TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2024-08-05, n. 202404548

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2024-08-05, n. 202404548
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202404548
Data del deposito : 5 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2024

N. 04548/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02290/2021 REG.RIC.

N. 02152/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2290 del 2021, proposto da
In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e, successivamente, dagli avvocati A C e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune Sant’Antonio Abate, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 2152 del 2023, proposto da
In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune Sant’Antonio Abate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

quanto al ricorso n. 2290 del 2021:

a) del provvedimento del Comune di Sant’Antonio Abate - Settore Tecnico prot. n. 14573 del 26 aprile 2021, di rigetto dell’istanza di riesame delle domande di condono edilizio n. 4186/1986 e n. 3624/1995 presentate dalla ricorrente per un opificio industriale adibito a macello;

b) ove e per quanto occorra, della determina del Comune di Sant’Antonio Abate - Ufficio Tecnico - Settore Urbanistica prot. n. 1028 del 14 gennaio 2013 di diniego delle domande di concessione edilizia in sanatoria prot. n. 4108/1986 - pratica n. 742 e prot. n. 3624/1995 - pratica n. 726;

c) ove e per quanto occorra, del provvedimento del Comune di Sant’Antonio Abate - Ufficio Tecnico - Settore Urbanistica prot. n. 27949 del 18 dicembre 2012, recante comunicazione ex articolo 10- bis della legge n. 241 del 1990 dei motivi ostativi all’accoglimento delle istanze di concessione edilizia in sanatoria prot. n. 4108/1986 - pratica n. 742 e prot. n. 3624/1995 - pratica n. 726;

d) di tutti gli atti presupposti, ivi compresi, gli atti istruttori, collegati, connessi e conseguenziali, non conosciuti;

quanto al ricorso n. 2152 del 2023:

e) dell’ordinanza del Comune di Sant’Antonio Abate n. 29 del 13 marzo 2023 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi;

f) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, anche non conosciuto;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant’Antonio Abate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 la dott.ssa V I e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

1. Il Collegio ritiene, in primo luogo, di disporre la riunione dei ricorsi, per ragioni di connessione soggettiva e oggettiva. I ricorsi hanno, infatti, entrambi a oggetto provvedimenti relativi al mantenimento, da parte della In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l., di un opificio industriale adibito all’attività di macellazione di animali, in un’area del Comune di Sant’Antonio Abate adiacente al cimitero comunale.

2. In relazione a tale opificio, la società ricorrente ha, dapprima, presentato la domanda di condono edilizio prot. n. 4108 del 1° aprile 1986, ai sensi della legge n. 47 del 1985, che è stata respinta dal Comune di Sant’Antonio Abate, poiché l’immobile ricade all’interno della fascia di rispetto cimiteriale.

Avverso tale diniego, la In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l. ha proposto un ricorso, che questo Tribunale ha respinto con la sentenza n. 455 del 20 febbraio 1997.

Con la sentenza di appello n. 1593 del 29 marzo 2006, tuttavia, il Consiglio di Stato – in riforma della sentenza di primo grado – ha affermato che “ la superficie [dell’opificio] ricadente nella zona di rispetto ammontava a circa il 35% … e non per oltre il 50% della sua consistenza come ritenuto dalla commissione edilizia, per cui deve ritenersi che tale erronea valutazione abbia negativamente pregiudicato l’esame dell’istanza di condono ” e che, “ inoltre, dovrà essere dal Comune riesaminata la pratica anche in considerazione dell’affidamento generato nel privato con riferimento alla richiesta comunale di riduzione della fascia di rispetto a soli metri 50, anche se poi il relativo provvedimento finale non è intervenuto, ed al ritardo con il quale il diniego di sanatoria è stato reso noto all’interessato ”.

