TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-11-09, n. 202316708
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Pubblicato il 09/11/2023
N. 16708/2023 REG.PROV.COLL.
N. 15907/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15907 del 2022, proposto da
Unipolsai Assicurazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C e R T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, piazza di Spagna 15;
contro
Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M B, D A M Z e S C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’ufficio legale dell’ente in Roma, via del Quirinale 21;
per l'annullamento
− del provvedimento n. 199035/22 del 14.10.2022, con il quale l'IVASS: (a) con riferimento al periodo dal 1.3.2020 al 31.8.2020, ha contestato a UnipolSai il mancato adempimento nei termini di legge dell'obbligo di formulare al danneggiato offerta risarcitoria o diniego motivato di indennizzo per n. 43 posizioni in violazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del d.lgs. 7.9.2005, n. 209, come successivamente modificato e integrato (“CAP”) e dell'art. 8 del d.P.R. 18.7.2006, n. 254;(b) ha irrogato a UnipolSai una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell'art. 310(1) CAP, pari a € 268.980;
− della nota prot. n. 79011/22 del 13.4.2022, contenente la proposta del Servizio Sanzioni e Liquidazioni al soggetto delegato dal Direttorio integrato della sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 310(1) CAP;
− della nota prot. n. 79690/22 del 14.4.2022 con la quale il Servizio Sanzioni e Liquidazioni ha trasmesso via PEC a UnipolSai la proposta di sanzione;
− di ogni altro atto connesso o presupposto, conseguente o antecedente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il provvedimento n. 199035 del 14 ottobre 2022, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (d’ora innanzi anche I o Istituto) ha irrogato a UnipolSai una sanzione amministrativa pecuniaria di euro a € 268.980 per ritenuta violazione degli artt. 141, 148, 149 e 150 del d.lgs. 7.9.2005, n. 209 e dell’art. 8 del d.P.R. 18.7.2006, n. 254, per non avere la società ricorrente – nel periodo dal 1° marzo al 31 agosto 2020 – adempiuto nei termini al proprio obbligo di formulare ai danneggiati offerte risarcitorie o di negare motivatamente gli indennizzi, con riferimento a 43 posizioni.
Con il ricorso indicato in epigrafe, affidato a quattro motivi di doglianza, la società ha impugnato il provvedimento che ha irrogato la sanzione, unitamente a tutti gli atti presupposti.
I si è costituita in giudizio e, con memoria depositata in data 20 ottobre 2023, ha articolato le proprie difese ed ha chiesto che il ricorso sia respinto, perché infondato.
Dopo aver descritto le modalità con le quali ha organizzato – anche a mezzo di una piattaforma elettronica aziendale – i processi di gestione delle richieste danni nei sinistri auto e delle conseguenti liquidazioni, con il primo motivo di doglianza UnipolSai lamenta la violazione del principio del ne bis in idem e l’incompetenza di I all’irrogazione della sanzione.
Sostiene la ricorrente che, con il provvedimento sanzionatorio impugnato, I abbia, in concreto, operato una duplicazione dell’attività sanzionatoria posta in essere, con riferimento agli stessi fatti, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi Autorità o Agcm), nell’ambito del procedimento PS11908, pure conclusosi con l’irrogazione a UnipolSai di una sanzione amministrativa.
Premessa la natura sostanzialmente penale dei procedimenti I e Agcm, in base alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e ai criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo, la ricorrente evidenzia come il divieto di bis in idem, che costituisce un canone generale del nostro ordinamento, ai sensi degli artt. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 4 del Protocollo 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, si riferisca all’ idem factum , ossia all’identità dei fatti materiali, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica o dall’interesse giuridico tutelato.
Di conseguenza, nel caso in esame – in cui l’Agcm ha ravvisato la ricorrenza di una pratica commerciale scorretta posta in essere da UnipolSai e consistita (anche) nel “... mancato rispetto dei termini di legge fissati dall’art. 148 del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa ” e I ha ritenuto la ricorrenza di una violazione degli articoli 141, 148, 149 e 150 del c.a.p. per non avere UnipolSai adempiuto nei termini al proprio obbligo di formulare ai danneggiati offerte risarcitorie o di negare motivatamente gli indennizzi – sarebbe evidente l’identità del fatto materiale.
I due procedimenti, in conclusione, si riferirebbero a condotte:
– poste in essere in relazione al medesimo ambito settoriale (liquidazione dei danni derivanti da sinistri RCA);
− valutate sotto il medesimo profilo (mancato rispetto dei termini di legge per la formulazione al danneggiato di un’offerta risarcitoria o di motivato diniego) e in relazione al medesimo periodo temporale, essendo l’arco temporale oggetto del provvedimento I (dal 1° marzo al 31 agosto 2020) interamente compreso nell’ambito di quello oggetto dell’intervento sanzionatorio dell’Agcm (gennaio 2019-aprile 2022);
– oggetto di procedimenti avviati e condotti sostanzialmente in parallelo, considerato che la comunicazione di avvio del procedimento Agcm è stata notificata alla Compagnia in data 24 novembre 2020, mentre l’atto di contestazione di I era pervenuto il 18 febbraio 2020, senza tuttavia che le due autorità abbiano operato alcun sostanziale raccordo tra di loro, con particolare riferimento alla determinazione del quantum delle sanzioni;
− mirerebbero a garantire la protezione del medesimo interesse (identificabile nella tutela dei consumatori e, per suo tramite, nel corretto funzionamento del mercato).
La ricorrente osserva ancora come neanche sussistano, nella fattispecie, le giustificazioni per una eventuale limitazione dell’operatività del divieto di bis in idem individuate nella sentenza della Corte EDU A e B c. Norvegia (Corte EDU, grande camera, 15.11.2016, A e B c. Norvegia, ricorsi n. 24130/11 e 29758/11), consistenti, come noto, nell’esistenza di uno stretto legame materiale e temporale tra i due procedimenti che sanzionano un medesimo fatto.
In particolare, a giudizio di UnipolSai, lo stretto legame non sarebbe ravvisabile atteso che, nella fattispecie concreta, difetterebbero sia la diversità degli scopi perseguiti dalle due sanzioni, sia la prevedibilità, per il soggetto sanzionato, della duplicazione dei procedimenti, sia, infine, l’esistenza di un coordinamento tra i due procedimenti sanzionatori dei quali è stata destinataria.
Sotto un ultimo e diverso profilo, infine, la ricorrente sostiene l’incompetenza dell’I all’adozione del provvedimento per violazione degli artt. 19, comma 3, e 27, comma 1– bis , del codice del consumo, a norma dei quali la competenza in materia spetterebbe in via esclusiva all’Agcm.
La doglianza è fondata con riferimento a tale ultima argomentazione, la valenza assorbente della quale giustifica un esame prioritario del dedotto profilo di incompetenza (sul principio per cui nel processo amministrativo il vizio formale d'incompetenza deve essere sempre scrutinato per primo poiché, se fosse fondato, la valutazione nel merito della controversia alla stregua delle altre censure sostanziali proposte sarebbe preclusa, cfr., da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 4 agosto 2023, n.7534).
In proposito occorre considerare che la condotta sanzionata da I con il provvedimento impugnato con il ricorso in esame consiste nel “... mancato adempimento, nei termini, dell’obbligo di formulare al danneggiato offerta risarcitoria o diniego motivato di indennizzo ” in violazione degli articoli 141, 148, 149 e 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 e dell’articolo 8 del d.P.R. 18 luglio 2006 n. 254.
Quanto al procedimento Agcm PS11980, lo stesso, come emerge dall’atto di avvio del procedimento e dalla successiva comunicazione di integrazione oggettiva (depositati in atti da parte ricorrente), ha riguardato una pluralità di condotte tre le quali, per quanto qui rileva, “ ... l’imposizione di ostacoli all’esercizio dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione RC auto, quali il mancato rispetto dei termini di legge fissati dall’art. 148 del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa, del Codice delle Assicurazioni Private per l’espletamento della procedura liquidativa, il mancato riscontro a richieste provenienti dai consumatori anche tramite il canale telefonico in merito allo stato della pratica, nonché la sussistenza di difficoltà nella presa di contatto con il liquidatore ”.
Tale condotta, come ritenuto da Agcm, è astrattamente idonea a integrare una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, 24 e 25, lettera d), del d.lgs. 206/2005 (Codice del consumo), in quanto produce l’effetto di “ ... dilatare i tempi previsti per la liquidazione del danno subito e ad ostacolare in tal modo il diritto al risarcimento del danno nei termini temporali di legge, inducendo il consumatore ad assumere una decisione commerciale che non avrebbe altrimenti preso ” (cfr. comunicazione di integrazione oggettiva, depositata in atti da parte ricorrente).
Dispone infatti l’art. 25 del d.lgs. 205/2005 che “ Nel determinare se una pratica commerciale comporta, ai fini del presente capo, molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica, o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi: ... d) qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista ”.
Appare evidente come la mancata formulazione, nei termini di legge, di un’offerta al danneggiato o la mancata comunicazione, nel medesimo termine, del diniego di offerta integrano, per il danneggiato/consumatore, un ostacolo all’esercizio di un diritto contrattuale in dipendenza della condotta posta in essere da un professionista.
Sul punto non possono essere condivise le argomentazioni sviluppate da I secondo cui la condotta oggetto del provvedimento Agcm non costituirebbe pratica commerciale scorretta, in considerazione del fatto che il danneggiato è un soggetto estraneo al rapporto contrattuale posto in essere da Unipolsai, così che la parte che l’Autorità ha inteso tutelare non potrebbe essere considerato “ consumatore ”.
In proposito occorre preliminarmente richiamare le nozioni di “ consumatore ” e di “ professionista ” contenute nel codice del consumo, nessuna delle quali evoca la necessità di un rapporto contrattuale tra le due parti della fattispecie consumeristica.
E, infatti, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lettere a) e b) del d.lgs. 206/2005, ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di pratiche commerciali scorrette si intende per “ consumatore ” “ qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale ” e per “ professionista ” “ qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista ”.
Già dalla lettura delle dette definizioni emerge come il danneggiato da un sinistro, che ordinariamente agisce “ per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale ”, è “ consumatore ” ai sensi del citato articolo 18, a nulla rilevando la circostanza che lo stesso non sia parte del contratto stipulato tra il contraente e la compagnia assicuratrice, tanto più che la concreta caratterizzazione del suo diritto al risarcimento del danno, benché nascente da un illecito inquadrabile nella fattispecie dell’art. 2043 c.c., risulta in concreto connotata, per quanto concerne le sue pretese nei confronti di un certo professionista, da uno specifico contratto di assicurazione.
È del pari evidente che, nel gestire gli adempimenti connessi all’evento dannoso, anche con riferimento al risarcimento dovuto al danneggiato, UnipolSai agisce quale “ professionista ” ai sensi dell’art. 18, rientrando la detta gestione nell’attività professionale della società, anche laddove la stessa si rapporti a soggetti diversi dal contraente o dall’assicurato.
Parimenti rilevanti ai fini che occupano, appaiono le definizioni, contenute nelle lettere c), d) ed e) del medesimo articolo 18, laddove forniscono la nozione di “ prodotto ” – estesa oltre che a beni e servizi, anche a “ diritti ” e “ obblighi ” – “ pratiche commerciali tra professionisti e consumatori ” – individuate, con formula volutamente ampia e tale da non evocare, in maniera esclusiva, le condotte che riguardano la fase preparatoria o esecutiva di un contratto tra il professionista e un ipotetico contraente, in “ qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori ” – e infine il “ falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori ” – a sua volta definito come “ l’impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso ”, pure questa non correlata alla stipula o all’esecuzione di uno specifico contratto.
Tanto è confermato dalla giurisprudenza del giudice nazionale, che ha evidenziato come la nozione di professionista “ deve essere intesa in senso ampio, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa finalizzata alla promozione e/o alla commercializzazione di un prodotto o servizio. In tal senso, per "professionista" autore [...] della pratica commerciale deve intendersi chiunque abbia un'oggettiva cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale medesima (in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, VI, 22 luglio 2014, n. 3897) ”, evidenziando, altresì, come ciò che l’articolo 18 del Codice del consumo richiede ai fini della ricorrenza “ della qualificazione soggettiva di che trattasi è, dunque, che la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera, al contrario (il consumatore), al di fuori dell'esercizio della sua attività professionale - ed è per tale ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale (così Consiglio di Stato, VI, sent. 3897, cit.) e T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 07/04/2015, n.5039) ” (così Tar Lazio, Roma, sez. I, 3 giugno 2019, n. n. 7122).
Quanto al consumatore, quale soggetto tutelato dal d.lgs. n. 206/2005, la medesima decisione ha ribadito come le due condizioni che debbono concorrere perché un soggetto possa qualificarsi come tale sono costituite (solo) dal fatto che questi “ sia una persona fisica ” e “ agisca al di fuori di una attività commerciale, industriale, artigianale o professionale ” (la sentenza citata ha ritenuto corretta la qualificazione, quale consumatore, del “ cittadino che deposita abiti usati all’interno di cassonetti all’uopo allocati sul territorio comunale ” sulla base di una indicazione riconducibile al gestore pubblico dei servizi di raccolta differenziata che aveva apposto sui detti cassonetti, destinati alla raccolta di capi di vestiario, diciture che lasciavano intendere che si trattasse di raccolta a scopo umanitario, caritatevole e sociale, condotta evidentemente estranea a qualsiasi tipo di rapporto contrattuale tra il soggetto che conferiva gli indumenti e il gestore del contenuto dei cassonetti).
Con più generale riferimento alla nozione di pratica commerciale, si è poi osservato la stessa è “ in sé molto ampia e può riguardare anche fasi successive all'acquisto o alla fornitura del bene o del servizio ” purché “ dia luogo a una condotta antigiuridica perché contraria ai doveri di diligenza professionale potenzialmente idonea a falsare il processo di scelta del secondo (Cons. Stato, Sez. VI, 22.7.14, n. 3896 e TAR Lazio, sez. I, 18.9.14, n. 9831) ” e risulti tale da ledere “ l'interesse dei "consumatori-utenti" a vedersi corrisposto un efficiente sistema di servizi o di somministrazione di prodotti ” al fine “ di garantire all'utenza la piena libertà di autodeterminarsi nonché di ripararsi da improprie forme di condizionamento ” (così Tar Lazio, Roma, sez. I, 2 marzo 2018, n. 2330, che ha ritenuto l’astratta configurabilità di una pratica commerciale scorretta con riferimento alla condotta di un operatore commerciale che non aveva adottato idonee misure e procedure per prevenire, “ ex ante ”, ovvero per controllare, “ ex post ”, l'acquisto da parte solo di alcuni soggetti di un numero considerevole di biglietti per i principali eventi sui propri canali di vendita, così determinando per molti consumatori (evidentemente non legati al professionista da vincoli contrattuali) l’impossibilità di acquistare tali titoli al prezzo fissato dal “ promoter ” per conto dell'artista;più in generale, con riferimento allo specifico settore assicurativo, e in punto di equiparazione tra assicurato e contraente in materia di pratiche commerciali scorrette, cfr. pure sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, III sezione, 24 febbraio 2022, nelle cause riunite C-143/20 e C-213/20).
Né rileva la, pure enfatizzata da I, fonte legale dei diritti risarcitori del danneggiato, risultando, per contro, confermato, dall’analisi delle condotte sanzionate nei due provvedimenti, che i ritardi del professionista nel formulare l’offerta al danneggiato o nel comunicare allo stesso un motivato diniego di indennizzo (attività cui era tenuto proprio nell’esercizio della sua attività commerciale) hanno reso più difficile per il danneggiato (consumatore ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 206/2005), l’esercizio del suo diritto alla prestazione risarcitoria, atteso che la condotta del professionista gli ha impedito (o consentito con ritardo) di assumere una decisione consapevole in ordine a una sua scelta economicamente rilevante (il risarcimento).
Ciò premesso, ricorda il Collegio come la ripartizione delle competenze tra Agcm e altre autorità indipendenti, in materia di repressione delle pratiche commerciali scorrette, è disciplinata dall’art. 19, comma 3, del Codice del consumo, che prevede che “ in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette ” prevalgono sulle disposizioni di disciplina delle pratiche commerciali scorrette “ e si applicano a tali aspetti specifici ”.
L’art. 27, comma 1–bis, introdotto dal decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 21, prevede poi che “ Anche nei settori regolati, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze ”.
Come più volte rilevato dal giudice amministrativo, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. II, con la sentenza 13 settembre 2018, n. 54 (cfr., in particolare Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7296/2019 e sez. VI, n. 6596/2021, e Tar Lazio, Roma, sez. IV bis 1° marzo 2022, n. 2654, 7 marzo 2022, n. 2391 e 27 febbraio 2023, n. 3345, con riferimento ai rapporti tra Agcm e AgCom e Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2019, n. 4357 e Tar Lazio, Roma, sez. I, 2 aprile 2019, n. 4295, con specifico riferimento al riparto di competenze da Agcm e I), le citate disposizioni vanno interpretate nel senso che le norme di settore, con consequenziale competenza delle autorità di settore, si applicano solo qualora le stesse contengano profili di disciplina incompatibili con le norme generali in materia di pratiche commerciali scorrette, con la conseguenza che la normativa di settore disciplinerà (solo) condotte che presentano aspetti di divergenza radicale con le pratiche commerciali scorrette.
La regola generale è pertanto che, in presenza di una pratica commerciale scorretta, la competenza è dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (al quale l’art. 27, comma 1– bis attribuisce una competenza esclusiva), mentre la competenza delle altre autorità di settore è residuale e ricorre soltanto quando la disciplina di settore regoli “ aspetti specifici ” delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili.
Nessuna incompatibilità (e dunque “ contrasto ” nel senso indicato dalla Corte di giustizia) è rilevabile nel caso in esame, atteso che in entrambi i procedimenti sanzionatori le due autorità hanno ritenuto, in sostanza, la violazione delle medesime disposizioni del codice delle assicurazioni private.
Ed infatti l’art. 148 del d.lgs. 209/2005, su cui si incentra, in concreto, la contestazione I, prevede, al primo comma, che “ per i sinistri con soli danni a cose .... [e]ntro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta ...” e al secondo che “ L'obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso ... L'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione ”.
Tale disposizione, imponendo il rispetto di specifici termini per la formulazione o il diniego dell’offerta, non presenta, evidentemente, alcun profilo di incompatibilità con le disposizioni sopra citate in materia di pratiche commerciali scorrette, che sanzionano l’adozione di comportamenti dilatori nell’esecuzione degli obblighi contrattualmente assunti.
Né, come prospettato da I nei suoi scritti difensivi, la detta incompatibilità può ravvisarsi nella diversa finalità dei due interventi, uno volto a perseguire profili di effettività della tutela consumeristica e uno volto a garantire il corretto funzionamento del mercato assicurativo, atteso che i diversi scopi illustrati appaiono operare su un piano di complementarità e non di contrapposizione.
Del resto, come già osservato in giurisprudenza, con richiamo alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, del 13 settembre 2018, resa nelle cause riunite C-54/17 e C-55/17 e alla comunicazione della Commissione del 25 maggio 2016 (« Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali »), l’art. 19, comma 3, del codice del consumo (di recepimento dell’art. 3, comma 4, della Direttiva 2005/29/CE), e che disciplina le ipotesi di contrasto tra le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette, non è applicabile nei rapporti tra Agcm e I in considerazione del fatto che “ la disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni (che attua la direttiva 2002/92/CE sulla intermediazione assicurativa) non contempla alcuna specifica disciplina in ordine alle pratiche commerciali sleali, né prevede obblighi di trasparenza e regole di comportamento che coinvolgano l’intero panorama delle condotte sanzionate dal Codice del consumo ”, così che non appare, neppure in astratto, configurabile il necessario contrasto tra disposizioni di stretta derivazione UE (Tar Lazio Roma, sez. I, sentenza n. 4295/19, cit.;sull’applicabilità dell’art. 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, ai soli casi di contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali, cfr., da ultimo, Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione I, 14 settembre 2023, Causa C-27/22, Volkswagen Group Italia SpA, Volkswagen Aktiengesellschaft