TAR Brescia, sez. II, sentenza 2024-02-20, n. 202400135

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2024-02-20, n. 202400135
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202400135
Data del deposito : 20 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2024

N. 00135/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00185/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 185 del 2022, proposto da
R SATO, in proprio e quale socio della cessata AGRICOLA ZOOTECNICA S. MARTINO SOCIETÀ SEMPLICE, rappresentato e difeso dall'avv. E Emondi, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

AGEA, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia, e domicilio fisico in Brescia, via S. Caterina 6;

per l'annullamento

- della cartella di pagamento n. 300 2015 00000076 85/000, emessa dall’AGEA e notificata da Equitalia spa tramite raccomandata AR il 12 marzo 2015, con la quale è stato chiesto alla società di cui il ricorrente è stato socio il pagamento della somma di € 613.128,69 a titolo di prelievo supplementare, interessi e oneri di riscossione per le campagne 2001-2002, 2005-2006, 2007-2008;

- del ruolo dell’AGEA n. 2015/000002, indicato nella suddetta cartella di pagamento, reso esecutivo in data 19 febbraio 2015;

- con domanda di risarcimento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGEA;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente Romeo Schenato, in qualità di socio della società semplice Agricola Zootecnica San Martino, produttore di latte vaccino e come tale assoggettata al regime europeo delle quote latte, rimasta in attività fino al 30 aprile 2011, impugna la cartella di pagamento n. 300 2015 00000076 85/000, emessa dall’AGEA e notificata da Equitalia spa tramite raccomandata AR il 12 marzo 2015, con la quale è stato chiesto alla società il pagamento della somma di € 613.128,69 a titolo di prelievo supplementare, interessi e oneri di riscossione per le campagne 2001-2002, 2005-2006, 2007-2008. L’impugnazione è estesa al presupposto ruolo dell’AGEA n. 2015/000002, indicato nella suddetta cartella di pagamento, reso esecutivo in data 19 febbraio 2015. Inoltre, è stata formulata domanda di risarcimento.

2. La cartella di pagamento era stata inizialmente impugnata dalla società davanti al Tribunale di Mantova ai sensi dell’art. 615 cpc con atto notificato in data 1 aprile 2015 (RG 1450/2015). Il Tribunale ha però declinato la giurisdizione a favore del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1-t cpa con sentenza n. 458 dell’11 maggio 2021. Questa pronuncia evidenzia che la controversia, comprendendo anche la questione dell’asserita prescrizione del credito dell’AGEA, riguarda in realtà il fondamento della pretesa e non la legittimità formale degli atti esecutivi. Il ricorso è stato quindi riassunto davanti al TAR Brescia.

3. Nell’originario ricorso erano state formulate plurime censure, che possono essere sintetizzate come segue:

(i) vi sarebbero difetti di natura formale che renderebbero nulla la cartella di pagamento (notifica da parte di Equitalia spa anziché a cura della Guardia di Finanza, come richiesto dal previgente art. 8- quinquies comma 10- bis del DL 10 febbraio 2009 n. 5;
notifica a una società cancellata dal registro delle imprese ancora nel 2011;
mancanza della relazione di notifica;
formazione di un secondo ruolo in aggiunta all’iscrizione nel Registro nazionale dei debiti di cui all’art. 8- ter comma 2 del DL 5/2009;
omessa notifica e omessa indicazione dei presupposti atti di accertamento, essendo irrilevante la notifica agli acquirenti;
indicazione del solo responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e non del responsabile di emissione e di notifica della cartella, come previsto dall’art. 36 comma 4- ter del DL 31 dicembre 2007 n. 248;
difetto di sottoscrizione;
decadenza dal potere di riscossione ai sensi dell’art. 25 comma 1-c del DPR 29 settembre 1973 n. 602, in quanto la notifica della cartella è stata effettuata oltre il secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento del debito è divenuto definitivo);

(ii) si sarebbe verificata la prescrizione del credito dell’AGEA;

(iii) gli interessi per le campagne dal 1995-1996 al 2001-2002 non sarebbero dovuti ai sensi dell’art. 10 comma 34 del DL 28 marzo 2003 n. 49. Inoltre, sarebbe errato il termine di decorrenza degli interessi;

(iv) il calcolo dell’importo dovuto non terrebbe conto delle compensazioni con gli aiuti PAC già eseguite dagli organismi pagatori ai sensi dell’art. 8- ter comma 5 del DL 5/2009;

(v) la pretesa dell’AGEA sarebbe infine viziata da difetto di motivazione e mancanza di esigibilità, certezza e liquidità del credito.

