SENTENZA sede di SALERNO, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 202400584, Verifica appello

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Sul provvedimento

Citazione :
SENTENZA sede di SALERNO, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 202400584, Verifica appello
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202400584
Data del deposito : 4 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/03/2024

N. 00584/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01560/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1560 del 2023, proposto da
Plastica Sud S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Salerno, via SS. Martiri Salernitani, 31;

contro

Comune di Sarno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato V D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Campania, Provincia di Salerno, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Tekla S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ciro Cirillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

del permesso di costruire n. 4 del 18.04.2023.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sarno e della Tekla S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2024 il dott. O D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 10 ottobre 2023 e depositato il 20 ottobre 2023, la Plastica Sud s.r.l. (in appresso, P. S.) impugnava, chiedendone l’annullamento: - il permesso di costruire (PdC) n. 4 del 18 aprile 2023, rilasciato in favore della Tekla s.r.l. (in appresso, T.), in accoglimento dell’istanza del 30 settembre 2022, prot. n. 41668, sulla scorta della relazione istruttoria del 6 aprile 2023, prot. n. 14632 e del parere del Settore Urbanistica del 13 aprile 2023, dal Responsabile dell’Area Tecnica – Sportello Unico Edilizia (SUE) del Comune di Sarno, ed avente per oggetto l’ampliamento di un opificio adibito all’attività di produzione di infissi, di estrusione profili di alluminio, di lavorazione di materiali metallici ed in legno, di verniciatura di semilavorati, di stampaggio di materie plastiche, ubicato nel lotto n. 54 dell’area perimetrata dal Piano di insediamenti produttivi (PIP) di Sarno, località Ingegno (in appresso PIP Ingegno), censito in catasto al foglio 18, particelle 309, 447, 596, 597, 797, 1925, 1927, 1931, 2040, 2041, 2042, 2043, 2044, 2045, 2046, 2047, 2048, 2049, 2050, 2051, 2052, 2053, 2054, 2055, 2056, 2057, 2058, 2059, 2060, 2061, 2062, 2063, 2064, 2065, 2277, 2278, 2279, 2280, 2281, 2282, 2283, 2284, 2285, 2286, 2287, 2288, 2289, 2290, 2291, 2292, 2293, nonché ricadente in zona classificata ATP08 (“Aree di trasformazione per attività produttive e servizi IP1 – Insediamenti a prevalente destinazione produttiva di cui all’art. 51 delle NTA”) dal Piano urbanistico comunale (PUC) di Sarno;
- ove occorrente, le Norme tecniche di attuazione (NA) del PIP Ingegno, laddove scomputanti dalla volumetria e dalla superficie urbanisticamente rilevante le tettoie a sbalzo nel limite del 10% della superficie consentita;
- la nota della Regione Campania prot. n. 4131 del 31 gennaio 2023, secondo cui «le norme previste dall’art. 8 della legge regionale n. 19/2009 trovano la medesima possibilità di applicazione e definizione, già indicata per gli artt. 4, 5, 6 bis e 7, relativamente alle istanze comunque presentate entro il termine del 30 settembre 2022».

