TAR Salerno, sez. II, sentenza breve 2023-03-22, n. 202300651

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza breve 2023-03-22, n. 202300651
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202300651
Data del deposito : 22 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/03/2023

N. 00651/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00279/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 279 del 2023, proposto da
D C, C T, G G, A A, Marilena D'Alelio, R F, P M, Anna Maria D'Alelio, A S, S S, L L, C V, M M, R S, G I, G T, S F, M C, F M B, M C F, rappresentati e difesi dall'avvocato D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Avellino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Amerigo Bascetta, Berardina Manganiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

dell’ordinanza di demolizione n. 544 del 21 novembre 2022 e della nota di rettifica prot. n. 106056 del 23 dicembre 2022.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2023 il dott. O D P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Premesso che:

- con ricorso notificato il 19 gennaio 2023 e depositato il 9 febbraio 2023, i nominativi indicati in epigrafe impugnavano, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, l’ordinanza di demolizione n. 544 del 21 novembre 2022, emessa dal Dirigente Servizio Strategico SUED del Comune di Avellino, e la nota del 23 dicembre 2022, prot. n. 106056, emanata dal medesimo Dirigente Servizio Strategico SUED del Comune di Avellino ad integrazione e parziale rettifica dell’ordinanza di demolizione n. 544 del 21 novembre 2022;

- richiedevano, altresì, in subordine, la condanna del Comune di Avellino al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione del ragionevole affidamento riposto nella legittimità dei cespiti immobiliari contestati;

- gli illeciti edilizi accertati con l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria erano consistiti nella realizzazione in sopraelevazione, in difformità dalla licenza edilizia n. 342 del 29 luglio 1959, del piano sesto (costituito da n. 3 unità abitative), del piano settimo (costituito da n. 3 unità abitative) e del piano ottavo (costituito da un’unità abitativa e da locali cantinole) dell’edificio ubicato in Avellino, viale Italia, n. 36-36/A, e censito in catasto al foglio 36, particella 36, in esubero rispetto a quelli assentiti (pari a n. 5 livelli fuori terra) ed all’altezza assentita (m 20,00), corrispondente al limite massimo previsto dal pro tempore vigente Piano di Ricostruzione;

- a sostegno dell’esperito gravame, i ricorrenti, in qualità di proprietari dei cespiti immobiliari attinti dall’emessa ordinanza di demolizione n. 544 del 21 novembre 2022, lamentavano, in estrema sintesi, che il Comune di Avellino: a) in difetto di istruttoria, non avrebbe tenuto conto che, a seguito dell’arretramento dell’area di sedime per m 5,00 dall’adiacente viale Italia e per m 2,00 dall’adiacente via Otranto e della sua connessa riduzione di mq 408, con licenza edilizia n. 342 del 19 gennaio 1960 (giammai annullata d’ufficio), avrebbe assentito, in via compensativa, la realizzazione del piano terra e di n. 6 piani superiori, per un’altezza complessiva di m 26,00 (corrispondente a quella attuale);
b) contraddittoriamente avrebbe concesso svariate sanatorie in relazione ad opere eseguite presso le unità immobiliari contestate, senza aver rilevato l’originaria e radicale abusività di queste ultime;
c) in difetto di motivazione, non avrebbe circostanziato la prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’edificazione sine titulo rispetto all’interesse antagonistico al suo mantenimento in loco, il quale, stante il ragguardevole arco temporale trascorso dalla commissione degli illeciti edilizi, si sarebbe consolidato, in termini di affidamento incolpevole, in capo ai privati acquirenti, rimasti soggettivamente estranei a detti illeciti edilizi, imputabili unicamente alla ditta costruttrice;
d) in violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, avrebbe pretermesso la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio ex art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 nei confronti dei proprietari dei cespiti immobiliari colpiti dalla misura repressivo-ripristinatoria;
e) nell’ingiungere la demolizione dei piani sesto, settimo e ottavo, non avrebbe tenuto conto dei pregiudizi strutturali e funzionali da essa arrecabili all’intero edificio, ivi comprese le relative porzioni legittime;

