TAR Napoli, sez. I, sentenza 2018-07-11, n. 201804595

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2018-07-11, n. 201804595
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201804595
Data del deposito : 11 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/07/2018

N. 04595/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01475/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1475 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-O-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M C, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via P. Colletta ,12;

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria in Napoli, via A. Diaz, 11;

per l'annullamento

della informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 19028 del 10.3.2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2018 il dott. O D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Col ricorso in epigrafe e successivi motivi aggiunti, la -O- impugnava, chiedendone l’annullamento: - l’informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 19028 del 10 marzo 2017, emessa dalla Prefettura di Caserta;
- la nota della Questura di Caserta cat. Q2/2/ant/b.n. del 30 gennaio 2017;
- le note del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta prot. n. 274591/2-2 P del 30 gennaio 2017 e prot. n. 274591/2-3 P del 2 marzo 2017;
- la nota della Guardia di Finanza di Caserta – Nucleo Polizia Tributaria prot. n. 87391 del 17 febbraio2017;
- la nota della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Napoli prot. n. 125/NA/H7 799 del 13 gennaio 2017;
- relazione informativa dei rappresentanti delle Forze di polizia del 3 marzo 2017;
- le note della Prefettura di Caserta prot. n. 41623 del 26 maggio 2017 e prot. n. 39551 del 19 maggio 2017.

2. Il gravato provvedimento ostativo, confermativo della precedente informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 3875 del 22 gennaio 2013, sempre a carico della -O-, reputata immune da vizi di legittimità sia, in primo grado, da questo Tribunale amministrativo regionale, sez. I, con sentenza n. -O-sia, in appello, dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. -O-, era così motivato: «- -O-, soggetto che ha intrattenuto conversazioni telefoniche con -O-, amministratore della società in questione, per mero errore materiale era stato indicato come figlio di -O- detto -O-;
ciò nonostante, -O- risulta tuttora detenuto c/o la Casa circondariale di Terni in quanto condannato ad anni dieci di reclusione per la violazione degli artt. 416 bis e 353, commi 1 e 2, aggravati dall'art. 7 della l. n. 203/1991;
- per quanto riguarda l'intervenuta assoluzione di -O-, si rappresenta comunque che lo stesso è fratello di -O-, elemento di spicco del clan camorristico dei casalesi, che risulta aver avuto contatti con -O-relativamente alla figura del -O- (v. o.c.c.c. 21.6.2010 del GIP del Tribunale di Napoli, citata nel verbale redatto dal Gruppo ispettivo Antimafia in data 11.1.2013);
- pur sussistendo elementi di novità successivi alla sentenza del Consiglio di Stato n. -O- si ritiene attuale quanto indicato nella predetta sentenza, ovvero “contrariamente a quanto dedotto dall'appellante, ritiene il Collegio che, quale sia la sua posizione processuale nella vicenda Normandia 1 ed anche a voler ammettere che il leader criminale non lo conoscesse ed intendesse contattare non lui ma un diverso imprenditore avente il suo stesso cognome (elemento, quest’ultimo, comunque poco credibile, dal momento che il referente nella sua prima telefonata individua del tutto correttamente il soggetto in relazioni con l'imprenditore, la spendita del cui nome è idonea ad aprirgli comunque le porte della considerazione e dell'attenzione da parte dell'imprenditore medesimo), detti fatti sorreggono sufficientemente e ragionevolmente il contestato giudizio presuntivo, atteso che l'interessato, nella prima telefonata, ben comprende (anche o forse proprio in virtù della spendita di quel nome, che, si ricordi, quello di un soggetto incontestatamente qualificato come prestanome del clan) il ruolo e l'interesse recato da colui che lo ha contattato, concordando con lui un appuntamento telefonico per il giorno successivo, al quale non si fa trovare impreparato, dal momento che all'atto della telefonata è proprio in compagnia di quel soggetto il cui nome ha funto da elemento di contatto, che si dimostra essere in tale occasione persona di fiducia dell'imprenditore, per di più affidabile anche per l'interlocutore, che riceveva infatti da essa (per conto, è evidente, dell'imprenditore stesso, che era presente) assicurazione circa il buon fine della condotta criminosa in atto”».

3. Nell’avversare la misura ostativa adottata nei propri confronti, la ricorrente lamentava che, continuando ad affidare le proprie valutazioni ad argomentazioni di ordine meramente probabilistico, nonché discostandosi dalle direttive ermeneutico-applicative impartite con la circolare del Ministero dell’interno n. 11001 dell’8 febbraio 2013, l’autorità prefettizia non avrebbe adeguatamente vagliato, sul piano istruttorio, la sopravvenuta dequotazione e la perdita di attualità delle circostanze indizianti il tentativo di infiltrazione mafiosa all’interno della propria compagine né, quindi, avrebbe adeguatamente motivato – essendosi, peraltro, limitata a richiamare ermeticamente i presupposti atti informativi delle Forze di polizia – la conferma della misura interdittiva in precedenza emessa a proprio carico.

In dettaglio, deduceva che: - il proprio amministratore unico, -O-, sarebbe incensurato;
- la figura di -O-, col quale il menzionato -O- avrebbe avuto un contatto telefonico non corrisponderebbe al ‘leader criminale’ -O-, figlio del capoclan dei casalesi, -O-, detto -O-, come tale erroneamente rappresentato nella nota del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta prot. n. 274591/1-3 P, del 18 settembre 2012 (richiamata dall’informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 3875 del 22 gennaio 2013);
- per di più, il contatto anzidetto sarebbe ormai datato (al 2005) e sarebbe avvenuto con soggetto (-O-) arrestato e condannato soltanto successivamente, nonché incorso nell’equivoco che destinatario della propria coazione fosse non già -O-, bensì -O-, amministratore unico della -O-;
- il contestato contatto con -O-, oltre ad essere ormai datato (al 2006) e ad avere natura episodica, si riferirebbe a soggetto assolto dall’imputazione di reato di trasferimento fraudolento di beni ex art. 12 della l. n. 306/1992;
- i contestati rapporti con -O- si riferirebbero a soggetto non classificabile quale ‘elemento di spicco’ del clan dei casalesi, comunque da tempo affrancatosi dagli ambienti malavitosi di stampo camorristico e reinseritosi nel tessuto sociale, atteso che i precedenti penali emersi a suo carico risalirebbero al 1996;
- con sentenza n. -O-, il TAR Campania, Napoli, sez. I, avrebbe annullato l’informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 42236 del 24 luglio 2015, emessa dalla Prefettura di Caserta a carico della -O-, con la quale la -O- si sarebbe limitata a costituire un’ATI per la partecipazione alla gara di appalto e per l’esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria stradale e fognaria sul territorio comunale di -O-.

4. Costituitosi l’intimato Ministero dell’interno, eccepiva l’infondatezza dell’impugnazione proposta ex adverso, della quale richiedeva, quindi, il rigetto.

5. All’udienza pubblica del 4 aprile 2018, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nel merito, il ricorso si rivela infondato per le ragioni illustrate in appresso.

2. Innanzitutto, giova rammentare, in via generale, che – come rilevato da Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016 – l’informativa interdittiva antimafia è una misura volta alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento dell’amministrazione pubblica: nella sostanza, essa comporta che l’autorità prefettizia escluda che un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione – possa considerarsi affidabile ed essere titolare di rapporti contrattuali con enti pubblici o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge.

Sotto tale profilo, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: in altri termini, una visione ‘parcellizzata’ di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua portata nel legame sistematico con gli altri.

3. Svolta tale premessa, osserva, in punto di fatto, il Collegio che il quadro indiziario allestito dall’autorità prefettizia a carico della -O- orbita, precipuamente, intorno alla figura dell’amministratore e socio unico, -O-, e si sostanzia in una serie di incontestati ‘contatti’ intrattenuti da quest’ultimo con svariati soggetti controindicati sotto il profilo antimafia (-O-, -O- e -O-), siccome destinatari di provvedimenti giurisdizionali penali (cautelari o di condanna) in relazione a reati di associazione di tipo mafioso, aggravati dall’agevolazione mafiosa o rilevanti sotto il profilo antimafia (trasferimento fraudolento di valori) ovvero a ‘delitti spia’ ex art. 84, comma 4, lett. a, del d.lgs. n. 159/2011 (turbata libertà degli incanti) (cfr. retro, in narrativa, sub n. 2).

3.1. I rilievi formulati nell’impugnata informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 19028 del 10 marzo 2017 trovano significativo riscontro analitico-esplicativo nei ragguagli contenuti nelle note del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta prot. n. 274591/2-3 P del 2 marzo 2017 e prot. n. 274591/2-4 P del 25 maggio 2017.

In particolare: - a tenore della citata nota del 25 maggio 2017, prot. n. 274591/2-4 P: -- -O- «è stato condannato il 17.2.2014, con sentenza n. -O- R.G. Appello della I Sezione della Corte di appello di Napoli, a 10 anni di reclusione in quanto responsabile di reati vari, tra cui gli artt. 416 bis, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 (associazione di stampo mafioso), 353, commi 1 e 2 (turbata libertà degli incanti), cod. pen., aggravati dall’art. 7 della l. n. 203/1991 … il medesimo era inserito nella holding di imprenditori delle famiglie -O-, che con mirate turbative dei pubblici incanti ed altre attività connesse, gestiva gli appalti pubblici, banditi nei comuni di influenza delle consorterie … dall’attività investigativa sono anche emersi rapporti telefonici tra il citato -O-, e -O-, amministratore e socio unico della -O-, e in particolare nella conversazione di cui al progressivo 6818 del 4.8.2005 -O-è con ‘-O-e dopo un breve scambio di battute, -O- riceveva assicurazione da ‘-O-(-O-) che proprio -O-non avrebbe interferito nello svolgimento della gara di appalto di interesse per il clan»;
-- -O- «è stato condannato l’11.10.2010, con sentenza n. -O- e n. -O- R.G. della Corte di assise di appello di Napoli per i reati di cui all’art. 416 bis, commi 4 e 5, cod. pen. (associazione di tipo mafioso) ad anni 4 di reclusione e ad anni 5 di interdizione dai pubblici uffici … nella sentenza citata -O- è indicato da cinque collaboratori di giustizia come imprenditore organico al clan dei casalesi e in particolare a -O-, con compiti dinamici in seno alla compagine (dal cambio di assegni, al portare informazioni, al ruolo di prestanome come intestatario fittizio di immobili di -O-, ecc.)»;
- a tenore della citata nota del 2 marzo 2017, prot. n. 274591/2-3 P, «-O- è tuttora detenuto presso la Casa circondariale di Terni con scadenza pena 4.3.2019».

3.2. Ad illustrazione e integrazione delle circostanze inferenziali poste a fondamento della gravata informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 19028 del 10 marzo 2017 concorrono, altresì, i resoconti forniti dalla Prefettura di Caserta con le esibite relazioni cat. 12b.16/ANT/Area I, del 19 maggio 2017, prot. n. 39551, del 1° giugno 2017, prot. n. 43576, e del 12 luglio 2017, prot. n. 54721.

«La società ricorrente – recitano le richiamate relazioni del 19 maggio 2017, prot. n. 39551, e del 1° giugno 2017, prot. n. 43576 – nel 2013 è stata destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia confermato in sede giurisdizionale amministrativa sia dal TAR Campania con la sent. n. -O- sia dal Consiglio di Stato con la sent. n. -O-. Il quadro indiziario del pericolo d’infiltrazioni mafiose discendeva da una serie di elementi, che, valutati in maniera complessiva ed in ragione della ratio della normativa in materia antimafia, ha rivelato una ‘qualificata’ probabilità di contiguità o per lo meno di soggiacenza della società ricorrente ad organizzazioni criminali, tale da condizionare le scelte e gli indirizzi della stessa. Elemento di pregnante rilevanza indiziaria è stato quanto emerso dalla lettura dell’o.c.c.c. n. -O- del 21.6.2010, emessa nell’ambito del noto procedimento penale denominato ‘Normandia 1’, ovvero la rilevazione di intercettazioni telefoniche tra -O-, amministratore e socio unico, e -O-, elemento di spicco del ‘clan dei Casalesi’, dalle quali emergono anche contatti/frequentazioni con il noto -O- alias ‘-O-, anch’egli elemento di spicco del medesimo clan. Ulteriori elementi indizianti emersi, che hanno avvalorato la plausibile permeabilità della società ricorrente al clan citato, sono stati un controllo di -O- nel 2006 con -O-, fratello del citato -O-, nonché la circostanza che nel 2006 lo stesso aveva stipulato un contratto di appalto in ATI con la società -O-, il cui amministratore e socio unico, è legato da vincoli di parentela con lo stesso -O- (cugino della madre), e destinataria di un provvedimento interdittivo antimafia nel 2010, confermato in entrambi i gradi di giudizio amministrativo … Le circostanze indizianti si rilevano proprio nei contatti/frequentazioni … di -O-, emersi nell’ambito dell’ordinanza sopra citata, con soggetti controindicati ai fini antimafia nonché intranei al ‘clan del Casalesi’, quali -O-, erroneamente indicato nella precedente interdittiva come figlio di -O-alias -O-, soggetto, comunque, condannato a dieci anni di reclusione per la violazione degli artt. 416 bis (associazione mafiosa) ed 353, commi 1 e 2 (turbata libertà degli incanti), cod. pen. aggravati dall’art. 7 della l. n. 203/91 nonché con -O-, e che, proprio per lo spessore criminale degli stessi, il semplice decorso del tempo non ha affievolito o escluso la loro valenza indiziaria sulla plausibile continguità della società ricorrente ad organizzazioni criminali. Tra l’altro, il rischio derivante dall’emersione di tentativi di infiltrazione mafiosa della criminalità organizzata in organismi imprenditoriali non può considerarsi fugato per il mero trascorrere di un certo lasso di tempo dall’originaria verifica effettuata, ma occorre piuttosto il sopraggiungere anche di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti cui veniva ricollegato il pericolo, che persuasivamente giustifichi lo scostamento dalla situazione rilevata in precedenza. Gli stessi fatti nuovi e positivi, rispetto alla precedente informativa del 2013, rappresentati con l’istanza di riesame dalla società ricorrente ovvero l’evoluzione positiva delle vicende processuali che hanno interessato -O- e la circostanza che l’informativa interdittiva emessa nei confronti della società -O- nel 2016, sia stata annullata dal TAR Campania, non scalfiscono il quadro indiziario delineato da questo ufficio, in quanto non escludono i plausibili collegamenti proprio con -O-».

