TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2020-07-01, n. 202007456
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Pubblicato il 01/07/2020
N. 07456/2020 REG.PROV.COLL.
N. 09110/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9110 del 2005, proposto da Asset Europe s.r.l., in persona del legale rappresentante
p.t.
, rappresentata e difesa dagli avv. G L e I B, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, via Costabella 23;
contro
Comune di Roma (ora Roma Capitale), in persona del Sindaco
p.t.
, rappresentato e difeso dall’avv. C M dell’Avvocatura civica, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove 21;
per l’annullamento
della determinazione dirigenziale del Comune di Roma, Dipartimento VI, n. 202 del 6 giugno 2005, notificata il 29 settembre 2005, avente ad oggetto: a) l’annullamento della concessione edilizia in sanatoria n. 306606 del 29 ottobre 2003, relativa all’immobile identificato in catasto al foglio n. 460, particella n. 704, subalterno n. 3; b) la contestuale reiezione dell’istanza di condono prot. n. 88194 del 1° ottobre 2003, concernente l’avvenuta realizzazione di abusi edilizi in Roma, circonvallazione Gianicolense 9, consistenti nel mutamento di destinazione d’uso in commerciale di un magazzino di mq 450.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica straordinaria di smaltimento del giorno 26 giugno 2020 il dott. V T e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. 17 marzo 2020 n. 18, conv. nella l. 24 aprile 2020 n. 27 e dell’art. 4, d.l. 30 aprile 2020 n. 28;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Asset Europe s.r.l., già Fidene Immobiliare s.r.l., è proprietaria di un terreno situato in Roma, circonvallazione Gianicolense 9, identificato nel nuovo catasto edilizio urbano (n.c.e.u.) al foglio n. 460, particella n. 704, subalterni n. 2 e 3 e al nuovo catasto terreni (n.c.t.) al foglio n. 460, particelle n. 98, 448, 449, 450, 451). Riferisce l’odierna ricorrente di aver concesso in locazione il suddetto fondo a Center Garden s.a.s. dal 20 novembre 1982 al 3 marzo 1995 con destinazione “ parco divertimenti e attrazioni per ragazzi e deposito e vendita di piante ornamentali ”. Quest’ultima società, con istanza acquisita dal Comune di Roma al prot. n. 87581 del 24 aprile 1986, ha richiesto concessione edilizia in sanatoria, ai sensi dell’art. 31, l. 28 febbraio 1985 n. 47, in relazione all’avvenuta costruzione di un immobile a destinazione d’uso commerciale di mq 91,51, localizzato sul suolo distinto in catasto al foglio n. 460, particella n. 704, subalterno n. 2.
Rappresenta, poi, l’odierna ricorrente di non avere avuto la disponibilità del proprio immobile per tutta la durata del suddetto contratto di locazione e di non essere stata, quindi, in condizione di conoscere con precisione lo stato dei luoghi e la reale consistenza del bene locato. Conseguentemente, con nota assunta dall’Amministrazione civica al prot. n. 82814 del 25 giugno 2003 Asset Europe s.r.l. ha chiesto il riesame della suddetta istanza di condono del 24 aprile 1986, evidenziando che tale domanda sarebbe stata “ erroneamente presentata ” dalla società locataria, “ in quanto la stessa ha condonato soltanto mq 91,51 destinati alla vendita, non includendo la restante superficie dei manufatti esistenti di circa mq 450 destinati ad esposizione dei prodotti venduti in loco […]”.
Con ulteriore nota allibrata dal Comune di Roma al prot. n. 118184 del 17 settembre 2003, l’odierna ricorrente, nel trasmettere due aerofotogrammetrie a sostegno della propria istanza, ha richiesto che il riesame della superficie in eccesso venisse effettuato ai sensi dell’art. 39, comma 10- bis , l. 23 dicembre 1994 n. 724.