- costituitosi in resistenza, l’intimato Comune di Avellino, eccepiva l’infondatezza dell’impugnazione poposta ex adverso;

- il ricorso veniva chiamato all’udienza del 1° marzo 2023 per la trattazione dell’incidente cautelare;

- nell’udienza cautelare emergeva che la causa era matura per la decisione di merito, essendo integro il contraddittorio, completa l’istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge;

- le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione del ricorso nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone;

Considerato, innanzitutto, che:

- non è accreditabile l’assunto attoreo secondo cui, a seguito dell’arretramento dell’area di sedime per m 32,80 dall’adiacente viale Italia e per m 2,00 dall’adiacente via Otranto e della sua connessa riduzione di mq 408, con licenza edilizia n. 342 del 19 gennaio 1960, sarebbe stata assentita, in via compensativa, la realizzazione del piano terra e di n. 6 piani superiori, per un’altezza complessiva di m 26,00 (corrispondente a quella attuale);

- ben vero che la menzionata licenza edilizia n. 342 del 19 gennaio 1960 contempla un «fabbricato costituito dal piano terra e 6 piani superiori, di cui il 6° in attico sul viale Italia, con arretramento delle sole tompagnature»;

- tuttavia, come documentato dall’amministrazione resistente, il titolo edilizio in parola risulta annullato con d.p.r. del 18 settembre 1963, quanto all’altezza del fabbricato eccedente quella assentita con la pregressa licenza edilizia n. 342 del 29 luglio 1959, resasi, quindi, a tutti gli effetti, reviviscente;

Considerato, poi, che, per ius receptum, l’ingiunzione demolitoria, per la sua natura di atto urgente dovuto e rigorosamente vincolato, non implicante valutazioni discrezionali, ma risolventesi in meri accertamenti tecnici, fondato, cioè, su un presupposto di fatto rientrante nella sfera di controllo dei soggetti interessati, non richiede apporti partecipativi di questi ultimi, i quali, in relazione alla disciplina tipizzata dei procedimenti repressivi, contemplante la preventiva contestazione dell'abuso, ai fini del ripristino di sua iniziativa dell'originario assetto dei luoghi, vengono, in ogni caso, posti in condizione di interloquire con l'amministrazione prima di ogni definitiva statuizione di rimozione d'ufficio delle opere abusive;
tanto più che, in relazione ad una simile tipologia provvedimentale, può trovare applicazione l’art. 21 octies della l. n. 241/1990, che statuisce la non annullabilità dell’atto adottato in violazione delle norme sul procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, n. 6071/2012;
sez. VI, n. 2873/2013;
n. 4075/2013;
sez. V, n. 3438/2014;
sez. III, n. 2411/2015;
sez. VI, n. 3620/2016;
sez. II, n. 7353/2021;
TAR Campania, Napoli, Napoli, sez. IV, n. 685/2015;
sez. II, n. 1534/2015;
Salerno, sez. II, n. 664/2015;
n. 1036/2015;
Napoli, sez. III, n. 4392/2015;
n. 4968/2015;
sez. VIII, n. 1767/2016;
sez. IV, n. 4495/2016;
n. 4574/2016;
sez. III, n. 121/2017;
n. 677/2017;
sez. VI, n. 995/2017;
sez. IV, n. 2320/2017;
sez. VIII, n. 4122/2017;
sez. III, n. 5967/2017;
Salerno, sez. II, n. 24/2018;
Napoli, sez. III, n. 898/2018;
n. 1093/2018;
sez. IV, n. 1434/2018;
n. 1719/2018;
n. 2241/2018;
TAR Lazio, Roma, sez. I, n. 2098/2015;
n. 10829/2015;
n. 10957/2015;
n. 2588/2016;
TAR Puglia, Lecce, sez. III, n. 1708/2016;
n. 1552/2017);

Considerato, altresì, che, per granitica giurisprudenza, ormai consolidatasi a seguito dell’arresto nomofilattico sancito da Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017, l’ordinanza di demolizione, in quanto – come detto – atto dovuto e rigorosamente vincolato, è affrancata dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella riparazione (tramite ripristino dello stato dei luoghi) dell’illecito edilizio e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore (cfr. anche, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 3955/2010;
sez. V, n. 79/2011;
sez. IV, n. 2592/2012;
sez. V, n. 2696/2014;
sez. VI, n. 3210/2017;
sez. VI, n. 6771/2020;
n. 4534/2021;
n. 5704/2021;
n. 8/2022;
n. 251/2022;
TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 4624/2016;
n. 5973/2016;
sez. VI, n. 2368/2017;
sez. VIII, n. 2870/2017);

Considerato, ancora, che la condotta omissiva e/o reticente del Comune di Avellino in sede di rilascio di svariate sanatorie inerenti alle unità immobiliari in contestazione non valeva, di per sé sola, ad elidere l’abusività, a monte, della realizzazione di queste ultime, sulla quale esso restava, comunque, chiamato ad esercitare, senza limiti temporali, il proprio potere-dovere repressivo, la relativa inerzia non essendo idonea a far divenire legittimo ciò che sin ab origine non lo era (cfr., ex multis, Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017;
sez. VI;
n. 6613/2021;
n. 8/2022;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 1616/2020;
TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 6025/2020;
n. 1712/2022);

Considerato, nel contempo, che:

- l’amministrazione resistente, nell’ingiungere la demolizione dei piani sesto, settimo e ottavo dell’edificio ubicato in Avellino, viale Italia, n. 36-36/A, e censito in catasto al foglio 36, particella 36, non risulta aver ponderato le più che verosimili implicazioni pregiudizievoli arrecabili dalla misura adottata all’assetto strutturale e funzionale dell’intero corpo di fabbrica, e, quindi, segnatamente, anche alle porzioni legittime di esso (in titolarità di soggetti estranei agli abusi in contestazione);

- come illustrato nella “perizia tecnica” depositata in giudizio da parte ricorrente «la demolizione dei piani superiori (6‐7‐8) richiederebbe ‘onerosi’ lavori anche sulla parte regolare dell’immobile, richiedendo il rifacimento di tutte le reti di acqua e gas, degli scarichi delle acque nere e bianche, dell’impianto di riscaldamento centralizzato e dell’intero impianto ascensore»;
mentre «i lavori di demolizione, seppur controllata, indurrebbero comunque vibrazioni con aggravio di sollecitazioni sull’intera struttura»;

- ed invero, è agevole inferire, in base ai canoni di comune esperienza, che l’abbattimento di 3 dei complessivi 8 livelli fuori terra di un una struttura in cemento armato (cfr. certificato di collaudo depositato in giudizio da parte ricorrente) non possa non compromettere irrimediabilmente il complessivo equilibrio statico di quest’ultima;

- la censura attorea di irragionevolezza e sproporzione dell’adottata misura repressivo-ripristinatoria in rapporto alla complessiva edificazione (anche e in prevalenza legittimamente) realizzata si corrobora e si rende, vieppiù, favorevolmente apprezzabile, ove ricollegata al rilievo del ragguardevole arco temporale trascorso dalla commissione degli illeciti edilizi, consolidatosi, in termini di affidamento incolpevole, in capo ai privati titolari dei cespiti immobiliari in contestazione (sul punto, cfr. TAR Piemonte, Torino, sez. II, n. 1355/2012);

