TAR Torino, sez. I, sentenza 2022-03-04, n. 202200179

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2022-03-04, n. 202200179
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202200179
Data del deposito : 4 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/03/2022

N. 00179/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00489/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 489 del 2021, proposto da
-ricorrente- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati D C, R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’interno e Ufficio Territoriale del Governo di Torino, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, 21;

nei confronti

Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Prefetto della Provincia di Torino in data -OMISSIS- Area I bis/Ant, notificato a mezzo pec alla ricorrente in data 15/3/2021, con il quale veniva disposto il rigetto dell'istanza della società -ricorrente- Srl, con sede legale a -OMISSIS-, per l'iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori ( c.d. white list ) istituito presso la medesima Prefettura e la contestuale cancellazione della medesima dall'elenco delle imprese richiedenti l'iscrizione;

nonché di ogni altro presupposto, conseguenziale e comunque connesso, ancorché non conosciuto dalla ricorrente, ivi compresa – per quanto di ragione – la nota del -OMISSIS- a firma del Dirigente dell'Area I Bis della Prefettura di Torino, con la quale veniva comunicata l'esistenza di motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza presentata dalla ricorrente ai sensi dell'art. 10- bis della legge 241/1990.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2022 il dott. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – La società -ricorrente- a responsabilità limitata, dedita alle attività di costruzione, riparazione, installazione, manutenzione e posa in opera di elementi di carpenteria in ferro, metalli e/o affini ha presentato in data -OMISSIS- istanza di iscrizione nell’elenco dei fornitori, dei prestatori di servizi e degli esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa presso la Prefettura di Torino. Interessata da preavviso di rigetto ex art. 10- bis legge n. 241/1990, la società ha prodotto deduzioni scritte a sostegno dell’accoglimento della propria istanza.

Senonché, la Prefettura di Torino si è determinata conclusivamente per la reiezione dell’istanza, informando la società che sussistono nei suoi confronti elementi indiziari sintomatici di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata atti a condizionarne le scelte e gli indirizzi di impresa. Immediatamente dopo, il provvedimento prefettizio è stato inserito nel casellario informatico degli operatori economici tenuto dall’ANAC.

2. – La società ha tempestivamente impugnato la determinazione prefettizia dolendosi della sua illegittimità per violazione di legge con riferimento agli artt. 2 e 3 del d.P.C.M. 18 aprile 2013 nonché in relazione agli artt. 67, 84 e 91 d.lgs. 159/2011 e dell’art. 3 l. n. 241/1990 e per eccesso di potere sub specie di difetto di motivazione e di logicità, travisamento di fatti e palese contraddittorietà.

La ricorrente obietta, in particolare, che i fatti riportati nel provvedimento impugnato dai quali il Prefetto ha tratto il proprio convincimento per negare la richiesta di iscrizione proveniente dalla ricorrente riguarderebbero esclusivamente il dipendente -T- e le sue presunte, ma risalenti, frequentazioni, tuttavia non coinvolgerebbero in alcun modo l’impresa o i soggetti aventi ruoli decisionali o dirigenziali all’interno della compagine aziendale. Aggiunge, altresì, la società che i due sparuti episodi avrebbero dovuto essere posti in correlazione con il contenuto dei rapporti informativi del Comando provinciale Carabinieri e del Nucleo polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, da cui non emergono elementi ostativi ai sensi della normativa antimafia, né il solo rapporto di coniugio parrebbe di per sé sufficiente a veicolare agevolmente l’illecita ingerenza della criminalità organizzata nelle scelte decisionali di impresa.

2.1. – Con secondo profilo di doglianza, la società denuncia l’illegittimità del provvedimento per violazione di legge con riferimento all’art. 7 l.n. 241/1990 e per eccesso di potere sub specie di difetto istruttorio, carenza di presupposti ed omessa considerazione di circostanze essenziali. -ricorrente- lamentano segnatamente la carenza di elementi sintomatici di collegamento tra le vicissitudini elettorali del Comune di Chivasso, in occasione delle quali furono esercitate pressioni da parte del -C- sulle compagini politiche, da un lato, e la sfera imprenditoriale di riferimento del -T-, dall’altro. In altre parole, la ricostruzione offerta dal Prefetto non consentirebbe di giustificare l’adozione del provvedimento di diniego, anche a voler ammettere la possibilità di attingere ad elementi del tutto estranei alla compagine societaria.

2.2. – Con terzo e ultimo motivo di censura, -ricorrente- deducono l’eccesso di potere per contraddittorietà, sviamento di potere e difetto istruttorio sotto altro profilo, consistente nella allegata approssimazione dell’analisi degli aspetti temporali degli elementi ricavati dalle informative: in estrema sintesi, non si rinverrebbero nel compendio indiziario elementi atti ad attualizzare la valenza sintomatica dei due episodi, risalenti al 2010-2011, ai fini del giudizio prognostico di permeabilità mafiosa.

3. – Il Ministero dell’interno si è ritualmente costituito in giudizio e ha eccepito l’infondatezza delle deduzioni avversarie.

4. – In esito alla camera di consiglio del 23 giugno 2021, il Collegio, nell’ascrivere particolare valenza alla natura circoscritta e risalente dei due episodi sintomatici presenti nel compendio indiziario, ha ravvisato perplessità sulla sostenibilità del giudizio prognostico di permeabilità mafiosa, riservando la questione al doveroso approfondimento proprio della trattazione di merito;
nelle more, è stata concessa la misura interinale sospensiva.

5. – Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 c.p.a., la causa è venuta in discussione all’udienza pubblica del 23 febbraio 2022 ed è stata incamerata per la decisione

6. – Il piano delle censure svolte dalla società ricorrente orbita attorno all’apprezzamento del compendio indiziario posto a suo carico dalla Prefettura e consistente nelle due intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno visto coinvolto -T- con -C-;
i tre motivi di gravame possono essere esaminati unitariamente per la stretta connessione dei profili censori sviluppati.

Ai fini di una corretta delibazione della materia del contendere giova preliminarmente richiamare il costante indirizzo seguito dalla giurisprudenza amministrativa giusta il quale l'interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare e per la sua funzione di massima anticipazione della soglia di prevenzione, non richiede la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d'altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri ( cfr. ex multis , T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 09/11/2021, n.7127;
T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 11/10/2021, n.6386;
T.A.R. Napoli, (Campania) sez. I, 11/05/2021, n.3113;
Consiglio di Stato sez. III, 16/10/2020, n.6284).

6.1. – Ribadita nei suddetti termini la innegabile consistenza di fattispecie di pericolo concreto cui va ricondotta la situazione legittimante l’adozione di un’interdittiva antimafia, preme al Collegio dare continuità all’importante magistero ermeneutico impartito dalla Sezione terza del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 1743 del 2016 che ha compiuto un fondamentale sforzo di reductio ad unitatem delle situazioni indizianti suscettive di dar luogo all’emanazione del provvedimento prefettizio, erigendo quel “sistema di tassatività sostanziale” promosso e avallato anche dal giudice costituzionale ( cfr . C. Cost. sentenza n. 57 del 2020). Vengono, in particolare, in evidenza due situazioni enucleate dal Supremo consesso e concretamente rinvenibili nella fattispecie de qua : si fa riferimento ai rapporti di parentela e ai contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia ( cfr . punto 6 Cons. Stato, sentenza n. 1743/2016).