Il Comune di Roma, Ufficio speciale condono edilizio, ha quindi rilasciato ad Asset Europe s.r.l. le concessioni edilizie in sanatoria n. 306606 del 29 ottobre 2003, relativa agli abusi esistenti sul bene di cui al foglio n. 460, particella n. 704, subalterno n. 3 (e cioè a dire la maggiore superficie commerciale mq 450,00 in origine non denunciata) e n. 306674 del 30 ottobre 2003, per gli abusi realizzati sul suolo identificato in catasto al foglio numero 460, particella numero 704, subalterno numero 2 ( i.e. maggiore superficie commerciale di mq 91,51), cui si riferisce la domanda di condono del 24 aprile 1986.
2. – Successivamente, con nota prot. n. 30291 del 4 aprile 2005 l’Amministrazione civica ha comunicato ad Asset Europe s.r.l. l’avvio del procedimento di riesame della concessione edilizia in sanatoria n. 306606 del 29 ottobre 2003 e ha, quindi, raccolto le osservazioni fatte pervenire dall’odierna ricorrente con nota assunta al prot. n. 51688 del 3 maggio 2005.
Per l’effetto, con determinazione dirigenziale del Comune di Roma, Dipartimento VI, n. 202 del 6 giugno 2005, è stato disposto l’annullamento della suddetta concessione edilizia n. 306606 del 2003 e la contestuale reiezione dell’istanza di condono prot. n. 88194 del 1° ottobre 2003, con l’articolata motivazione che: a) “ l’istanza di riesame rappresenta una vera e propria domanda di condono ex novo e ciò per il semplice fatto che gli abusi dichiarati sono di gran lunga più consistenti dell’unico abuso originariamente tempestivamente denunciato ”, rendendo così “ del tutto inapplicabile la procedura di riesame per mero errore materiale ”; b) la richiesta di riesame attiene a “ un cambio di destinazione d’uso commerciale di locali che ”, anche da verbale di sopralluogo della Polizia municipale avvenuto il 24 luglio 2002, “ risultavano in realtà privi di alcuna destinazione e funzionalità ”; c) l’art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 del 1994, non è applicabile al caso di specie, non essendo stato adottato alcun provvedimento di diniego successivo al 31 marzo 1995, oltre che per il fatto che l’oggetto della domanda “ eccede palesemente i limiti della ‘rideterminazione’ ”; d) ai sensi dell’art. 40, comma 1, l. n. 47 del 1985, la concessione in sanatoria non poteva essere rilasciata, giacché “ gli abusi non denunciati tempestivamente restano fuori dalla normativa del condono ”; e) l’area oggetto di tali violazioni è comunque destinata a verde pubblico dall’accordo di programma dell’8 marzo 2000 e ricade nel piano di assetto per la riqualificazione delle aree delle stazioni “Trastevere - Porto fluviale” e “Quattro venti”, intervento D.4.1.6, ai sensi della l. 15 dicembre 1990 n. 396; f) l’interesse pubblico al corretto assetto del territorio e al buon andamento dell’amministrazione prevale sul contrapposto interesse privato inciso.
3. – Con il ricorso all’esame, notificato il 27 settembre 2005 depositato il 18 ottobre 2005, Asset Europe s.r.l. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendo i seguenti vizi di legittimità:
I) violazione falsa applicazione, sotto un primo profilo, dell’art. 39, l. n. 724 cit., in relazione all’art. 40, l. n. 47 cit., oltre a eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti e difetto di istruttoria, dal momento che la società ricorrente non ha per lungo tempo avuto la disponibilità dell’immobile e non era, quindi, nelle condizioni di conoscere l’esatta consistenza dello stesso e di presentare autonoma domanda di condono, sì che non appena avuta contezza della situazione ha chiesto la rettifica dell’originaria istanza di sanatoria presentata dalla locataria di 24 aprile 1986, in conformità agli ordini di servizio del Comune di Roma n. 24 del 4 novembre 1987 e n. 5 del 15 marzo 1990 e della nota del Ministero dei lavori pubblici prot. n. 2460 del 23 novembre 1989;
II) violazione falsa applicazione, sotto un secondo profilo, dell’art. 39, l. n. 724 cit., oltre a eccesso di potere per errore dei presupposti e difetto di istruttoria, perché la destinazione urbanistica a verde pubblico non può costituire un valido motivo ostativo al rilascio della sanatoria;
III) violazione falsa applicazione degli artt. 3 e 21- nonies , l. n. 241 del 1990, per difetto di uno specifico interesse pubblico che sorregga l’adozione del provvedimento di autotutela, giustificando il sacrificio imposto alla società ricorrente che avrebbe riposto affidamento nella validità della concessione rilasciata;
IV) eccesso di potere per errore nei presupposti, illogicità manifesta e difetto di istruttoria, dal momento che il riferimento all’art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 cit., non sarebbe confacente ai fatti di causa, poiché l’istanza di rilascio di concessione in sanatoria è stata fatta di integrazione dell’originaria domanda di condono del 24 aprile 1986, a nulla rilevando l’esplicita indicazione di detta disposizione nel deposito di documentazione effettuata “ a titolo del tutto cautelativo ” il 17 settembre 2003.
4. – Si è costituito in giudizio il Comune di Roma in data 22 ottobre 2005, che ha depositato memoria l’8 novembre 2005 per resistere al ricorso, rivendicando la legittimità del proprio operato e sottolineando, in buona sostanza, come l’annullamento in autotutela del permesso di costruire in sanatoria originariamente assentito sia stato motivato in ragione del fatto che per gli ulteriori 450 mq abusivi non sia stata presentata alcuna istanza di condono, né ai sensi della l. n. 47 cit., né in base alla legge n. 724 cit.
Con memoria depositata il 19 febbraio 2020 ha poi dedotto sui fatti di causa la società Eurocorp s.p.a., qualificatasi come “ già Center Garden s.r.l. ”, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso proposto da Asset Europe s.r.l.;la medesima Eurocorp s.p.a. ha ribadito tali conclusioni nella successiva memoria depositata il 15 giugno 2020, questa volta qualificandosi come “ già Asset Europe a r.l. ”
5. – All’udienza pubblica straordinaria di smaltimento del 26 giugno 2020 la causa stata trattenuta per la decisione.
6. – Il ricorso è infondato.
6.1 In via preliminare, si osserva che il provvedimento comunale gravato, come illustrato sub § 2, è un atto c.d. plurimotivato, dal momento che pone a proprio fondamento una pluralità di ragioni indipendenti, ciascuna delle quali è per sé idonea a determinare l’esito del procedimento;ciò comporta che l’atto impugnato può ritenersi legittimo anche se solo una di tali ragioni risulti conforme alla legge (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019 n. 3890;sez. V, 15 marzo 2019 n. 1705;sez. V, 13 settembre 2018 n. 5362;sez. V, 17 maggio 2018 n. 2960;sez. III, 5 dicembre 2017 n. 5739;TAR Lazio, Roma, sez. II, 26 giugno 2020 n. 7228).
6.2 Sempre preliminarmente, si rileva che Eurocorp s.p.a. si qualifica negli atti di causa ora come “ già Center Garden s.r.l. ” (cfr. memoria depositata il 19 febbraio 2020) – cioè come successore della società affittuaria del terreno su cui è stato realizzato l’abuso di cui è causa e di cui sarebbe, secondo la prospettazione di parte ricorrente, l’unica responsabile – ora come “ già Asset Europe a r.l. ” (v. note di udienza del 15 giugno 2020), ovvero come successore della ricorrente. Tuttavia, Eurocorp s.p.a. non ha fornito alcuna prova documentale della propria legittimazione attiva – di essere, cioè, subentrata a titolo universale o particolare nella posizione della ricorrente originaria – né vi è in atti una procura alle liti rilasciata agli avv. G L e I B da Eurocorp s.p.a.;pertanto, il presente giudizio prosegue nei confronti di Asset Europe s.r.l.
6.3 Si analizza con priorità, per la natura procedimentale dei vizi ivi ipotizzati, il terzo motivo di ricorso, con il quale è dedotta violazione falsa applicazione degli artt. 3 e 21- nonies , l. n. 241 del 1990, per difetto di uno specifico interesse pubblico che giustifichi l’adozione del provvedimento di autotutela e il sacrificio imposto alla società ricorrente, che avrebbe riposto affidamento nella validità della concessione rilasciata.
Il mezzo di impugnazione all’esame non è favorevolmente scrutinabile.
Nella vigenza dell’art. 21- nonies , l. n. 241 cit., nel testo precedente alle modifiche introdotte con la l. 7 agosto 2015 n. 124, applicabile ratione temporis , l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, qualora sia intervenuto ad una distanza temporale “ considerevole ” dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenendo conto degli interessi dei privati destinatari del condono. (Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2019 n. 1802;in termini Cons. Stato, sez. II, 16 dicembre 2019 n. 8500). Peraltro, il termine ragionevole per l’adozione del provvedimento in autotutela decorre dal momento della scoperta, da parte dell’Amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro (Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2019 n. 6760).
Nella specie, la concessione annullata è stata rilasciata il 29 ottobre 2003, laddove la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela, sintomatica della scoperta dei fatti rilevanti per esercitare il potere di secondo grado, è stata adottata il 4 aprile 2005;inoltre, il provvedimento impugnato risale al 6 giugno 2005, vale a dire soltanto 586 giorni dopo il rilascio del titolo edilizio. Ciò esclude decisamente che possa parlarsi di un lasso temporale considerevole e, quindi, del maturarsi di un affidamento in ordine alla stabilità della sanatoria.
6.4 Con il primo mezzo di impugnazione, poi, la società ricorrente lamenta violazione falsa applicazione, sotto un primo profilo, dell’art. 39, l. n. 724 cit., in relazione all’art. 40, l. n. 47 cit., oltre a eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti e difetto di istruttoria, affermando di non avere avuto per lungo tempo il possesso e la disponibilità dell’immobile e di non essere stata, quindi, nelle condizioni di conoscerne l’esatta consistenza e di presentare autonoma domanda di condono, sì che non appena avuta contezza della situazione ella avrebbe chiesto la rettifica dell’originaria istanza di sanatoria presentata dalla locataria di 24 aprile 1986.
Il motivo de quo è infondato essenzialmente in fatto.
Al riguardo è noto che, in materia urbanistica, incombe sul privato l’onere della prova dell’ultimazione di un’opera entro una certa data, al fine di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale, essendo egli l’unico soggetto che ha la disponibilità di documenti e di elementi di prova e che può dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto ( ex multis : Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2020 n. 454;sez. II, 24 luglio 2019 n. 5220;TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 3 giugno 2019 n. 2986).
Nella specie, a suffragio della propria versione dei fatti parte ricorrente ha invocato, in primo luogo, una perizia tecnica giurata a firma del geom. Simone Palamini, datata 8 agosto 2003, in cui il professionista incaricato afferma che la materiale esistenza delle opere oggetto di sanatoria si evincerebbe da una fotografia aerea dell’Aeronautica militare scattata il 14 luglio 1960, oltre che da foto successive. Inoltre, Asset Europe s.r.l. ha prodotto la consulenza tecnica d’ufficio relativa al giudizio intentato dall’allora Fidene Immobiliare s.r.l. contro la locataria Center Garden s.r.l. innanzi al Tribunale ordinario di Roma r.g. 22604 del 1993, che è stata redatta all’esito dei sopralluoghi svoltisi il 31 ottobre 1994, l’11 gennaio 1995 e il 2 marzo 1995, in presenza del consulente tecnico di parte attrice. Nell’elaborato peritale si legge che “ i manufatti attualmente insistenti all’interno del terreno concesso in locazione alla società convenuta risultano nelle loro strutture essenziali edificati anteriormente al 20/11/82 ”, cioè in data anteriore al perfezionamento del contratto di locazione con Center Garden s.a.s., quando l’immobile era nella esclusiva disponibilità della società proprietaria. Tuttavia, in nessun passaggio la c.t.u. fa riferimento all’esistenza di un magazzino di 450 mq, tantomeno già adibito a destinazione commerciale, come invece assume la ricorrente, che ascrive l’abuso che intende sanare alla mano della società locataria, la quale ha cessato la detenzione dell’area il 3 marzo 1995, cioè un giorno dopo l’espletamento dell’ultimo sopralluogo del c.t.u.
