TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2013-03-15, n. 201300170

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza 2013-03-15, n. 201300170
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201300170
Data del deposito : 15 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00360/2012 REG.RIC.

N. 00170/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00360/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 360 del 2012, proposto da:
F B in proprio e n.q. di legale rappresentante della ditta Sinergia Snc di F B &
C. Snc, rappresentato e difeso dall'avv. U R, con domicilio eletto presso Giovanni Mazzitelli Avv. in Reggio Calabria, via Spagnolio N. 14/A;

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;

per l'annullamento

1) della nota del Prefetto di Reggio Calabria, datata 30.03.2012, (prot. di uscita n.22499 del 13.04.12) e comunicato per consegna brevi manu all’odierno ricorrente il 18.04.2012, nella quale si formulava informazione interdittiva ai sensi dell’art. 10 dpr n.252/1998;

2) oltre che di ogni atto a questi connesso o conseguente o da questi presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2013 il dott. S G C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Nell’odierno giudizio, la parte ricorrente si duole dell’illegittimità degli atti con i quali la Prefettura di Reggio Calabria ha attestato, con effetto interdittivo, l’esistenza di rischi di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’azienda, su richiesta di un Istituto di credito ai fini dell’ammissione a finanziamenti agevolati dell’impresa stessa.

I) In fatto, si osserva che il provvedimento interdittivo è fondato sulle seguenti circostanze (risultanti dalla nota della Questura del 11/10/2011 e da quella del Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri del 16/1/2012, versate in atti):

- il socio amministratore è stato, di recente, deferito all’A.G. per i reati previsti dall’art. 256 c. 1 lett. a) del d. l.vo nr. 152/2006, dall’art. 142 c. 1 lett. c) del d. l.vo nr. 42/2004 e dagli artt. 674 e 734 del c.p. (reati di illecito smaltimento dei rifiuti, procedimento nell’ambito del quale è stato sottoposto a sequestro un impianto di depurazione e di lavorazione di materiale inerte di proprietà dello stesso amministratore);

- i fratelli Femia sono stati in passato interessati da procedimento penale, unitamente ad altri imprenditori locali, per associazione di tipo mafioso, omicidio, violazione della legge sulle armi e altro e, secondo la difesa dell’Avvocatura di Stato (conclusasi con sentenza di archiviazione emessa dal GUP ex art. 435 cpp per non aver commesso il fatto, divenuta irrevocabile il 22.07.2006);

- secondo l’Avvocatura, ancorché tale procedimento sia stato archiviato, le relative risultanze possono essere prese in considerazione dal Prefetto nell’ambito della propria funzione valutativo-discrezionale;

- inoltre, il socio amministratore è stato, di recente, controllato unitamente a persone controindicate, di cui due interessate da recenti operazioni di polizia di rilievo in materia di contrasto alla criminalità organizzata;
tra questi, il sig. D G, elemento ritenuto fiancheggiatore di cosca mafiosa e sottoposto, in data 8/11/2010, a misura cautelare interdittiva per mesi due con divieto di esercitare attività professionali e/o imprenditoriali nel settore dell’edilizia pubblica (Operazione di P.G. “Entourage”, che ha fatto luce su un sistema di conduzione dell’attività imprenditoriale reiterato e consolidato nel tempo, finalizzato al controllo delle attività economiche e degli appalti di questa provincia ) ;

- il Demasi era socio della Sinergia Snc, pur avendo poi ceduto la quota societaria;
tale ultima circostanza, secondo l’Avvocatura, sarebbe irrilevante, dovendosi ritenere sintomatica del tentativo della società ricorrente di “ripulire” formalmente la propria compagine per eludere la certificazione antimafia.

II) La difesa del ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento interdittivo per articolate censure, contestandone in fatto le premesse istruttorie.

In particolare, nella memoria del 21 settembre 2012, la difesa evidenzia che i rapporti con Demasi sono cessati anteriormente alle vicende di quest’ultimo e comunque in tempi risalenti anche rispetto all’impugnativa odierno oggetto di gravame;
il F B non è pregiudicato;
nessun impianto di produzione di calcestruzzo e di depurazione del materiale inerte di proprietà dello stesso risulta essere stato soggetto a sequestro;
il F B non è stato “controllato” unitamente a persone controindicate;
le “frequentazioni” sono insuscettibili di denotare alcun coinvolgimento del Femia con controindicati.

Quanto a quest’ultima tipologia di informazioni, sulla base degli elementi temporali e di luogo che sono riportati nelle informative delle Forze dell’Ordine, la difesa del ricorrente offre articolati elementi volti a ricostruirne il contesto in termini tali da escluderne la significatività.

III) Con ordinanza cautelare nr. 158/2012, il Tribunale ha ritenuto che “ la motivazione dell’atto impugnato appare carente in ordine agli aspetti colà evidenziati (e che dunque necessitano di un adeguato approfondimento), con particolare riferimento alle circostanze di tempo e di luogo in cui sarebbe avvenuto il controllo del 15 agosto 2011, all’inesistenza di un sequestro dell’impianto di produzione del calcestruzzo, ed ai rapporti con il socio Demasi, atteso che, in ogni caso, non emerge dagli atti di causa quale rilievo dovrebbe essere riconosciuto alle accuse di cui al procedimento penale richiamato nell’informativa dell’11.10.2011 dell’Arma dei Carabinieri (dal momento che questa stessa informativa evidenzia l’avvenuta assoluzione dell’odierno ricorrente “per non aver commesso il fatto”) ” ed ha contestualmente invitato parte ricorrente a “ meglio comprovare e documentare lo stato e l’andamento dei rapporti intrattenuti con il Demasi, con precipuo riferimento ai rispettivi impegni ed apporti di natura tecnica ed economico-finanziaria ”.

IV) Con memoria conclusionale depositata il 20 dicembre 2012, la difesa di parte ricorrente ha adempiuto a tale ultima richiesta di chiarimenti, documentando tra l’altro, tramite deposito di copie dei relativi assegni, i reciproci versamenti attinenti la liquidazione delle quote sociali del Demasi, relative al recesso dalla società avvenuto il 14.09.2010 (mentre la sottoposizione del Demasi stesso a misura cautelare nell’ambito dell’inchiesta “Entourage”, costituita dall’interdizione per mesi due dalla partecipazione alle pubbliche gare, è dell’8.11.2010).

Più precisamente, la difesa della parte ricorrente così ricostruisce i rapporti con l’ex-socio Demasi e le ragioni del suo recesso dalla compagine societaria, avvenuta nel Settembre del 2010 e dovuta a ragioni di natura economica, date dalla difficoltà di quest’ultimo di onorare i propri impegni finanziari ed economici, pro quota, quale socio della predetta società.

La difesa del ricorrente rammenta preliminarmente che, mentre della compagine societaria faceva ancora parte il Demasi, era già stata emessa una precedente informativa favorevole sempre su richiesta del Ministero dello Sviluppo Economico e, per esso, dell’Istituto di Credito che curava l’istruttoria di un’altra pratica agevolativa (comunicazione a firma del Ministero dello Sviluppo Economico datato 24.06.2008, ed inviata a Centro Banca SPA, in atti).

In seguito, il socio Demasi, incapace di sostenere con il proprio ulteriore apporto economico, le necessità d’investimento del programma preindustriale della società Sinergia, cedeva in data 14.09.2010, la propria quota societaria (pari al 16%), al Sig. F B.

Le difficoltà economiche del Demasi e la natura sostanziale e non solo apparente o strumentale della sua uscita dalla compagine sociale sono comprovate dalla difesa del ricorrente con riferimento alle seguenti circostanze e documentazioni:

- nel Settembre dell’anno 2011 veniva levato di un protesto per un assegno emesso senza provvista e la contestuale iscrizione del medesimo Demasi nel Registro Protesti tenuto presso la Camera di Commercio di Reggio Calabria;

sono stati depositati in giudizio tutti gli estratti conto bancari afferenti al Conto Corrente acceso dalla Società Sinergia snc presso BCC di Cittanova – Filiale di Siderno, come pure l’attestazione del Direttore di Filiale, con relative documentazioni contabili bancarie, dalle quali è dato univocamente evincersi che il mutuo acceso dalla predetta Sinergia snc in data 23.09.2009, per la complessiva somma di € 275.000,00, sia stato sempre rimborsato dalla Ditta Femia Nicola di F B e c. snc, nonché dalla Intonaci Meridionali di F B e c. snc.;

sono depositati, inoltre, copia di n. 3 assegni, con prova di avvenuto incasso, rispettivamente emessi in data 30.08.10, 30.09.10 e 30.10.2010, con i quali il F B, e per esso l’Impresa Femia Nicola di F B e c. snc, versò il prezzo pattuito per l’acquisto della quota posseduta dal Demasi ed il rimborso degli anticipi versati dal Demasi medesimo per fare fronte alle esigenze di investimento e liquidità della Sinergia snc.

Sulla base di tali documentazioni la difesa del ricorrente evidenzia dunque che gli apporti forniti dal Demasi alla compagine societaria della Sinergia sono riassumibili in n. 5 versamenti effettuati tra il 22.05.2008 ed il 26.11.2008 per un totale complessivo di € 86.500,00;
i tre assegni emessi dalla Ditta Femia Nicola in favore del Sig. D G contengano pagamenti per € 80.000,00 (n. 2 assegni da € 20.000,00 e n. 1 assegno da € 40.000,00) e risultano emessi, rispettivamente, in data 30.08.2010, 30.09.2010 e 30.10.2010, laddove il recesso del socio Demasi e l’acquisto della quota in favore del Femia risale al 14.09.2010 (a metà delle tre scadenze indicate).

Il Demasi ebbe praticamente restituito indietro l’intero importo sborsato per la partecipazione quale socio alla Sinergia, mentre il Femia si è accollato in tal modo non solo il maggior onere derivante dal rimborso degli apporti precedentemente sostenuti dal Demasi ma, altresì, il conseguente rischio di impresa.

Ulteriore riscontro del sostanziale e non fittizio o strumentale distacco del socio Demasi dalle esigenze della compagine societaria emerge dalla mancata partecipazione del medesimo socio agli oneri di rimborso del mutuo acceso da Sinergia presso la Banca di Credito Cooperativo di Cittanova, filiale di Siderno, per far fronte alle esigenze di sviluppo preindustriale del prototipo realizzato e finanziato dal Ministero: l’attestazione bancaria e la relativa documentazione comprova che tutte le 21 rate versate nell’arco di tempo compreso tra la data di stipula del mutuo (Set. 2009) e quella di sospensione (per mancato pagamento ) del mutuo medesimo (Feb. 2012) risultano essere state coperte da versamenti direttamente riconducibili ad aziende del Femia medesimo, mentre nessun pagamento risulta effettuato dal Demasi.

Da qui, la necessità (plausibile sul piano economico dei rapporti tra soci) per il ricorrente Femia di liquidare la quota del Demasi e rimborsarne i relativi apporti economici, perché il suo ultimo contributo risaliva al lontano Novembre 2008 e la sua permanenza in società non aveva più alcun valore sostanziale o apporto effettivo.

Le articolate deduzioni di parte ricorrente che si sono sin qui riassunte non sono state sostanzialmente contraddette dalla difesa erariale, né risultano essere stati condotti quegli ulteriori approfondimenti che, pure, il Collegio aveva sollecitato con l’ordinanza nr. 158/2012;
anzi, con memoria depositata il 23 gennaio 2013, l’Avvocatura ha solamente comunicato che è in corso un riesame della posizione del ricorrente (nota U.T.G del 10.12.2012 prot. n. 0069576) di cui non sono stati allegati esiti.

VI) Sulla base di quanto sopra, l’orientamento espresso in sede cautelare va confermato.

La motivazione dell’informativa impugnata non è idonea a sorreggere la misura interdittiva che è stata disposta, sia perché i fatti posti a fondamento del giudizio di pericolo risultano controversi e non idoneamente dimostrati da parte dell’Autorità, sia perché, in ogni caso, non si desume quale incidenza essi possano avere sulla conduzione dell’azienda.

VII) E’ importante premettere una puntuale ricostruzione della casistica che la giurisprudenza ha elaborato ai fini dell’applicazione dell’istituto di cui trattasi.

A questo proposito, il principio consolidato che la giurisprudenza osserva in tema di informative antimafia interdittive ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. “c”, del DPR 252/98 è quello secondo cui ai fini dell’esercizio del potere interdittivo è necessario e sufficiente la concomitanza di un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non una attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma una effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere (ex multis, da ultimo, Consiglio Stato , sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1254;
T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 1 marzo 2010 , n. 248;
TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943).

Secondo questo principio, a titolo esemplificativo, è stata ritenuta rilevante la circostanza che un numero congruo di dipendenti di una Cooperativa sociale sia direttamente ricollegato o ricollegabile a sodalizi criminali operanti nel territorio e che tali sodalizi siano essenzialmente omogenei tra loro (TAR Reggio Calabria, 23 marzo 2011, nr. 192);
sono state ancora ritenute rilevanti fattispecie nelle quali venivano accertati interessi comuni nella gestione di affari (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 aprile 2009 , n. 2276), offerte di lavoro rivolte dall’imprenditore a soggetto controindicato (TAR Reggio Calabria 7 aprile 2009, nr. 224), una stratificata situazione di parentele dirette tra gli amministratori della società e partecipanti di organizzazione camorristica tratti in arresto (Consiglio di Stato, sez. IV, 02 ottobre 2006 , n. 5753), compartecipazioni sociali o societarie (TAR Reggio Calabria, 20 ottobre 2010, nr. 943;
TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66;
Consiglio di Stato, sez. VI, 21 ottobre 2005 , n. 5952), più situazioni tra quelle descritte concorrenti tra loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 66, che tratta una fattispecie nella quale due soci accomandatari dell’impresa ricorrente versavano in una serie di stretti legami parentali con soggetti pluripregiudicati, l’impresa era socia accomandataria di altra impresa attinta da certificazione antimafia, un altro socio accomandatario risultava gravato da più precedenti penali).

Questo Tribunale ha anche avuto modo di chiarire che nell’analisi del contesto imprenditoriale, vanno tenuti presenti la dimensione ed il contesto aziendale (TAR Reggio Calabria, 19 novembre 2010, nr. 1339) ed altri elementi obiettivi, quali l'eventuale disponibilità di mezzi dell’impresa, una condizione di interrelazioni tra i soggetti frequentati, qualora risultino, ad esempio, essere tutti affiliati ad una medesima famiglia o contesto mafioso, e dunque associati o comunque contigui tra di loro (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 54), o ancora l’ambito finanziario dei rapporti tra soggetti notati o controllati, posto che ai fini del condizionamento mafioso di una impresa è certamente significativo l’approvvigionamento di mezzi finanziari, il rapporto tra impresa e beni impiegati appartenenti ai terzi, come i noli, o le modalità dell’impiego degli utili e dei proventi e così via (per tutti, si veda TAR Reggio Calabria 28 gennaio 2011, nr. 60).

E’ stato ritenuto insufficiente, ai fini dell’istituto in esame, un contesto di mere frequentazioni non circostanziate (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011 n. 60 e10 marzo 2010 n. 239), come pure di informazioni risalenti nel tempo, rendendosene necessaria una congrua attualizzazione (TAR Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, nr. 53), così come una mera relazione di parentela tra l’imprenditore ed il suocero, quest’ultimo ritenuto gravitante nell’orbita di una cosca locale (TAR Reggio Calabria, 20 aprile 2011, nr. 350), nonché la condizione di “giovane età” dell’imprenditrice (TAR Reggio Calabria, 13 febbraio 2012, nr. 147, in cui si è parimenti ribadito che il potere interdittivo del Prefetto ex art. 10, comma 7 del DPR 252/1998 opera solamente al di sopra delle soglie di rilevanza prefissate dalla legge ovvero la soglia di euro 154.937,07 ex art. 10 DPR 252/1998, salvo che per i contratti dipendenti o comunque collegati ad appalti sopra soglia, poiché in questo caso non opera alcun limite di valore, cfr. TAR Reggio Calabria, 4 luglio 2012, nr. 471).

