TAR Roma, sez. III, sentenza 2013-03-29, n. 201303228
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N. 03228/2013 REG.PROV.COLL.
N. 09804/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9804 del 2011, proposto da:
Cooperativa Muratori &Cementisti - CMC di Ravenna e ALEANDRI Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentati
pro tempore
, rappresentate e difese dall'avv. A C, presso lo studio del quale sono elettivamente domiciliate in Roma, via Salaria, n. 89;
contro
ANAS Spa, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato presso la sede della quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la condanna
- al risarcimento dei danni subiti a causa della mancata aggiudicazione della gara bandita in data 7 dicembre 2004 da ANAS avente ad oggetto l'affidamento dei lavori di ammodernamento e adeguamento alle norme CNR delle corsie e delle relative corsie di emergenza dell'Autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria, tronco 1’- tratto 5°- lotto 4” dal Km. 47+800 al Km. 53+800.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di ANAS Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il Cons. D D e uditi, ai preliminari, l’avv. Nocito, in sostituzione dell’avv. Celotto, per le ricorrenti e l’avv. dello Stato Bucalo per la società ANAS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza del 3 maggio 2011 n. 2628, il Consiglio di Stato, sez. Quarta, ha pronunciato l’illegittimità dell’esito della gara bandita in data 7 dicembre 2004 da ANAS avente ad oggetto l'affidamento dei lavori di ammodernamento e adeguamento alle norme CNR delle corsie e delle relative corsie di emergenza dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria, tronco 1°- tratto 5°- lotto 4 dal Km. 47+800 al Km. 53+800 (gara alla quale le ricorrenti C.M.C. di Ravenna e Aleandri S.p.a., in costituendo R.T.I., hanno partecipato classificandosi seconde in graduatoria con il punteggio finale di 80,876, mentre l’aggiudicazione è stata disposta a favore di Pizzarotti &C. S.p.a. con il punteggio di 82,00).
Il giudice di appello, con la predetta sentenza, ha in sintesi affermato l’illegittimità dell’aggiudicazione disposta in favore della società Pizzarotti &C. che, invece, avrebbe dovuto essere esclusa dalla competizione per aver presentato un progetto in variante di valore inferiore a quello posto a base di gara (il cui importo era di euro 191.118.563,00, comprensivo degli oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso d’asta pari a euro 8.498.599,94).
Ciò premesso, le società istanti, con il ricorso in esame (notificato in data 18 novembre 2011), hanno chiesto la condanna di ANAS al risarcimento dei danni per equivalente (considerato che non sussistono i presupposti per il risarcimento in forma specifica, ai sensi dell’art. 125 c.p.a., trattandosi di opere riguardanti infrastrutture di carattere strategico) pari a circa 20 milioni di euro, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi.
In particolare, le ricorrenti, dopo aver prospettato la sussistenza del nesso di causalità per i danni causati dall’illegittimità dei provvedimenti adottati da A.N.A.S. s.p.a. e l’inutilità di provare l’elemento soggettivo della colpa in capo alla predetta società (ciò in ragione di quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza 30 settembre 2010, C-314/09), hanno individuato le seguenti voci di danno da risarcire:
- danno emergente ovvero le spese sostenute per la partecipazione alla procedura di gara, pari ad euro 198.709,93;
- lucro cessante ovvero l’utile che avrebbero conseguito in caso di affidamento della gara, quantificato in euro 15.807.763,83 (pari al 10% dell’importo offerto in sede di gara);
- danno curriculare (causato dalla perdita correlata al mantenimento e all’arricchimento del proprio curriculum ), pari ad euro 4.742.329,14 (ovvero il 3% del valore dell’appalto).
In prossimità della trattazione del merito, A.N.A.S. S.p.a. ha depositato memoria eccependo dapprima la prescrizione della domanda di risarcimento ex art. 2947 c.c. e la decadenza dell’azione in quanto proposta oltre i termini fissati dall’art. 30 comma 5 c.p.a. (120 gg. dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato, 3 maggio 2011 n. 2826) e chiedendo comunque il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.
Anche le ricorrenti hanno depositato memoria, replicando alle eccezioni di parte resistente ed insistendo per l’accoglimento della domanda risarcitoria.
Alla pubblica udienza del 20 marzo 2013, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Vanno, anzitutto, respinte le eccezioni di prescrizione e di decadenza dell’azione risarcitoria proposta da parte ricorrente.
È sufficiente, al riguardo, osservare che, nel caso di specie, è stato in ogni caso rispettato il termine di decadenza fissato dall’art. 30, comma 5, del CPA laddove si prevede che “ Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata….. sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza ”.
Ed invero, la sentenza n. 2826/2011 del Consiglio di Stato, sez IV, che ha disposto l’illegittimità dell’aggiudicazione in favore della società Pizzarotti è stata pubblicata in data 3 maggio 2011 e quindi notificata ad ANAS il successivo 31 maggio 2011 (dato non smentito da parte resistente), mentre il ricorso in esame è stato notificato il 18 novembre 2011.
Ora, posto che dalla data del 31 maggio 2011 (data di notifica della sentenza n. 2826/2011) devono essere quantomeno conteggiati i 30 gg. per la proposizione dell’azione revocatoria ordinaria (art. 395, nn. 4 e 5, cpc), i 120 giorni previsti dall’art. 30, comma 5, del CPA (ai quali devono essere aggiunti i 45 gg. relativi al periodo di sospensione del periodo feriale, dal 1° agosto al 15 settembre) scadono successivamente al 18 novembre 2011, data in cui è stata proposta l’azione risarcitoria di che trattasi.
Ciò rende inutile indagare se, nella fattispecie in esame, si sia altresì consumata la prescrizione ex art. 2947 c.c. (ovvero cinque anni dall’evento lesivo che, nel caso di specie, coincide con l’aggiudicazione definitiva del 9 settembre 2006) ovvero se, per il passaggio in giudicato della predetta sentenza del Consiglio di Stato in cui non vi è dubbio che si sia formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, vadano comunque conteggiati i 60 gg. per la proposizione del ricorso in Cassazione per motivi inerenti la giurisdizione, ai sensi dell’art. 111 Cost..
2. Passando ora al merito, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per riconoscere in capo alle ricorrenti il diritto al risarcimento dei danni per equivalente.
Dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez IV, n. 2826/2011 (che ha riformato la sentenza di primo grado del TAR Lazio, sez. III, 28 maggio 2007 n. 4866) emerge, invero, non soltanto che l’aggiudicazione della gara in favore della società Pizzarotti è stata illegittima ma anche che la predetta illegittimità (ovvero il fatto che l’aggiudicataria aveva presentato un progetto in variante di valore inferiore a quello posto a base di gara) era sanzionata dalla lex specialis con l’esclusione dalla competizione.
La conseguenza di ciò è che, con l’esclusione della prima classificata, la gara di che trattasi avrebbe dovuto essere aggiudicata alle ricorrenti, essendosi classificate al secondo posto della graduatoria finale. Peraltro, sebbene la ricorrente vittoriosa in sede di contenzioso non possa mai nutrire la matematica certezza circa la definitiva aggiudicazione del contratto, nulla la società resistente ha comunque dedotto con riferimento al fatto che le ricorrenti, nonostante la loro posizione in classifica, non avrebbero potuto aspirare all’affidamento dei lavori di che trattasi posto che, in disparte il fatto che le opere sono state portate ad esecuzione dalla società Pizzarotti (quantomeno segno tangibile della volontà di ANAS di realizzare quanto richiesto con la gara di che trattasi), la stazione appaltante ha giudicato idonea la proposta presentata in sede di gara dalle società istanti né, durante la controversia che si è conclusa con la sentenza n. 2826/2011 del Consiglio di Stato, ha mosso censure (del resto, neanche la controinteressata) in ordine al fatto che le ricorrenti non avrebbero comunque potuto aspirare alla commessa di che trattasi.
A ciò si aggiunga che, essendo stato nel frattempo stipulato il relativo contratto, le ricorrenti hanno diritto al risarcimento danni solo per equivalente, siccome previsto dall’allora vigente art. 246 del D.lgs n. 163 del 2006 (ora art. 125 CPA), trattandosi di lavori riguardanti infrastrutture di carattere strategico.
Ora, posto che sussistono l’elemento oggettivo (il danno ingiusto) della responsabilità ed il nesso di causalità essendo tale danno stato causato, in via immediata e diretta, dall’illegittimità dell’azione amministrativa, deve essere riconosciuto in capo alle ricorrenti il diritto (l’ an ) al risarcimento dei danni posto che la ricerca della prova della colpevolezza della stazione appaltante ai fini del riconoscimento della tutela risarcitoria in favore dell'impresa danneggiata, alla luce del quadro delineato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (CGCE, sez. III, 30 settembre 2010, causa n. C-314/09), ha assunto una posizione decisamente recessiva.
Ed invero, la citata CGCE, dopo aver ribadito che l’art. 2, n. 6, secondo comma, della direttiva 89/665 riconosce agli Stati membri la facoltà di prevedere che, dopo la conclusione del contratto successiva all’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso possano essere limitati alla concessione di un risarcimento, ha però chiarito che, in un tale contesto, “ il rimedio risarcitorio… può costituire, se del caso, un’alternativa procedurale compatibile con il principio di effettività…. soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata…alla constatazione dell’esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’amministrazione aggiudicatrice ”.
È proprio il caso di cui alla fattispecie in esame in cui, come detto, la normativa interna ha proprio previsto che, in caso di avvenuta stipula del contratto, residua in capo alla impresa interessata il rimedio del risarcimento dei danni per equivalente, dal che deriva che risulta superfluo indagare in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo alla stazione appaltante.
3. Passando, ora, alla quantificazione del danno, va osservato quanto segue.
3.1 Per quanto riguarda il danno emergente (ovvero le spese sostenute per la partecipazione alla procedura di gara, quantificate dalle ricorrenti in euro 198.709,93), la richiesta non può essere accolta in quanto, condividendo la giurisprudenza che si è espressa sul punto (per tutte, Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2011, n. 5528 e TAR Lombardia, sez. I, 10 dicembre 2012, n. 2985), la partecipazione alle gare pubbliche comporta per le imprese costi che, di norma, restano a carico delle medesime sia in caso di aggiudicazione sia in caso di mancato affidamento.
Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo qualora la pretesa sia fatta valere dall'impresa illegittimamente esclusa che lamenti il coinvolgimento in trattative inutili, ma non anche nel caso in cui il partecipante alla gara aspiri all'aggiudicazione della commessa o, comunque, abbia avanzato domanda per il risarcimento dell'interesse positivo dato dalla perdita dell'utile di impresa e del danno curriculare poiché, in tali ipotesi, il risarcimento delle spese sostenute per la partecipazione alla gara non può sommarsi agli altri risultati a cui il ricorrente aspira, pena una ingiusta locupletazione che il rimedio risarcitorio non può accordare.
Il danno va, quindi, riconosciuto sotto il profilo del lucro cessante, in ragione della mancata percezione degli utili derivanti dall'aggiudicazione e del c.d. danno curriculare, ovverosia del pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale provocato dal comportamento illegittimo dell'Amministrazione.
3.2 In ordine alla prima voce di danno ed alla sua quantificazione, è noto che questa è generalmente ritenuta pari al 10% dell'offerta formulata dall'impresa (e non dell'importo dell'appalto);criterio questo al quale fa riferimento la giurisprudenza in applicazione analogica dell'art. 345 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, sulle opere pubbliche (sostanzialmente riprodotto nell'art. 122 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, applicabile ratione temporis ), che quantifica in tale misura il danno risarcibile a favore dell'appaltatore in caso di recesso della P.A. (ciò sia allo scopo di ovviare ad indagini alquanto difficoltose ed aleatorie sia allo scopo di cautelare la P.A. da eventuali richieste di liquidazioni eccessive).
E' altrettanto noto, tuttavia, che siffatto orientamento, negli ultimi anni, è stato oggetto di parziale ripensamento nel senso che, se il criterio del 10% è in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l'utile che un'impresa può trarre in astratto dall'esecuzione di un appalto, non può, tuttavia, essere oggetto di applicazione automatica e indifferenziata ai fini risarcitori (TAR Sicilia, sez. III, 08.02.2012, n. 309;TAR Sicilia Catania, Sez. IV, 25.05.2011 n. 1279;Cons. Stato, Sez. III, 12.5.2011 n. 2850;Cons. Stato, Sez. VI, 09.12.2010, n. 8646;TAR Lazio, Sez. I Ter, n. 954/2010;Cons. Stato, Sez. VI, 21.09.2010 n. 7004).
In altri termini “il mancato utile spetta, in caso di annullamento dell'aggiudicazione e di certezza dell'aggiudicazione in favore del ricorrente, nella misura integrale solo se il ricorrente dimostri di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione;in difetto di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, e di qui la decurtazione del risarcimento di una misura per aliunde perceptum vel percipiendum . In secondo luogo, ai sensi dell'art. 1227 cod. civ., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno. Nelle gare di appalto, l'impresa non aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non può mai – come detto - nutrire la matematica certezza che le verrà aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le possibili sopravvenienze ostative. Pertanto, non costituisce, normalmente, e salvi casi particolari, condotta ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle more del giudizio, nell'attesa dell'aggiudicazione in proprio favore, essendo invece ragionevole che l'impresa si attivi per svolgere altre attività. Di qui la piena ragionevolezza della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%, sia dell' aliunde perceptum sia dell' aliunde percipiendum con l'originaria diligenza..." (Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 2011 n. 2427).
Non ignora il Collegio che il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia (per tutte, 21 novembre 2011, n. 868) ha opinato diversamente, ritenendo non percorribile la strada della riduzione automatica della misura del 10% in caso di mancata prova della immobilizzazione da parte dell'impresa pretermessa.
Il predetto Consiglio di Giustizia ha osservato come sia ”illogico ed intimamente ingiusto caricare sul danneggiato stesso le conseguenze negative della mancata prova di un fatto estintivo o modificativo della pretesa, quale è la compensazione per aliunde perceptum ”.
Il CGARS, in altri termini, ritiene che l' aliunde perceptum , in quanto fatto estintivo o modificativo della pretesa risarcitoria, debba essere provato da chi lo invoca, ovverosia dalla stazione appaltante.
Ritiene il Collegio che l'assunto sia in astratto condivisibile, ma con la precisazione che tale prova può essere raggiunta anche mediante presunzione, secondo le regole generali (e del resto la stessa quantificazione del 10% è null'altro che una stima presuntiva del danno da mancato guadagno).
A tal riguardo, non può ritenersi sufficiente quanto dedotto dalle ricorrenti in ordine alla mancata aggiudicazione delle gare a cui ha partecipato nel periodo gennaio 2006 – giugno 2008 in quanto ciò non esclude che le società istanti possano comunque essere state coinvolte in altri lavori, anche al di fuori delle predette procedure ad evidenza pubblica come, ad esempio, in caso di coinvolgimento in rapporti di subappalto.
Del resto, le ricorrenti non hanno, altresì, chiarito quale era, a suo tempo, la loro effettiva dotazione di risorse umane e strumentali né se, nel caso in cui avessero dovuto eseguire i lavori di cui alla gara bandita da ANAS nel 2004, sarebbe stato sufficiente affidarsi alle dotazioni umane o strumentali già in possesso oppure avrebbero dovuto attingere all’esterno (ad esempio, tramite subappalto ovvero stipulando appositi contratti di lavoro a tempo determinato delle varie tipologie).
Né risulta dirimente quanto dedotto con riferimento alla diminuzione del volume di affari registrato dal 2006 al 2008 in quanto, posto peraltro che la differenza apprezzabile tra preventivo e consuntivo si registra con riferimento all’annualità da ultimo richiamata, non può non evidenziarsi come il 2008 sia stato l’anno in cui si è consolidato il periodo di crisi che ha afflitto l’economia italiana tanto che non può escludersi una riduzione “fisiologica” del fatturato nel periodo di che trattasi, non causata, quindi, in via diretta ed immediata (art. 1223 cc), dall’illegittima pretermissione delle ricorrenti nella gara di che trattasi (cfr, sul punto, TAR Lazio, sez. Terza, 15 febbraio 2013, n. 1714).
In linea, quindi, con quanto sottolineato dal Consiglio di Stato, nella citata pronuncia n. 2427 del 19 aprile 2011, si deve presumere, dunque, fino a prova contraria, che l'impresa, nelle more del giudizio, si attivi per continuare la propria attività d'impresa, dal che consegue in via ordinaria una fisiologica limitazione dei danni subiti.
Alla luce delle considerazioni che precedono ed in assenza di una prova concreta circa l'immobilizzazione dei propri mezzi e delle maestranze, il danno subito dall'impresa del ricorrente per la mancata aggiudicazione dell'appalto per cui è causa deve essere liquidato nella misura del 5% della sua offerta (ovvero il 50% del 10%).
3.3 Ciò posto con riferimento al lucro cessante, per quanto riguarda poi il c.d. danno curriculare, va osservato che deve, in via generale, ammettersi che l'impresa illegittimamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale (Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751;Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1180;Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144;Cons. Stato, Sez. V, 23 luglio 2009, n. 4594;TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 7 gennaio 2010, n. 3);tale danno viene generalmente rapportato, in via equitativa, a valori percentuali compresi fra l'1% e il 5% dell'importo globale dell'appalto da aggiudicare, depurato del ribasso offerto.
Al riguardo, va tuttavia rilevato che, in sede di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione di una gara di appalto, come noto, è onere dell'interessato, nel richiedere il risarcimento del c.d. danno curriculare, in astratto risarcibile, fornire adeguatamente la relativa prova (Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7004;Cons. Stato, Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038;Cass. civile, Sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3794), ai sensi degli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c. (applicabili anche al processo amministrativo;cfr per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6118).
Ed invero, la voce di danno in questione, sebbene suscettibile di apprezzamento in via equitativa, esige l'allegazione, da parte del soggetto interessato, di tutti gli elementi atti a concretizzarla, onde evitare che la relativa quantificazione in sede giudiziaria si risolva nel riconoscimento di un ristoro eccedente quello necessario alla compensazione patrimoniale del pregiudizio effettivamente subito: elementi che, ad esempio, vanno individuati nel peso delle referenze correlate all'esecuzione dell'appalto in questione nell'ambito di quelle complessivamente maturate dalle società interessate, così da poter apprezzare la misura in cui l'impossibilità di allegare le prime incida, in futuro, sulle chances di aggiudicazione di ulteriori commesse (TAR Campania, sez. staccata di Salerno, n. 203/2008).
Nella fattispecie in esame, il Collegio ritiene che sia mancata proprio l'allegazione dei detti fatti da parte della difesa di parte ricorrente la quale non ha, ad esempio, chiarito se la mancata aggiudicazione delle gare a cui hanno partecipato le società istanti nel periodo gennaio 2006-giugno 2008 sia stato proprio causato dal mancato arricchimento del curriculum professionale.
Ne consegue che la richiesta risarcitoria avente ad oggetto tale voce di danno (curriculare) non può essere accolta.
3.4 Il danno da mancata aggiudicazione costituisce un debito di valore, con la conseguenza che sulla somma complessiva liquidata a titolo di risarcimento (come quantificato al precedente punto 3.2) spetta la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con la società Pizzarotti sino alla pubblicazione della sentenza a decorrere dalla quale, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta.
Non spettano, invece, gli interessi compensativi (dalla data della stipula del contratto sino alla pubblicazione della sentenza) sulla somma via via rivalutata, in mancanza di qualsiasi allegazione e prova circa l'insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo nella corresponsione dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca della produzione del danno (TAR Lazio, Sez. III, 3 maggio 2011, n. 3776 e cit. Cons. Stato, Sez. VI, n. 3144/2009).
4. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi e limiti di cui al precedente punto 3..
5. Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.