È questa una circostanza dirimente, dal momento che l’illecito da condonare non consiste in un intervento di nuova costruzione, bensì nel mutamento di destinazione d’uso di un immobile già esistente. Dunque, Asset Europe s.r.l. non ha comprovato un fondamentale fatto costitutivo della propria pretesa, posto che gli elementi da lei forniti non sono in grado di datare l’abuso al periodo in cui, tra il 20 novembre 1982 e il 3 marzo 1995, Center Garden s.r.l. aveva la detenzione dell’area. Peraltro, il 31 marzo 1995 è scaduto il termine entro il quale avrebbe potuto essere chiesto il condono, ai sensi dell’art. 39, comma 4, l. n. 724 cit.;pertanto, quand’anche il mutamento di destinazione d’uso di cui è causa fosse stato effettivamente posto in essere dalla società locataria, parte ricorrente avrebbe comunque avuto a disposizione circa un mese di tempo per presentare un’autonoma domanda di condono edilizio e sanare la situazione, il che non è invece avvenuto.
Da quanto sopra consegue che del tutto correttamente il Comune di Roma ha annullato in autotutela la concessione edilizia in sanatoria erroneamente assentita sul predetto mutamento di destinazione d’uso, invocando l’art. 40, l. n. 47 cit., che disciplina gli effetti della mancata presentazione dell’istanza di sanatoria.
6.5 Per ragioni di priorità logica, connesse alla natura di atto plurimotivato del provvedimento gravato, si procede allo scrutinio del quarto motivo di ricorso, con il quale è stato dedotto eccesso di potere per errore nei presupposti, illogicità manifesta e difetto di istruttoria, dal momento che il riferimento all’art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 cit., non sarebbe confacente ai fatti di causa, poiché l’istanza di rilascio di concessione in sanatoria è stata fatta ad integrazione dell’originaria domanda di condono del 24 aprile 1986, a nulla rilevando l’esplicita indicazione di detta disposizione nel deposito di documentazione effettuata “ a titolo del tutto cautelativo ” il 17 settembre 2003.
Il mezzo di gravame all’esame è infondato.
L’art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 cit., nel testo vigente all’epoca dei fatti ed introdotto dall’art. 2, comma 37, lett. g), l. 23 dicembre 1996 n. 662, prevede che: “ Per le domande di concessione o autorizzazione in sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987 sulle quali il sindaco abbia espresso provvedimento di diniego successivamente al 31 marzo 1995, sanabili a norma del presente articolo, gli interessati possono chiederne la rideterminazione sulla base delle disposizioni della presente legge ”. L’art. 2, comma 38, l. n. 662 del 1996, ha, poi, stabilito che: “ La domanda di cui al comma 10- bis dell’articolo 39 della citata legge n. 724 del 1994, introdotto dal comma 37, lettera g), del presente articolo, deve essere presentata entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge anche qualora la notifica del provvedimento di diniego intervenga successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge ”.
