TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2024-08-05, n. 202415674

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2024-08-05, n. 202415674
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415674
Data del deposito : 5 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2024

N. 15674/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09761/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9761 del 2021, proposto da
P V, rappresentato e difeso dall'avvocato D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

M N, non costituito in giudizio;

PER L'ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE DELL'EFFICACIA ANCHE CON DECRETO INAUDITA ALTERA PARTE:

1. Del decreto prot. n. 410 del 21.06.2021 e del relativo allegato con il quale il Ministero dell'Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha pubblicato la graduatoria di merito del concorso indetto con D.D. n. 510/2020 per la Regione Toscana per la classe di concorso “A049 – scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I grado”, nella parte in cui non è inserita la ricorrente;

2. Del decreto prot. n. 443 del 02.07.2021 e del relativo allegato con il quale il Ministero dell'Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha pubblicato la graduatoria di merito rettificata del concorso straordinario indetto con D.D. n. 510 del 23.04.2020 per la classe di concorso ““A049 – scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I grado”, nella parte in cui non è inserita la ricorrente;

3. Del decreto prot. n. 474 del 15.07.2021 e del relativo allegato con il quale il Ministero dell'Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha pubblicato la graduatoria di merito rettificata del concorso straordinario indetto con D.D. n. 510 del 23.04.2020 per la classe di concorso “A049 – scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I grado, nella parte in cui non è inserita la ricorrente;

4. Del decreto prot. n. 5673 del 07.05.2021 con il quale il Ministero dell'Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha pubblicato gli esiti delle prove scritte e l'allegato elenco dei candidati che hanno superato la prova scritta del concorso straordinario di cui al D.D. n. 510/2020, per la classe di concorso “A049”, nella parte in cui non è inserita la ricorrente;

5. Del D.D. n. 510 del 23.04.2020 del Ministero dell'Istruzione nella parte in cui, in violazione della legge n. 41 del 06.06.2020 e del D. Lgs. n. 165/01, non ha previsto lo svolgimento della prova di informatica;

6. Del D.D. n. 783 del 08.07.2020 nella parte in cui, pur modificando il D.D. n. 510/2020, non ha inserito la prova di informatica tra quelle previste dal concorso;

7. Del provvedimento, di data e protocollo sconosciuti, con il quale è stata disposta l'assegnazione delle prove scritte alla Commissione, per la correzione e conseguente assegnazione dei punteggi;

8. Del provvedimento, di data e protocollo sconosciuti, con il quale sono stati determinati i criteri di correzione degli elaborati;

9. Della griglia di valutazione dell'elaborato della ricorrente, nella parte in cui è stato attribuito il punteggio di 50/75 per i cinque quesiti e 0/5 per i quesiti di lingua Inglese, per un totale di 50/80;

10. Del provvedimento del Ministero dell'Istruzione, di data e protocollo sconosciuti, con il quale è stato adottato il software per la gestione informatizzata da parte del CINECA dell'intera procedura concorsuale, con particolare riferimento alla correzione degli elaborati avvenuta in violazione dei diritti e degli interessi dei candidati;

11. Del giudizio sintetico “lo svolgimento della prova è insufficiente” comminato alla ricorrente in riferimento alla prova sostenuta, che ha determinato il suo mancato inserimento tra i candidati che hanno superato la prova scritta;

12. Del D.D. n. 510/20 e del D.D. n. 783/20 nella parte in cui, all'art. 13 relativo alla “Prova scritta”, hanno previsto che “Superano le prove di cui ai commi 2, 3 e 4 i candidati che conseguono un punteggio non inferiore a 56/80”, individuando il punteggio minimo per il superamento della medesima.

Di qualsiasi altro atto premesso, connesso e/o consequenziale siccome lesivo degli interessi della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2024 il dott. E R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti indicati in ricorso nella parte in cui determinavano l’esclusione del ricorrente dalla graduatoria di merito del concorso indetto con d.d. n. 510 del 2020.

La ricorrente partecipava al concorso in oggetto nella classe corrispondente, ma non superava la prova scritta.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

Il ricorso proposto non può trovare accoglimento alla luce dei precedenti di questa Sezione ( TAR Lazio Sez. III bis. 9761/2021) che hanno esaminato le censure proposte con il ricorso in esame e ai quali si rinvia come precedenti conformi ai sensi e per gli effetti di cui all’art 74 c.p.a.:

“2.1. Con un primo motivo di ricorso solleva questione di legittimità costituzionale della l. n. 159 del 2019 nella parte in cui ha previsto la necessità del superamento della soglia di 7/10 per violazione degli artt. 3 e 97 cost. nonché della normativa comunitaria in tema di stabilizzazione del personale docente.

In base all’art. 1, comma 10, l. n. 159 del 2019 “Le prove di cui al comma 9, lettere a) e d), sono superate dai candidati che conseguano il punteggio minimo di sette decimi o equivalente, e riguardano il programma di esame previsto per il concorso ordinario per titoli ed esami per la scuola secondaria bandito nell'anno 2016”. Il bando riprendendo il dettato normativo prevedeva, analogamente all’art. 13 la necessità di raggiungere un punteggio di 7/10 per superare la prova scritta.

Tale previsione, oltre a essere conforme alla legge, non è neppure particolarmente rigorosa e rientra nella sfera, assai ampia, di discrezionalità rimessa al Ministero resistente, funzionale all’esigenza di compiere una selezione rigorosa dei più meritevoli.

L'esercizio di tale discrezionalità sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, riguardando il merito dell'azione amministrativa, salvo che il suo uso non sia caratterizzato da vizi macroscopici di eccesso di potere per irragionevolezza o per contraddittorietà manifesta, insussistenti nel caso in esame.

“Non è preclusa la possibilità che sia stabilita una soglia minima più alta, ciò che in sé corrisponde all'esigenza, ragionevole ed apprezzabile favorevolmente, di effettuare - soprattutto nei concorsi caratterizzati da un altro numero di partecipanti e di posti banditi - una stringente selezione dei più meritevoli, in perfetta linea con i principi scolpiti dall'art. 97 Cost.” (cfr. Cons. Stato, sent. 5639 del 2015).

Nel caso di specie, d’altro canto, la soglia è stata prevista espressamente dalla legge e, ovviamente, la legge sopravvenuta può abrogare o derogare a una legge precedente, specie in ipotesi di concorso straordinario finalizzato anche ad eliminare il precariato storico.

Per quanto concerne i presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale deve ritenersi che, ferma la rilevanza della questione alla luce del mancato superamento della prova scritta, non sia possibile operare una lettura costituzionalmente orientata che consenta di far rientrare i ricorrenti nella graduatoria degli ammessi alla prova orale. La disposizione appare sul punto priva di polisemia e un risultato ermeneutico difforme si tradurrebbe in una forma di disapplicazione della legge, in deroga al sistema accentrato di costituzionalità previsto dalla Costituzione del 1948.

Sia il senso letterale delle parole che l’intenzione del legislatore depongono nel senso del necessario superamento della prova scritta con un punteggio di almeno 21 punti, con la conseguenza che non sembra possibile un risultato ermeneutico idoneo a soddisfare l’interesse dei ricorrenti.

Il collegio ritiene, tuttavia, non sussistenti i presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale della previsione di legge.

Il legislatore nell’indicare i requisiti di superamento, così come di accesso, a un concorso è dotato di ampia discrezionalità che può esercitare nei limiti della ragionevolezza e logicità delle scelte effettuate. Nel caso di specie, in considerazione dell’elevato numero di posti messi a concorso e del carattere diffuso della procedura sia sotto il profilo spaziale che con riferimento alle classi interessate è necessario, tra le altre, svolgere un contemperamento tra una pluralità di interessi, tra i quali, a titolo esemplificativo: le esigenze delle istituzioni scolastiche ad avere un numero adeguato di docenti rapportati alla richiesta di offerta formativa;
mantenere elevato il livello di preparazione dei docenti che superano la procedura concorsuale;
evitare la formazione di nuovo precariato e ridurre o rimuovere quello storico.

Nel contemperamento delle varie esigenze appare razionale e logica la determinazione di un punteggio minimo. In un concorso la previsione del punteggio minimo costituisce un parametro per inserire un criterio di merito collegato alle prove svolte, non contrastante con l’ulteriore ratio di eliminare il precariato storico, coerente d’altro canto con la previsione di qualsiasi procedura concorsuale.

Non emerge, d’altro canto, un contrasto tra la disciplina europea e la normativa nazionale sul tema, posto che la disciplina dei titoli abilitanti rimane di competenza dell’ordinamento nazionale e posto che i requisiti necessari per lo svolgimento dell’attività di insegnante e la loro subordinazione al superamento di una prova concorsuale, analogamente non appaiono contrastare con puntuali disposizione di diritto europeo. Sul punto, (cfr. parere Cons. St. n. 963 del 2019) deve osservarsi che i sistemi generali di riconoscimento intraeuropeo dei diplomi non regolano le procedure di selezione e reclutamento, limitandosi al più a imporre il riconoscimento delle qualifiche ottenute in uno Stato membro per consentire agli interessati di candidarsi ad un posto di lavoro in un altro Stato, nel rispetto delle procedure di selezione e di reclutamento vigenti (Cons. giust. Ue, VIII, 17.12.2009, n. 586;
sul tema si veda anche Cons. Stato, 6868/2018).

Si deve d’altro canto rilevare che la fissazione di una soglia minima applicabile a tutti i concorrenti su base nazionale garantisce il rispetto del principio di par condicio tra i partecipanti alla procedura concorsuale e non appare di per sé eccessivamente alta o eccessivamente bassa in relazione alla procedura in oggetto. L’individuazione di un punteggio minimo appare, in realtà, sostanzialmente neutra rispetto alla complessità o meno della procedura selettiva dovendo essere il numero valutato nelle sue applicazioni concrete e, quindi, nella determinazione dei criteri generali per determinare il raggiungimento della citata soglia e, poi, nelle applicazioni concrete con cui si raggiunge la citata soglia.


Nel caso di specie, parte ricorrente si limita a contestare in modo generico la citata soglia, senza descrivere, allegare e provare in quali termini renda eccessivamente gravosa e complessa la prova concorsuale tanto da renderla addirittura irragionevole o illogica in relazione ai parametri costituzionali presi in considerazione.

Ne discende la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata.

2.2. Con ulteriore motivo di ricorso la parte ricorrente chiedeva l’annullamento del bando di concorso nella parte in cui non ha previsto l’accertamento della conoscenza dell’uso delle apparecchiature informatiche.

Con orientamento costante e pienamente condivisibile la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che non è necessario all’interno del bando prevedere specifiche prove di informatica al fine di ottemperare alla previsione di cui all’art. 37 d.lgs. n. 165 del 2001, con la conseguenza che l’accertamento delle capacità informatiche può essere effettuato dalla commissione in qualsiasi momento e con qualsiasi modalità.

Ciò premesso la prova di informatica viene generalmente inquadrata e in questo senso è da intendersi la previsione di cui al citato art. 37 (i cui primo e terzo comma sono da leggere in combinato disposto anche al fine di comprendere quali sono le cognizioni necessarie) come prova di idoneità, inidonea quindi a concorrere all’attribuzione del punteggio complessivo in favore del ricorrente, ma solo ai fini dell’esclusione dei soggetti valutati non idonei. Ne discende che il ricorrente non potrebbe trarre alcun vantaggio specifico in relazione alla procedura concorsuale in oggetto dall’eventuale accoglimento del motivo di ricorso dallo stesso formulato.

Permane, almeno in astratto, un interesse diretto alla caducazione della intera procedura. Sul punto, tuttavia, nel senso del rigetto del motivo di ricorso, oltre alle argomentazioni che precedono, deve osservarsi che il bando di concorso in questione è stato emesso in esecuzione di una puntuale previsione normativa che descrive in modo analitico e tassativo la tipologia di procedura, i posti messi a concorso e, soprattutto, ai fini che interessano le prove da svolgere, non facendo alcun riferimento alla procedura informativa.

Premesso che in relazione al rapporto tra fonti del diritto la legge successiva speciale può senz’altro derogare alla legge precedente generale, introducendo una relazione sottrattiva tra due norme che esclude l’applicabilità della norma derogata all’oggetto da interpretare, nel caso di specie il carattere sostanzialmente esaustivo della procedura descritta dal legislatore con norma primaria deve essere inteso come diretto a introdurre una deroga alle disposizioni precedenti. A tale conclusione, oltre che da un esame del dato letterale e sistematico in considerazione della mancanza di richiami alla disposizione in esame all’interno della normativa primaria, si perviene anche da un esame della intenzione del legislatore posto che l’art. 1 è rubricato “disposizioni urgenti in materia di reclutamento e abilitazione del personale docente nella scuola secondaria” ed è pertanto diretto a immaginare una procedura snella e agile anche in deroga alle ulteriore prove e procedure previste da altre disposizioni di legge anteriore.

2.3. Con ulteriore motivo di ricorso la parte ricorrente contesta la non contestualità della firma del verbale da parte della commissione nel senso che alcuni componenti avrebbero firmato il verbale un giorno e altri componenti il giorno successivo.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

L’eventuale vizio descritto da parte ricorrente è privo di carattere invalidante e non viene evidenziato da parte ricorrente quale incidenza possa tale circostanza aver avuto sull’esito della prova selettiva, fermo restando che, ovviamente, eventuali contestazioni sulla veridicità di quanto affermato con il verbale andrebbero contestate mediante lo strumento della querela di falso.

Si tratta pertanto di un vizio inidoneo a inficiare la validità del provvedimento conclusivo.

Nello specifico degli atti degli organi collegiali, di norma la forma scritta non qualifica le decisioni adottate dagli stessi potendosi le stesse manifestare mediante forme anche diverse dallo scritto, come per le votazioni e proclamazione delle stesse.

Successivamente rispetto alle votazioni espresse nell’ambito di un collegio, si procede a stilare l’atto di deliberazione che, in pratica, riproduce un atto già di per se valido ed efficace.

In tal caso il documento amministrativo contenente le manifestazioni di volontà del consesso e ha la funzione di conservare alla memoria la deliberazione così come è stata adottata.

Pertanto nell’ambito degli organi collegiali, la volontà viene manifestata mediante formalità che possono essere anche differenti dall’atto scritto.

La documentazione dell’atto, ovvero le deliberazioni, trova la sua fonte nella verbalizzazione di quanto viene manifestato all’interno della seduta del consesso.

Detto verbale forma la memoria conservativa rispetto a quanto è accaduto nell’ambito delle decisioni intraprese dall’assemblea e va a costituire la documentazione amministrativa necessaria ai fini amministrativi.

Tale verbalizzazione può avvenire, in certi casi, anche nella seduta successiva, in cui viene dato atto della deliberazione adottata (già adottata e perfezionata, quindi), nella seduta precedente.

La norma in esame fa riferimento a redazione giorno per giorno della verbalizzazione e non alla sua sottoscrizione.

Secondo la giurisprudenza, infatti, il verbale ha il compito di attestare il compimento dei fatti svoltisi in modo tale che sia sempre verificabile la regolarità dell’iter di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, senza che sia necessaria una indicazione minuta delle singole attività che sono state compiute e le singole opinioni espresse.

Pertanto, distinguendo tra atto documentato e verbale ed anche tra documento e verbale in cui si conserva l’atto già valido, l’iter logico seguito per l’adozione di una deliberazione da parte di un organo collegiale deve risultare dalla delibera stessa e non dal verbale della seduta poiché il verbale ha l’esclusivo compito di certificare fatti storici già accaduti e di assicurare certezza a delle determinazioni che sono già state adottate e che sono già entrate a fare parte del mondo giuridico dal momento della loro adozione (cfr. Consiglio di Stato 11 dicembre 2001, n. 6208): la mancanza o il difetto di verbalizzazione non comportano, quindi, l’inesistenza dell’atto amministrativo, poiché a determinazione di volontà da parte dell’organo è distinta inequivocabilmente dalla sua proiezione formale.

Il difetto di verbalizzazione, in sintesi, non comporta l’inesistenza dell’atto amministrativo, dato che la determinazione volitiva dell’organo è ben distinta dalla sua proiezione formale (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 luglio 2018, n. 4373), confermandosi, così, la distinzione tra atto deliberato e sua verbalizzazione.

Dal punto di vista contenutistico, di conseguenza, l’atto di verbalizzazione, ha una funzione di certificazione pubblica, contiene e rappresenta i fatti e gli atti giuridicamente rilevanti che è necessario siano conservati per le esigenze probatorie con fede privilegiata - dal momento che sono redatti da un pubblico ufficiale - che si sostanzia essenzialmente nella attendibilità in merito alla provenienza dell'atto, alle dichiarazioni compiute innanzi al pubblico ufficiale ed ai fatti innanzi a lui accaduti (cfr. Cass., sez. I, 3 dicembre 2002, n. 17106).

Infine, deve rammentarsi, che, secondo la maggioritaria giurisprudenza amministrativa, con la quale si concorda pienamente, il verbale non deve essere necessariamente prodotto ed approvato in contemporaneità con la seduta dell’organo collegiale, ma può essere prodotto anche in un momento successivo al provvedimento deliberativo adottato durante la seduta (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 1189-2001).

Ne discende il rigetto del motivo di ricorso.

2.4. Parte ricorrente ha contestato l’illogicità e incoerenza del giudizio finale rispetto alla griglia di valutazione, nonché in sostanza il difetto di adeguata motivazione.

Il motivo di ricorso è formulato in modo generico e non analiticamente circostanziato con la puntuale indicazione degli specifici voti contestati.

Occorre premettere che costituisce jus receptum che i criteri di valutazione delle prove di una selezione possono essere fissati direttamente dal bando oppure rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice, con l'unico vincolo tassativo costituito dal fatto che, in tale ultimo caso, essi siano fissati prima dell'avvio delle operazioni valutative, e ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell'azione amministrativa;
la predeterminazione dei relativi criteri in un momento antecedente alla valutazione delle prove è volta ad evitare che l'attribuzione del punteggio per i titoli stessi possa essere condizionata dalla previa conoscenza del risultato delle prove precedenti, calibrando i punteggi da attribuire ai singoli candidati (cfr. T.A.R. Marche, 25 novembre 2019, n. 729). Ora nel caso di specie, deve senz’altro ritenersi che i criteri siano stati approvati collegialmente prima dell’inizio delle prove e il punteggio risulta essere stato attribuito analiticamente per ogni quesito in relazione ai singoli indicatori e descrittori come riportati nella griglia depositata dalla stessa parte ricorrente.

Quanto alle valutazioni della commissione d’esame effettuate in forma numerica, deve essere richiamato il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale il punteggio numerico è di per sé idoneo a sorreggere l’obbligo di motivazione richiesto dall’art. 3 della legge n. 241/1990 nel momento in cui siano stati previamente determinati adeguati criteri di valutazione, essendo in tal modo permesso ricostruire ab externo la motivazione del giudizio (Consiglio di Stato, sentenza n. 7495/2019;
n. 3384/2015;
T.A.R. Lazio, Roma, sentenza n. 7092/2019).

La motivazione numerica, infatti, risponde ad un chiaro principio di economicità della valutazione in quanto il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione in relazione ad ogni singolo elaborato ed alla stregua dei parametri generali predeterminati del giudizio, contenendo così in sé la motivazione senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato (cfr. Cons. Stato A.P. 7/2017). Il collegio deve realisticamente prendere atto come la giurisprudenza ormai consolidata, e segnatamente quella d’appello, affermi che “Anche successivamente all’entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241 il voto numerico, attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti (da ultimo, Consiglio Stato, Sez. V, 11 dicembre 2015, n. 2719;
id., Sez. VI, 6 settembre 2005, n. 4529;
Sez. IV, 10 maggio 2005, n. 2269;
7 marzo 2005, n. 900;
Sez. V, 11 novembre 2004, n. 7332;
T.A.R. Umbria, 28 dicembre 2005, n. 654;
T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22 novembre 2005 n. 2138;
T.A.R. Lazio, Sez. I, 3 maggio 2005, n. 3303;
T.A.R. Piemonte, Sez. I, 16 febbraio 2005, n. 305);
e ciò in quanto la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato” (così, ex multis, C.d.S., IV, 5 settembre 2013, n. 4457;
V, 11 gennaio 2013, n. 102;
VI, 11 febbraio 2011, n. 913;
IV, 4 maggio 2010, n. 2543;
IV, 19 maggio 2008, n. 2293;
IV, 10 aprile 2008, n. 1553;
VI, 6 settembre 2005, n. 4529;
IV, 10 maggio 2005, n. 2269;
V, 11 novembre 2004, n. 7332) senza che necessiti, ai fini della legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi (IV, 16 aprile 2012 n. 2166;
id. 12 aprile 2011, n. 1612). Tale principio è stato definito “diritto vivente” dalla stessa Corte Costituzionale (sentenze 30 gennaio 2009, n. 20, e sentenza 15 giugno 2011, n. 175).

Inoltre, deve rilevarsi che le valutazioni espresse dalle Commissioni di esame nei pubblici concorsi non sono sindacabili dal giudice amministrativo nel merito del contenuto del giudizio reso, ma unicamente sotto il profilo della legittimità, in caso di illogicità manifesta o travisamento di fatti, o di contraddittorietà ictu oculi rilevabile;
ne consegue che il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della logicità (T.A.R. Lazio, Roma, 21 dicembre 2019, n. 14712;
Consiglio di Stato, IV, 29 novembre 2016 n. 5016). La giurisprudenza ha ancora osservato (tra le altre Tar Emilia Romagna, Parma, n. 113/2015) che la commissione esaminatrice di un pubblico concorso è titolare di ampia discrezionalità nel catalogare i titoli valutabili in seno alle categorie generali predeterminate dal bando, nell'attribuire rilevanza ai titoli e nell'individuare i criteri per attribuire i punteggi ai titoli nell'ambito del punteggio massimo stabilito, senza che l'esercizio di tale discrezionalità possa essere oggetto di censura in sede di giudizio di legittimità, a meno che non venga dedotto l'eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e arbitrarietà.

Nel caso di specie, i criteri appaiono adeguati in relazione alla procedura di riferimento, non arbitrari e descrittivi della situazione esistente. Inoltre la fissazione dei criteri numerici con cui valutare ognuno dei parametri fissati dalla commissione costituisce uno strumento idoneo per consentire di svolgere in modo corretto la discrezionalità tecnica di cui è titolare la commissione.

Ne discende che anche tali motivi di ricorso non sono meritevoli di accoglimento” ( Tar lazio Sez. III bis. n. 9761/2021).

Il ricorso deve pertanto essere respinto.

In considerazione della novità di alcune delle questioni di lite oggetto del giudizio e delle peculiarità dello stesso devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

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