TAR Catania, sez. IV, sentenza 2023-08-16, n. 202302534

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2023-08-16, n. 202302534
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202302534
Data del deposito : 16 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/08/2023

N. 02534/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01220/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1220 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F P, domiciliato presso la segreteria del Tribunale;

contro

Ministero degli Interni, Questura di Catania, U.T.G. di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

- del decreto di revoca della licenza del porto di fucile e del relativo libretto (n. -OMISSIS- rilasciato in data -OMISSIS- 2014 dal Commissariato di P. S. di -OMISSIS-) in titolarità del ricorrente, notificato allo stesso il 14 aprile 2015.

- di ogni altro atto preordinato, connesso o conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero degli Interni, della Questura di Catania e dell’U.T.G. di Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 luglio 2023 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Con decreto notificato al ricorrente il 14 aprile 2015 gli è stata revocata la licenza del porto di fucile poiché questi risultava essere stato deferito all’Autorità giudiziaria per il reato di cui all’art. 20 della L. n. 110/1975 e indagato, per tale fatto, nel procedimento penale n. -OMISSIS- R. G. N. R. Proc. Rep. Trib. -OMISSIS-.

Con ricorso notificato e depositato il 9 giugno 2015, il ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguenti censure:

1) “Insussistenza dei presupposti di cui all’art. 11 u. c. del R. D. n. 773/1931 in capo al ricorrente”.

Assume il ricorrente che non sarebbe mai venuta a mancare alcuna condizione in grado di giustificare la revoca del porto d’armi.

In fatto, questi, in data 2 ottobre 2014 alle ore 12:22 ha sporto denuncia dinnanzi ai C. C. di -OMISSIS- del furto del suo fucile, la cui sottrazione sarebbe avvenuta quaranta minuti prima. Tornato da una battuta di caccia, lo stesso sarebbe sceso dalla propria autovettura insieme ai suoi cani per condurli nel recinto. In sede di denuncia ha dichiarato di avere regolarmente chiuso la propria autovettura, di essersi recato nel casolare distante non più di 4 – 5 metri dal luogo in cui aveva parcheggiato per chiudere i cani nel casolare, sennonché al suo ritorno avrebbe trovato lo sportello lato passeggero della sua vettura scardinato, rendendosi conto, successivamente, del furto del fucile da caccia. Successivamente, ha precisato che:

- l’agrumeto in cui si è consumato il furto si trova all’interno di un cancello chiuso a chiave con un grosso catenaccio;

- per accedere all’agrumeto dalla strada pubblica, sarebbero necessari almeno 100 metri;

- dopo essere entrato nella sua proprietà, avrebbe chiuso il cancello dall’interno con il lucchetto;

- l’immobile davanti al quale era stata parcheggiata l’autovettura non sarebbe visibile dalla strada;

- avrebbe chiuso a chiave la propria autovettura, con all’interno il fucile inserito nella custodia, poggiato sul sedile posteriore, coperto interamente da una coperta;

- avrebbe impiegato pochi minuti (al massimo cinque) per riporre i cani nelle loro cucce e ritornare in auto.

A parere del deducente, titolare di porto d’armi da oltre 45 anni e incensurato, sarebbero state apportate tutte le cautele necessarie richieste dalla normativa di cui all’art. 20 bis L. n. 110/1975.

Il fatto verificatosi rientrerebbe, dunque, nell’alveo degli eventi imprevedibili e accidentali, di guisa che nessuna omissione nella custodia delle armi sarebbe possibile configurare.

2) “Eccesso di potere per difetto di motivazione e per carenza di istruttoria, violazione degli artt. 3 e segg. L. n. 241/1990”

L’Amministrazione resistente non avrebbe effettuato alcuna istruttoria, limitandosi a “ricopiare” un modello di provvedimento prestampato. Nel caso in esame, non sarebbe stato provato il minimo elemento o qualsiasi circostanza tale da far ritenere il soggetto pericoloso o, comunque, capace di abusi sufficienti a giustificare la revoca della licenza del porto di fucile.