Nel caso di specie, l’art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 cit. è stato esplicitamente invocato da parte ricorrente nell’istanza del 17 settembre 2003, ma non risulta utilmente applicabile, in primo luogo, per l’avvenuto spirare del termine decadenziale entro il quale la domanda di rideterminazione de qua avrebbe dovuto essere presentata. Inoltre, come correttamente rilevato dall’Amministrazione civica, detta disposizione non è utilizzabile perché difetta il presupposto di un provvedimento di diniego successivo al 31 marzo 1995, relativo ad un’istanza di sanatoria presentata entro il 30 giugno 1987, neppure mai presentata (TAR Lazio, Roma, sez. II, 19 ottobre 2017 n. 10513). Infine, sempre in linea con quanto dedotto dal Comune di Roma, si ritiene che il concetto stesso di “ rideterminazione ” della domanda di condono non possa riferirsi, come è invece avvenuto nel presenta giudizio, alla sostituzione o modifica della domanda originaria e, quindi, all’oggetto stesso dell’istanza di sanatoria.
6.6 Con il secondo ordine di censure viene lamentata violazione falsa applicazione, sotto un secondo profilo, dell’art. 39, l. n. 724 cit., oltre a eccesso di potere per errore dei presupposti e difetto di istruttoria, perché la destinazione urbanistica a verde pubblico non potrebbe costituire un valido motivo ostativo al rilascio della sanatoria.
Il motivo in parola può considerarsi assorbito per la natura di provvedimento plurimotivato che ha l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria, e di reiezione dell’istanza di condono, all’esame.
Infatti, come detto, in presenza di atti plurimotivati, per sorreggere il provvedimento in sede giurisdizionale è sufficiente la legittimità di una sola delle ragioni poste dall’Amministrazione a base delle proprie determinazioni, pertanto il rigetto delle censure proposte contro una di esse rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti dell’atto, dato che dal loro eventuale accoglimento nessuna concreta utilità potrebbe derivare a parte ricorrente ( ius receptum : Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020 n. 2403;sez. V, 7 giugno 2019 n. 3846;TAR Lazio, Roma, sez. II, 26 giugno 2020 n. 7228;TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 17 marzo 2020 n. 1173;sez. III, 4 marzo 2020 n. 1005;sez. III, 26 febbraio 2020 n. 870;TAR Lazio, Roma, sez. I, 19 febbraio 2020 n. 2213;sez. II, 4 febbraio 2020 n. 1483).
Più in particolare, l’acclarata infondatezza del primo e del quarto mezzo di impugnazione implica l’accertamento del fatto che, da un lato, per gli abusi di cui è causa non era stata presentata alcuna tempestiva domanda di concessione edilizia e, dall’altro, che non vi sono i presupposti neppure per la rideterminazione ex art. 39, comma 10- bis , l. n. 724 cit., della domanda a suo tempo presentata per abusi differenti. Ne consegue che l’eventuale fondatezza del motivo di ricorso all’esame, che attiene a ulteriori ragioni di incompatibilità urbanistica con il rilascio della sanatoria, non consentirebbe comunque di elidere i citati elementi radicalmente ostativi la favorevole conclusione del procedimento di condono.
Peraltro, si soggiunge che, nel merito della censura proposta, parte ricorrente, per un verso, ammette di essere a conoscenza del fatto che l’area in questione è destinata a zona N verde pubblico sin dal PRG approvato con d.P.R. 16 dicembre 1965 e che il Comune di Roma ha reiterato più volte il vincolo de quo ma, per altro verso, non comprova specificamente l’inefficacia di tali prescrizioni per quanto individualmente di suo interesse, omettendo così di confutare quanto sul punto affermato nel provvedimento impugnato.
7. – In definitiva, deve ritenersi il permesso di costruire in sanatoria n. 306606 del 29 ottobre 2003 sia stato legittimamente annullato in autotutela dal Comune, in ragione del fatto che per i relativi abusi da sanare non è stata presentata alcuna istanza di condono, né ai sensi della l. n. 47 cit. né in base alla legge n. 724 cit., risultando invece proposta una mera istanza di rettifica ed integrazione di una precedente e diversa domanda di condono, peraltro anche in violazione dei termini previsti dalla l. n. 47 cit. (30 giugno 1987) e dalla l. n. 724 cit. (31 marzo 1995 per il condono e il 3 marzo 1997 per la rideterminazione).
8. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.