3. Con la successiva determinazione prot. n. 1028 del 14 gennaio 2013, il Comune di Sant’Antonio Abate si è nuovamente pronunciato, respingendo sia la domanda prot. n. 4108 del 1° aprile 1986 sia la domanda prot. n. 3624 del 28 febbraio 1995, nelle more presentata dalla ricorrente ai sensi della legge n. 724 del 1994, per la “ regolarizzazione di un opificio industriale adibito a macello, per una superficie complessiva pari a 2296,81 m², in particolare 1.423 ai sensi della L. 47/85 e 873,81 ai sensi della L. 724/94 sito in Sant’Antonio Abate alla via Stabia n. 561, sul fondo identificato al N.C.T. al Fg. 10 p.lle n. 52 e 233 ”, perché incluso nella fascia di rispetto cimiteriale (pari a 200 metri ai sensi dell’articolo 338, comma 1, del R.D. n. 1265 del 1934, riducibile a 100 metri secondo la legge regionale n. 14 del 1982, paragrafo 1.7 del Titolo II Direttive - Parametri di pianificazione ) che impone un vincolo assoluto d’inedificabilità e rende l’immobile insanabile ai sensi dell’articolo 33 della legge n. 47 del 1985;
con la precisazione che “ anche se l’A.C. ponesse in essere l’attività di riduzione della distanza cimiteriale dai 200 metri attuali ai 100 metri così come previsto dalla L.R. n. 14/82, la consistenza di che trattasi, tra l’altro occupante l’intera superficie investita (Rapp. di Copertura = 1), rientrerebbe interamente all’interno del vincolo cimiteriale, ovvero sempre rientrante nella fascia di rispetto ridotta a 100 metri ”.

4. Anche avverso tale diniego, la In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l. ha proposto un ricorso, che è stato respinto da questo Tribunale con la sentenza n. 3440 del 2014, confermata in appello con la sentenza n. 5458 del 20 luglio 2021 del Consiglio di Stato, il quale ha affermato che:

- “ in linea generale, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
esso ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica e si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per a loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 1° dicembre 2020, n. 7617)
”;

- “ nel caso di specie la violazione della richiamata fascia di rispetto ha costituito la ragione principale di diniego delle istanze di condono prot. n. 4108/1986 e prot. n. 3624/1995 per la regolarizzazione di un opificio industriale, adibito a macello, avente una superficie complessiva di mq 2296,81, insistente sulle particelle nn. 52 e 233 del foglio 10: in particolare, con riguardo a 1423 mq per l’istanza, presentata ai sensi della legge n. 47/1985, a 873,81 mq per l’istanza presentata, ai sensi della legge n. 724/1994 ”;

- “ il Comune ha basato il diniego sulla circostanza che l’immobile oggetto di controversia "risulta posto ad una distanza inferiore ai 200 mt (art. 338, comma 1, R.D. n. 1265/1934) e pertanto rientrante interamente all’interno dell’area di rispetto cimiteriale" e, quindi, è insuscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 33, comma 1 lettera d), della legge n. 47/1985, in forza del quale non sono sanabili le opere in contrasto con vincoli che comportino l’inedificabilità assoluta ”;

- “ tale conclusione è pienamente aderente alla giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui non sono condonabili le opere abusive realizzate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, atteso che tale vincolo determina una situazione di inedificabilità ex lege ed integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5911) ”;

- “ la sentenza impugnata ha correttamente statuito, senza contraria deduzione specifica, che è "documentalmente provato e non contestato, che l’opificio della società ricorrente ricade nella fascia di rispetto cimiteriale, attualmente stabilita in 200 mt, e che ricadrebbe comunque nella predetta fascia anche qualora venisse ridotta a 100 mt" ”;

- “ neppure è fondato il profilo della censura che richiama l’automatica applicabilità della modifica di cui alla legge n. 166 del 2002 ”, atteso che “ va ribadito che il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338 del t.u. delle leggi sanitarie (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti);
mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico – come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione – la procedura di riduzione della fascia inedificabile (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. IV, 13 dicembre 2017, n.5873)
”.