3.3. Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale penale di Napoli il 21 giugno 2010 è riprodotta la seguente triangolazione telefonica tra -O-, -O- e -O-, la quale è particolarmente evocativa della soggiacenza del primo alle condotte egemoniche e prevaricatrici degli altri due, collegati ad organizzazioni camorristiche, ed assume, perciò, rilievo centrale nell’economia motivazionale della misura ostativa controversa:

«Altre due telefonate dell'indagato con il -O-, poi, consolidavano ulteriormente le responsabilità di quest'ultimo nell'ambito della turbativa d'asta in esame: le conversazioni chiarivano che egli avrebbe consegnato ai complici non solo l'offerta ma anche la polizza fideiussoria prevista dal bando di gara ed evidenziavano altri particolari utili a chiarire la posizione del già nominato imprenditore -O-. In particolare il -O-, su esplicita richiestadello -O-, aveva avuto la possibilità di verificare, tramite un tale -O-, non meglio identificato, che era stata stipulata una polizza per conto dell'impresa -O- per l'appalto di interesse per il clan (…)

Poco dopo aver avuto conferma del nominativo del pretendente ed aver accertato che era già nell'elenco dei concorrenti ricercati in precedenza dallo -O-, quest'ultimo ricontattava il -O- per chiedergli se lo stesso -O-avesse potuto procurargli il numero di telefono del -O-. Compresa l'esatta finalità della richiestadello -O-, il suo complice cercava di avvertirlo dei rischi connessi all'avvertimento cui stava per essere sottoposto il -O-;
dall'espressione utilizzata dal -O-si comprendeva chiaramente che il soggetto era protetto o, comunque, agiva per conto di qualcuno che aveva una posizione tale da poter mettere in difficoltà perfino il referente del clan -O-;
ciò nonostante lo -O- rappresentava al suo interlocutore che anche il soggetto che era alle spalle del -O- gli aveva già procurato una busta d'appoggio e che era d'accordo con la spartizione illecita decisa dal clan mafioso.

Prog. 6798 alle ore 17.29 del 3 agosto 2005: n. 33819171030, in uso a -O- nato a Napoli il -O- (decreto n. -O- emesso dalla DDA di Napoli in data 18.11.2004);
-O-, -O-, chiama -O- sull'utenza n. -O-, a lui intestata.

“-O-: -O-?! … - -O-: ueh -O- … R: cosa c’è?! N: ti vuoi far dare un poco il numero di -O-?! (…) R: tu lo sai a chi appartiene -O-? … mi senti?! … N: sì … lo so bene e quello me l'ha detto ... R: eh e chiama a questo … N: ha detto che non ci sta nessun problema, ha detto vicino a me … hai capito o no?! … volevo parlare con lui però io mi pare brutto hai capito?! … gli ho parlato già ... R: hai capito con chi? ... N: sì … R: quello che disse vicino a me … quando stavamo io e te e disse ‘devo venire un poco a casa e devo parlare con papà’? ... N: ehhh bellillo mi ha fatto la busta quello … R: ho capito ... N: … R: ti ho capito … questo disse che voleva parlare con papà tuo te lo ricordi?! ... N: eh … R: eh e poi … ora -O-sopra qua già non ci sta ... N: va bene dai ... ok ... R: scusa mi devi credere perché quello sta dal notaio a Caserta ... io ci devo andare a prendere la polizza alle sei e mezza … N: e fattelo dare dalla segretaria ... quelli tengono tutti ... R: sì mi dà un numero a me quella …”.

L'assoluta spregiudicatezza e la determinazionedello -O-, ancora una volta, si spiegano unicamente con l'accertata derivazione delle sue condotte da una matrice camorristica evidente, interpretata al massimo livello da -O- di -O-… Procuratosi comunque il numero di telefono del -O-, lo -O- provvedeva a contattarlo direttamente e, tenuto in debita considerazione l'avvertimento del -O-, spiegava molto cortesemente al -O- che lo stava contattando dopo aver avuto l'autorizzazione di tale -O-, del quale si dichiarava amico: era, molto chiaramente, la persona per conto della quale lavorava il -O-. Appreso che però l'imprenditore era fuori zona, e non potendo, quindi, riferirgli de visu le sue esigenze, fissava un appuntamento per il giorno successivo. L'utenza in questione risultava intestata a -O-, nato a-O- il -O-, ivi residente, via -O-, titolare dell’omonima impresa individuale sita presso la sua residenza.

Prog. 6801 alle ore 19,05 del 3 agosto 2005: n. -O-, in uso a -O- nato a Napoli il -O- (decreto n. -O- emesso dalla DDA di Napoli in data 18.11.2004);
-O-, -O-, chiama -O- sull’utenza n. -O-, a lui intestata.

“-O-: Pronto?! … -O-: eh pronto buona sera … è -O-? ... M: sì?! … N: eh buona sera sono -O- … un amico di -O- … M: eh … N: di -O- … M: sì … N: -O- hai capito ?! … M: ho capito … N: eh -O- ti volevo dire una cosa … stai per di qua? …. M: no non ci sto ora perché? … N: ah ho capito … no eh ti dovevo dire una cosa … perciò … M: ho capito … N: a limite … quand’è che ci potremmo vedere un poco ?! … M: eh questa sera, domani … domani a limite dai … N: domani? … M: eh domani dai … perché ora … ora sto a Roma, non ci sto … N: ah stai a Roma ho capito … dai … ho capito … va bene dai … eh ok, quello -O- mi ha detto che ti potevo chiamare ... insomma voglio dire ... M: non ho capito … N: ho detto -O- mi ha detto ‘chiamalo a nome mio’ eh. M: eh ... N: e te lo vedi dai … insomma … M: va bene dai … N: va bene allora ci sentiamo domani dai … M: va bene …”.

Come da accordi, il giorno successivo lo -O- avrebbe ricontattato -O-. L'imprenditore, nell'occasione, si trovava proprio con il citato -O- e, pertanto, provvedeva a passare il telefono a quest'ultimo. Con un breve e sintetico scambio di battute, evidentemente giustificato dalla pregressa conoscenza dei reali motivi della telefonata da parte del soggetto di nome -O- lo -O- riceveva assicurazione del fatto che il -O- non avrebbe più rappresentato un problema per lo svolgimento della gara d'appalto di interesse per il clan. Effettivamente, dall'esame del verbale di gara non emerge che abbia partecipato alcuna impresa riconducibile al predetto -O- … la stessa caratura del presumibile affiliato che fiancheggia il -O- rende evidente la consistenza criminale di -O-, -O- …”.

Prog. 6818 alle ore 09.24 del 4 agosto 2005: n. -O-, in uso a -O- nato a Napoli il -O- (decreto n. -O- emesso dalla DDA di Napoli in data 18.11.2004);
-O-, -O-, chiama -O- sull'utenza n. -O-, a lui intestata.

“-O-: pronto?! … -O-: eh pronto buongiorno … è -O-?! … M: sì … N: ciao -O- ti ho chiamato ieri … sono -O- … M: ah sì. N: eh … M: ora sto parlando proprio con -O- … (-O- chiede a -O- di passargli -O-) -O-: va bene -O- ciao ... N: tutto a posto? … D: eh … ciao … N: va bene me lo ringrazi dai … D: sì … N: ciao”».

3.4. A prescindere dall’errore nell’identificazione dell’interlocutore del -O- con -O--O-, -O-, figlio del capoclan dei casalesi, -O- (detto -O-), anziché con -O--O-, -O-, restano tuttora valide, nella sostanza, le considerazioni svolte da Cons. Stato, sez. III, n. -O- in merito alle conversazioni dianzi riportate.

In particolare, con la pronuncia citata si è statuito che: «quale che sia la sua posizione processuale nella vicenda ‘Normandia 1’ ed anche a voler ammettere che il leader criminale non lo conoscesse ed intendesse contattare non lui ma un diverso imprenditore avente il suo stesso cognome (elemento, quest’ultimo, comunque poco credibile, dal momento che il referente nella sua prima telefonata individua del tutto correttamente il soggetto in relazioni con l’imprenditore, la spendita del cui nome è idonea ad aprirgli comunque ‘le porte’ della considerazione e dell’attenzione da parte dell’imprenditore medesimo ), detti fatti sorreggono sufficientemente e ragionevolmente il contestato giudizio presuntivo, atteso che l’interessato, nella prima telefonata, ben comprende (anche o forse proprio in virtù della spendita di quel nome, che, si ricordi, è quello di un soggetto incontestatamente qualificato come prestanome del ‘clan’ ) il ruolo e l’interesse recato da colui che lo ha contattato, concordando con lui un appuntamento telefonico per il giorno successivo, al quale non si fa trovare impreparato, dal momento che all’atto della telefonata è proprio in compagnia di quel soggetto il cui nome ha funto da elemento di contatto, che si dimostra essere in tale occasione persona di fiducia dell’imprenditore, per di più affidabile anche per l’interlocutore, che riceveva infatti da essa (per conto, è evidente, dell’imprenditore stesso, che era presente ) ‘assicurazione’ circa il buon fine della condotta criminosa in atto. Nonostante, dunque, l’appellante reclami a gran voce la condizione del suo amministratore come ‘persona offesa dal reato’, già i predetti elementi, in disparte la condotta di palese ‘vicinanza’ ed ‘accondiscendenza’ ai metodi ed agli obiettivi dell’organizzazione criminale tenuta nel corso delle due telefonate, si rivelano sufficienti a corroborare una non illogica valutazione di possibile contiguità con associazioni mafiose, tenuto pure conto che, come è noto, in materia possono considerarsi rilevanti elementi non ritenuti tali ai fini di prova in sede penale».

In altri termini, l’episodio illustrato, al di là degli equivoci effettivi o ipotetici nell’identificazione dei relativi protagonisti (rispettivamente, -O-, con -O--O-, -O-, ad opera delle Forze di polizia e dell’autorità prefettizia, e -O-, amministratore unico della -O-, con -O-, amministratore unico della -O-, ad opera di -O-) lascia trasparire un dato oggettivo, eloquente e innegabile, rilevante, di per sé solo, ai fini antimafia, e cioè la permeabilità della governance dell’impresa ricorrente rispetto ai condizionamenti della malavita organizzata, quale, appunto, la pressione esercitata per rinunciare alla partecipazione ad una gara di appalto.

4. Ciò posto, le circostanze sopra descritte, considerate nella loro globalità, lasciano trasparire una rete di rapporti con soggetti intranei o contigui alla criminalità organizzata di stampo camorristico e – in base alla regola causale del ‘più probabile che non’ (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4657/2015;
n. 1328/2016;
n. 1743/2016;
n. 4295/2017) – sono, quindi, oggettivamente rivelatrici del pericolo concreto di condizionamento da parte della medesima criminalità organizzata di stampo camorristico nei confronti della -O-, così da formare un quadro indiziario in grado di resistere alle parcellizzate censure della ricorrente (sulla necessità di considerare in modo unitario, e non atomistico, gli elementi sintomatico-presuntivi del tentativo di infiltrazione mafiosa, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri, cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;
n. 5019/2011;
n. 5130/2011;
n. 254/2012;
n. 1240/2012;
n. 2678/2012;
n. 2806/2012;
n. 4208/2012;
n. 1329/2013;
sez. VI, n. 4119/2013;
sez. III, n. 4414/2013;
n. 4527/2015;
n. 5437/2015;
n. 1328/2016;
TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 1951/2011;
TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 3242/2011;
n. 3622/2011;
n. 2628/2012;
n. 2882/2012;
n. 4127/2012;
n. 4674/2013;
n. 858/2014;
n. 4861/2016;
TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 401/2012;
TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 1875/2012;
TAR Basilicata, Potenza, n. 210/2013;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 1923/2914).

Ed invero, «se è di per sé è irrilevante un episodio isolato ovvero giustificabile, sono invece altamente significativi i ripetuti contatti o le 'frequentazioni' di soggetti coinvolti in sodalizi criminali, di coloro che risultino avere precedenti penali o che comunque siano stati presi in considerazione da misure di prevenzione. Tali contatti o frequentazioni (anche per le modalità, i luoghi e gli orari in cui avvengono) possono far presumere, secondo la cennata logica del ‘più probabile che non’, che l'imprenditore – direttamente o anche tramite un proprio intermediario – scelga consapevolmente di porsi in dialogo e in contatto con ambienti mafiosi. Quand'anche ciò non risulti punibile (salva l'adozione delle misure di prevenzione), la consapevolezza dell'imprenditore di frequentare soggetti mafiosi e di porsi su una pericolosa linea di confine tra legalità e illegalità (che lo Stato deve invece demarcare e difendere ad ogni costo) deve comportare la reazione dello Stato proprio con l'esclusione dell'imprenditore medesimo dal conseguimento di appalti pubblici e comunque degli altri provvedimenti abilitativi individuati dalla legge. In altri termini, l'imprenditore che – mediante incontri, telefonate o altri mezzi di comunicazione, contatti diretti o indiretti – abbia tali rapporti (e che si espone al rischio di esserne influenzato per quanto riguarda le proprie attività patrimoniali e scelte imprenditoriali) deve essere consapevole della inevitabile perdita di 'fiducia', nel senso sopra precisato, che ne consegue (perdita che il provvedimento prefettizio attesta, mediante l'informativa)» (Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016).

5. Ai superiori rilievi reiettivi di ordine metodologico, di per sé soli assorbenti, è il caso di soggiungere quanto segue, ad analitica confutazione delle singole deduzioni attoree.

5.1. Prive di pregio sono le deduzioni difensive in base alle quali -O- sarebbe incensurato, mentre -O- sarebbe stato assolto dall’imputazione di reato di trasferimento fraudolento di beni ex art. 12 della l. n. 306/1992.

Ed invero, come statuito da Cons. Stato, sez. III, n. 1743/2016, «è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio … poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante. Occorre invece valutare il rischio di inquinamento mafioso in base all'ormai consolidato criterio del ‘più probabile che non’, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali, qual è, anzitutto, anche quello mafioso. Per questo gli elementi posti a base dell'informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione. I fatti che l'autorità prefettizia deve valorizzare prescindono, infatti, dall'atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e finanche da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione … ma sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che la mafia, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, può esercitare sull'impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo» (cfr. anche, in tal senso, Cons. Stato, sez. III, n. 3208/2014;
n. 4286/2017;
TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 2866/2016;
TAR Emilia Romagna, Parma, n. 7/2017).

5.2. L’erronea identificazione dell’interlocutore telefonico di -O- con -O--O-, -O-, figlio del capoclan dei casalesi, -O- (detto -O-), con -O--O-, -O-, risulta insuscettibile di menomare la rilevanza sotto il profilo antimafia del contatto riscontrato, atteso che – come puntualmente acclarato dall’autorità prefettizia in sede di riesame della pregressa informativa interdittiva cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 3875 del 22 gennaio 2013, anche il secondo dei menzionati soggetti – nei cui confronti il -O- assume una condotta senza dubbio soggiacente (cfr. retro, sub n. 3.3-4) figura come intraneo all’organizzazione camorristica, in quanto «condannato il 17.2.2014, con sentenza n. -O- R.G. Appello della I Sezione della Corte di appello di Napoli, a 10 anni di reclusione in quanto responsabile di reati vari, tra cui gli artt. 416 bis, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 (associazione di stampo mafioso), 353, commi 1 e 2 (turbata libertà degli incanti), cod. pen., aggravati dall’art. 7 della l. n. 203/1991» (cfr. retro, sub n. 3.1).