VIII) Così ricostruiti i tratti salienti dell’elaborazione giurisprudenziale, osserva il Collegio che il provvedimento impugnato è, in primo luogo, insufficiente quanto alle frequentazioni che sono numericamente esigue e del tutto non circostanziate.

Non a caso, ad avviso del Collegio, la difesa della parte ricorrente offre vari elementi idonei a spiegarle in termini di indifferenza ai fini dell’istituto, ovvero in termini di occasionalità o concorrenza di motivi leciti.

Non v’è luogo, comunque, ad ulteriormente approfondire le circostanze indicate negli scritti difensivi dalla parte ricorrente, perché le circostanze in cui il Femia è stato “notato o controllato”, oltre ad essere insufficientemente allegate (mancando ogni contestualizzazione), non sono state meglio chiarite neppure a seguito dell’ordinanza cautelare che pure aveva demandato alla Prefettura ulteriori chiarimenti in merito.

Quanto ai rapporti con il Demasi, anche in questo caso senza specifiche informazioni ulteriori da parte dell’Autorità resistente, non può non osservarsi che la difesa del ricorrente ha adempiuto agli oneri probatori di sua spettanza, dimostrando un contesto ragionevole e strutturato nel quale sono maturati gli elementi di fatto che hanno condotto al recesso dello stesso Demasi dalla società del ricorrente, con la conseguenza che – mancando ogni contrario elemento di fatto come pure eventuali deduzioni o migliori approfondimenti istruttori da parte della Prefettura – non v’è ragione di ritenerne una strumentalità al fine di eludere gli accertamenti antimafia.

Tutto ciò, dunque, rende recessiva ogni ulteriore indagine sulla qualità personale del Demasi stesso e sulla rilevanza della misura interdittiva da lui subita, cui fa riferimento l’informativa impugnata.

Resta la circostanza dell’avvenuto coinvolgimento dei Femia in procedimento penale per accuse di particolare gravità: tuttavia, in presenza di un’assoluzione piena dai fatti ascritti loro, e dalle relative imputazioni, nonché mancando ogni autonoma valutazione dei fatti e delle circostanze eventualmente desumibili come accertate dalla sentenza di proscioglimento, non si vede come una fattispecie di tale entità possa fondare una ipotesi di rischio di condizionamento nella conduzione dell’azienda, che in definitiva si rivela nulla di più che una (mera) proiezione in sede amministrativa di ipotesi investigative che non hanno superato il vaglio giurisdizionale.

La giurisprudenza, come si è sinteticamente esposto in precedenza, richiede sempre un quadro di oggettiva rilevanza, dal quale desumere elementi che, secondo un giudizio probabilistico, o anche secondo comune esperienza, possano far presumere non un'attuale ingerenza delle organizzazioni mafiose negli affari, ma un',effettiva possibilità che tale ingerenza sussista o possa sussistere;
quadro che viene strettamente ricondotto e collegato a condizioni nelle quali possa individuarsi una condotta dell’imprenditore o dei soggetti a lui vicini, ovvero una condizione che sia dunque ascrivibile ad una responsabilità, ovvero a scelte volontarie dei soggetti interessati, e che dunque richiede il riscontro di ingerenze effettive scaturenti o dall’utilizzo di capitali e risorse economiche o finanziarie (che presuppongono ontologicamente un potenziale controllo dell’erogante) o dall’esercizio anche mediato di parte dell’attività imprenditoriale (quale l’utilizzo di mezzi aziendali, la presenza non occasionale sui luoghi di lavoro e così via).

Nessuna di queste condizioni è sussistente allo stato degli atti nel procedimento in esame, che, in definitiva, si fonda su una pluralità di elementi inconsistenti dal punto di vista delle esigenze di protezione dell’istituto.

Ne consegue che il ricorso è fondato e come tale va accolto, con l’annullamento degli atti impugnati, e con salvezza di ulteriori provvedimenti motivati dell’Autorità.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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