6.2. – Mutuando l’insegnamento ermeneutico del Consiglio di Stato, “ circa i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia, di titolari, soci, amministratori, dipendenti dell'impresa con soggetti raggiunti da provvedimenti di carattere penale o da misure di prevenzione antimafia, l'Amministrazione può ragionevolmente attribuire loro rilevanza quando essi non siano frutto di casualità o, per converso, di necessità. Se di per sé è irrilevante un episodio isolato ovvero giustificabile, sono invece altamente significativi i ripetuti contatti o le 'frequentazioni' di soggetti coinvolti in sodalizi criminali, di coloro che risultino avere precedenti penali o che comunque siano stati presi in considerazione da misure di prevenzione ”. Orbene, nel caso di specie, il -T- è stato intercettato due volte nell’arco di un ragionevolmente contenuto lasso di tempo (17 maggio 2011 e 10 febbraio 2012) nell’atto di interloquire confidenzialmente con -C-, esponente della locale consorteria di ‘ndrangheta di -Sempronio-, condannato alla pena di anni 9 di reclusione per il delitto associativo di cui all’art. 416- bis c.p. dalla Corte di appello di Torino, con la definitiva sentenza del -OMISSIS-.

Il tenore delle conversazioni intrattenute, il cui oggetto verteva sui risultati della tornata elettorale al comune di Chivasso, a cui era candidato lo stesso -T- per una lista civica unitamente al fratello di -C-, testimonia la sussistenza di un rapporto all’insegna della confidenzialità e della piena consapevolezza e condivisione delle dinamiche mafiose orbitanti intorno alla campagna elettorale: dalle risultanze penali emerge che la consultazione elettorale risultava esser stata inquinata dalle manovre poste in essere dalla consorteria criminale mossa dall’intento di infiltrare candidati in varie liste e di renderne decisivo l’apporto per controllare gli esiti ai ballottaggi.

Ne consegue che i contatti telefonici e ambientali intercorsi tra il -T- e il -C- comprovano l’esistenza di un rapporto che traguarda la semplice occasionalità ed esorbita dalla mera conoscenza o amicizia per trasmodare nella cointeressenza alla manipolazione degli esiti elettorali – essendo lo stesso -T- candidato in lista con un congiunto del -C-. Per riecheggiare l’argomentare del Supremo consesso di giustizia amministrativa, “ tali contatti o frequentazioni (anche per le modalità, i luoghi e gli orari in cui avvengono) possono far presumere, secondo la logica del "più probabile che non", che l'imprenditore - direttamente o anche tramite un proprio intermediario - scelga consapevolmente di porsi in dialogo e in contatto con ambienti mafiosi ”. Orbene, la relazione di stretta contiguità e cointeressenza tra il -T- e il -C- emerge con sufficiente nettezza e, seppur da due soli episodi intercettati, assume indubitabile pregnanza sintomatica, il che corrobora la tesi dell’amministrazione circa la potenziale carica infiltrativa espressa dalla figura del -T-.

6.3. – Il mosaico si compone e si completa con il legame che unisce -T- all’impresa odierna ricorrente: come emerge ex actis , -T- è dipendente part time, a far data dal 23 gennaio 2019 della società -ricorrente- s.r.l. – che, si badi bene, reca il suo cognome nella denominazione ragione – e, in via vieppiù assorbente, è coniuge convivente della sig.ra -Tizia- che dispone della totalità del capitale sociale nonché dei poteri di amministratrice. Al riguardo, è significativo rammentare l’orientamento pretorio del Supremo Consesso per cui “ quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell'impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, l'Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del "più probabile che non", che l'impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto ”. Orbene, nel caso di specie, il rapporto di -T-, in quanto coniuge convivente dell’amministratrice della società, recante il suo nome nella denominazione, della quale risulta essere dipendente, rientra a pieno titolo nel novero dei rapporti parentali e familiari qualificati da un’intensità e da un carattere sintomatico agli effetti del giudizio prognostico. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la permeabilità mafiosa possa propagarsi ed esprimersi, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa, anche attraverso rapporti interpersonali elettivi proprio come quello di coniugio (specie se connotato da effettività dell’ affectio familiae , ravvisabile nel dato fenomenico della persistente convivenza).

6.4. – L’apprezzamento di tali situazioni indiziarie deve essere effettuato non in via atomistica, bensì sintetica e omnicomprensiva, secondo quel calibrato giudizio sintetico tratteggiato dalla giurisprudenza amministrativa consacrata dalla ridetta sentenza n. 1743/2016: ebbene, le valutazioni prefettizie profuse nel provvedimento impugnato affrontano con il suddetto approccio olistico la posizione del -T- nei riguardi della società desumendo, con ragionamento immune da illogicità ed improntato al sillogismo probabilistico tarato sul canone probatorio del “più probabile che non”, il pericolo di condizionamento mafioso sulle scelte e gli indirizzi di impresa. Non valgono, peraltro, a scalfire la tenuta argomentativa dell’opinare dell’Autorità prefettizia le altre risultanze info-investigative, che si limitano a constatare l’insussistenza di ulteriori elementi di controindicazione mafiosa (circostanza che, a dispetto degli assunti della società prevenuta, non equivale all’attribuzione di un salvacondotto o di una patente di immunità mafiosa presunta iuris et de iure ). Non ha pregio, peraltro, la deduzione attorea circa l’indimostrata esistenza di collegamenti tra il -T- e la sfera imprenditoriale della società: la ricorrente, nel richiamare correttamente il costante insegnamento della giurisprudenza sul sillogismo induttivo sotteso alle informazioni antimafia, non ne fa poi in concreto buon governo atteso che il collegamento tra gli elementi desunti dalle informative e lo svolgimento dell’attività di impresa rinviene il suo fulcro proprio nella figura del -T-, il quale, da un lato, dimostra contiguità compiacente con soggetti di indubbia caratura criminale (egli figura candidato nelle liste assieme al fratello del -C-, interagisce telefonicamente con lo stesso con un grado di confidenza inusitata circa le vicende elettorali, rispetto alle quali palesa di nutrire interesse in proprio e per conto del sodalizio), dall’altro, lavora alle dipendenze dell’impresa, convive con la sua amministratrice, con cui è anche coniugato. Indi, il canale di infiltrazione che concretizza il pericolo di permeabilità mafiosa si sostanzia in queste circostanziate relazioni, di indubbia pregnanza.

7. – Va, da ultimo, affrontata l’obiezione concernente l’allegata obsolescenza degli elementi indiziari (le intercettazioni si riferiscono a conversazioni del 2011 e del 2012): a tal riguardo, l’insegnamento costante della giurisprudenza afferma che l'interdittiva antimafia può fondarsi, oltre che su fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando tuttavia dal complesso delle vicende esaminate, e sulla base degli indizi (anche più risalenti) raccolti, possa ritenersi sussistente un condizionamento attuale dell'attività dell'impresa ( cfr. Consiglio di Stato sez. III, 5 maggio 2017, n. 2085;
Consiglio di Stato sez. III, 24 ottobre 2016, n. 4454). nel caso di specie, il decorso del tempo assume una valenza neutra, non essendo sopravvenute circostanze atte a segnalare un chiaro distacco o dissociazione dell’impresa, pur costituita successivamente agli eventi indizianti, dal veicolo di potenziale pericolo infiltrativo rappresentato dal -T- e dalla sua sfera di passati contatti, cointeressenze e frequentazioni. In altre parole, alla luce della portata indiziante degli eventi emergenti dalle risultanze info-investigative, non pare scalfita né sminuita la valenza induttiva del sillogismo indiziario che conduce a formulare, secondo il canone probatorio “più probabile che non” che sia ragionevolmente persistente il pericolo di condizionamento dell’attività di impresa da parte delle consorterie criminali in considerazione della relazione qualificata che lega la società alla figura del -T-. Come ben esposto dianzi, l’ ubi consistam dell’informativa antimafia risiede nel giudizio prognostico di un pericolo infiltrativo e non già di un’infiltrazione o di un condizionamento in essere, a riprova della sua natura di fattispecie di pericolo e non di danno, e della correlativa funzione preventivo-cautelare e non sanzionatoria.

8. – Alla luce delle considerazioni dianzi sviluppate, il ricorso si appalesa infondato nel merito e deve essere conclusivamente respinto.

9. – Il precipuo andamento delle fasi di giudizio costituisce valido motivo per disporre la compensazione delle spese di lite.

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