L’Amministrazione resistente, regolarmente intimata, si è costituita in data 9 luglio 2015, chiedendo il rigetto dell'istanza di rimedio cautelare per insussistenza dei presupposti e, nel merito, una pronuncia di reiezione del ricorso per inammissibilità e infondatezza dei motivi.

In data 28 settembre 2015, con ordinanza n. 735/2015 questo Tribunale ha respinto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato “Ritenuto che la documentazione fotografica depositata dal ricorrente relativa alla zona nella quale si è consumato il furto dell’arma, in quanto isolata e protetta da un cancello non idoneo a interdire l’ingresso di estranei, depone per la necessità di una maggiore attenzione nella custodia della stessa, lasciata asseritamente nell’auto.”

In data 7 aprile 2021, il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento integrale del ricorso allegando sentenza di proscioglimento (per intervenuta prescrizione del reato), emessa dal Trib. -OMISSIS-, Proc. pen. n.-OMISSIS- R.G.N.R Proc. Rep. Trib. -OMISSIS-.

Alla pubblica udienza di smaltimento del 10 luglio 2023, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, d. l. 9 giugno 2021, n. 80, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

II. Il ricorso è infondato.

Le censure possono essere trattate congiuntamente.

In termini generali (cfr. T.A.R. Catania, I, 24.11.2021, n. 3483;
28/12/2020, n. 3584), va precisato «che nel nostro ordinamento non esistono posizioni di diritto soggettivo con riguardo alle situazioni di detenzione e porto d’armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui all' art. 699 c.p. e all' art. 4 comma 1, l. 18 aprile 1975 n. 110 (T.A.R. Umbria, Perugia , sez. I , 30/07/2019, n. 425;
T.A.R. Basilicata, Potenza , sez. I , 28/06/2019, n. 514;
T.A.R. Piemonte, Torino , sez. II , 08/04/2016, n. 434;
T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I , 27/10/2014, n. 993;
Consiglio di Stato , sez. III , 14/09/2011 , n. 5132 ).

«Il porto d'armi, in particolare, non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, un’eccezione al generale divieto di detenere armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle stesse (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 19/02/2019, n.338).

«Da tale assunto, secondo giurisprudenza consolidata, discende un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione procedente nel valutare la sussistenza (o meno) dei requisiti di buona condotta e di affidamento nel non abuso delle armi che, ai sensi dell’art. 43 co. 2 T.U.L.P.S., può legittimare il diniego (o anche la revoca) della chiesta licenza di polizia.

«D'altronde, come affermato dalla giurisprudenza maggioritaria, fatta propria da questa Sezione, il potere di revoca o di diniego della licenza di porto di fucile non persegue finalità sanzionatorie, ma solo cautelari in quanto preordinate alla prevenzione di possibili abusi a tutela della privata e pubblica incolumità, ritenendosi, infatti, non necessario un obiettivo ed accertato abuso, quanto, invece, sufficiente la sussistenza di circostanze idonee a comprovare la non affidabilità dell’interessato nell’uso delle armi (cfr T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 1 giugno 2020, n. 1250 e, sempre sez. IV, 26 luglio 2018, n. 1597;
in tal stesso la giurisprudenza prevalente: Consiglio di Stato, Sez. III, 13 aprile 2011 n. 2294;
11 luglio 2014, n. 3547;
24 agosto 2016 n. 3687;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 13/10/2016, n. 4709, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 03/06/2016, n. 479, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 04/04/2016, n. 361, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 27/11/2014, n. 583).

«È stato ribadito, al riguardo, che il giudizio di non affidabilità è possibile anche qualora non siano state pronunciate sentenze penali di condanna, essendo all’uopo sufficienti situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta (T.A.R. Lombardia, Brescia sez. II, 20/08/2019, n.753;
T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 04/06/2019, n. 159;
T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, 09/07/2019, n. 793).

«Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva che a carico del ricorrente non vi siano condanne, né che la normativa speciale richiamata in materia di sanzioni preveda la semplice sanzione amministrativa pecuniaria anziché la revoca, non essendo preclusa in alcun modo la valutazione discrezionale in ordine all’affidabilità dell’interessato, la cui ritenuta insussistenza ben può giustificare il sequestro preventivo impugnato (espressamente contemplato dall’art. 39 T.U.L.P.S.), quale possibile e legittima valutazione avanzata, volta al reiterarsi di un fatto oltre che illecito, anche pericoloso.

«Si tratta, in particolare, di un giudizio prognostico che può fondarsi anche sul mero sospetto o comunque su indizi ed elementi negativi, sia pure irrilevanti sotto il profilo penale, che attengono al complesso della condotta di vita del soggetto interessato, purché lo stesso giudizio sia supportato da un’adeguata istruttoria che confluisca in un’adeguata motivazione».

Nello specifico, poi, questo Tribunale ha da tempo precisato (cfr. T.A.R. Catania, IV, 16.1.2014, n. 62) che «l'omessa custodia di munizioni, invero, non rientra nella previsione della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 20, comma 1, in quanto la condotta punibile deve intendersi riferita solo all'omessa custodia di armi ed esplosivi e non anche delle munizioni (Sez. 1, n. 5112 del 27/01/2005, dep. 10/02/2005, Mei, Rv. 230960).

«Ciò, però, si ribadisce, non significa che la mancata adeguata custodia delle munizioni non possa determinare l’Amministrazione a ritenere che sia venuta meno la necessaria fiducia a un uso proprio delle armi, che deve sussistere nei confronti dei cittadini in tal senso autorizzati».

A fortiori, il giudizio di disvalore è maggiore in presenza di omessa custodia dell’arma.

Continua la richiamata decisione che «sotto il profilo formale, infatti, il comma 1 dell’art. 39 TULPS stabilisce, con una disposizione più ampia rispetto a quella che prevede il reato di omessa custodia, che “il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”.

«Ribadito quanto premesso, va ulteriormente specificato, come rammentato dalla predetta decisione n. 62/14, che “il porto e la facoltà di detenere armi, munizioni ed esplosivi non corrispondono a diritti il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza, bensì ad un interesse reputato senz'altro cedevole a fronte del ragionevole sospetto o pericolo dell'abuso.

«Qualunque precedente penale può adeguatamente costituire il presupposto di una valutazione negativa sull'affidabilità del privato circa il corretto uso delle armi e, anzi, non è neppure necessario che tale presupposto sia rappresentato da precedenti penali, in quanto il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva già inclusa nella sfera giuridica del privato, bensì assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare e detenere armi sancito dall'art. 699 c.p., e ribadito dall'art. 4, comma 1, L. n. 110/1975, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi (cfr. Cons. St., sez. VI, 05.12.2007 n. 6181).

«Ne consegue che il potere di controllo esercitato al riguardo dall'autorità di pubblica sicurezza si collega all'esercizio di compiti di prevenzione delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico, ben potendo quindi essere esercitato in senso negativo in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità di chi è interessato al rilascio o alla permanenza della licenza”.

«Il giudizio in ordine al requisito dell'affidabilità del privato nel corretto uso delle armi, affidato all'Autorità di P.S. con carattere di ampia discrezionalità, continua la detta decisione “impone non solo una ricognizione della personalità del titolare stesso, ma altresì l'accertamento e l'evidenza di tutte le circostanze di fatto che possono incidere sul corretto esercizio del dovere di custodia, onde evitare che le armi possano essere sottratte ad opera di soggetti non autorizzati, con presumibile pericolo per la pubblica incolumità”.

«Per altro, è stato precisato (cfr. TAR Reggio Calabria, 20.5.2013, n. 317) che “la legislazione affida all'autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore le eccezioni al divieto di circolare armati e, dunque, qualsiasi circostanza che consigli l'adozione del provvedimento di rigetto della domanda di porto d'armi, onde prevenire la commissione di reati e, in genere, di fatti lesivi della pubblica sicurezza.

«Ne consegue che, in base al quadro normativo di riferimento (articoli 11 e 43 del R.D. n. 773/1931), il titolare della licenza di porto di fucile, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (T.A.R. Liguria, II, 23 ottobre 2009, n. 2969).

«Si tratta di valutazioni ampiamente discrezionali, rientranti nel merito dell’azione amministrativa e dunque sottratte, in linea di principio al sindacato del giudice della legittimità, salva l’ipotesi di manifesta illogicità o incongruenza delle determinazioni assunte (v. T.A.R. Emilia Romagna, I, 15 marzo 2010, n. 2224;
C.S., V, 13 novembre 2009, n. 7107).

«D’altronde, l'interesse pubblico alla sicurezza dei cittadini va – nel dubbio – considerato prevalente rispetto al contrapposto interesse ludico - sportivo di cui è titolare colui che richiede la licenza di porto d'armi (T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 marzo 2007, n. 246).

Nel caso di specie, così come sia pur sinteticamente rappresentato nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione procedente ha ritenuto, con giudizio che appare privo di mende, che non sia affidabile un soggetto che abbia incautamente lasciato l’arma nell’autovettura, circostanza, questa, che ha determinato il suo deferimento per il reato di omessa custodia.

Per altro, dalla documentazione depositata dal ricorrente emerge che il cancello, anche se chiuso all’interno con il lucchetto, non risulta idoneo ad impedire l’ingresso di soggetti estranei, ma, al più, a interdire l’ingresso con automezzi. In secondo luogo, appare di estrema evidenza che l'autovettura parcheggiata non rappresenta un luogo sicuro ove riporre un'arma, essendo essa facilmente violabile.

Nel peculiare caso di specie, l'aver lasciato il fucile in auto in un luogo per altro evidentemente non frequentato, ha rappresentato una circostanza indicativa di una inidonea diligenza nella tenuta e conservazione delle armi: il ricorrente riferisce, infatti, di essere sceso dall'auto con i cani da caccia per portarli nel casolare. Proprio tale circostanza avrebbe, quindi, imposto al ricorrente, in considerazione anche delle condizioni “ambientali”, di adottare la cautela - senz'altro esigibile - di portare con sé l'arma.

L'aver asseritamente nascosto il fucile sotto una coperta, di conseguenza, non elimina l'indicata imprudenza, così come l’essersi allontanato per un lasso di tempo che, ove rispondente al vero, per quanto breve, è stato comunque sufficiente perché i terzi aprissero l'auto, rinvenissero il fucile e lo sottraessero.

Tanto chiarito, appare ragionevole il giudizio di inaffidabilità formulato dall'Autorità procedente nei confronti del ricorrente a fronte di un deferimento dell'interessato all'Autorità Giudiziaria per un reato inerente all'uso delle armi e in relazione al potere discrezionale attribuito precipuamente all'amministrazione in funzione di tutela preventiva dai pericoli che possono derivare alla collettività dall'uso e dalla circolazione impropria delle armi da parte di soggetti non autorizzati.

Peraltro, per quanto sopra sostenuto, a nulla vale il fatto che il soggetto sia stato prosciolto in sede penale;
comunque, va evidenziato che ciò è avvenuto per intervenuta prescrizione, circostanza, questa, che depone per l’insussistenza dello scrutinio assolutorio.

Anzi, la decisione ha ben evidenziato che “non paiono sussistere elementi a favore dell'imputato per configurare una pronuncia a lui più vantaggiosa nel merito come prescrive l'art. 129 c.p.p., in quanto, così come rappresentata la vicenda pare effettivamente integrare gli elementi costitutivi del reato”.

Conclusivamente, il ricorso è infondato e, come tale, va rigettato.

Le spese del giudizio possono, tuttavia, essere compensate tra le parti.

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