TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-07-12, n. 202108236

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-07-12, n. 202108236
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202108236
Data del deposito : 12 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2021

N. 08236/2021 REG.PROV.COLL.

N. 07704/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7704 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti L R P, C T, C E C, A C, F P e M C, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna, 39;



contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti

Associazione Codici, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. Ivano Giacomelli, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;



e con l'intervento di

ad opponendum :
Iliad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Pacciani, Vito Auricchio e Valerio Mosca, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67;



per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

- del provvedimento n. 27112 dell'11 aprile 2018, adottato dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell'ambito del procedimento I/820, notificato tramite posta elettronica certificata a Telecom Italia S.p.A. in data 13 aprile 2018;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso e in particolare del provvedimento cautelare n. 27087 del 21 marzo 2018;

quanto ai motivi aggiunti:

- del provvedimento n. 16398 del 28 gennaio 2020, adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato all’esito del procedimento I820-Fatturazione mensile con rimodulazione tariffaria e notificato tramite posta elettronica certificata in data 31 gennaio 2020;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCM e di Codici;

Visto l’atto di intervento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza del giorno 26 maggio 2021, i difensori delle parti, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 4 D.L. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 D.L. 137/2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.




FATTO

Nel 2015 i principali operatori telefonici, Telecom Italia S.p.A. (TIM), Vodafone Italia S.p.A. (Vodafone) e Wind Tre (Wind) modificavano il periodo di rinnovo e, quindi, di fatturazione delle offerte ricaricabili per la telefonia mobile portandolo da una cadenza mensile ad una quadrisettimanale, ossia ogni 28 giorni. Successivamente la fatturazione quadrisettimanale veniva adottata anche da Fastweb S.p.A. (Fastweb) e veniva estesa anche alla telefonia fissa.

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom), con la Delibera 121/17/CONS del 15 marzo 2017, interveniva stabilendo che l’unità temporale per la cadenza di rinnovo e per la fatturazione dei contratti di rete fissa dovesse essere il mese e che, per la telefonia mobile, non potesse essere inferiore ai 28 giorni: il regolatore tanto stabiliva ritenendo la suddetta modalità non trasparente, in quanto sostanzialmente rivolta a realizzare surrettiziamente aumenti tariffari, di non immediata percezione da parte dei consumatori.

Gli operatori telefonici non si adeguavano alle prescrizioni della delibera 121/17/CONS e, pertanto, anche tramite Asstel - associazione di categoria delle imprese della tecnologia dell’informazione esercenti servizi di telecomunicazione fissa e mobile – impugnavano la citata Delibera dinanzi al giudice amministrativo, che respingeva i ricorsi in primo grado e in appello (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, sentt. nn. 11303/2018; 3261/2018, 5313/2018, 4988/2018 e n. 5001/2018. In appello: Cons. Stato, Sez. VI, sentt. nn. 879/ 2020, 987/2020; 1368/2020, quest’ultima confermata anche in sede di revocazione da Cons. Stato, Sez.VI, n. 3327/2021 di rigetto del ricorso di Wind Tre).

Il mancato adeguamento alla modalità di fatturazione mensile portava all’avvio di procedimenti sanzionatori da parte dell’AGCom.

Sulla vicenda interveniva, infine, il legislatore con D.L. 16 ottobre 2017, n. 148 convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, il quale, con l’art. 19 quinquiesdecies , introduceva l’obbligo per i fornitori di servizi di comunicazione elettronica di prevedere una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi (sia di rete fissa che mobile) su base mensile o di multipli del mese.

Il legislatore concedeva un termine di centoventi giorni, decorrente dall’entrata in vigore della L. 172/2017 – ossia il 6 dicembre 2018 –, per adeguarsi alla suddetta previsione demandando all’AGCom la verifica circa la corretta informativa ai clienti consumatori.

Tale termine scadeva pertanto in data 5 aprile 2018.

Successivamente all’adozione da parte dell’AGCom delle “Linee Guida sull’attività di vigilanza da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 19- quinquiesdecies del D.L. 16 ottobre 2017 n. 148, convertito con modificazioni dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172”, TIM, Vodafone, Fastweb e Wind Tre inviavano, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2018, una comunicazione dall’identico contenuto ai propri clienti, con la quale li informavano del fatto che, in attuazione della citata L. 172/2017, la fatturazione delle offerte e dei servizi sarebbe stata effettuata su base mensile e non più quadrisettimanale, con la conseguenza che la spesa annuale complessiva sarebbe stata distribuita su 12 canoni anziché 13.

Tutti e quattro gli operatori precisavano che tale rimodulazione tariffaria, benché comportante l’aumento dei singoli canoni mensili (+8,6%), non avrebbe modificato il prezzo annuale dell’offerta di servizi.

Sulla base di informazioni pubbliche raccolte e di attività preistruttoria, l’Autorità deliberava in data 7 febbraio 2018 l’avvio del procedimento istruttorio I820, ai sensi dell’art. 14, L. 287/90 nei confronti di Asstel, Telecom, Vodafone, Fastweb e Wind, al fine di accertare la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, nella forma di pratica concordata e/o di accordo in violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Secondo l’Autorità le Parti, anche per il tramite di Asstel, avrebbero illegittimamente coordinato la propria strategia commerciale in fase di attuazione dei nuovi obblighi introdotti dal citato D.L. 148/2017, che imponevano ai fornitori di servizi di telecomunicazione di ripristinare la cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione su base mensile o di multipli del mese anziché su una base di 28 giorni (c.d. “r ollback ”).

Contestualmente al rollback , in particolare, tutte le Parti avrebbero deciso di riparametrare la spesa annuale complessiva dei propri clienti su 12 cicli di fatturazione anziché su 13, con conseguente aumento del canone mensile nella medesima misura dell’8,6% (c.d. “ repricing ”): ciò a fine di limitare la fuoriuscita dei propri clienti verso i concorrenti, in ragione del fatto che l’uniformità dei comportamenti avrebbe determinato nel consumatore la percezione circa l’assenza di convenienza del cambio di operatore, così favorendone l’inerzia.

In data 15 e 16 febbraio 2018 si svolgevano accertamenti ispettivi presso le sedi di tutte le Parti del procedimento che portavano al rinvenimento di evidenze documentali sulla base delle quali emergeva non solo l’esistenza della pratica concordata ma anche il pericolo imminente di danno grave ed irreparabile alla concorrenza. Si osservava, infatti, che, laddove il r epricing comunicato da tutte le imprese agli utenti fosse stato effettivamente applicato con la tempistica annunciata (quindi dal 24 marzo ed entro il 5 aprile 2018), le dinamiche competitive sui mercati rilevanti sarebbero state irrimediabilmente compromesse e l’eventuale diffida intimata a conclusione del procedimento I820 (destinato a concludersi il 31 marzo 2019) sarebbe stata inidonea al ripristino delle condizioni di concorrenzialità dei mercati precedenti all’infrazione.

Quindi, in data 21 marzo 2018 l’Autorità deliberava l’adozione di un provvedimento cautelare inaudita altera parte , ai sensi dell’art. 14 bis L. 287/90, con cui intimava a TIM, Vodafone, Wind e Fastweb di sospendere, nelle more del procedimento, l’attuazione dell’intesa.

Con provvedimento dell’11 aprile 2018 l’Autorità confermava la misura cautelare provvisoria deliberata in data 21 marzo 2018 intimando a Fastweb, Telecom, Vodafone e Wind di definire i termini della propria offerta di servizi in modo indipendente dai concorrenti, in conformità al quadro regolamentare di riferimento al cui rispetto è tenuto ogni singolo operatore.

Le parti presentavano le relazioni prescritte contenenti l’indicazione delle misure poste in essere da ciascuno, che l’Autorità valutava adeguate concludendo tale fase con la presa d’atto in

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