TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-04-20, n. 202306849

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-04-20, n. 202306849
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202306849
Data del deposito : 20 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/04/2023

N. 06849/2023 REG.PROV.COLL.

N. 08028/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 8028 del 2008, proposto da
- C N, Società Agricola Allevamento Neri di N C S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi in giudizio dall’avvocato K C, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, al viale di Porta Tiburtina n. 36, e domicilio digitale in atti.

contro

- Comune San Lorenzo Nuovo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato C C, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma alla via Gaetano Filangieri n. 4, e domicilio digitale in atti;

per l'annullamento

- della determinazione prot. n. 3845 del 23 maggio 2008, comunicata al solo C N il successivo 28 maggio;

- della successiva determinazione prot. n. 3885, adottata il 26 maggio 2008 e parimenti notificata al solo C N il successivo 28 maggio;

- dell’ordinanza comunale prot. n. 46/2007;

- di ogni altro eventuale atto, allo stato sconosciuto, presupposto, consequenziale o connesso ai provvedimenti impugnati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Lorenzo Nuovo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4 -bis , cod. proc. amm.;

Relatore, all'udienza di smaltimento del giorno 20 gennaio 2023, il Consigliere avv. Benedetto Nappi;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente, con atto depositato il 7 agosto 2008, è insorta avverso gli atti in epigrafe, concernenti il rigettato dell'istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata dalla Società Agricola di Allevamento Neri di N C S.S. ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, con riguardo alla realizzazione di una struttura formata da una platea in cemento armato su cui è ancorata una struttura in profilati di acciaio HEA con copertura e tamponature di pannelli coibentati, nonché l'avvio del procedimento per la demolizione d'ufficio delle opere abusivamente realizzate, deducendone l’illegittimità da più angolazioni.

2. L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso per infondatezza.

3. All’udienza del 20 gennaio 2023, svoltasi con modalità da remoto, i procuratori delle parti presenti hanno precisato le rispettive posizioni e l’affare è transitato in decisione.

4. Il ricorso è in parte inammissibile e per il resto infondato, alla stregua della motivazione che segue.

5. In “ limine ”, risulta ampiamente tardiva, come anche eccepito dall’Ente civico intimato, l’impugnazione dell’ordinanza di demolizione n. 46 del 2007.

Sul punto, è agevole osservare come la società ricorrente abbia avuto giuridica contezza dell’ordine di demolizione quantomeno a decorrere dal 18 novembre 2007, data in cui la società stessa (in persona di C N nella dichiarata qualità di suo amministratore) ha istato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria sulla testuale premessa della avvenuta notificazione (il precedente 25 di agosto del 2007) della ripetuta ordinanza di demolizione n. 46 del 2007. Orbene, l’art. 41 del codice del processo amministrativo fa decorrere il termine decadenziale dalla piena conoscenza dell’atto avversato. Ne consegue come alla data di notificazione del presente ricorso, il 18 luglio 2008, tale termine decadenziale di sessanta giorni risulti abbondantemente spirato.

5.1. Sempre in rito, è inammissibile la domanda di annullamento della nota comunale prot. n. 3885 del 2008, la quale ha dichiaratamente natura di comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la demolizione d’ufficio delle opere abusive di cui è questione. Invero, per giurisprudenza costante, la natura endoprocedimentale e il contenuto non immediatamente lesivo dell’atto rendono tale comunicazione non autonomamente e immediatamente impugnabile ( ex multis , Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2015, n. 791).

5. Nel merito, il diniego di permesso di costruire in sanatoria è così motivato: «- i lavori di cui sopra risultano essere stati realizzati in zona ricadente dentro i 150 mt della fascia di protezione dei corsi delle acque pubbliche e pertanto dovranno essere acquisita la compatibilità ambientale e paesaggistica (art. 167 del Codice Beni Culturali) da parte della Regione Lazio;
- manca progetto architettonico e relative relazioni a firma di tecnico professionista abilitato;
- deve essere acquisito nulla osta sismico in sanatoria da parte della Regione Lazio, Area genio civile di Viterbo.

5.1. Col primo motivo si è dedotta la “insanabile inefficacia e/o inesistenza dei provvedimenti impugnati”, in quanto il Comune intimato avrebbe «fin dall'ordinanza di demolizione n. 46/2007 ritenuto il sig. C N come il proprietario dell'immobile in cui sarebbe stato realizzato il manufatto asseritamente abusivo perché eseguito in assenza di permesso di costruire. Infatti, come attestato documentalmente, il sig. C N non è affatto il proprietario dell'immobile su cui insisterebbe l'abuso, ché il diritto dominicale è di esclusiva titolarità della Società Agricola Allevamento Neri di N C S.S., di cui il Sig. C N è il mero rappresentate, peraltro statutariamente autorizzando al solo compimento d'atti d'amministrazione ordinaria. Conseguirebbe da ciò l’illegittimità «del provvedimento di demolizione che ex arti 29 e segg. d.P.R. n. 380/2001 può esclusivamente riguardare — oltre che al titolare del permesso di costruire, in caso di opera realizzata con variazione essenziali rispetto al titolo autorizzatorio — "... il committente..." e il "... costruttore..."».

5.1.1. La censura, per quanto si è osservato innanzi, è tardiva relativamente all’ordine di demolizione e inammissibile relativamente alla comunicazione del 26 maggio 2008.

5.1.2. Con riguardo al diniego di sanatoria, l’argomento non ha pregio. Il provvedimento è stato indirizzato e notificato a N C, ovverosia a colui che in qualità di amministratore della società ricorrente del 26 maggio 2008 risulta aver sottoscritto l’istanza di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, e presso la sede legale della medesima società, sicché, come evidenziato dalla difesa comunale, si tratta di notificazione da intendersi correttamente effettuata ai sensi dell’art. 145 cod. proc. civ..

5.2. Occorre poi considerare che il provvedimento di diniego si fonda su tre distinti e autonomi ordini di ragioni.

5.2.1. Ora, con riguardo al profilo della mancata presentazione del progetto architettonico e relative relazioni a firma di tecnico professionista abilitato, parte ricorrente ha sostanzialmente riconosciuto di non averlo presentato, essendosi limitata a dedurre la violazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e in particolare dell’art. 10 della medesima legge, in quanto il Comune intimato non avrebbe «contattato i ricorrenti per consentirgli l'eventuale integrazione dell'istanza, la cui accoglibilità è avallata dalla perizia tecnica di parte in questa sede allegata, ampiamente attestante che l'intervento di cui è stata ordinata la demolizione consisteva, in realtà, nella mera allocazione di celle frigorifere in apposito spazio, non utilizzato per contatti con il pubblico né per l'attività lavorativa dei dipendenti e, dunque, non comportante alcun incremento di volumetria utile in termini commerciali. Il Comune ha, in tal modo, violato soprattutto l'art. 10 della Legge n. 241/1990 che, prima della determinazione di rigetto, impone al responsabile del procedimento di comunicare all'istante i motivi che ostano all'accoglimento della sua domanda, concedendogli apposto temine per integrazioni e/o memorie».

La censura è fuori asse. Occorre qui tenersi conto di come della necessità di produrre tale documentazione parte ricorrente fosse stata resa edotta già con nota della Regione Lazio, Direzione regionale infrastrutture, Area genio civile di Viterbo prot. n. 177784 del 10 ottobre 2007. In tale nota, cronologicamente anteriore alla presentazione dell’istanza di sanatoria su cui si controverte, la produzione di tali atti, di cui è stato onerato il ricorrente per il tramite del competente sportello unico comunale, è stata ritenuta essenziale ai fini della presentazione di un apposito progetto in sanatoria per dimostrare la conformità delle opere realizzate alle vigenti norme antisismiche. Appare quindi pretestuoso lamentare l’obliterazione della fase di partecipazione procedimentale rispetto a un onere di produzione documentale di cui parte ricorrente risulta essere stata a conoscenza già in epoca anteriore a quella in cui ha istato la sanatoria edilizia (18 novembre 2007). Trova quindi qui piana applicazione il principio del “ sibi imputet ”, non potendosi addossare all’Ente civico conseguenze derivanti da una propria consapevole omissione.

5.2.2. Speculari considerazioni vanno rivolte alla necessità di acquisizione di nulla osta sismico in sanatoria, di cui la citata nota regionale del 10 ottobre 2007 afferma l’essenzialità onde evitare la demolizione del manufatto.

5.2.3. Il Collegio dà quindi qui continuità, all’ampio indirizzo pretorio secondo cui allorquando oggetto del giudizio è un c.d. “provvedimento plurimotivato”, sorretto da più ragioni giustificatrici, tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, l’infondatezza delle censure avverso una soltanto di esse importa la conservazione dell’atto, e la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle doglianze riferite agli altri aspetti dell’atto avversato ( ex multis , T.A.R Basilicata, 26 settembre 2022, n. 642;
T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 2 settembre 2022, n. 2308;
T.A.R. Basilicata, 29 settembre 2021, n. 622;
Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2016, n. 1921).

5.4. Il Collegio ritiene infine di precisare, per completezza di delibazione e in disparte la già rilevata inammissibilità del ricorso nella parte in cui investe una mera comunicazione di carattere endoprocedimentale, come l’ordinanza di demolizione n. 46 del 2007 non abbia affatto perso la sua efficacia per effetto della mera presentazione dell’istanza di rilascio di permesso di costruire in sanatoria da parte della società deducente. Infatti, la proposizione di un’istanza di sanatoria ordinaria non comporta la radicale e definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, ma fa conseguire all’atto uno stato di temporanea quiescenza, fino alla definizione del procedimento, espressa o tacita ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 settembre 2020, n. 5669;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 10 dicembre 2020, n. 6025 e 9 febbraio 2021 n. 1620). Il suesposto principio trova applicazione nel caso di specie in quanto l’istanza diretta ad ottenere i titoli in sanatoria è stata presentata in data successiva all’ingiunzione di demolizione.

6. Dalle considerazioni che precedono discende in parte dalla declaratoria di irricevibilità, in parte quella di inammissibilità e per il resto il rigetto del ricorso. Le questioni così vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

7. Le spese seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

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