TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-08-01, n. 202210829

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-08-01, n. 202210829
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202210829
Data del deposito : 1 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/08/2022

N. 10829/2022 REG.PROV.COLL.

N. 11248/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11248 del 2017, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C V, con domicilio eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, via Garibaldi 57;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Prefettura di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell’interno n. -OMISSIS-del -OMISSIS-, che ha respinto l’istanza di rilascio della cittadinanza italiana presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett, f), della legge n. 91/1992, in data -OMISSIS-;

per il risarcimento danni


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 giugno 2022 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana in data -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992.

II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione ha respinto la domanda dell’interessato per la presenza di pregiudizi di carattere penale, acquisiti nel corso dell’istruttoria:

- -OMISSIS- sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444, 445 cpp) del CUP del Tribunale di -OMISSIS-, irrevocabile il -OMISSIS-, per il reato di abbandono di minori di cui all’art. 591, comma 4 c.p. (questo comma contempla un aggravante), commesso nel 2008

III. – Avverso il suddetto provvedimento di diniego il ricorrente insorge con l’odierno gravame, chiedendone l’annullamento, per eccesso di potere per difetto e/o insufficiente motivazione, mancanza di istruttoria e violazione del giusto procedimento;
violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 7 della legge 241/1990: eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione del giusto procedimento;
insufficiente motivazione, mancanza di istruttoria;
violazione del giusto procedimento;
violazione e falsa applicazione dei principi costituzionali di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di imparzialità (art. 97 Cost.) anche in riferimento agli artt. 29 ss., 32, 38 Cost.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 14 della CEDU;
violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Cost.;
illogicità e irragionevolezza delle disposizioni impugnate;
eccesso di potere
.

Il ricorrente, dopo aver affermato di essere socialmente integrato nel tessuto sociale italiano e di non aver subìto più alcuna condanna, censura il provvedimento in quanto fondato su una sentenza penale di condanna ex art. 444 c.p.p. per la quale sono maturati i termini per la richiesta e concessione di un provvedimento di estinzione, nonché su una palese discriminazione del ricorrente in quanto cittadino straniero.

Il ricorrente ha altresì proposto chiesto la condanna al risarcimento del danno, opportunamente quantificato in C.T.U. sopportato dal ricorrente e cagionato dal comportamento illegittimo, illecito e arbitrario dell’amministrazione intimata.

IV. - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente e ha dedotto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.

V. - All’udienza straordinaria del 20 giugno 2022, svolta in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 87, comma 4-bis, c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è infondato.

II. - Il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280, 5130/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “ può ” - e non deve - essere “ concessa ”.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).

A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.

E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.

II.1. - In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.

La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: “ concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa ”).

In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis, Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n. 12568/ 2009;
Cons. Stato, sez. III, n. 104/2022;
n. 4121/2021;
n. 7036 e n. 8233 del 2020;
n. 1930, n. 7122 e n. 2131 del 2019;
n. 657/2017;
n. 2601/2015;
sez. VI, n. 3103/2006;
n.798/1999).

III. - Se, dunque, il potere dell’Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell’effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, si esaurisce nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cui è causa;
il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012).

IV. – Alla luce del quadro ricostruito, questo Collegio ritiene che l’operato della p.a. appare immune dai vizi dedotti dalla parte che, in quanto strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.

Dalla lettura del provvedimento, il Collegio ritiene che è possibile ricostruire, contrariamente a quanto dedotto nell’atto introduttivo del ricorso, il percorso logico-giuridico che ha condotto l’amministrazione all’adozione di una determinazione sfavorevole per il richiedente, giudicato inaffidabile e non compiutamente integrato nella comunità nazionale.

In via preliminare, quanto all'asserito difetto di motivazione della decisione da parte dell'Amministrazione, così come dedotto dalla ricorrente, si precisa che più volte la giurisprudenza ha rilevato che il provvedimento di diniego della cittadinanza non deve necessariamente riportare analiticamente le notizie sulla base delle quali si è addivenuti al giudizio di sintesi finale, essendo sufficiente quest'ultimo.

Tuttavia, impregiudicati gli assunti testè richiamati, il provvedimento appare sorretto da un adeguato corredo motivazionale e istruttorio, se si considera che al richiedente è stata opposta la commissione di un fatto integrante gli estremi di una fattispecie penale particolarmente grave (abbandono di minori), lesiva di beni giuridici importanti per la tenuta dell’ordinamento e la civile convivenza, posti in essere nel decennio anteriore alla domanda.

IV.1. - Invero, la condotta menzionata nel decreto appare ragionevolmente ostativa all’acquisizione del bene della vita richiesto, in quanto suscettibile di mettere in concreto pericolo l’incolumità individuale e il sereno sviluppo dei minori, la tutela della famiglia e rivelatrici di una “ scarsa aderenza ai valori della comunità (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 15/04/2015, n. 5554) e , nella fattispecie, ancor minore interesse per la concessione dello status civitatis ove non anche scarsa considerazione degli obblighi che si accompagnano a detta concessione ” (cfr. in tal senso Tar Lazio, sez. I ter, n. 5708/2019).

Peraltro, a ciò si aggiunga, a conferma della significatività del quadro comportamentale emerso, che l’illecito addebitato, essendo punito con la pena che nel suo massimo edittale supera i tre anni di reclusione, rientra nel novero dei reati automaticamente ostativi al rilascio della cittadinanza, di cui all’art. 6, della legge n. 91/1992, che, dettato in materia di cittadinanza iure matrimonii (in cui il richiedente, coniuge di cittadino, vanta un vero e proprio diritto soggettivo), si estende in parte qua necessariamente anche alla fattispecie meno tutelata della cittadinanza per naturalizzazione, in nome dei principi di sicurezza pubblica e civile convivenza sottesi alla stessa.

Ciò in quanto, la disposizione di cui all’art. 6 in esame - proprio perché dettata in relazione ad una situazione di maggior favore (in quanto sorretta dall’esigenza di tutela di chi è già cittadino e dell’unità familiare) – va considerata quale norma di tenuta dell’ordinamento che individua gli argini di quell’area del penalmente rilevante travalicati i quali inevitabilmente il potere di valutazione discrezionale dell’amministrazione, giustapposto all’interesse legittimo pretensivo del richiedente lo status, finisce per essere compresso, a tutela delle regole di civile convivenza e dei valori identitari dello Stato.

IV.2. - Anche la circostanza che siano stati posti in essere nel decennio antecedente la domanda assume significatività se si considera che viene considerato quale “periodo di osservazione” in cui devono essere maturati i requisiti per la cittadinanza, inclusi quelli dell’irreprensibilità della condotta (cfr., da ultimo, TAR Lazio, sez. I ter, n. 7926/21, 11876/21;
vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 2947, 2475, 3027, 3475, 3482, 4236, 4280, 4469, 4618 4621 e 4623 del 2022) - salve, le situazioni di particolare gravità, che possono essere apprezzate nel loro particolare valore “sintomatico” anche oltre il decennio - (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 3907/2008;
cfr. Cons. St., sez. VI - 10/01/2011, n. 52;
TAR Lazio, sez. II quater, n. 10678/13, n. 1833/2015;
TAR Lazio, sez. I ter, n. 5917/21;
Consiglio di Stato sez. III n. 7122/2019, Cons. Stato, Sez. I, parere nn. 2478/2018 e 2679/18).

IV.3. - In questo quadro, il Collegio osserva che non depongono a favore della posizione dell’istante neppure gli argomenti più specificamente afferenti alla vicenda processual-penale e agli sviluppi positivi della stessa, vale a dire la circostanza che il reato commesso è stato oggetto di una condanna ex. art. 444 c.p.p. e l’invocata estinzione della stessa.

Sul punto della idoneità di condizionamento del giudizio di meritevolezza dello status della pronuncia resa all’esito di “applicazione della pena su richiesta delle parti”, non è superfluo rilevare che la scelta di riti premiali contempla, nel codice del rito penale, sempre una scelta o una condivisione da parte del soggetto sottoposto all’esercizio dell’azione penale;
nell’applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 ssg c.p.p.), il fatto storico è accertato e accettato dalle parti e confermato dal Giudice penale e, inoltre, la volontà del soggetto richiedente di accedere al rito premiale e alle relative conseguenze è vagliata con particolare accuratezza (art. 446 c.p.p.). In mancanza di pronunce pienamente assolutorie, non può non farsi riferimento al fatto storico che, comunque, conferma l’apprezzamento di inaffidabilità strumentale alla valutazione di meritevolezza della concessione dello status civitatis ;
peraltro, quando una norma assume l'esistenza di una condanna penale come presupposto (più o meno vincolante) per l'adozione di un provvedimento amministrativo, ovvero quale preclusione all'esercizio di determinate facoltà o diritti, a questi fini vale come sentenza di condanna anche quella emessa a seguito di patteggiamento ex art. 444 c. p. p (cfr. Cons. di Stato, 7 ottobre 2013, n. 4921;
27 marzo 2012, n. 1781;
TAR Lazio, 10 gennaio 2017, n. 324, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, 03.06.2021, n. 6541)

Quanto all’intervenuta estinzione del reato, si osserva altresì che i provvedimenti di riabilitazione, estinzione della pena e persino i provvedimenti collettivi di clemenza non incidono sulla capacità dell’Amministrazione di negare il richiesto status civitatis , proprio perché, al contrario, confermano l’esistenza di un fatto storico adeguatamente accertato e sanzionato dal Giudice Penale, contrario alle regole proprie della Comunità nazionale, consentendo poi l’accesso a misure di ripristino e/o alternative che, sebbene inibiscano la pienezza della sanzione penale, non obliterano la capacità valutativa dell’Amministrazione in sede di accertamento, prognostico e complessivo, dei presupposti di concessione della cittadinanza.

Del resto l’estinzione dei reati ex art. 167 c.p. è dichiarata in conseguenza del mero decorso del tempo dal passaggio in giudicato della pronuncia di condanna, senza che siano stati commessi reati e nulla attesta in ordine alla effettiva rieducazione del condannato e al suo sopravvenuto reinserimento sociale.

Le suddette conclusioni rappresentano il precipitato applicativo del noto fenomeno della “pluriqualificazione” dei fatti giuridici, per cui lo stesso comportamento può assumere diversa rilevanza, sul piano penale, civile, fiscale, amministrativo, etc. a seconda dei settori d’azione, delle materie e delle finalità perseguite, invocato dalla giurisprudenza amministrativa anche in relazione alla circostanza dell’estinzione e della riabilitazione pronunciata dal giudice penale. Difatti, sul piano amministrativo, visto che la valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere per concedere lo status di cittadino ha riguardo principalmente all’interesse pubblico alla tutela dell’ordinamento, la condotta comunque posta in essere dall’interessato rileva per il particolare valore sintomatico che può assumere in quel procedimento (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 1057;
id. 28 maggio 2021, n. 4122;
id., 16 novembre 2020, n. 7036;
id., 23 dicembre 2019, n. 8734;
id., 21 ottobre 2019, n. 7122;
id., 14 maggio 2019, n. 3121;
sez. IV, n. 1788/2009, n. 4862/2010;
T.A.R. Lazio sez. V bis, nn. 2944, 4469 e 4651 del 2022;
sez. II quater, n. 10590/12;
10678/2013).

V. – L’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l'Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale (cfr. Tar Lazio, sez. II quater, n. 12568 del 2009). Si tratta di una valutazione che rientra nel potere discrezionale della Amministrazione circa il completo inserimento dello straniero nella comunità nazionale, che come detto impedisce al giudice - tenuto conto dei caratteri del sindacato, estrinseco e formale, esercitabile in subiecta materia - di spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio e della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione (cfr. Cons. Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
Tar Lazio, sez. seconda quater, 19 giugno 2012, n. 5665) nonché della logicità e ragionevolezza della stessa. E nel caso in esame siffatti vizi non sembrano predicabili.

VI. – Alla luce delle argomentazioni svolte, il provvedimento appare posarsi su un robusto sostrato istruttorio e motivazionale – ciò che rende l’operato dell’amministrazione immune da censure in questa sede (alla luce delle coordinate sul sindacato di questo organo giudicante tracciate sub III) – vista la contestazione di fatti, neanche risalenti, penalmente rilevanti lesivi di interessi fondamentali dell’ordinamento – i valori della persona, dell’incolumità fisica e morale del minore, la tutela della famiglia, – e atteso l’inevitabile negativo riflesso che una simile circostanza finisce per avere nella formulazione del giudizio prognostico di idoneità e di capacità di rispettare le regole di civile convivenza e i valori identitari dello Stato, ad onta, come nel caso di specie, della dedotta integrazione nel tessuto sociale italiano dell’interessato.

Sul punto questa Sezione, peraltro, ha più volte chiarito che lo stabile inserimento socio-economico non rappresenta un elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato, esso è solo il prerequisito della richiesta di cittadinanza, in quanto presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale (ex multis, Tar Lazio, Sez. V bis, nn. 2945 e 4295 del 2022). E ciò nondimeno concorre alla formazione del giudizio di affidabilità espresso dall’amministrazione, che – come chiarisce nell’avversato provvedimento - arriva a determinarsi sulla base di “ una valutazione complessiva deli elementi emersi nel corso dell’istruttoria, tali da poter escludere che l’inserimento stabile del richiedente nella collettività nazionale arrechi danno alla stessa ”.

VII. – In ogni caso, si tenga conto che il diniego della cittadinanza non preclude all’interessato di ripresentare l’istanza nel futuro (già dopo un anno dal primo rifiuto), per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “ interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino. Da tale punto di vista, infatti, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all’autodeterminazione delle scelte di natura politica.

Da questo punto di vista possono essere disattese anche le doglianze attoree sulla presunta discriminazione subita in ragione della propria condizione di straniero, visto che nel contemperamento dei confliggenti interessi, va considerato che il sacrificio dell'interesse del privato consiste nel non conseguire immediatamente il pieno riconoscimento di tutti i diritti, che nella sostanza si limitano ai diritti politici che consentono di partecipare all’autodeterminazione della vita del Paese mediante l’esercizio del diritto di elettorato (oltre che nel diritto di incolato e limitazione dell’estradizione), essendo il conseguimento di tale posizione differito al momento in cui si possono ritenere maturati in capo ad esso tutti i requisiti richiesti.

VIII. - Il Collegio ritiene, alla luce di tutto quanto osservato, il provvedimento impugnato supportato da una adeguata indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l'adozione in relazione alle risultanze dell'istruttoria, avendo l’Amministrazione valutato correttamente tutti fatti occorsi e risultando chiaro il percorso logico giuridico seguito dall'Autorità emanante.

IX. - In conclusione, per quanto osservato, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

X. - Analoga e conseguenziale sorta spetta alla domanda di risarcimento del danno - peraltro formulata in modo generico quanto al quantum (per il quale si rinvia a successiva quantificazione in seguito a CTU) - dovendosi quindi escludere il carattere illegittimo, illecito e arbitrario del comportamento tenuto dall’amministrazione.

XI. - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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