5.3. Prova, poi, troppo l’argomento secondo cui i reati accertati a carico di -O-, sarebbero stati commessi in data successiva al colloquio con -O-: ciò non esclude, infatti, la preesistente capacità di condizionamento nei confronti dell’imprenditore contattato da parte del menzionato -O-, che è divenuto successivamente destinatario di condanna penale per il reato di associazione di tipo mafioso e per il ‘delitto spia’ ex art. 84, comma 4, lett. a, del d.lgs. n. 159/2011, consistito nella turbata libertà degli incanti, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

5.4. Quanto alla figura di -O-, rimane, da un lato, indimostrato l’asserito suo recupero nel tessuto sociale ed è, d’altro lato, smentita per tabulas la negazione del suo ruolo primario nell’ambito del clan dei casalesi, laddove nella nota del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta prot. n. 274591/2-4 P del 25 maggio 2017 si evidenzia che il soggetto in parola «è stato condannato l’11.10.2010, con sentenza n. -O- e n. -O- R.G. della Corte di assise di appello di Napoli per i reati di cui all’art. 416 bis, commi 4 e 5, cod. pen. (associazione di tipo mafioso) ad anni 4 di reclusione e ad anni 5 di interdizione dai pubblici uffici … nella sentenza citata -O- è indicato da cinque collaboratori di giustizia come imprenditore organico al clan dei casalesi e in particolare a -O-, con compiti dinamici in seno alla compagine (dal cambio di assegni, al portare informazioni, al ruolo di prestanome come intestatario fittizio di immobili di -O-, ecc.)» (cfr. retro, sub n. 3.1).

5.5. Il rischio di inquinamento mafioso si può considerare superato non solo e non tanto per il trascorrere di un considerevole lasso di tempo dai fatti contestati senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, quanto anche e soprattutto per il sopraggiungere di fatti positivi – non ravvisabili nel caso in esame –, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare del soggetto cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente dimostri l'inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 553/2015;
TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 653/2012;
n. 103/2016;
n. 1184/2016;
n. 3462/2016).

Il mero decorso del tempo, di per sé solo, non implica, cioè, la perdita del requisito dell’attualità del tentativo di infiltrazione mafiosa e la conseguente decadenza delle vicende descritte in un atto interdittivo, né implica l’inutilizzabilità di queste ultime quale materiale istruttorio ai fini di un nuovo provvedimento, donde l’irrilevanza della ‘risalenza’ dei dati considerati, ai fini della rimozione della disposta misura ostativa, occorrendo, piuttosto, che vi siano tanto fatti nuovi positivi quanto il loro consolidamento, così da far virare in modo irreversibile l'impresa dalla situazione negativa alla fuoriuscita definitiva dal cono d'ombra della mafiosità (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4323/2015).

5.6. La vicenda della compartecipazione in ATI della -O- con la -O- (colpita da informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 42236 del 24 luglio 2015, poi annullata con sentenza del TAR Campania, Napoli, sez. I, n. -O-) esula dal perimetro motivazionale dell’impugnata informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 19028 del 10 marzo 2017.

5.7. L’assunto secondo cui -O-, intendesse, in realtà, esercitare pressione non già su -O-, bensì su -O-, amministratore unico della -O-, è contraddetto dalla ricognizione compiuta dalla Sezione nella citata sentenza n. -O- (annullatoria dell’informativa interdittiva antimafia cat. 12b.16/ANT/Area I, prot. n. 42236 del 24 luglio 2015): «Dalle sentenze del giudice penale – recita la pronuncia richiamata – risulta che l’impresa individuale di -O- era stata avvicinata dai clan camorristici e indotta a non partecipare a una gara d’appalto bandita dal comune di -O-;
il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nel ricostruire la turbativa sistematica di appalti pubblici da parte dell’organizzazione camorristica dei casalesi, prende in considerazione, tra le altre, questa gara d’appalto configurando l’impresa di -O- come parte lesa;
anche la sentenza della Corte d’appello di Napoli del 17 febbraio 2014 accerta che -O- e altri esponenti mafiosi compivano atti di concorrenza sleale, costringendo gli imprenditori interessati a rinunciare alla presentazione di offerte in occasione di gare pubbliche;
tra gli imprenditori identificati risulta, ancora, -O-;
in nessuna delle due sentenze, in effetti, si fa riferimento all’impresa del ricorrente, -O-, omonimo ma non parente di -O-;
l’impresa -O- risulta nominata soltanto in una intercettazione telefonica, il cui contenuto non appare particolarmente significativo. Anche la sentenza del Consiglio di Stato, richiamata dalla difesa del ricorrente, ritiene legittima la nota interdittiva a carico di -O-, essendo stato accertato che costui si era prestato alle manovre della criminalità organizzata per il controllo degli appalti pubblici».

6. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza di tutte le censure proposte, così come dianzi scrutinate, il ricorso in epigrafe ed i relativi motivi aggiunti vanno respinti.

7. Sussistono giusti e particolari motivi, in virtù della delicatezza della vicenda contenziosa, per compensare interamente tra le parti le spese processuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi