TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-05-12, n. 202301570
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Testo completo
Pubblicato il 12/05/2023
N. 01570/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03095/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3095 del 2013, proposto da
V C, rappresentato e difeso dall'avvocato A C M, con domicilio eletto presso lo studio Lucia Tilotta in Catania, via G. Leopardi 103;
contro
Comune di Savoca, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- dell’ordinanza n. 3 del 3 ottobre 2013, notificata il 7 ottobre 2013, con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Savoca ha ingiunto la demolizione e la rimozione di alcuni manufatti di proprietà del ricorrente siti in Savoca, contrada Scopelliti;
-degli atti premessi, connessi e conseguenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 febbraio 2023 il dott. S A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente esponeva di essere comproprietario di un fondo in territorio di Savoca (in catasto al foglio 10, part. N. 267, 268 e 601) sul quale sarebbero stati presenti i seguenti manufatti:
a) un fabbricato a piano terra delle dimensioni di mt. 4,60 x 10.000 e altezza di mt. 2,60, con copertura in cemento armato, adibito a stalla, per il quale è stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della legge L. 724/94 (provv. n. 6 del 23.11.2000, in atti);
b) una tettoia aperta delle dimensioni di circa mt. 6 x 13,80 e altezza di mt 3,00, in struttura portante mista in ferro e legno con copertura in lamiera, adibita a ricovero animali;
c) una tettoia con struttura portante in legno delle dimensioni di circa mt. 6 x 7,80 e di altezza di mt. 3,00 con copertura in lamiera nelle parti retrostanti e laterali, adibite a fienile;
d) una tettoia avente caratteristiche costruttive uguali a quella di cui sopra, di circa mt. 6 x 5,60 e altezza di mt. 6, utilizzata come fienile;
e) un manufatto in muratura di circa mt. 13 x 4,50 e altezza di mt. 2,70, con copertura in lamiera adibito a stalla.
Tali strutture sarebbero state realizzate dallo stesso ricorrente negli anni ’70 e ’80, come sito di transito per animali da destinare alla vendita o alla macellazione.
Lamentava che a distanza di 30 anni dalla loro realizzazione, con il provvedimento impugnato, il Comune invocato ne avesse disposto la demolizione, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi.
A parere del ricorrente il provvedimento sarebbe stato illegittimo per i seguenti motivi.
Anzitutto, con un primo motivo di ricorso, dubitava della competenza ad emettere il provvedimento da parte del Responsabile dell’Area tecnica del Comune, atteso che, ai sensi dell’art. 2 della l.r. n. 37/85, la vigilanza sull’attività urbanistico edilizia è di competenza del Sindaco e quest’ultimo articolo non sarebbe stato abrogato nonostante l’attribuzione delle medesime competenze, nella legislazione nazionale, ai dirigenti degli enti locali.
In un secondo motivo di ricorso affermava che il provvedimento sarebbe stato illegittimo, in quanto il Comune non avrebbe comunicato l’avvio del procedimento finalizzato alla demolizione e alla rimozione delle opere. Ove non fosse stata violata tale previsione, egli sarebbe stato in grado di rappresentare una serie di circostanze a suo modo di vedere rilevanti, quali la risalente data di costruzione delle opere e la loro natura pertinenziale rispetto al corpo principale, regolarmente edificato.
Con un ulteriore motivo di ricorso lamentava che le opere sarebbero state realizzate in epoca remota e l’inerzia dell’Ente nell’esercitare i necessari poteri di controllo e vigilanza avrebbe ingenerato nel deducente un ragionevole affidamento circa la loro conformità urbanistica.
Le asserite irregolarità, invero, avrebbero potuto essere accertate dai tecnici comunali nel corso degli accessi eseguiti nel 2000, in occasione dei rilievi per il rilascio della concessione in sanatoria del corpo di cui alla precedente lettera a).
Al contrario, il perseguimento di tali abusi a decenni dal loro completamento, con finalità punitive nei confronti del ricorrente, avrebbe concretato un’evidente ipotesi di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica (che deve necessariamente coincidere con un fine pubblico).
Con un quarto motivo di ricorso evidenziava che, in relazione ai manufatti di cui alla predetta lettera e), il Comune non avrebbe tenuto conto della loro reale natura pertinenziale rispetto all’edificio già esistente oggetto di concessione in sanatoria.
Da tale natura pertinenziale, e dalla loro conformità allo strumento urbanistico, sarebbe derivato che non sarebbe stata necessaria alcuna concessione edilizia per la loro realizzazione, bensì una semplice autorizzazione, la cui mancanza avrebbe legittimato soltanto l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge.
Ribadiva che, in ogni caso, la risalenza del manufatto e la protratta inerzia dell’Amministrazione avrebbero ingenerato una posizione di affidamento a fronte del quale sarebbe stato necessario motivare congruamente il pubblico interesse idoneo a giustificare il sacrifico dell’interesse privato.
Per tali ragioni chiedeva l’annullamento degli atti impugnati.
Il Comune convenuto, benché destinatario di regolare notificazione del ricorso, non si costituiva in giudizio.
All’udienza di smaltimento del 13 febbraio 2023, preso atto della richiesta di passaggio in decisione ai sensi dell’art. 13 quater disp. att. c.p.a., il ricorso veniva posto in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati.
DIRITTO
Ciò premesso il ricorso deve ritenersi infondato.
Non pare rilevabile, anzitutto, alcun difetto di competenza del dirigente che ha emanato il provvedimento impugnato.
Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza, l’art. 2, comma 3, della legge reg. Sic. 7 settembre 1998, n. 23, che ha richiamato l’art. 6 della legge 15 luglio 1997, n. 127, ha attribuito l’emanazione dei provvedimenti repressivi in materia edilizia all’organo dirigenziale intendendosi per tale non soltanto il dipendente inquadrato nella qualifica dirigenziale ma anche ogni altro «incaricato di funzioni dirigenziali» ai sensi dell’art. 2, comma 13 della citata legge 16 giugno 1998, n. 191 (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, n. 1255 del 20/04/2021 il quale a sua volta fa richiamo a T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 11 aprile 2011, n. 728).
Priva di rilievo deve ritenersi la circostanza che l’emanazione del provvedimento di demolizione non sia stata preceduta dalla comunicazione di avvio del provvedimento, da ritenersi superflua, in relazione agli atti in esame, stante il carattere dovuto e vincolante del provvedimento, rispetto al quale l’apporto del privato non può in alcun modo influire sull’esito finale del procedimento.
Invero, l’ordine di demolizione è un atto vincolato che l’amministrazione ha il dovere di adottare in seguito all’accertamento dell’abuso edilizio, sicché i presupposti di fatto in presenza dei quali l’amministrazione procede in modo doveroso sono individuati dalla legge, non essendovi spazio per valutazioni discrezionali in merito agli interessi privati coinvolti.
Questo Tribunale ha più volte ribadito tale orientamento affermando che “ l'ordine di demolizione conseguente all'accertamento della natura abusiva delle opere edilizie realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto;l'ordinanza va emanata senza indugio e in quanto tale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto cioè l'abuso di cui peraltro l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo” (arg. ex Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 25 novembre 2019, n. 976;T.A.R. Pu glia, Lecce, sez. I, 25 marzo 2020, n. 396;T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 18 febbraio 2020, n. 297) ” (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, 16 settembre 2021, n. 2762. In senso analogo T.A.R. Catania, (Sicilia) sez. I, 07/07/2022, n.1809;T.A.R. Catania, sez. II, 11 luglio 2022, sentenza n. 1841;T.A.R. Catania, sez. II, 1° febbraio 2022, n. 311;T.A.R. Catania, sez. III, 28 gennaio 2022, n. 258;C.G.A.R.S., sez. giur., 26 maggio 2021, n. 476).
Quanto al terzo motivo di ricorso, sono del tutto indimostrate le presunte “finalità punitive” del provvedimento che concreterebbero il denunciato vizio di sviamento del potere dalla sua funzione tipica.
Al contrario, deve ribadirsi che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi, come sopra evidenziato, costituisce manifestazione di attività amministrativa vincolata, rispetto alla quale non è riscontrabile il vizio lamentato, che può denunciarsi unicamente con riferimento all’attività discrezionale della P.A.
Irrilevante deve poi ritenersi il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, che non può certamente consolidare alcun tipo di affidamento giuridicamente rilevante.
A tal proposito, basti richiamare la sentenza del T.A.R. Catania, sez. I, 16 settembre 2021, n. 2762, la quale ha affermato che «la Sezione ha di recente stabilito (cfr. T.A.R. Catania, I, 19.4.2021, n. 1237) che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, "il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino" (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 9).
Si tratta di orientamento anche più di recente ribadito da condivisa giurisprudenza d'appello (cfr., ex plurimis , cit. Cons. Stato, sez. II, 3 febbraio 2021, n. 980;Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2020, n. 7546) e di prime cure (cfr., ex plurimis , T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 22 febbraio 2021, n. 1140;T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 5 febbraio 2021, n. 335)". Inoltre, l'abuso assume il carattere di illecito permanente e, come tale, rimane pur sempre "attualizzato".
Pertanto (cfr. T.A.R. Catania, I, 27.7.2021, n. 2446), "poiché l'ordinamento tutela l’affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione e il consapevole mantenimento in loco di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del privato " contra legem ", ne consegue che il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso, con la precisazione che il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso (cfr., da ultimo, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 06 settembre 2018, n. 5406)". In termini: T.A.R. Catania, II, 11 agosto 2022, n. 2268;T.A.R. Catania, sez. II, 11 luglio 2022, sentenza n. 1841;T.A.R. Catania, sez. II, 1° febbraio 2022, n. 311;T.A.R. Catania, sez. I, 30 luglio 2021, n. 2586;T.A.R. Catania, sez. I, 19 aprile 2021, n. 1245).
Non può, infine, ritenersi che i manufatti cui si riferisce l’ordine di demolizione siano qualificabili come opere pertinenziali, come tali soggette all’autorizzazione del Sindaco e alla disciplina di cui all’art. 10 della l. 47/85, che, in caso di edificazione abusiva delle predette opere, commina una sanzione pecuniaria, non anche demolitoria.
Infatti, come riportato in una pronuncia relativa ad analoga fattispecie, considerata l’entità delle opere indicate in parte narrativa, deve considerarsi che “ la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., Ad. Sez. Riun., 27 settembre 2021, n. 301) ” (T.A.R. Catania, sez. I, 30.5.22, n. 1438).
Nel caso di specie è evidente che le opere in questione non hanno la modesta entità richiesta per esser considerate “pertinenziali”, già solo in considerazione dell’autonoma destinazione di ciascuna di esse, dal momento che la struttura in muratura indicata alla lettera B è adibita a ricovero animali e le tettoie indicate alle lettere C e D vengono utilizzate come fienile.
Difettando il nesso di coessenzialità rispetto all’edificio principale, tali manufatti non possono dunque godere del regime di favore di cui all’art. 10 della l. 47/85.
In conclusione, per le ragioni suesposte, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla deve disporsi sulle spese, considerata la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione convenuta.