TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-08-26, n. 202211286

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-08-26, n. 202211286
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202211286
Data del deposito : 26 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2022

N. 11286/2022 REG.PROV.COLL.

N. 10189/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10189 del 2016, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, domiciliato presso la Tar Lazio Segreteria TAR Lazio in Roma, via Flaminia, 189;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell’interno n. -OMISSIS-, che ha respinto l’istanza di rilascio della cittadinanza italiana presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 29.10.2010


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2022 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana in data 29.10.2010, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992.

II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione ha respinto la domanda dell’interessato ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello alla concessione della cittadinanza del richiedente. Infatti, dal Certificato del Casellario Giudiziale n-OMISSIS-e dal rapporto della Questura di -OMISSIS- in data 08.06.2011, è emerso che a carico del ricorrente risulta una sentenza del Tribunale di -OMISSIS- del 04.11.2005, irrevocabile in data 30.11.2005, per il reato di cui all'art. 22, comma 12, D.lgs. n. 286/1998 ( occupazione lavoratori stranieri irregolari ).

Inoltre dal Certificato dei carichi pendenti della Procura della Repubblica di -OMISSIS- del 04.02.2014 è emerso che risulta pendente il procedimento penale n.-OMISSIS-per i reati di associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa .

Dall’ulteriore rapporto informativo della Questura di -OMISSIS- del 03.12.2012 risulta altresì che il ricorrente è stato deferito, in data 19.07.2011 alla competente A.G. dal Nucleo di Polizia Tributaria di -OMISSIS-, per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale .

III. – Avverso il suddetto provvedimento di diniego il ricorrente insorge con l’odierno gravame, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 9, comma 1, lett. f) L. 91/92, violazione di legge in relazione riferimento all'art. 10 bis L. 241/90, eccesso di potere sotto il profilo del difetto e/o carenza di istruttoria, erroneo ed insufficiente apprezzamento delle circostanze di fatto, irragionevolezza, sproporzionalità, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta, nonché per violazione di legge con riferimento all’art. 3 L. 241/90, per carenza e/o incongruità e/o insufficiente motivazione.

Il ricorrente assume, in primo luogo, che i due procedimenti penali per i reati di frode fiscale contestati, a cui si è sempre dichiarato estraneo, sono stati archiviati, anche se riferisce che per uno di essi non è ancora in possesso della documentazione comprovante la predetta archiviazione.

Il ricorrente, inoltre, in merito alla sentenza del 2005, eccepisce che si tratta di una sentenza adottata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., non equiparabile ad una sentenza di condanna, in relazione ad una contravvenzione risalente nel tempo ed oramai estinta e condonata, non idonea pertanto a fondare la convinzione che l'esponente non abbia dato prova di aver raggiunto un grado sufficiente di integrazione.

La parte, da ultimo, evoca il suo pieno inserimento nel contesto sociale italiano e integrazione nella comunità nazionale, come dimostrano le relazioni personali, familiari e lavorativi ivi istaurate.

IV. - In vista dell’udienza pubblica dell’8 aprile 2022, parte ricorrente ha depositato l’ordinanza di riabilitazione del Tribunale di Sorveglianza di -OMISSIS- del 11.05.2021 in relazione alla sentenza del 2005 e memoria difensiva, ribadendo le difese dispiegate nel ricorso.

L’Amministrazione resistente, al contrario, ha dedotto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.

V. - All’udienza pubblica dell’8 aprile 2022 la parte ha chiesto un rinvio per deposito documentazione integrativa, cui controparte ha aderito.

Il ricorrente, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni di cui all’atto introduttivo del giudizio, ha quindi prodotto memoria e documenti volti a dimostrare l’asserita estraneità ai fatti relativi ai procedimenti penali per frode fiscale addebitati allo stesso nel provvedimento di diniego della cittadinanza e l’avvenuta archiviazione, anche se in uno dei due casi non dimostrabile per tabulas , in ragione dell’asserita impossibilità di reperire il relativo provvedimento di archiviazione in formato cartaceo.

VI. - All’udienza pubblica dell’11 luglio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è infondato.

II. - Il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, di recente, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “ può ” - e non deve - essere “ concessa ”.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).

A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.

E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.

II.1. - In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.

La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: “ concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa ”).

In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis , Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n. 12568/ 2009;
Cons. Stato, sez. III, n. 104/2022;
n. 4121/2021;
n. 7036 e n. 8233 del 2020;
n. 1930, n. 7122 e n. 2131 del 2019;
n. 657/2017;
n. 2601/2015;
sez. VI, n. 3103/2006;
n.798/1999).

III. - Se, dunque, il potere dell’Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell’effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, si esaurisce nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cui è causa;
il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012).

IV. – Alla luce del quadro ricostruito, il Collegio reputa corretto l’operato dell’amministrazione che ha negato il rilascio del massimo status in ragione di una pluralità di motivi ostativi (sentenza di condanna per occupazione di lavoratori stranieri irregolari;
procedimento penale pendente per associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa e, infine, deferimento alla Polizia tributaria per analogo reato) emersi nel corso dell’istruttoria che, a prescindere dalla definizione e dalle conseguenze sul piano penale, hanno fatto dubitare dell’opportunità di una definitiva ammissione del richiedente nella comunità nazionale.

In altre parole, l’amministrazione alla luce dei dati disponibili allo stato degli atti, pur nella consapevolezza della possibile non (negativa) definizione dei procedimenti per i reati di frode fiscale, ha ritenuto di non poter escludere che la concessione della cittadinanza potesse mettere in pericolo l’interesse pubblico affidato alla sua cura e chiarisce che “ l’inserimento dello straniero nell’ambiente nazionale non può essere valutato sulla base dell’accertamento di condizioni esclusivamente formali, ma scaturisce da un complesso di situazioni e comportamenti idonei a fondare l’opportunità della concessione di un nuovo status civitatis”.

Tra l’altro, anche a voler prescindere dall’addebito dei procedimenti di cui il ricorrente rivendica l’archiviazione e prima ancora l’estraneità ai fatti, il Collegio ritiene opportuno evidenziare che la p.a. ha fondato il suo giudizio di inaffidabilità e di non compiuta integrazione nella comunità nazionale, comunque, su un precedente per un grave reato, occupazione di lavoratori stranieri clandestini o irregolari, oggetto di condanna, benché con pena patteggiata, posto in essere nel decennio antecedente la presentazione della domanda.

IV.1 – La condotta posta in essere, integrante una violazione della normativa in materia di immigrazione riguardano, è stata ragionevolmente valutata in maniera negativa dalla PA ai fini della concessione della cittadinanza, dato che la naturalizzazione potrebbe agevolare la commissione di tali infrazioni, che destano particolare allarme sociale, in quanto colpiscono principi fondamentali per l’ordine e la sicurezza pubblica, tanto che sono pregiudizievoli anche al rilascio e rinnovo di titoli per l’autorizzazione del soggiorno sul territorio nazionale (anche da questa Sezione (TAR Lazio, sez. V bis, n. 5130/2022, cfr., Cons. Stato, sez. III, n. 8734/2019).

IV.2. - Inoltre, il reato in questione è punito con una pena edittale che nel massimo non è inferiore a tre anni di reclusione, sicché, risulta automaticamente ostativo ex art. 6 della legge 91/1992 persino all’acquisto della cittadinanza italiana “di diritto” da parte del coniuge di connazionale (TAR Lazio, sez. II quater, n. 1833/15;
3582/14;
n. 9947/2016, 324/2017;
TAR Lazio, sez. I ter, n. 11734/2019, 4632/2020;
nel senso che le ipotesi preclusive all'acquisto della cittadinanza per matrimonio previste dall'articolo 6 della legge n. 91 del 1992 si devono ritenere applicabili a fortiori anche alla ipotesi della cittadinanza richiesta per naturalizzazione, cfr Consiglio di Stato VI n. 52 del 10 gennaio 2011;
sez. III, n. 52/2011, 1726/2019, 8734/2019, 4151/2021;
TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022, n. 4236/22, n. 4295/2022, 4941/2022, n. 5130/2022, n. 5131/2022, n. 6254/2022).

Detta norma - proprio perché dettata in relazione ad una situazione di maggior favore (in quanto sorretta dall’esigenza di tutela di chi è già cittadino e dell’unità familiare) – va considerata quale norma di tenuta dell’ordinamento che individua gli argini di quell’area del penalmente rilevante travalicati i quali inevitabilmente il potere di valutazione discrezionale dell’amministrazione, giustapposto all’interesse legittimo pretensivo del richiedente lo status , finisce per essere compresso, a tutela delle regole di civile convivenza e dei valori identitari dello Stato.

Solo in presenza della riabilitazione, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 6, e della conseguente automatica rimozione degli effetti ostativi riconnessi alla commissione dei reati specificamente individuati, si riespande l’esigenza di tutela dell’unità familiare.

Nel caso che ci occupa ricorre un’ipotesi di cittadinanza per residenza, negata per la contestazione, tra le altre cose, di un reato automaticamente ostativo, per il quale non era intervenuta la riabilitazione (la parte solo successivamente all’adozione del provvedimento di diniego della cittadinanza ha presentato istanza di riabilitazione al Tribunale di Sorveglianza di -OMISSIS- in data 24.04.2018).

Per cui, se si considera che in questi casi anche al coniuge del cittadino sarebbe stata negato lo status , è possibile concludere per la correttezza dell’operato della p.a.

IV.3. – E le suddette considerazioni circa la rilevanza del reato in argomento non possono essere scalfite neanche dalla tesi attorea sulla mancata equiparazione della sentenza di patteggiamento (che ricorre nel caso di specie) ad una pronuncia di condanna, visto che la prima prescinderebbe dall’accertamento della responsabilità penale.

Non è superfluo rilevare che la scelta di riti premiali contempla, nel codice del rito penale, sempre una scelta o una condivisione da parte del soggetto sottoposto all’esercizio dell’azione penale;
nell’applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 ssg c.p.p.), il fatto storico è accertato e accettato dalle parti e confermato dal Giudice penale e, inoltre, la volontà del soggetto richiedente di accedere al rito premiale e alle relative conseguenze è vagliata con particolare accuratezza (art. 446 c.p.p.). In mancanza di pronunce pienamente assolutorie, non può non farsi riferimento al fatto storico che, comunque, conferma l’apprezzamento di inaffidabilità strumentale alla valutazione di meritevolezza della concessione dello status civitatis ;
peraltro, quando una norma assume l'esistenza di una condanna penale come presupposto (più o meno vincolante) per l'adozione di un provvedimento amministrativo, ovvero quale preclusione all'esercizio di determinate facoltà o diritti, a questi fini vale come sentenza di condanna anche quella emessa a seguito di patteggiamento ex art. 444 c. p. p (cfr. Cons. di Stato, 7 ottobre 2013, n. 4921;
27 marzo 2012, n. 1781;
TAR Lazio, 10 gennaio 2017, n. 324, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, 03.06.2021, n. 6541).

V. – Inoltre, come accennato, a sostegno della fondatezza dell’operato dell’amministrazione, tenuto conto degli elementi istruttori raccolti al momento del procedimento e dello stato degli atti, milita, di contro la tesi attorea, altresì la collocazione temporale del comportamento censurato nel decennio antecedente la proposizione della domanda.

Sull’importanza del c.d. “periodo di osservazione”, rappresentato dal decennio precedente il momento della domanda, rilevante ai fini della valutazione dell’acquisizione dei requisiti per la cittadinanza, incluso quello dell’irreprensibilità della condotta, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 91 del 1992, l’insegnamento della giurisprudenza può dirsi pressoché univoco (cfr. Cons. St., sez. VI - 10/01/2011, n. 52;
TAR Lazio, sez. II quater, n. 10678/13, n. 1833/2015;
TAR Lazio, sez. I ter, n. 5917/21;
da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945 e 2946 del 2022).

Tali circostanze hanno pertanto legittimamente indotto l’Amministrazione ad effettuare una valutazione sfavorevole del grado di condivisione dei valori fondamentali dell’ordinamento ed a formulare un giudizio prognostico negativo sull’utile inserimento del ricorrente nella comunità di cui chiede di far parte integrante anche al fine dell’esercizio dei cd. diritti politici.

VI. - Quanto sopra chiarito consente di assicurare ex se un adeguato sostrato motivazionale al provvedimento impugnato, anche a voler tenere conto delle ragioni addotte dal ricorrente a dimostrazione dell’irrilevanza di taluno dei motivi ostativi sottesi al diniego, quali la pendenza di procedimenti penali per i reati di frode fiscale, sfociati asseritamente in provvedimenti di archiviazione, rispetto ai quali ha sempre dichiarato la propria estraneità.

Invero, trovandoci al cospetto di un provvedimento plurimotivato è possibile evocare l’insegnamento della giurisprudenza ad avviso della quale, nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell'atto la fondatezza anche di una sola di esse;
un atto amministrativo plurimotivato resiste all'annullamento in sede giurisdizionale se risulta sussistente anche una sola delle ragioni che lo sorreggono (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 27/09/2021, n.6470;
Consiglio di Stato sez. IV, 30/08/2021, n. 6115;
Tar Lazio, sez. V bis, 08/07/2022, n. 9418).

VII. - Appare quindi sufficiente ad integrare un adeguato corredo motivazionale e istruttorio e in linea con i principi di ragionevolezza e proporzionalità – ciò che rende quindi l’operato dell’amministrazione immune dalla possibilità di censure in questa sede (alla luce delle coordinate sul sindacato di questo organo giudicante tracciate sub III) - la contestazione anche di un fatto penalmente rilevante, rientrante nel novero dei reati automaticamente ostativi ex art. 6, legge n. 91/1992, non risalente e valutato nell’ambito di un quadro fattuale complesso che rileva la possibile presenza di ulteriori ostacoli al rilascio del massimo status , ad onta, come nel caso di specie, della dedotta integrazione nel tessuto sociale italiano dell’interessato.

Sul punto questa Sezione, peraltro, ha più volte chiarito che lo stabile inserimento socio-economico non rappresenta un elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato, esso è solo il prerequisito della richiesta di cittadinanza, in quanto presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale ( ex multis , Tar Lazio, Sez. V bis, nn. 2945 e 4295 del 2022). E ciò nondimeno concorre alla formazione del giudizio di affidabilità espresso dall’amministrazione, che, come è possibile evincere anche dal provvedimento, formula il proprio giudizio sulla base di “ una valutazione complessiva deli elementi emersi nel corso dell’istruttoria che possano dare fondamento all’opportunità della concessione … e siano tali da poter escludere che l’inserimento stabile del richiedente nella collettività nazionale arrechi danno alla stessa ”.

E invero le premesse motivazionali, dettagliate e puntuali, danno conto – a confutazione delle censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/90 - dell’avvenuta valutazione di tutti gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria - compresi quelli in favore dell’istante, acquisiti anche a seguito alle osservazioni formulate dalla parte in riscontro al preavviso di rigetto, come espressamente precisato - a conclusione della quale l’amministrazione ha tuttavia ritenuto non coincidente l’interesse pubblico con quello dell’aspirante cittadino.

VIII. - In ogni caso, si tenga conto che il diniego della cittadinanza non preclude all’interessato di ripresentare l’istanza nel futuro (già dopo un anno dal primo rifiuto), per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “ interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente ” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino. Da tale punto di vista, infatti, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all’autodeterminazione delle scelte di natura politica.

IX. - In conclusione, il Collegio, muovendosi nell’angusto solco di un sindacato meramente estrinseco e formale, ritiene che il ricorso debba essere respinto, non avendo rinvenuto, per tutto quanto osservato, la presenza di elementi in grado di scalfire la legittimità dell’operato della p.a. nell’esercizio del potere altamente discrezionale attribuitole dal legislatore, alla luce dei vizi dedotti con l’atto introduttivo del presente giudizio.

X. - Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi