TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-05-05, n. 202302756

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-05-05, n. 202302756
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302756
Data del deposito : 5 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/05/2023

N. 02756/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05112/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5112 del 2017, proposto da
E B, C B, rappresentati e difesi dall'avvocato V C, con domicilio come da PEC di Registri Giustizia;

contro

Comune di Castellammare di Stabia, non costituito in giudizio;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in riassunzione;

per l'annullamento:

- dell’ordinanza prot. n. 40409 del 12/09/2017, notificata in data 21/09/2017 a Buonocore Elvira ed in data 11/10/17 a Buonocore Ciro, con la quale il Comune di Castellammare di Stabia ha ingiunto la rimozione e demolizione di “n. 3 unità abitative, utilmente arredate ed in uso, in assenza di titolo abilitativo” realizzate in Castellammare di Stabia alla via Traversa Tavernola n. 22/E, ed irrogato la sanzione pecuniaria di € 20.000,00 in caso di inottemperanza;

- dell’ordinanza di sospensione dei lavori prot. 2017 0696422 del 23/10/2017 della Regione Campania;

- del verbale di accertamento redatto in data 17/07/2017 da personale dell’UTC, di cui non si conosce il contenuto;

- di ogni altro comunque connesso, preordinato e/o conseguenziale se ed in quanto lesivo degli interessi dei ricorrenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 27 aprile 2023 la dott.ssa Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato rispettivamente in date 20 novembre e 19 dicembre 2017, i ricorrenti, proprietari per successione mortis causa dei fondi ubicati in Castellammare di Stabia alla via Traversa Tavernola n. 22, hanno impugnato l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, con cui il detto Comune ha ingiunto la rimozione e demolizione di n 3 unità abitative realizzate in assenza di titolo abilitativo, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, compresa l’ordinanza di sospensione lavori di seguito emanata dalla Regione Campania, meglio in epigrafe individuata.

I ricorrenti espongono in fatto che:

nel 1975, in assenza di concessione edilizia, il di loro padre, precedente titolare dei fondi suindicati, ebbe a realizzare 2 manufatti: un locale terraneo adibito a deposito, della consistenza di 96 mq, individuato catastalmente al foglio 6, p.lla 605, sub 8, e un locale terraneo adibito a garage, della consistenza di mq 25, individuato catastalmente al foglio 6, p.lla 605, sub 9;

in data 30 settembre 1986, il predetto, con riferimento ai suddetti manufatti, ebbe a presentare domanda di condono (cfr. allegato 001 della produzione di parte ricorrente in data 14 giugno 2022), ai sensi della L. 47/1985 (prot. n. 10234), rimasta inevasa dalla P.A.;

successivamente, in data 10.12.2004, a fronte dell’abusiva realizzazione di un appartamento su un’area su cui insisteva un precedente manufatto rurale, ebbe a presentare una seconda istanza di condono ex L. 326/2003 (cfr. allegato 002 della produzione di parte ricorrente in data 14 giugno 2022), provvedendo, altresì, al pagamento dell’oblazione (come documentato dai bollettini di pagamento depositati in atti), nonché al versamento dell’aliquota ICI per l’anno 2004;

il Comune di Castellammare di Stabia, rimasto inerte anche rispetto alla nuova domanda di condono, in seguito al verbale di accertamento redato in data 17.7.2017, tenuto conto dei vincoli paesaggistici che assistono l’area in questione e del grado di sismicità che la caratterizza (delibera di G.R. Campania, n. 5447/2002), ha notificato l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi prot. n. 40409 del 12.9.2017, con la quale si ordina la demolizione delle opere edilizie contestate.

Di seguito, la Regione Campania ha emesso l’ordinanza di sospensione dei lavori con riferimento alle medesime opere.

Avverso detti atti sono insorti gli odierni ricorrenti che ne censurano la legittimità con sei motivi di ricorso così rubricati:

1) Violazione e falsa applicazione della legge 47/1985 e della legge 326/2003;
violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 34 e 36 del D.P.R. n. 380/2001 - eccesso di potere rilevabile attraverso le figure sintomatiche del difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti di fatto: secondo la prospettazione di parte ricorrente, assolti gli oneri di documentazione relativamente alla ubicazione e consistenza delle opere realizzate e di pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, sulle istanze di condono si sarebbe formato il silenzio assenso ex art. 32, comma 37, L. 326/2003, con la conseguenza che l’inerzia della P.A. avrebbe avuto efficacia sanante dei manufatti realizzati in assenza del titolo edilizio;
in subordine, deducono che l’Amministrazione, comunque, non avrebbe potuto emettere un provvedimento sanzionatorio, senza aver prima definito il procedimento originato dall’avvenuta presentazione della predetta domanda;

2) Violazione e falsa applicazione della legge 47/1985 e della legge 326/2003;violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 34 e 36 del D.P.R. n. 380/2001- eccesso di potere rilevabile attraverso le figure sintomatiche del difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti di fatto – Violazione del principio del legittimo affidamento – Violazione del principio della buona fede e correttezza: i ricorrenti adducono che il Comune, avendo ingiunto la demolizione a circa 50 anni dalla realizzazione delle opere (che risalirebbero, in tesi, al 1975), avrebbe leso il loro legittimo affidamento sulla sanatoria degli abusi;

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31, 34 e 36 del D.P.R 380/2001 – eccesso di potere rilevabile attraverso le figure sintomatiche del difetto di istruttoria – Contraddittorietà - Illogicità erroneità dei presupposti – Violazione dell’art. 97 Costituzione: gli istanti denunciano una carenza di istruttoria nell’operato della P.A. procedente, in quanto non avrebbe provveduto sull’istanza presentata in data 17.11.2017, prot. n. 52267, di accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica delle opere realizzate ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001;

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 31, 34 e 36 del D.P.R. 380/2001 – eccesso di potere rilevabile attraverso le figure sintomatiche del difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità, erroneità dei presupposti – Violazione dell’art. 97 della Costituzione - violazione del principio del legittimo affidamento: gli interessati censurano la carenza di interesse pubblico alla demolizione delle opere, prevalente rispetto a quello privato, tenuto conto del lasso di tempo intercorso dalla realizzazione delle opere;

5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n.2 41/1990 – eccesso di potere rilevabile attraverso le figure sintomatiche del difetto di istruttoria, difetto di motivazione, erroneità dei presupposti di fatto: i ricorrenti lamentano che il provvedimento gravato non sarebbe supportato da adeguata motivazione;
nel dettaglio, il riferimento alla preesistenza di un vincolo paesaggistico, senza alcuna specificazione in ordine all’inedificabilità assoluta o relativa dell’area, e alla sua classificazione come zona B3 del vigente P.R.G. e in zona 7 - zona di recente urbanizzazione del P.U.T. non escluderebbero in via assoluta la realizzazione di interventi edilizi;

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n 2 41/1990: il provvedimento sarebbe viziato perché adottato in conclusione di un procedimento il cui avvio non è stato comunicato, impedendo così la partecipazione degli interessati.

Si costituiva in giudizio la Regione Campania, che, con memoria successiva, contestava nel merito il gravame proposto contro l’ordinanza di sospensione dei lavori del Genio Civile, n. 696422 del 23.10.2017, atto connesso e consequenziale dal provvedimento di demolizione del Comune di Castellammare di Stabia;
secondo parte resistente, l’atto, benché conseguente all’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, si fonderebbe sulla violazione della normativa antisismica (L. 64/1974), con la conseguenza che l’eventuale condono non poterebbe sanare i profili di abusività attinenti alla stabilità sismica dei manufatti;
invero, questi sarebbero stati realizzati su area sismica, in assenza di apposita autorizzazione e, anche se che la stessa avrebbe potuto essere rilasciata in sanatoria per gli interventi edilizi realizzati prima dell’entrata in vigore della pertinente normativa (L. 1086/1981 e L.R. 9/1983), precisa che in tal caso sarebbe stato necessario che l’interessato avesse prodotto copia conforme della pratica di condono edilizio e certificato di idoneità statica.

Con Ordinanza n. 4936/2022 il TAR adito dichiarava il giudizio interrotto in ragione dell’intervenuta perdita dello ius postulandi del difensore costituito della Regione Campania.

I ricorrenti provvedevano a riassumere il giudizio con atto notificato e depositato in data 17 novembre 2022.

All’esito della udienza del 27 aprile 2023, tenuta da remoto in ossequio alle vigenti disposizioni processuali, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO

I. I ricorrenti contestano la legittimità dell’ordinanza di demolizione e di sospensione dei lavori come indicato nella parte in fatto.

II. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono, anzitutto, sotto un primo profilo, l’intervenuta formazione del silenzio assenso sulle domande di condono già presentate dal loro dante causa e rimaste inevase dalla P.A. nonostante il decorso del tempo.

II.1) Il motivo, per il profilo indicato, è infondato.

Al riguardo, occorre considerare che l’area è incisa dalla presenza di vincoli di tipo anzitutto paesaggistico, che impongono la previa verifica di compatibilità espressa dall’Autorità preposta alla tutela, senza la quale non è predicabile la formazione di un provvedimento di assenso tacito, se non a decorrere dall’emanazione del parere favorevole ex art. 32 L. 47/85 (cfr., ex pluris, Cons. di Stato, VI, n. 2369/2020);
parere che, per vero, non sembra sia stato neppure richiesto.

II.2.) Con maggiore impegno esplicativo, mette conto richiamare la giurisprudenza che, in applicazione dell’art. 32 L. 47/1985, ha affermato che, in presenza di vincoli paesaggistici, l’Autorità preposta alla tutela dell’interesse presidiato deve pronunciarsi in maniera espressa sulla compatibilità dell’opera da condonare rispetto al regime di salvaguardia che assiste il vincolo, tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i poteri e a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo (cfr., da ultimo, Cons. di Stato, VI, n. 6671/2022;
TAR Sicilia, Catania, I, n. 3271/2022;
TAR Campania, Salerno, II, n. 1486/2019).

Più puntualmente “l’esistenza del vincolo va valutata al momento dell’esame della domanda di condono, con il risultato che, se non sussistono le condizioni di rispetto della normativa vincolistica in quel momento, il titolo di sanatoria non può essere assentito, anche se, in ipotesi, l’edificazione rispettava tale normativa al momento della sua realizzazione senza autorizzazione (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 5244/2018).

II.3) Nel caso di specie, l’intero territorio del Comune di Castellammare di Stabia è stato dichiarato di notevole interesse pubblico e dunque incluso nell’elenco delle cose da sottoporre alla tutela paesistica (con esclusione della sola zona demaniale comprendente l’area portuale che va dal moletto Quartuccio al cantiere della Navalmeccanica incluso) con D.M. 28 luglio 1965;
per l’effetto, il vincolo, come espressamente si legge nel detto decreto, non comporta divieto assoluto di “costruibilità, o, comunque, di modifiche allo stato del luogo protetto dalla legge, ma impone soltanto l’obbligo di presentare alla competente Soprintendenza, per la preventiva approvazione, qualsiasi progetto di lavori che si intendano effettuare nella zona”;
l’area risulta dunque inclusa tra quelle sottoposte alla tutela ex D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, inserita in zona B3 del vigente P.R.G. e in zona 7- Zona di recente urbanizzazione del P.U.T.

Pertanto, l’art. 32 della legge 47/85 impone l’acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, in assenza del quale il giudice non può valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo, anche sulla salvaguardia della pubblica incolumità, attesa la contestuale presenza di un vincolo sismico, e la permanenza in loco del manufatto abusivo.

In presenza dei suddetti presupposti (apposizione del vincolo paesaggistico, mancata valutazione dell’autorità preposta) non possono dunque dirsi realizzati i presupposti per la formazione di un provvedimento implicito di assenso sulla domanda di condono, come sostenuto dalla parte ricorrente.

Invero, il sistema normativo delineato dall’art. 35 della L. n. 47/1985 e 32 della L. 326/2003 consente la formazione di un silenzio assenso per il tramite di un’inerzia serbata per oltre ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono.

Tuttavia, il mero decorso del tempo non è sufficiente alla formazione del silenzio assenso essendo necessario che: a) l’opera ricada nel novero di quelle sanabili;
b) siano stati integralmente assolti dall’interessato gli oneri di documentazione che provino la sussistenza dei requisiti sostanziali per il condono (relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere abusive, anche ai fini ella corretta e definitiva determinazione dell’entità dell’oblazione), diversamente non iniziando utilmente a decorrente il termine suindicato (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 539/2022 e n. 4540/2020;
TAR Campania, Salerno, II, n. 2318/2021).

Sotto il primo profilo, il già citato art. 32, comma 1, legge n. 47/1985, richiamato dall’art., 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, come già evidenziato, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte al tutela del vincolo stesso, la cui inerzia è qualificata silenzio rifiuto, impugnabile dall’interessato con le forme di legge, ma comunque ostativa alla formazione del provvedimento per silentium sul condono (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 10495/2022).

II.4) All’assenso implicito osta, peraltro, anche la sussistenza del diverso vincolo sismico, insistente sull’area in questione giusta delibera regionale n. 5447/2002).

A tal proposito, la legge 47/85, all’art. 35, commi 6 e 7, ai fini della sanabilità delle costruzioni eseguite nei comuni dichiarati sismici dopo la realizzazione delle stesse, prescrive il deposito del progetto di completo adeguamento del manufatto ovvero del certificato di idoneità statica dell’edificio, quando non occorra provvedere all’adeguamento, prescrizioni rimaste inadempiute dai soggetti interessati.

II.5) Ostativo, infine, alla formazione del silenzio assenso è la non evidenza di completezza della documentazione presentata in sede di istanza di condono (che neppure in giudizio risulta integrata), che determina la non conformità dell’istanza al modello legale tipizzato e dunque la non configurabilità di un silenzio assenso sulla stessa (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 4749/2015 e 3676/2023).

III. Di seguito, deve essere delibata la questione relativa all’efficacia preclusiva della presentazione delle domande di condono, presentate dal dante causa degli odierni ricorrenti e rimaste inevase della P.A. procedente, sull’adozione dei provvedimenti di sospensione e ripristino, come pure posta nel primo motivo di ricorso.

III.1) Al riguardo, giurisprudenza consolidata ritiene che l’Amministrazione non possa emettere alcun provvedimento sanzionatorio senza aver prima definito il procedimento instaurato con l’istanza di condono edilizio.

Tanto argomentando che “L’art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) prevede che la presentazione della domanda di condono sospende il procedimento per l’applicazione di sanzioni amministrative. Ne consegue che, nella pendenza della definizione di tali domande, non può essere, tra l’altro, adottato alcun provvedimento di demolizione. Tale disposizione si applica anche ai condoni presentati ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 326 (cfr. comma 28 di tale articolo).” (Cons. di Stato, sez. VI, 29 novembre 2016, n. 5028, ex pluris).

A tale conclusione si perviene, oltre che alla luce del sopra riferito articolato normativo, in ragione del doveroso rispetto di apicali principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, che non ammettono logicamente iniziative sanzionatorie e ripristinatorie sui manufatti di cui è ancora in corso la verifica di condonabilità (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 107/2020 e n. 2315/2018).

Invero, la presentazione della richiesta di sanatoria fa sorgere l’obbligo per il Comune di esaminarla, con conseguente necessità, in caso di precedente emanazione di ordinanza di demolizione, di assumere un nuovo provvedimento all’esito del procedimento di sanatoria, con conseguente perdita di efficacia dell’originario provvedimento repressivo che non può più essere portato ad esecuzione;
ove il procedimento sia stato attivato prima che siano intraprese iniziative sanzionatorie da parte dell’Ente Comune, lo stesso è invece ostativo all’emanazione di ordinanze di demolizione;
sul presupposto, è a dirsi, di una coincidenza tra i manufatti oggetto di condono e quelli già gravati da ordine di demolizione.

III.2) Nel caso in esame, il responsabile degli abusi, dante causa degli odierni ricorrenti, ha presentato due domande di condono, rispettivamente in data 30.9.1096 (pratica n. prot. 10214) e in data 10.12.2004 (cfr. allegati 001 e 002 della produzione di parte ricorrente in data 14 giugno 2022), rispettivamente ai sensi della L. 47/1985 e della L. 269/2003, e l’Amministrazione comunale ha emesso l’ordinanza demolitoria senza previamente pronunciarsi sulle dette istanze;
il provvedimento è stato dunque adottato in violazione degli artt. 38 e 44 della legge n. 47/1985.

Orbene, se è vero che occorre verificare la coincidenza tra i manufatti oggetto di demolizione e quelli oggetto dell’istanza di condono, non può non osservarsi che quanto dedotto al riguardo da parte ricorrente in ricorso è rimasto allo stato orfano di specifica confutazione (non essendosi il Comune di Castellammare costituito), sicché deve ritenersi quantomeno verosimile la identità (totale o parziale) delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione con quelle per le quali è stata presentata istanza di condono (cfr. Cons. di Stato, IV, n.5030/2018), riservata ogni valutazione di merito, anche su eventuali difformità, ai competenti organi tecnici del Comune.

Invero, il reticolo normativo del codice del processo amministrativo in materia di onere della prova richiama l’art. 2967 C.C., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mentre chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto, deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda. Il principio che domina il regime di acquisizione delle prove, anche nel processo amministrativo, è quindi scolpito dal brocardo “onus probandi incumbit ei qui dicit”.

Siffatta evenienza è peraltro corroborata dagli elementi fattuali dedotti dai ricorrenti: i manufatti, sommariamente indicati nell’ordinanza di demolizione, in assenza di ulteriori indicazioni, p.e. catastali, insistono sulla stessa via di quelli indicati nella domanda di condono, anche se non è indicato il numero civico, ed anche la loro entità e consistenza sembra compatibile, quantomeno in parte, con quella descritta nelle istanze di sanatoria, salve, come detto, le diverse emergenze risultanti dal relativo procedimento.

III.3) Il motivo, per tale parte, è dunque fondato e giustifica l’annullamento della impugnata ordinanza demolitoria.

IV. Per il resto, il ricorso è infondato.

IV. 1) Non giova ai ricorrenti il richiamo, come operato con il secondo motivo di ricorso, all’affidamento sulla positiva definizione del procedimento di sanatoria posto che il mero decorso del tempo tra la presentazione dell’istanza di condono e l’esercizio in concreto del potere repressivo e sanzionatorio non vale da solo a radicare un affidamento meritevole di tutela in capo ai proprietari del manufatto abusivo (da ultimo, Cons. di Stato, VI, n. 1589/2022 e Ad., Pl. n. 9/2017).

IV.2) Quanto al terzo motivo, che richiama l’intervenuta presentazione di istanze di accertamento di conformità e di compatibilità paesaggistica, in tesi anch’esse ostative all’emanazione dell’ordine demolitorio, occorre precisare che, se le domande di condono inevase precludono l’attività sanzionatoria, come sopra spiegato al punto III) che precede, la domanda di accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/20021, inoltrata il 17.11.2017, n. prot. 52267, in assenza di espressa previsione normativa, invece rinvenibile quanto alle istanze di condono, non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione, dovendosi invece ritenere che, in pendenza del termine di decisione della domanda di accertamento di conformità, l’esecuzione della sanzione eventualmente comminata resta solo provvisoriamente sospesa ponendosi la stessa ingiunzione in uno stato di temporanea quiescenza (cfr., ex pluris, Cons. di Stato, VI, nn. 2980/2020 e 3417/2018).

In altri termini, “la domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, ma tale inefficacia opera in termini di mera sospensione con la conseguenza che l’ordine stesso non può ritenersi viziato in ragione della mera presentazione della domanda (in termini, Cons. di Stato, VI, n. 308/2021, tra le molte, anche TAR Campania, Napoli, II, n. 1345/2021;
III, n. 1239/2021;
IV, n. 4826/2020).

IV.3) Non fondato è il quarto motivo, non richiedendosi affatto una specifica motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione, che risiede in re ipsa, anche se molto successiva alla edificazione, e neppure deve essere comparato all’interesse del privato che abbia edificato contra legem (cfr. Ad. Pl. N. 9/2017).

IV. 4) Infondato è il quinto motivo, che prospetta un difetto di motivazione dell’ordine demolitorio con riferimento alla omessa specificazione dei vincoli sussistenti sull’area de qua.

Orbene, l’ordinanza richiama puntualmente i vincoli paesaggistici e sismici insistenti sull’area in questione, nonché la classificazione urbanistica della zona in base al piano comunale e al piano paesistico (P.U.T.).

La mancata specificazione della natura assoluta o relativa dei detti vincoli non rileva affatto ai fini della legittimità dell’ordinanza, incidendo piuttosto sulla diversa questione della concreta condonabilità dell’opera, che va comunque valutata dall’Amministrazione, come sopra detto, nel contesto del pertinente procedimento.

IV.5) Quanto al sesto motivo, che prospetta un deficit di contraddittorio nel procedimento, che non ha contemplato la comunicazione di avvio prevista dall’art. 7 L. 241/90, lo stesso può ben essere dichiarato assorbito per effetto del dirimente accoglimento del profilo inerente alla sostanziale illegittimità dell’ordinanza di demolizione per effetto della pendenza dei procedimenti di condono.

IV.6) Quanto all’ordinanza di sospensione dei lavori, emanata dalla Regione Campania e conseguente all’ordinanza di demolizione, la stessa, benché non fatta oggetto di specifici motivi di impugnazione, deve necessariamente seguire le sorti dell’ordinanza di demolizione e dunque essere a questa accomunata quanto agli effetti annullatori, dovendosi riguardare la questione dell’opposto vincolo sismico, nel rispetto delle forme procedimentali previste, nel contesto del procedimento di condono tuttora pendente.

V. Il ricorso va dunque accolto con riferimento al primo motivo e relativamente alla dedotta illegittimità della demolizione, che va annullata, in una agli atti conseguenti, come sopra indicato, con salvezza dei successivi atti dell’Amministrazione, in quanto imposta in pendenza delle domande di condono, non previamente definite.

VI. Stante il solo parziale accoglimento del ricorso, con il rigetto dei restanti e più consistenti motivi sollevati, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti costituite e dichiarate irripetibili per il resto.

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