2. A sostegno dell’esperito gravame, la ricorrente, in veste di proprietaria di un opificio produttivo insediato nel lotto PIP n. 55, confinante con quello in titolarità della T., lamentava, in estrema sintesi, che: a) l’ampliamento legittimato col PdC n. 4/2023, siccome riconducibile all’orbita della nuova costruzione, non sarebbe ammesso dall’art. 51.2 delle NTA del PUC di Sarno in zona ATP08;
b) anche a volerlo configurare a guisa di ristrutturazione edilizia, esso non risponderebbe ai requisiti all’uopo richiesti dal citato art. 51.2 delle NTA del PUC di Sarno, non essendo stato rispettato il prescritto rapporto di copertura del 50% né essendo stata stipulata alcuna convenzione per la cessione gratuita ovvero per la monetizzazione delle aree da riservare a standard né essendo stato progettato alcun intervento di permeabilizzazione di almeno il 30% della superficie residua e di armonizzazione della parte nuova rispetto a quella esistente;
c) in violazione del combinato disposto della variante alle Tavole 9 (“Planovolumetrico insediamenti produttivi”) e n. 12 (NA) del PIP Ingegno, approvata con delibera del Consiglio comunale (DCC) di Sarno n. 18 del 23 maggio 2008 e dell’art. 14 del Regolamento urbanistico-edilizio comunale di Sarno (RUEC, così come modificato dalla DCC di Sarno n. 12 del 9 febbraio 2018), il progetto approvato col PdC n. 4/2023 contemplerebbe la non consentita costruzione (non già lungo un solo lato, bensì) lungo due lati del confine del lotto;
d) il titolo edilizio controverso sarebbe stato rilasciato, in luogo del prescritto provvedimento autorizzativo unico (PAU) e in assenza del prescritto parere in materia di sicurezza antincendio (a cura dei Vigili del Fuoco), ai sensi dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 151/2011 (necessario in ragione delle progettate modifiche all’impianto esistente e dell’eliminazione delle uscite di emergenza sui lati costeggianti i confini con le proprietà altrui), e in materia igienico-sanitaria (a cura dell’ASL Salerno), ai sensi dell’art. 220 del r.d. n. 1265/1934, dal SUE, anziché dallo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP), a tanto competente ai sensi 2, comma 1, del d.p.r. n. 160/2010;
e) la T. avrebbe quantificato la superficie suscettibile di copertura basandosi non già sulla consistenza catastale, bensì sulla consistenza – a suo dire – reale del lotto PIP n. 54, senza che tale dato fosse stato verificato dall’amministrazione comunale;
f) e si sarebbe, inoltre, avvalsa del parametro derogatorio (0,60 mq/mq) previsto dall’art. 8, comma 3, della l. r. Campania n. 19/2009 (c.d. Piano Casa regionale), ma ormai divenuto inapplicabile dopo il decorso di 18 mesi dall’entrata in vigore della l. r. Campania n. 1/2011 (ossia dopo la data del 5 luglio 2012), siccome non più reiterato all’indomani della novella introdotta dall’art. 2, comma 2, lett. f, della l. r. Campania n. 26/2018;
g) in ogni caso, il rapporto di copertura di 0,60 mq/mq non sarebbe stato direttamente ed automaticamente applicabile in sede di rilascio del titolo edilizio, ma avrebbe dovuto essere previsto in sede di pianificazione urbanistica;
h) per di più, in violazione del Regolamento edilizio tipo (RET, approvato con delibera della Giunta regionale della Campania, DRGC, n. 287 del 23 maggio 2017), prevalente sulla diversa disposizione delle NA del PIP Ingegno, la T. avrebbe calcolato la superficie coperta del proprio opificio produttivo (mq 11.000,92) scomputando le tettoie aventi profondità superiore a m 1,50;
i) ed ancora, in violazione dell’art. 51.2 delle NTA del PUC di Sarno, non avrebbe scomputato dalla superficie fondiaria edificabile le aree da cedere a standard;
l) ai fini della quantificazione delle aree da riservare a parcheggi pubblici avrebbe erroneamente applicato il parametro previsto dall’art. 5 del d.m. n. 1444/1968 (0,10 mq/mq), anziché quello previsto dall’art. 41 sexies della l. n. 1150/1942 (0,10 mq/mc) ovvero dalle NTA del PIP Ingegno (1 mq/3 mq);
m) il rilascio del PdC n. 4/2023 non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento abilitativo con esso definito.

3. Costituitisi in resistenza sia l’intimato Comune di Sarno sia la controinteressata T, eccepivano l’irricevibilità, l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame esperito ex adverso.

4. All’udienza pubblica del 31 gennaio 2024, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In rito, l’eccezione di tardività del gravame sollevata dalle parti resistenti non può riscuotere favorevole apprezzamento.

1.1. In argomento, giova rammentare che, per consolidata giurisprudenza, ai fini della decorrenza del termine per impugnare un provvedimento amministrativo, la “piena conoscenza” del provvedimento non deve essere intesa quale conoscenza piena ed integrale dello stesso, ma quale percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere riconoscibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso (cfr., ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 5232/2917;
n. 1532/2018). Per “piena conoscenza” deve, cioè, intendersi la consapevolezza dell'esistenza del provvedimento e della sua lesività e tale consapevolezza determina la sussistenza di una condizione dell'azione, l'interesse al ricorso, mentre la conoscenza “integrale” del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4642/2015;
n. 1459/2016;
n. 5754/2017).

In particolare, in materia edilizia, qualora si assuma la radicale inattuabilità del progetto assentito (‘an’ dell’edificazione), si è individuato il dies a quo per impugnare il permesso di costruire nell'inizio dei lavori;
mentre, qualora si contesti il contenuto del progetto assentito (‘quomodo’ dell’edificazione: ad es., distanze, consistenza, ecc.), si è individuato il medesimo dies a quo nel completamento o nello stato avanzato dei lavori, a partire, cioè, da quando si renda comunque palese l'esatta dimensione, consistenza, finalità, dell'erigendo manufatto (cfr., ex multis, Cons. Stato, ad. plen., n. 15/2011;
sez. VI, n. 2209/2012;
sez. V, n. 2107/2013;
sez. IV, n. 6337/2014;
sez. IV, n. 4910/2015;
n. 1135/2016;
n. 4274/2018;
n. 4583/2018;
sez. II, n. 5462/2019;
n. 6769/2019;
sez. IV, n. 3654/2023;
TAR Campania, Salerno, sez. I, 940/2018;
Napoli, sez. VII, n.3523/2020;
sez. VIII, n. 3871/2020;
n. 4961/2020;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 19/2021);
e ciò, fermi restando, per la parte eccipiente la tardività, sia la possibilità di provare anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex multis, Cons. Stato, ad. plen., n. 15/2011;
sez. VI, n. 5170/2011;
n. 2209/2012;
sez. V, n. 3777/2012;
n. 2107/2013;
sez. IV, n. 2959/2014;
n. 4909/2015;
n. 4910/2015;
n. 3763/2017;
n. 3075/2018;
sez. VI, n. 191/2020;
sez. II, n. 721/2022) sia l’onere di esercitare sollecitamente l'accesso documentale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sez. II, n. 2011/2020;
sez. IV, n. 3067/2017;
n. 3654/2023;
TAR Campania, Salerno, sez. I, n. 940/2018).

1.2. Tanto chiarito, il momento della piena conoscenza del rilasciato PdC n. 4/2023, identificante il dies a quo per la sua tempestiva impugnazione, non avrebbe potuto corrispondere al momento di inizio dei lavori (avvenuto il 10 luglio 2023, giusta comunicazione del 6 luglio 2023), essendo qui in contestazione il ‘quomodo’ della costruzione assentita (sotto i precipui profili dell’osservanza del rapporto di copertura, delle distanze dai confini, della quantificazione delle aree da cedere a standard e da riservare a parcheggi, nonché della correttezza dell’espletato iter abilitativo), ma avrebbe dovuto ricondursi, se non al completamento o allo stato avanzato dei lavori, il quale – come evincesi dalle esibite riproduzioni fotografiche del cantiere – risulta ben lungi dall’essere ancora raggiunto (in quanto attestantesi al mero livello fondazionale) e di denotare, quindi, l'esatta dimensione, consistenza e funzionalità dell'erigendo manufatto, piuttosto, in quanto anteriore, all’accesso alla documentazione progettuale sottesa all’emesso titolo edilizio, perfezionatosi il 22 agosto 2023.

Né vale addurre in contrario la circostanza che, già nella propria istanza di accesso del 24 maggio 2023 (rispetto alla cui data di presentazione il ricorso in epigrafe risulterebbe proposto tardivamente), la P. S. avrebbe mostrato di essere avveduta dell’esistenza del progetto assentito col PdC n. 4/2023 e di averne percepito la portata potenzialmente lesiva, allorquando ha denunciato l’illegittimità dell’ampliamento anzidetto sul confine di più lati del lotto. Ciò, in quanto il tenore della menzionata istanza di accesso del 24 maggio 2023 non denota l’acquisita cognizione dell’avvenuto rilascio e dei contenuti essenziali del titolo edilizio in favore della proprietaria confinante («Da quanto è dato sapere, di recente, la società T. ha chiesto al Comune di Sarno il rilascio di un permesso di costruire ai fini della realizzazione di un ampliamento del proprio edificio … Nella specie, da quanto è dato sapere, il progetto di ampliamento proposto dalla T. ricade sul confine di più lati del lotto. In particolare, per quanto di interesse, sul confine della società deducente»).

In definitiva, a partire dalla suindicata data di eseguito accesso (22 agosto 2023), il ricorso in epigrafe figura tempestivamente notificato il 10 ottobre 2023, entro il termine decadenziale ex art. 29 cod. proc. amm.

2. Sempre in rito, a dispetto di quanto eccepito dalle parti resistenti, l’impugnazione proposta dalla P. S. si rivela assistita da un interesse qualificato, concreto e attuale ad agire.

In argomento, la Sezione, nella sentenza n. 292/2023, ha affermato che, «come chiarito da Cons. Stato, ad. plen., n. 22/2021: “a) Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato;
b) L'interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall'intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
c) L'interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d'ufficio dal giudicante, nel rispetto dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm.;
d) Nelle cause in cui si lamenti l'illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l'immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell'accertamento dell'interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l'annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo”. “Il ragionamento intorno all’interesse al ricorso, inteso come uno stato di fatto – precisa ulteriormente la richiamata pronuncia nomofilattica – si lega quindi necessariamente all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall’effetto ripristinatorio;
utilità che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto”. Come osservato da TAR Campania, Napoli, sez. VI, n. 151/2022, i principi dianzi declinati ben si attagliano anche al giudizio sul silenzio inadempimento serbato dall’amministrazione comunale su un’istanza-diffida volta a promuovere l’esercizio dei poteri repressivi per opere realizzate in un fabbricato confinante: “ - se nel giudizio avverso l’inerzia della pubblica amministrazione ex art. 117 cod. proc. amm., l’interesse che sorregge il ricorso, ed il correlato bene della vita che ne costituisce l’indefettibile sostrato sostanziale – salva la ipotesi in cui non residuino margini di discrezionalità e non sia necessario procedere ad acclaramenti istruttori – afferisce all’ottenimento di una formale manifestazione di volontà della amministrazione, quale che ne sia il segno e il contenuto;
- se la mancata emanazione di un provvedimento espresso che concluda il procedimento iniziatosi con la istanza del privato, quale che ne sia la natura (di accoglimento ovvero di reiezione), frustra in ogni caso il soddisfacimento dell’interesse pretensivo azionato dall’istante, dapprima in sede procedimentale e, in seguito, con la domanda giudiziale;
- se, dunque e al fine, la espressa determinazione amministrativa adottata in adempimento dell’obbligo di provvedere – massimamente quella “negativa”, con la quale la amministrazione si determina a non esercitare i provvedimenti repressivi – è impugnabile dal medesimo soggetto “istante”, che ha compulsato la amministrazione determinando con la sua istanza il sorgere dell’obbligo di provvedere;
- allora, non può non esservi corrispondenza biunivoca tra la legittimazione ad esperire azione avverso il silenzio inadempimento (e, ancor prima, a compulsare la amministrazione con una istanza che integra un fatto costituivo dell’obbligo di provvedere ex art. 2 l. 241/1990) e la legittimazione ad esperire azione caducatoria avverso la determinazione con la quale si sia provveduto a rigettare quella istanza, arrestando l’iter procedimentale avviato dall’esponente, e motivatamente acclarando la legittimità dell’agere edilizio del vicino;
- allora, e analogamente, le condizioni della azione di impugnazione, da parte dell’esponente, della determinazione della amministrazione di “non esercitare” i poteri repressivi – sul presupposto della legittimità edilizia, urbanistica ed eventualmente paesaggistica delle opere che ne occupano – non possono che essere le medesime di quelle che connotano l’actio del “vicino” volta alla caducazione del titolo autorizzatorio delle opere;
ché, in entrambe, l’interesse sostanziale e il bene della vita agognato dal “terzo-vicino” è il medesimo. Di qui la piana ed omogenea applicabilità dei principi che governano la legitimatio ad causam e ad processum del terzo alla domanda: - volta all’accertamento del silenzio inadempimento ed alla condanna della amministrazione a provvedere;
- preordinata alla caducazione della formale voluntas “negativa”, di non esercizio ovvero di non compiuto (nei sensi desiderati dall’esponente) esercizio della potestà repressiva;
- finalizzata alla impugnazione del provvedimento abilitativo edilizio».

Ebbene, nella specie, è, ravvisabile, in capo alla ricorrente, un interesse qualificato a dolersi dell’asserita illegittimità del PdC n. 4/2023, essendo del tutto agevole inferire dall’articolazione delle censure proposte la lesione concreta e attuale arrecata alla propria posizione soggettiva sia dalla denunciata violazione della distanza dal confine del lotto PIP n. 55, in sua proprietà, sia dalla denunciata violazione della normativa di sicurezza antincendio, per effetto della chiusura delle uscite di emergenza in corrispondenza del lato della costruzione in ampliamento prevista lungo il confine del medesimo lotto PIP n. 55.

3. Venendo ora a scrutinare il ricorso nel merito, sono scrutinabili congiuntamente, stante la loro stretta interrelazione reciproca, e si rivelano infondati gli ordini di doglianze rubricati retro, in narrativa, sub n.

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