4. Con l’atto di riassunzione la ricorrente ha integrato e specificato i motivi di ricorso, aggiungendo le seguenti censure:

(vi) vi sarebbe incertezza sull’effettiva produzione nazionale di latte nell’intero periodo compreso tra la campagna 1995-1996 e la campagna 2014-2015, e di conseguenza mancherebbe il presupposto per poter applicare il prelievo supplementare ai produttori che avrebbero concorso a determinare il presunto esubero rispetto alla quota nazionale (v. ordinanza del GIP di Roma del 5 giugno 2019 nel procedimento n. 96592/2016 RG-NR e n. 101551/2016 RG-GIP, e sentenza del Tribunale UE Sez. II 2 dicembre 2014 T-661/11 - Repubblica Italiana v. Commissione );

(vii) per quanto riguarda la prescrizione, sarebbe applicabile, oltre ai termini quinquennale e decennale previsti dal diritto interno, anche il termine quadriennale previsto dal diritto europeo;

(viii) nella quantificazione del prelievo supplementare dovrebbero essere disapplicate le norme interne contrastanti con il diritto europeo, come recentemente interpretato dalla Corte di Giustizia.

5. In aggiunta rispetto al ricorso originario è stato chiesto anche il risarcimento del danno.

6. L’AGEA si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

7. Con i depositi di data 30 marzo 2023 l’AGEA ha prodotto una relazione e numerosi documenti, che non riguardano però il ricorso in esame ma il ricorso n. 186/2022, proposto contro la cartella di pagamento dell’AGEA n. 300 2015 00000081 38/000. Tale cartella era stata notificata all’attuale ricorrente, ed era stata dallo stesso impugnata nel sopra descritto ricorso davanti al Tribunale di Mantova, che aveva la struttura di un ricorso collettivo e cumulativo (due ricorrenti, Romeo Schenato e la società semplice Agricola Zootecnica San Martino;
due cartelle di pagamento, rispettivamente la n. 300 2015 00000081 38/000 e la n. 300 2015 00000076 85/000).

8. Questo TAR, con ordinanza n. 672 del 14 agosto 2023, ha rilevato che l’AGEA nel raccogliere la documentazione aveva evidentemente preso in considerazione solo uno dei due ricorsi in riassunzione, e ha disposto la rimessione in termini per il deposito di una relazione istruttoria specificamente riferibile al ricorso in esame e alla cartella di pagamento n. 300 2015 00000076 85/000.

9. Con i depositi di data 17 ottobre 2023 l’AGEA ha fornito le seguenti informazioni:

(a) il TAR Brescia, con sentenza n. 248 del 25 marzo 2020 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6332 del 20 luglio 2022), ha dichiarato inammissibile il ricorso collettivo e cumulativo proposto da una pluralità di produttori, tra cui il ricorrente, contro una serie di cartelle di pagamento inviate nel 2015 (nel caso del ricorrente erano state impugnate sia la cartella n. 300 2015 00000081 38/000 sia la cartella n. 300 2015 00000076 85/000, quest’ultima oggetto anche del presente giudizio). L’inammissibilità deriva dal carattere disomogeneo delle posizioni debitorie dei ricorrenti;

(b) per quanto riguarda la campagna 2001-2002, il TAR Lazio, con sentenza n. 75 del 7 gennaio 2013, ha respinto il ricorso proposto dall’azienda agricola del ricorrente contro i provvedimenti di compensazione nazionale. Tra i motivi di impugnazione rientra anche la questione dell’illegittimità comunitaria della procedura di compensazione. La pronuncia è passata in giudicato, non essendo stata impugnata;

(c) per quanto riguarda la campagna 2005-2006, il TAR Lazio, con sentenza n. 477 del 14 gennaio 2015, ha respinto il ricorso proposto dall’azienda agricola del ricorrente contro i provvedimenti di quantificazione del prelievo supplementare. Il richiamo ai precedenti giurisprudenziali implica che anche in questo giudizio non è stata ritenuta contraria al diritto europeo la previsione di categorie prioritarie di produttori da parte del legislatore nazionale. La pronuncia è passata in giudicato, non essendo stata impugnata;

(d) per quanto riguarda la campagna 2007-2008, il TAR Brescia, con decreto n. 277 del 22 settembre 2015, ha dichiarato perento il ricorso proposto dall’azienda agricola del ricorrente contro un’intimazione di pagamento del prelievo supplementare inviata dalla Regione;

(e) ancora con riguardo alla campagna 2007-2008, l’azienda agricola del ricorrente ha impugnato davanti al TAR Lazio l’imputazione del prelievo supplementare (ricorso n. 11901/2008);

(f) relativamente alla campagna 2001-2002, l’AGEA ha inviato all’azienda agricola del ricorrente l’intimazione di pagamento n. AGEA.

DIRGEN.

2013.1448 di data 11 giugno 2013, notificata il 28 giugno 2013, alla quale non ha fatto seguito alcuna richiesta di rateizzazione;

(g) relativamente alle campagne 2005-2006 e 2007-2008, l’AGEA ha inviato all’azienda agricola del ricorrente l’intimazione di pagamento n. AGEA.AGA.2010.32805 di data 8 luglio 2010. In seguito a questa intimazione, è stata formulata in data 30 settembre 2010 una richiesta di rateizzazione, che però non si è perfezionata con la sottoscrizione del relativo contratto;

(h) contro la citata intimazione di pagamento n. AGEA.AGA.2010.32805 il ricorrente ha proposto impugnazione davanti al TAR Lazio. Il ricorso è stato respinto con sentenza n. 214 del 10 gennaio 2018 (tranne sul punto della decorrenza degli interessi per le campagne 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998). La pronuncia non risulta appellata;

(i) tutti i recuperi PAC intervenuti finora sono stati regolarmente contabilizzati e detratti dai debiti originari (v. doc. 14).

10. Rispetto alle informazioni fornite dall’AGEA, occorre precisare che per quanto riguarda la campagna 2007-2008 il TAR Lazio, con sentenza n. 13387 del 22 agosto 2023, ha accolto il ricorso n. 11901/2008 sopra descritto. Tale pronuncia, seguendo le indicazioni della Corte di Giustizia e rilevando l’inammissibilità di categorie prioritarie non concordate con la Commissione Europea, ha disposto un complessivo ricalcolo del debito.

11. Così ricostruito il quadro fattuale, sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

In via preliminare

12. Deve essere esaminato con precedenza su tutto il resto il problema del ne bis in idem , che si pone in quanto un ricorso avente identico petitum è stato dichiarato inammissibile dal TAR Brescia con la citata sentenza n. 248/2020, confermata in appello. In effetti, il ricorrente ha impugnato la medesima cartella di pagamento davanti al giudice ordinario e davanti al giudice amministrativo, limitandosi a connotare la prima azione come opposizione all’esecuzione e la seconda come contestazione del diritto sostanziale dell’AGEA al prelievo supplementare. Una volta chiarito che anche il primo ricorso è in realtà da ricondurre all’accertamento dell’esistenza o dell’inesistenza del credito dell’AGEA (come riconosciuto dal Tribunale di Mantova con la sentenza n. 458/2021 che ha declinato la giurisdizione), tra i due ricorsi vi è piena sovrapposizione.

13. Il problema può essere risolto applicando la regola dell’anteriorità ex art. 39 cpc, in base alla quale tra due ricorsi identici l’inammissibilità ricade su quello radicato per secondo. Nello specifico, il ricorso davanti al Tribunale di Mantova era stato notificato in data 1 aprile 2015, mentre quello davanti al TAR Brescia era stato notificato in data 11 maggio 2015. Pertanto, dopo la riassunzione davanti al TAR Brescia del primo ricorso, riconoscendo la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda ex art. 11 comma 4 cpa, occorre attribuire carattere prevalente a tale ricorso, ossia al presente giudizio, classificando quello deciso con la sentenza n. 248/2020 (confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6332/2022) come inammissibile. Di fatto, poi, la sentenza n. 248/2020 ha dichiarato inammissibile il ricorso, anche se per altre ragioni, e questo semplifica la trattazione del presente giudizio, in quanto manca una precedente pronuncia di merito.

14. Non possono evidentemente essere ricompresi tra gli effetti processuali e sostanziali tutelati dall’art. 11 comma 4 c.p.a. i motivi di ricorso che non siano stati proposti davanti al giudice privo di giurisdizione e vengano inseriti solo nell’atto di riassunzione. Nel caso in esame, l’ampliamento del contenzioso riguarda il motivo basato sulla stima della produzione nazionale di latte e quello relativo alla violazione del diritto europeo. Il risarcimento del danno è invece soltanto una domanda accessoria, e come tale può essere chiesto anche nella fase di riassunzione.

15. Non sembra tuttavia che in relazione ai nuovi argomenti sostanziali si determini un’ipotesi di inammissibilità. Il primo argomento può in realtà essere considerato uno sviluppo di quelli contenuti nel ricorso originario, essendovi solo un diverso grado di precisione nell’esposizione. Il secondo argomento è invece del tutto nuovo, ma coinvolge l’applicazione delle sentenze della Corte di Giustizia intervenute nel frattempo, che saranno esaminate in altri punti della motivazione. Poiché il diritto di difesa dei privati contro la violazione del diritto europeo deve essere effettivo, e poiché l’obbligo di disapplicazione delle norme interne viene meno solo in presenza di un giudicato, si deve ritenere che la censura di violazione del diritto europeo vada sempre esaminata, in quanto le preclusioni processuali di diritto interno diverse dal giudicato (da intendere come giudicato di merito) non possono essere opposte alle sentenze della Corte di Giustizia interpretative del diritto europeo. In relazione a questi profili saranno sviluppate ulteriori considerazioni nel seguito della motivazione.

Sulle censure di carattere formale

16. La circostanza che la società del ricorrente sia stata sciolta nel 2011 non implica un errore nell’individuazione del debitore. I soci di una società semplice agricola rispondono illimitatamente delle obbligazioni sociali, in quanto ex art. 2267 c.c. non vi è alcuna separazione patrimoniale rispetto alla società.

17. Per quanto riguarda la notifica, qualsiasi violazione del riparto di competenze tra gli uffici o gli enti pubblici viene superata dalla sanatoria per raggiungimento dello scopo (v. art. 156 e 160 cpc). Nelle notifiche tramite raccomandata AR, come nel caso in esame, la relazione di notifica è assorbita nella procedura postale.

18. L’indicazione del responsabile di emissione e di notifica della cartella di pagamento, richiesta a pena di nullità dall’art. 36 comma 4- ter del DL 248/2007, deve essere coordinata con le altre informazioni contenute nella cartella stessa e con le modalità scelte per la notifica. Nello specifico, il responsabile di emissione coincide evidentemente con il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo, espressamente indicato, mentre il responsabile di notifica coincide con il soggetto esterno incaricato della stessa, ossia con Equitalia spa.

19. L’omissione della sottoscrizione è consentita dall’art. 1 comma 5- ter -e del DL 17 giugno 2005 n. 106, in base al quale i ruoli tributari e non tributari si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati eseguita dal sistema informativo dell'amministrazione creditrice.

20. L’indicazione di un ruolo specifico dell’AGEA all’interno delle cartelle o delle intimazioni di pagamento è un passaggio procedimentale che ha essenzialmente un’utilità pratica, e non contraddice il valore di iscrizione a ruolo attribuito dall’art. 8- ter comma 4 del DL 5/2009 all’iscrizione del prelievo supplementare nel Registro nazionale dei debiti. Non vi è alcuna duplicazione dei ruoli, e tantomeno una duplicazione del debito, ma solo la riproduzione in un atto particolare dell’iscrizione a ruolo già avvenuta mediante il Registro nazionale dei debiti, ai fini dell’avvio della procedura di recupero. Questa soluzione appare conveniente anche sotto il profilo della trasparenza, in quanto consente di individuare un responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo.

21. La censura relativa all’omessa notifica e all’omessa indicazione dei presupposti atti di accertamento non appare condivisibile. Tali atti sono evidentemente entrati nella sfera di conoscenza dell’azienda del ricorrente, e del ricorrente stesso, se si considera il contenzioso sopra descritto contro i provvedimenti di compensazione nazionale e di imputazione del prelievo supplementare. In ogni caso, la riproduzione di informazioni di dettaglio sul debito, in relazione alle singole campagne, è sufficiente a dotare la cartella di pagamento del livello di motivazione esigibile ai sensi dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212.

Sull’esigibilità del credito

22. L’AGEA non può procedere alla riscossione coattiva del prelievo supplementare se il produttore abbia presentato domanda di rateizzazione, tranne quando si sia verificata la decadenza dal beneficio per mancata sottoscrizione del contratto o per mancata effettuazione dei pagamenti alle scadenze stabilite. Nel caso in esame, non risulta attivata alcuna procedura di rateizzazione.

23. La frazione di prelievo supplementare che sia stata recuperata tramite compensazione con gli aiuti PAC trattenuti dagli organismi pagatori regionali deve essere esclusa dalla procedura di riscossione coattiva, essendo il debito, per questa parte, ormai estinto. La dichiarazione di intervenuta compensazione è però possibile solo se l’importo degli aiuti PAC trattenuti sia individuato in modo certo (v. CS Sez. II 23 agosto 2019 n. 5858). La compensazione deve quindi essere dedotta in giudizio mediante inequivoche attestazioni provenienti dagli organismi pagatori regionali, o essere accertata nei confronti degli stessi previa integrazione del contraddittorio, e deve riguardare le campagne oggetto di contestazione. Non è possibile la compensazione incrociata con campagne diverse, in quanto ciascuna campagna ha una storia giuridica a sé, che deve essere oggetto di uno specifico accertamento.

24. Se non adeguatamente documentata, la compensazione con gli aiuti PAC rimane un argomento generico, non opponibile nella procedura di recupero del prelievo supplementare. Lo stesso vale per gli importi eventualmente versati nel corso delle procedure di rateizzazione. Nello specifico, il ricorso non contiene una precisa illustrazione delle compensazioni con gli aiuti PAC asseritamente pretermesse per ciascuna delle campagne oggetto di impugnazione. L’AGEA ha invece documentato i recuperi PAC effettuati.

Sulla produzione nazionale di latte

25. L’argomento basato sull’incertezza circa l’effettiva produzione nazionale, e, a cascata, sull’indimostrabilità dello sforamento delle quote individuali, è presente da anni nel contenzioso attivato dai produttori contro gli atti di accertamento e di imputazione del prelievo supplementare. Complessivamente, la valutazione è stata negativa, sia da parte della giurisprudenza europea (v. C.Giust. Sez. VI 25 marzo 2004 C-480/00, Ribaldi , punti 63-68;
C.Giust. Sez. VI 25 marzo 2004 C-231/00, C-303/00 e C-451/00, Lattepiù , punti 79-85) sia da parte della giurisprudenza nazionale (v. ad esempio C.Cost. 7 luglio 2005 n. 272;
CS Sez. VI 8 giugno 2009 n. 3487;
TAR Lazio Sez. II- ter 23 aprile 2012 n. 3643;
CS Sez. III 14 gennaio 2016 n. 87;
CS Sez. II 12 febbraio 2020 n. 1077;
CS Sez. II 6 dicembre 2021 n. 8090;
Tar Brescia Sez. II 15 settembre 2020 n. 642).

26. La Corte di Giustizia, nel qualificare l’Italia come inadempiente all’obbligo di addebitare il prelievo supplementare ai singoli produttori responsabili degli sforamenti, nonché all’obbligo di iscrivere a ruolo e di riscuotere coattivamente l’importo dovuto presso i produttori e gli acquirenti (v. C.Giust. Sez. IV 24 gennaio 2018 C-433/15, Commissione v. Italia ), ha precisato che non hanno carattere esimente né le difficoltà tecniche della ricostruzione della posizione dei singoli produttori (v. punto 42), né la circostanza che lo Stato italiano abbia già versato al FEAOG le somme relative al prelievo corrispondente al superamento della quota nazionale (v. punto 60).

27. Sulla base di questi precedenti, occorre quindi riaffermare che le questioni riguardanti la gestione storica delle quote latte in Italia e la coerenza dei dati inseriti nell’anagrafe bovina non possono determinare un dubbio insuperabile circa la quantificazione del prelievo supplementare nei confronti di tutti i produttori, o di classi di produttori. Le uniche eccezioni sono quelle recentemente individuate dalla Corte di Giustizia a proposito della compensazione nazionale e del rimborso del prelievo in eccesso, che saranno esaminate nel seguito della motivazione.

Sugli interessi

28. Gli interessi si combinano con il debito principale, e ricadono nella medesima procedura di riscossione coattiva, in quanto accessori dovuti ex lege per una violazione permanente della disciplina europea sulle quote latte. Il vincolo di solidarietà tra produttori e acquirenti (v. CS Sez. III 13 febbraio 2020 n. 1173) consente di applicare gli interessi moratori anche quando l’imputazione del prelievo supplementare sia stata comunicata ai soli acquirenti.

29. La rinuncia agli interessi da parte delle autorità nazionali costituisce aiuto di Stato, e dunque presuppone una deroga in sede europea. Questo è avvenuto per la rateizzazione del 2003, disposta dall’art. 10 commi 34-39 del DL 49/2003 (v. accordo Ecofin del 3 giugno 2003, e decisione del Consiglio dell'Unione n. 2003/530/CE del 16 luglio 2003). È peraltro evidente che il beneficio, avendo natura incentivante, poteva essere applicato solo ai produttori che avessero chiesto la rateizzazione e non fossero decaduti dalla stessa. In questo senso sono interpretabili le condizioni contenute nella suddetta decisione del Consiglio dell'Unione.

30. Quanto alla misura degli interessi, vista la natura permanente dell’inadempimento, appare corretta l’applicazione dei tassi stabiliti dal diritto europeo successivamente alla conclusione delle campagne che hanno dato origine al prelievo supplementare (v. CS Sez. III 11 dicembre 2017 n. 5837). Ferma restando la peculiare disciplina della rateizzazione sopra descritta, sussiste un giustificato motivo per posticipare l’imputazione degli interessi, in modo che la decorrenza inizi dal momento in cui è stata comunicata al produttore l'entità del prelievo dovuto e non dal 1 settembre dell'anno di riferimento, solo relativamente alle campagne dal 1995-1996 al 1997-1998 (v. TAR Lazio Sez. II- ter 10 gennaio 2018 n. 214;
TAR Lazio Sez. II- ter 16 maggio 2012 n. 4426).

31. In questo scenario consolidato il legislatore nazionale ha apportato delle innovazioni attraverso l’art. 10- bis del DL 13 giugno 2023 n. 69, con la finalità di recepire le recenti sentenze della Corte di Giustizia sui criteri di calcolo del prelievo supplementare. La nuova disciplina prevede il ricalcolo del debito con applicazione degli interessi unicamente dalla data del 27 giugno 2019, ossia dal deposito della prima delle suddette pronunce (v. comma 3). Trattandosi di una modifica che presuppone comunque l’esistenza di un diritto al ricalcolo, il problema dello scorporo degli interessi condonati dal legislatore nazionale si presenterà in sede amministrativa, qualora l’esito del ricorso lasci aperta la strada del ricalcolo.

Sulla prescrizione

32. La prescrizione applicabile al prelievo supplementare, tanto per il capitale quanto per gli interessi, è quella decennale, trattandosi di somme dovute a seguito di specifici accertamenti, e non periodiche (v. CS Sez. II 28 dicembre 2021 n. 8659;
TAR Lazio Sez. II- ter 30 gennaio 2020 n. 1320;
TAR Lazio Sez. II- ter 4 dicembre 2018 n. 11776). Essendo basati sul medesimo inadempimento, gli interessi non sono scindibili dal capitale sotto il profilo della prescrizione.

33. Non è applicabile il termine di prescrizione quadriennale previsto dall’art. 3 par. 1, comma 1, del Reg. CE 18 dicembre 1995 n. 2988/95 per le misure e le sanzioni amministrative relative a violazioni del diritto europeo. Il presupposto dell’applicazione del suddetto termine è infatti un’irregolarità idonea a incidere sul bilancio dell’Unione, come specificato dall’art. 1 par. 2 del Reg. CE 2988/95 ( “Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita” ). Nel caso delle quote latte non vi è però un simile rischio, in quanto la tutela del bilancio dell’Unione è assicurata direttamente dagli Stati, attraverso la reintegrazione del FEAOG (poi FEAGA), mentre è compito delle autorità statali recuperare il prelievo supplementare dai produttori che hanno contribuito allo sforamento della quota nazionale. La distinzione tra i due profili è evidenziata dalla Corte di Giustizia nella citata sentenza C-433/15 (v. punti 60 e 61). Pertanto, il versamento del prelievo supplementare è qualificabile come obbligazione di diritto europeo per quanto riguarda la disciplina sostanziale, ma è sottoposto ai termini di prescrizione e decadenza previsti dal diritto interno per quanto riguarda le operazioni di recupero. Il più ampio intervallo temporale a disposizione delle autorità statali per effettuare il recupero è legittimato dall’art. 3 par. 3 del Reg. CE 2988/95, che consente agli Stati di applicare un termine di prescrizione superiore a quello europeo. Occorre poi evidenziare che la disciplina italiana, benché meno favorevole quanto alla durata del termine di prescrizione, è tuttavia più mite sotto il profilo della decorrenza del suddetto termine, perché per le irregolarità permanenti (come deve essere considerato il rifiuto di versare il prelievo supplementare) l’art. 3 par. 1, comma 2, del Reg. CE 2988/95 prevede che il termine di prescrizione decorra dal giorno in cui cessa l'irregolarità.

34. Nel diritto interno, il vincolo di solidarietà tra produttori e acquirenti impone di considerare interruttivi per i produttori ex art. 1310 c.c. anche gli atti notificati agli acquirenti.

35. Secondo la regola generale dell’art. 2945 comma 2 c.c., la prescrizione si interrompe con la proposizione del ricorso, e non decorre nella pendenza del giudizio. Quando l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore, l’effetto sospensivo (o interruttivo permanente) si mantiene per tutta la durata del processo, indipendentemente dalla mancanza di attività processuale della parte ricorrente (rinuncia, perenzione). Nei giudizi impugnatori, infatti, l’amministrazione convenuta, che vanta la posizione di creditore e ha interesse a tutelare le ragioni del proprio credito di fronte alla richiesta di accertamento negativo insita nell’impugnazione, si difende in ogni momento del processo per il solo fatto di mantenere ferma la richiesta di reiezione del ricorso, e in questo modo determina l'interruzione e la correlativa sospensione della prescrizione fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (v. Cass. civ. Sez. III 21 ottobre 2022 n. 31259;
Cass. civ. Sez. III 20 dicembre 2021 n. 40845;
Cass. civ. Sez. Lav. 29 luglio 2021 n. 21799). In conseguenza del rovesciamento speculare delle posizioni rispetto alla fattispecie descritta nell’art. 2945 comma 3 c.c., l’estinzione del processo, a cui è assimilabile la perenzione nel processo amministrativo (v. Cass. civ. SU 31 maggio 2022 n. 17619), non provoca la perdita dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione in danno dell’amministrazione convenuta. La cancellazione dell’effetto interruttivo permanente è in realtà una sanzione per il creditore che abbia agito in giudizio senza poi svolgere l’attività processuale necessaria per arrivare a una pronuncia di merito. Tale sanzione, pertanto, non può essere estesa per analogia quando il creditore sia invece l’amministrazione convenuta, la quale abbia chiesto la reiezione del ricorso con una domanda implicita di accertamento positivo del credito (ossia di negazione dell’accertamento negativo), e intenda procedere, una volta estintosi il giudizio, alla riscossione coattiva. Altrimenti detto, nel caso di estinzione del giudizio, o di perenzione, non è applicabile l’art. 2945 comma 3 c.c., e si conserva invece l’effetto interruttivo permanente della prescrizione, in quanto al venir meno dell’interesse del ricorrente per l’accertamento negativo del credito si contrappone il persistente interesse dell’amministrazione alla conservazione e alla riscossione del credito stesso. L’esito processuale in rito, trasformando in definitivi i provvedimenti difesi in giudizio dall’amministrazione, mantiene intatto anche il diritto di credito incorporato nei medesimi provvedimenti (v. Cass. civ. Sez. Trib. 15 febbraio 2023 n. 4813).

36. Esaminando sotto un diverso profilo il problema della prescrizione nel corso del giudizio, si osserva che l’amministrazione convenuta si trova di fronte a un impedimento ex art. 2935 c.c. all’esercizio del diritto. È vero che la riscossione coattiva è bloccata solo da un’ordinanza cautelare di sospensione (v. art. 8- quinquies commi 1 e 2 del DL 5/2009), ma la pendenza di un giudizio determina comunque incertezza del diritto, e non permette di considerare definitivo l’accertamento intervenuto in sede amministrativa. Per tale ragione, la norma appena richiamata, pur considerando esigibili le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale, qualifica l’esigibilità come presupposto per la presentazione della domanda di rateizzazione da parte del debitore, implicando quindi l’attesa di una decisione di quest’ultimo e la correlativa sospensione delle procedure di riscossione coattiva.

37. Essendo necessario disincentivare comportamenti che potrebbero costituire abuso del diritto, occorre escludere in via interpretativa il decorso della prescrizione nei periodi in cui il legislatore ha sospeso le procedure di iscrizione a ruolo e quelle di riscossione coattiva per consentire ai produttori di aderire alle rateizzazioni, previste rispettivamente dall’art. 10 commi 34-39 del DL 49/2003 e dagli art. 8- quater e 8- quinquies del DL 5/2009 (v. TAR Brescia Sez. II 27 maggio 2020 n. 400). Non va poi trascurato che i termini di decadenza e di prescrizione sono stati prorogati di ventiquattro mesi nel periodo della pandemia per i carichi affidati all'agente della riscossione dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2021 (v. art. 68 comma 4- bis del DL 17 marzo 2020 n. 18). Con riguardo al prelievo supplementare, questa proroga si somma alla sospensione della prescrizione dal 1 aprile al 15 luglio 2019, specificamente introdotta per consentire l'ordinato passaggio all'agente della riscossione dei residui di gestione (v. art. 8- quinquies comma 10- ter del DL 5/2009).

38. Quando il prelievo supplementare relativo a una determinata campagna sia stato accertato mediante una sentenza di merito, decorre poi un nuovo termine decennale di prescrizione (peraltro coincidente con il termine dell’ actio iudicati ex art. 2953 c.c.). Un nuovo termine decennale decorre tuttavia anche nel caso di estinzione del giudizio o di perenzione. In proposito, occorre sottolineare che il prelievo supplementare non è un credito avente natura tributaria, e dunque non è sottoposto al termine di decadenza previsto dall’art. 25 comma 1-c del DPR 602/1973. Quest’ultima norma richiede che le cartelle di pagamento delle imposte sui redditi siano notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, condizione che si verifica appunto con l’estinzione del giudizio o con la perenzione, in quanto tali pronunce non sostituiscono l'accertamento amministrativo con uno giudiziale. È vero che un rinvio all’art. 25 del DPR 602/1973 era contenuto nel previgente art. 8- quinquies comma 10- bis del DL 5/2009, ma il richiamo era riferibile al solo strumento della cartella di pagamento come modalità di riscossione coattiva, oltre che alla competenza dell’AGEA, e in mancanza di qualsiasi specificazione di diritto sostanziale non poteva implicare né la rinuncia dello Stato al termine di prescrizione ordinario né il subentro di un termine decadenziale breve. Conferme successive sono ravvisabili sia nella nuova formulazione del comma 10- bis dell’art. 8- quinquies del DL 5/2009, che non contiene più alcun rinvio all’art. 25 del DPR 602/1973 ma disciplina direttamente i termini e le modalità di trasmissione telematica dei residui all'agente della riscossione, sia nella nuova formulazione del comma 10- ter , che fa riferimento ai termini di prescrizione, disponendone la sospensione, come si è visto sopra.

39. Pertanto, tenendo conto dell’effetto interruttivo e sospensivo derivante dai ricorsi proposti dall’azienda agricola del ricorrente, nonché della notifica di intimazioni di pagamento, e computando anche la proroga e la sospensione ex lege dei termini di prescrizione, si ritiene che non si sia verificata alcuna prescrizione del credito dell’AGEA.

Sul contrasto con il diritto dell’Unione

40. I profili di contrasto della normativa italiana con il diritto europeo sono stati accertati per gradi dalla Corte di Giustizia, fino alla campagna 2006-2007. In un primo momento, la pronuncia di C.Giust. Sez. VII 27 giugno 2019 C-348/18 ( B ) ha dichiarato l’incompatibilità della compensazione nazionale ex art. 1 comma 8 del DL 1 marzo 1999 n. 43, nonché ex art. 1 comma 5 del DL 4 febbraio 2000 n. 8, in vigore fino alla campagna 2002-2003, con l’art. 2 par. 1, comma 2, del Reg. CEE 28 dicembre 1992 n. 3950/92. La pronuncia di C.Giust. Sez. II 11 settembre 2019 C-46/18 ( San Rocco ) ha poi dichiarato l’incompatibilità del meccanismo di rimborso del prelievo in eccesso ex art. 9 comma 3 del DL 49/2003, in vigore a partire dalla campagna 2003-2004, con l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92, in combinato con l’art. 9 par. 1 del Reg. CE 9 luglio 2001 n. 1392/2001. Entrambi questi regolamenti sono rimasti in vigore fino alla campagna 2003-2004.

41. Il contrasto con il diritto dell’Unione riguarda (a) nel caso della compensazione nazionale, la redistribuzione delle quote inutilizzate secondo categorie prioritarie anziché in modo proporzionale;
(b) nel caso del rimborso del prelievo in eccesso, l’esclusione dal rimborso dei produttori che non hanno versato il prelievo.

42. Relativamente al rimborso del prelievo in eccesso, il contrasto tra l’art. 9 comma 3 del DL 49/2003 e il diritto dell’Unione si è ripresentato anche con il subentrante Reg. CE 29 settembre 2003 n. 1788/2003, in vigore per le campagne dal 2004-2005 al 2007-2008, in combinato con il Reg. CE 30 marzo 2004 n. 595/2004. In effetti, vi è corrispondenza, da un lato, tra l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92 e l’art. 13 par.

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