- non può, in particolare, obliterarsi che il Comune di Avellino, pur essendo ab origine a perfetta conoscenza della consistenza dell'edificio e delle correlative problematiche (cfr. ordinanze di sospensione dei lavori prot. n. 15584 del 25 giugno 1960 e prot. n. 16005 del 30 giugno 1960;
note comunali del 6 aprile 1960, prot. n. 9060/1707, 13 giugno 1960, prot. n. 14549/1929, del 25 giugno 1960, del 30 giugno 1960, prot. n. 2082, del 30 luglio 1960, prot. n. 2433, e del 17 marzo 1962, prot. n. 6302;
nota del Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Campania e Molise prot. n. 14277/14749 del 5 aprile 1960, prot. n. 20579/23405 del 7 giugno 1960, prot. n. 17148/27623 del 5 luglio 1962;
nota del Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione Generale Urbanistica e Opere Igieniche prot. n. 1449/1424 del 15 luglio 1960), non abbia tempestivamente intrapreso alcuna azione repressiva, né, tanto meno, abbia verificato l’esito dell’impugnazione proposta dinanzi al Consiglio di Stato dalla ditta costruttrice (con ricorso notificato il 1° agosto 1967) avverso il diniego ministeriale di nulla osta ex art. 3 della l. n. 1357/1955 al rilascio della licenza edilizia in deroga al vigente Piano di Ricostruzione (cfr. nota del Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Campania e Molise prot. n. 17148/27623 del 5 luglio 1962 e nota dell’Ufficio Tecnico Comunale di Avellino prot. n. 19776 del 28 agosto 1967), salvo poi emettere, dopo oltre 60 anni di totale inerzia, e senza la sopravvenienza di ulteriori attività di trasformazione edilizia, un'ordinanza per l'abbattimento di una considerevole porzione immobiliare, contestando la difformità del fabbricato rispetto remota licenza n. 342 del 29 luglio 1959;

- né può obliterarsi che i proprietari delle unità immobiliari sine titulo sono soggetti pacificamente diversi dall’autore dell’abuso (identificabile, nella specie, nella ditta costruttrice), non risultano acquistato dette unità immobiliari con finalità elusive della sanzione comminata dall’ordinamento ed hanno mostrato, nei confronti dell’amministrazione, un contegno trasparente e collaborativo circa lo stato di legittimazione del fabbricato, allorquando hanno presentato istanze di sanatoria afferenti proprio alle porzioni edificatorie contestate, così da denotare un affidamento incolpevole (essendo, altrimenti, singolare che gli stessi, pur potendo fruire dei benefici condonistici di cui agli artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, 39 della l. n. 724/1994 e 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 per sanare la macroscopica abusività dei cespiti de quibus, vi abbiano fatto, invece, ricorso per sanare illeciti edilizi marginali);

- tali circostanze, se, da un lato, – come dianzi acclarato – non valevano ad imporre all’amministrazione comunale una motivata valutazione circa la preminenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’edificazione sine titulo rispetto all’interesse antagonistico al suo mantenimento in loco, giustificavano, d’altro lato, e, anzi, rendevano indeclinabile una motivata valutazione circa la congruità dell’irrogata sanzione demolitoria;

- ciò, tanto più che quest’ultima figura ingiunta a valle dell’annullamento della licenza edilizia n. 342 del 19 gennaio 1960 (legittimante, in via compensativa, la realizzazione di «fabbricato costituito dal piano terra e 6 piani superiori, di cui il 6° in attico sul viale Italia, con arretramento delle sole tompagnature»), disposto con d.p.r. del 18 settembre 1963;
e che, quindi, avrebbe ben potuto essere preceduta, anche ai sensi dell’art. 38 del d.p.r. n. 380/2001, da una opportuna valutazione circa la fattibilità o meno della regressione dell’edificio al progetto assentito giusta licenza edilizia n. 342 del 29 luglio 1959;

- a tale ultimo riguardo, ferme restando le statuizioni enunciate in subiecta materia da Cons. Stato, ad. plen., n. 17/2020, va ricordato che, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, sulla sanzione demolitoria deve considerarsi far premio la c.d. fiscalizzazione ex art. 38 del d.p.r. n. 380/2001, qualora – come, appunto, nella specie – solo una porzione del fabbricato risulti privata del relativo titolo abilitativo, stante la preclusione a rimuoverla per il serio rischio statico cui sarebbe esposta la residua porzione legittima, così da rendersi, comunque, inevitabile, in questo caso, il mantenimento della porzione abusiva mediante riparazione in via pecuniaria (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3366/2015;
n. 7508/2019);

Ritenuto, quindi, che:

- stante la sua ravvisata fondatezza nel profilo da ultimo scrutinato, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti con esso impugnati ed assorbimento della subordinata domanda risarcitoria;

- quanto alle spese di lite, la reciproca soccombenza ne giustifica l’integrale compensazione tra le parti.

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