: <<