TAR Milano, sez. I, sentenza 2020-03-24, n. 202000550

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2020-03-24, n. 202000550
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202000550
Data del deposito : 24 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2020

N. 00550/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02058/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2058 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F E S, E O B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell’Interno - U.T.G. - Prefettura di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio pec come in atti;



per l'annullamento

- del decreto del Prefetto di Milano prot. n. 12B7/2018 -9406 del 9 luglio 2019, notificato in pari data, con il quale stata disposta sia l’interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 67, comma 8, 84, comma 4, e 91, comma 6, del D.lgs. 159/2011, sia il diniego di iscrizione nell’elenco di fornitori di beni e prestatori di servizi previsto dal D.PC.M. 18 aprile 2013;

- di ogni atto, antecedente, concomitante e successivo, ivi compresa parzialmente la comunicazione della Direzione Investigativa Antimafia del 23 aprile 2019 con la quale è stato segnalato il collegamento con la -OMISSIS- in liquidazione volontaria;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2020 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

-OMISSIS- impugna il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

Si costituisce in giudizio il Ministero dell’Interno, eccependo l’infondatezza dell’impugnazione avversarie di cui chiede il rigetto.

Con ordinanza n. 1404/2019, depositata in data 25 ottobre 2019, il Tribunale ha respinto la domanda cautelare presentata dalla ricorrente.

Le parti producono memorie e documenti.

All’udienza del 29 gennaio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

1) Con decreto prot. n. 12B7/2018 -9406 del 9 luglio 2019, il Prefetto di Milano ha disposto nei confronti di -OMISSIS- sia l’interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 67, comma 8, 84, comma 4, e 91, comma 6, del D.lgs. 159/2011, sia il diniego di iscrizione nell’elenco di fornitori di beni e prestatori di servizi previsto dal D.PC.M. 18 aprile 2013, c.d. withe list.

La ricorrente contesta il decreto suindicato, formulando più censure, da trattare congiuntamente, perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, con le quali lamenta che l’interdittiva, oltre ad essere stata adottata in violazione delle garanzie partecipative, è supportata da un quadro probatorio inadeguato rispetto al paradigma normativo, dettato dagli artt. 84 e seguenti del d.l.vo n. 159/11.

Insomma, secondo la prospettazione della ricorrente, l’interdittiva esprime delle mere congetture, elaborate solo in forza dei rapporti di parentela esistenti tra i soci di -OMISSIS-, uno dei quali condannato per traffico illecito di rifiuti e i soci di -OMISSIS-, senza dimostrare una concreta contiguità della società con ambienti malavitosi.

2) Le censure sono infondate.

La ricorrente contesta in generale il modus operandi della Prefettura di Milano, che avrebbe posto a fondamento dell’interdittiva elementi di fatto privi di pregnanza dimostrativa dell’attuale esistenza di un pericolo di condizionamento dell’impresa da parte della criminalità organizzata.

Non solo, l’amministrazione avrebbe assunto un’interpretazione dei presupposti di adozione della misura non coerenti con i criteri individuati dalla giurisprudenza amministrativa.

Il contenuto delle doglianze induce il Tribunale ad evidenziare, in generale, quali siano, da un lato, la ratio e i presupposti necessari per l’adozione dell’interdittiva antimafia, dall’altro, quali siano gli elementi di fatto idonei ad assumere - sempre secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit e nel contesto della complessiva consistenza, anche sociale, del fenomeno “mafioso” - un valore indiziario del pericolo di infiltrazione mafiosa, sulla scorta di consolidati principi enucleati nella materia de qua dalla giurisprudenza, cui aderisce.

2.1) In particolare, la giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2017, n. 5214; Consiglio di Stato, sez. III, 23 ottobre 2017, n. 4880; Consiglio di Stato, sez. III, 20 luglio 2016, n. 3299; Consiglio di Stato, sez. III, 03 maggio 2016, n. 1743; Consiglio di Stato, sez. III, 31 agosto 2016, n. 3754; Tar Campania Napoli, sez. I, 06 febbraio 2017, n. 731; Tar Lombardia Milano, sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 1908; Tar Campania Napoli, sez. I, 7 novembre 2016, n. 5118) precisa che:

- l’informativa antimafia, ai sensi degli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.l.vo n. 159/2011, presuppone “concreti elementi da cui risulti che l’attività d’impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”;

- per quanto riguarda la ratio dell’istituto della interdittiva antimafia, va premesso che si tratta di una misura volta alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della pubblica Amministrazione: nella sostanza, l’interdittiva antimafia comporta che il Prefetto escluda che un imprenditore - pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - meriti la fiducia delle Istituzioni (vale a dire che risulti “affidabile”) e possa essere titolare di rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni o degli altri titoli abilitativi, individuati dalla legge;

- il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.l.vo. n. 159 del 2011 - come già avevano disposto l'art. 4 del d.l.vo 8 agosto 1994, n. 490, e il d.p.r. 3 giugno 1998, n. 252 - ha tipizzato un istituto mediante il quale si constata un’obiettiva ragione di insussistenza della perdurante “fiducia sulla affidabilità e sulla moralità dell'imprenditore”, che deve costantemente esservi nei rapporti contrattuali di cui sia parte una amministrazione (e di per sé rilevante per ogni contratto d'appalto, ai sensi dell'art. 1674 c.c.), ovvero comunque deve sussistere affinché l’imprenditore risulti meritevole di conseguire un titolo abilitativo, ovvero di conservarne gli effetti;

- insomma, l’interdittiva prefettizia antimafia integra, secondo una logica di anticipazione della soglia di difesa dell’ordine pubblico economico e degli altri interessi pubblici primari già ricordati, una misura preventiva, volta a colpire l’azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la Pubblica amministrazione, cosicché, proprio per il suo carattere preventivo, essa prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la Pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia e analizzati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente, la cui valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità (cfr. in argomento, Tar Lombardia Milano, sez. III, 29 aprile 2009, n. 3593; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 06 aprile 2011, n. 1966; Consiglio di Stato, sez. III, 30 gennaio 2015, n. 455), che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

- tanto in sede amministrativa, quanto in sede giurisdizionale, rileva il complesso degli elementi concreti emersi nel corso del procedimento: una visione “parcellizzata” di un singolo elemento, o di più elementi, non può che far perdere a ciascuno di essi la sua rilevanza nel suo legame sistematico con gli altri (cfr. Tar Lombardia Milano, sez. IV, 10 gennaio 2017, n. 39, che richiama sul punto, fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 15 settembre 2016, n. 3889);

- con riferimento alla consistenza del quadro indiziario rilevante dell’infiltrazione mafiosa, la giurisprudenza precisa che esso deve dar conto in modo organico e coerente, ancorché sintetico, di quei fatti aventi le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, dai quali, sulla base della regola causale del “più probabile che non” (già Consiglio di Stato, sez. III, 7 ottobre 2015, n. 4657; Cassazione civile, sez. III, 18 luglio 2011, n. 15709), il giudice amministrativo, chiamato a verificare l'effettivo pericolo di infiltrazione mafiosa, possa pervenire in via presuntiva alla conclusione ragionevole che tale rischio sussista, valutatene e contestualizzatene tutte le circostanze di tempo, di luogo e di persona;

- resta estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (né - tanto meno - occorre l’accertamento di responsabilità penali, quali il “concorso esterno” o la commissione di reati aggravati ai sensi dell'art. 7 della legge n. 203 del 1991), poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante;

- occorre valutare il rischio di inquinamento mafioso in base all’ormai consolidato criterio del più “probabile che non”, alla luce di una regola di giudizio, cioè, che ben può essere integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi