TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2018-06-12, n. 201803917

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2018-06-12, n. 201803917
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201803917
Data del deposito : 12 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/06/2018

N. 03917/2018 REG.PROV.COLL.

N. 04218/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4218 del 2017, proposto da
P S, rappresentato e difeso dagli avv.ti E C e S V, con domicilio eletto presso lo studio del primo avvocato in Napoli, via Cervantes, n. 55/14 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Molinara, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

V B, rappresentato e difeso dagli avv.ti A F M e G G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanbattista Iazeolla in Napoli, via Toledo, n. 156 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

“a) dell'ordinanza n. 13/17 del responsabile del settore tecnico manutentivo, notificata il 14.7.2017, con cui è stato intimato al ricorrente, in uno ad altri, i) il ripristino dello stato dei luoghi inerente il muro di recinzione demolito per dar posto al varco sul quale sono stati realizzati gli scalini di cotto e ove sono posizionati i due grossi vasi e ii) la rimozione del gazebo posto nella parte retrostante del fabbricato condominiale;

b) del verbale di sopralluogo del 27.3.2017 richiamato nella citata ordinanza;

c) delle note prot. n. 1206 del 5.4.2017 e 1409 del 2.5.2017 del medesimo ufficio tecnico manutentivo;

d) della nota prot. 2647/2017 dell'Ufficio di Polizia Municipale, nonché di ogni altro atto ai precedenti presupposto e/o connesso.”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Molinara e di V B;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2018 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, ritualmente notificato il 12 ottobre 2017 e depositato il 27 ottobre 2017, P S, proprietario nel Comune di Molinara di un'unità immobiliare alla via Gregaria n. 20, riportata in catasto al foglio 39, p.lla 352, sub 2, sita al piano terra di una palazzina condominiale di proprietà anche di B Vincenzo, Iatalese Michelina e Iannicello Nicolina, con annessa area pertinenziale di proprietà comune, riportata in catasto al foglio 39, p.lla 353, ha chiesto l’annullamento dell'ordinanza n. 13/17 del 12 luglio 2017, notificata il 14 luglio 2017, con cui il Comune di Molinara ha intimato al ricorrente, insieme agli odierni controinteressati “.. il ripristino dello stato dei luoghi inerente il muro di recinzione demolito per dar posto al varco sul quale sono stati realizzati gli scalini in cotto, e ove sono posizionati i due grossi vasi… ” e, unicamente nei suoi confronti, ha ordinato “… la rimozione del gazebo posto nella parte retrostante del fabbricato condominiale… ”.

Parte ricorrente ha impugnato, altresì, gli altri atti specificati in epigrafe.

A sostegno del gravame ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere, carenza d'istruttoria e difetto di motivazione, violazione del giusto procedimento, violazione dei principi di buona amministrazione, incompetenza.

A) In riferimento all'ordine di ripristino del muro di recinzione parte ricorrente sostiene che trattasi di attività libera in quanto intervento di manutenzione ordinaria, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001, tenuto conto che per la modestissima entità e per la sua stessa natura non avrebbe comportato alcuna trasformazione urbanistica soggetta al rilascio del titolo edilizio;
comunque rientrerebbe nell’attività edilizia libera ai sensi del comma 1, lettera b) del citato art. 6 concernente la realizzazione di “ interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione [di rampe o] di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio ”.

Inoltre il comportamento contestatogli riguarderebbe esclusivamente la parziale demolizione (o meglio la riduzione dell'altezza) del muretto di delimitazione dell'area di proprietà condominiale nella parte prospiciente la via pubblica, per una lunghezza di circa ml 2,50, eseguita oltre 15 anni fa dai proprietari, per consentire l'accesso pedonale all'immobile condominiale;
in particolare si atteggerebbe quale esplicazione del diritto di proprietà in quanto volto all’eliminazione della barriera architettonica senza realizzazione di rampe. Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto, anche nell'ipotesi in cui si collocasse l'attività di parziale demolizione del muretto nell'ambito degli interventi di cui al comma 2 dell'art. 6 (le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni), per i quali è prescritta la previa comunicazione all'Ente, tale violazione non sarebbe sanzionabile mediante l'ordine di ripristino, ma mediante la sanzione pecuniaria prevista al comma 6 del medesimo art. 6;
né potrebbe imporsi al proprietario di un immobile la ricostruzione di un’opera demolita.

B) In relazione alla rimozione del gazebo parte ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata sarebbe stata illegittimamente adottata ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. n. 380/2001 in quanto, come emergerebbe dalla motivazione, non sarebbe stata adottata sul presupposto di abusività dell’opera, bensì di una situazione di pericolo;
qualora fosse stata ravvisata una situazione di pericolo, ad avviso di parte ricorrente comunque inesistente, il Comune di Molinara avrebbe dovuto esercitare i poteri extra ordinem di cui all’articolo 54 TUEL.

In merito alla consistenza dell’opera parte ricorrente contesta che si tratti di un gazebo, circostanza questa che emergerebbe dal verbale di sopralluogo del 27 marzo 2017.

Con ordinanza n. 1916 del 6 dicembre 2017 questa Sezione “ Considerato che, per trattarsi di controversia relativa al medesimo comparto interessato da quello oggetto del ricorso n. 4019/2017 – la cui discussione è già fissata per l’udienza pubblica del 28 febbraio 2018 –, appare opportuno prevederne una cognizione congiunta in sede di giudizio di merito;

che, nelle more, si ravvisa la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile legato agli effetti che derivano dall’ordine di “… ripristino dello stato dei luoghi inerente il muro di recinzione demolito …” (così l’atto impugnato), mentre resta indimostrato analogo pregiudizio per la parte relativa a quello che il ricorrente definisce “… telaio metallico … giammai assemblato …” e, come tale, suscettibile di agevole riposizionamento in loco all’eventuale esito favorevole del giudizio; ”, ha sospeso “ l’efficacia dell’ordinanza n. 13 del 12 luglio 2017 limitatamente all’ordine di “… ripristino dello stato dei luoghi inerente il muro di recinzione demolito …”. ”.

Con la medesima ordinanza è stata fissata l’udienza del 28 febbraio 2018 per la trattazione del merito del ricorso.

Si è costituito in giudizio, in qualità di controinteressato, V B.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.

Il B ha depositato una memoria nella quale ha eccepito la parziale inammissibilità del presente ricorso in riferimento alle censure relative alla rimozione dei vasi posizionati sul varco d’ingresso dell’area condominiale ed in relazione all’ordine di rimozione del gazebo realizzato dal S;
a suo avviso quest’ultimo avrebbe dovuto impugnare il provvedimento del Comune di Molinara prot. n. 1206 del 5 aprile 2017, menzionato nel provvedimento impugnato. Ha comunque dedotto la legittimità del provvedimento impugnato in riferimento alle predette opere, concludendo per il rigetto del ricorso in parte qua . Ha sostenuto, invece, l’illegittimità dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi in riferimento al muretto in quanto si tratterebbe, come sostenuto da parte ricorrente, di attività edilizia libera volta all’eliminazione di una barriera architettonica senza realizzazione di rampe.

Parte ricorrente ha prodotto una memoria di replica all’eccepita inammissibilità del ricorso.

All’udienza pubblica del 28 febbraio 2018 la causa è stata rinviata per la successiva udienza del 16 maggio 2018.

In data 15 maggio 2018 si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Molinara.

All’udienza pubblica del 16 maggio 2018 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il Collegio deve innanzitutto pronunciarsi, in rito, in relazione alla costituzione in giudizio del Comune di Molinara avvenuta il giorno precedente a quello dell’udienza di discussione della causa.

Al riguardo va evidenziato che, nel processo amministrativo, il termine di costituzione delle parti intimate, stabilito dall'art. 46 c.p.a., non ha carattere perentorio, essendo ammissibile la costituzione della parte sino all'udienza di discussione del ricorso. Tuttavia, nel caso di costituzione avvenuta in prossimità dell’udienza, la parte incorre nelle preclusioni e nelle decadenze dalle facoltà processuali di deposito di memorie, documenti e repliche ove siano decorsi i termini di cui al precedente art. 73 comma 1, c.p.a., con la conseguenza che, in tale ipotesi, la costituzione è ammessa nei limiti delle difese orali, dovendo il giudice ritenere non utilizzabili ai fini del decidere le memorie ed i documenti depositati tardivamente ( ex multis : Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 25 febbraio 2013, n.5;
Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2015 n. 5199;
Cons. Stato, Sez. III, 13 marzo 2015, n. 1335;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 13 gennaio 2016 n. 130;
Consiglio di Stato sez. III 15 marzo 2016 n. 1038, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. III, 20 aprile 2016, n. 245).

Dunque, se, per un verso, il termine per la costituzione in giudizio previsto dall’art. 46 c.p.a. ha carattere ordinatorio, di contro, i termini fissati dall'art. 73 comma 1, c.p.a. per il deposito di memorie difensive e documenti hanno carattere perentorio e sono sottratti alla disponibilità delle parti (TAR Campania, Napoli, Sezione VIII, 23 gennaio 2017, n. 450, 28 agosto 2017, n. 4125).

A questo riguardo, non può che ricordarsi come la giurisprudenza sia consolidata nel ritenere che i termini fissati dall'art. 73 c.p.a. per il deposito di memorie difensive e documenti abbiano carattere perentorio, in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico sostanziale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice, con la conseguenza che la loro violazione conduce alla inutilizzabilità processuale delle memorie e dei documenti presentati tardivamente, da considerarsi tamquam non essent (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 13 marzo 2015, n. 1335, TAR Campania, Napoli, Sezione VI, 11 ottobre 2016, n. 4661).

La giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ha puntualizzato che, sebbene in generale i termini previsti dall'art. 73 comma 1, c.p.a. per il deposito in giudizio di documenti e memorie siano perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, tuttavia il loro deposito tardivo deve ritenersi ammesso in via del tutto eccezionale nei casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, così come previsto dall'art. 54, comma 1, dello stesso codice del processo amministrativo (cfr. Cons. Stato, Sez IV, n. 916 del 2013, TAR Campania, Napoli, Sezione VIII, 23 gennaio 2017, n. 450, 28 agosto 2017, n. 4125 cit.).

Applicando le coordinate giurisprudenziali sopra tracciate, in applicazione dell’art. 73, comma 1, c.p.a., si perviene alla conclusione della inutilizzabilità per tardività della memoria prodotta dal Comune di Molinara per l’udienza di discussione.

Il Collegio deve esaminare in via prioritaria l’eccezione di parziale inammissibilità del ricorso, sollevata da V B in riferimento alle censure relative alla rimozione dei vasi posizionati sul varco d’ingresso dell’area condominiale ed in relazione all’ordine di rimozione del gazebo realizzato dal S;
a suo avviso, quest’ultimo avrebbe dovuto impugnare il provvedimento del Comune di Molinara prot. n. 1206 del 5 aprile 2017, menzionato nel provvedimento impugnato, in quanto immediatamente lesivo.

Al riguardo il Collegio deve verificare se nella fattispecie oggetto di gravame l’ordinanza impugnata sia da considerarsi atto meramente confermativo del precedente (c.d. “conferma impropria”) provvedimento richiamato dal controinteressato o un atto di conferma propria;
ciò in quanto l’atto meramente confermativo, per giurisprudenza pacifica, non è autonomamente impugnabile sia per carenza di interesse a ricorrere, sia per non eludere i termini di impugnazione dell’atto confermato, a differenza dell’atto di conferma propria che si configura quando l’atto è adottato a seguito di una rinnovata istruttoria e di una nuova valutazione degli interessi pubblici, cosicché lo stesso risulta adottato sulla base di un nuovo iter procedimentale, fattispecie riscontrabile nel caso di cui trattasi (cfr. TAR Napoli, Sezione VIII, 28 febbraio 2018, n 1309, T.A.R. Bari, Sezione III, n. 674 del 5 aprile 2012, n. 1154 del 25 marzo 2010, TAR Salerno, Sezione I, n. 1409 del 22 giugno 2015, T.A.R. Emilia Romagna, Parma, Sez. I, n. 123 del 30 aprile 2015).

Ed invero, nella fattispecie oggetto di gravame il provvedimento impugnato non può qualificarsi atto meramente confermativo per la risolutiva circostanza che è stato adottato a seguito di una rinnovata istruttoria.

La conferma di tale conclusione è data dalla circostanza che per il gazebo l’ordinanza impugnata fa riferimento anche ad una situazione di pericolosità non contenuta nella precedente nota.

L’eccezione sollevata dal B deve ritenersi, pertanto, infondata.

Si ritiene, tuttavia, di dover precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dal B, l’ordinanza impugnata non reca l’ingiunzione di riduzione in pristino dei “ due grossi vasi ”, come emerge chiaramente dal dispositivo dell’ordinanza stessa, laddove nella prima parte vengono richiamati i predetti vasi al solo fine di individuare la parte del muro di recinzione demolita.

Peraltro lo stesso B ha proposto separato ricorso, richiamato nell’ordinanza cautelare e assunto in decisione in pari data del presente ricorso, al fine di poter realizzare una rampa di accesso proprio laddove sono stati posizionati detti vasi.

Passando al merito del ricorso, esso è fondato e, in quanto tale, deve essere accolto.

Colgono nel segno le censure con le quali P S ha dedotto l’illegittimità dell'ordinanza n. 13/17 del 12 luglio 2017 per violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380/2001.

In particolare, in riferimento all’ordine di riduzione in pristino del muro di recinzione demolito per dar posto al varco sul quale sono stati realizzati gli scalini in cotto, e ove sono posizionati i due grossi vasi… ”, come condivisibilmente sostenuto da parte ricorrente e dal controinteressato, l’attività contestata rientra nell’ambito dell’attività edilizia libera di cui all’art. 6, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001, in quanto volta all’eliminazione di una barriera architettonica.

L’art. 6, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001, lettera così modificata dall'art. 3, comma 1, lett. b), n. 3), del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222, prevede che sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo “ …b) gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio; ”.

La conclusione che trattasi di attività libera è suffragata dal contenuto della voce n. 22 della Tabella A allegata al suddetto D.Lgs. n. 222/2016, Sezione II, contenente la ricognizione completa degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi;
tale voce, infatti, prevede la necessità della CILA unicamente per gli interventi edilizi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche che “- comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero - di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio ”.

Considerato che nel caso di specie non è stato realizzato un ascensore esterno, deve ritenersi che, alla luce della giurisprudenza condivisa dal Collegio, non sia stata neppure alterata la sagoma dell’edificio, sicché l’opera oggetto di contestazione rientra tra l’attività edilizia libera (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2017, n. 353 che per una fattispecie nella quale trovava applicazione la suddetta disposizione normativa nella versione antecedente le modifiche del 2016, ha ritenuto che la realizzazione di un varco di accesso con cancello scorrevole nel muro perimetrale comune rientrasse tra l’attività edilizia libera).

Ed invero secondo la giurisprudenza consolidata, la sagoma è la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l'edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti ( ex plurimis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1564);
conseguente è l'esclusione dell'alterazione della sagoma in caso di aperture che, come nel caso di specie, non prevedano superfici sporgenti (Cass. Pen., n. 19034 del 2004, Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2017, n. 353 cit.).

In ogni caso, come sostenuto da parte ricorrente, anche a voler ritenere che non si tratti di opere rientranti nell'attività edilizia libera, ma che per la natura e consistenza delle stesse sarebbe al più necessaria la previa comunicazione di inizio lavori, andrebbe comunque esclusa la loro sanzionabilità con la demolizione.

Ciò in quanto, ai sensi del comma 5 dell’art.

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