Aggiunge, inoltre, il Consiglio di Stato che “ nessun rilievo può accordarsi alla sopravvenuta riduzione della fascia di rispetto, in quanto la domanda di condono va analizzata con riferimento ai vincoli esistenti alla data del relativo esame ”, mentre “ all’epoca della domanda e della conseguente valutazione il peculiare iter di modifica invocato non si era certo concluso ”;
sul punto la … precedente decisone n. 1593 del 2006 [sopra richiamata] assume rilievo dirimente, avendo escluso sia la sussistenza dei vizi dedotti avverso l’inapplicabilità del vincolo cimiteriale, sia la rilevanza del procedimento di riduzione richiamato (cfr. in specie punto 2.1 della motivazione) [ove viene escluso il perfezionamento dell’ iter per la riduzione della fascia di rispetto a 50 metri, in relazione alla delibera comunale n. 152 del 1989, sulla quale vi era stato il solo parere favorevole della competente USL ma non il provvedimento prefettizio, allora necessario] , con conseguente effetto di giudicato vincolante (peraltro del tutto condiviso) anche nella presente sede ”.

5. Nelle more dello svolgimento dei predetti due gradi di giudizio, la In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l., con istanza trasmessa a mezzo pec del 26 marzo 2021, ha chiesto il riesame delle pratiche di condono edilizio “ in virtù di jus superveniens (art. 92 NTA del PUC vigente) [che avrebbe ridotto la fascia di rispetto cimiteriale a 50 metri, rimuovendo ogni vincolo d’inedificabilità assoluta preclusivo del condono] e della dedotta preclusione torrentizia ad ogni ampliamento cimiteriale ” (atteso che tra il cimitero e l’opificio industriale, entro la fascia dei 50 metri, ricadrebbe anche il Torrente Oscuro).

6. Con l’impugnato provvedimento prot. n. 14573 del 26 aprile 2021, il Comune di Sant’Antonio Abate ha respinto anche l’istanza di riesame delle domande di condono edilizio n. 4186/1986 e n. 3624/1995, avendo:

- “ preso atto che l’immobile è diviso dal Cimitero comunale dalla fascia torrentizia denominata Torrente Oscuro, fascia che comporta l’inedificabilità anche per un eventuale ampliamento della costruzione cimiteriale ”;

- “ rilevato che comunque l’immobile è ubicato ad una distanza dal civico Cimitero inferiore ai metri 200 ”.

7. Con il ricorso notificato il 24 maggio 2021, la In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l. muove a tale provvedimento le seguenti censure:

a) l’articolo 92 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Sant’Antonio Abate, nella formulazione derivante dalle modifiche di cui alla delibera della Giunta comunale n. 16 del 30 gennaio 2019 e alla delibera del Consiglio comunale n. 19 dell’11 aprile 2019, stabilisce che:

1. Sono sottoposte a vincolo cimiteriale le aree occupate dal cimitero esistente e quelle destinate al suo ampliamento;
la relativa zona di rispetto è regolata dal testo unico delle leggi sanitarie, di cui al Rd 1265/1934, come modificato dall’art. 28 della legge 166/2002 e smi, nonché dal punto 1.7, titolo II, dell’Allegato alla Lr 14/1982 e dal Dpr n. 285/1990.

2. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 50 metri, così come approvato Delibera di Consiglio Comunale 16/1979, in luogo dei 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, così come prescritto dalla normativa richiamata al precedente comma 1 [R.D. n. 1265/1934;
legge regionale n. 14 del 1982, D.P.R. n. 285 del 1990]”;

b) con la richiamata sentenza n. 1593 del 29 marzo 2006, il Consiglio di Stato ha chiarito che “ la superficie [dell’opificio] ricadente nella zona di rispetto ammontava a circa il 35% e non per oltre il 50% della sua consistenza come ritenuto dalla commissione edilizia, per cui deve ritenersi che tale erronea valutazione abbia negativamente pregiudicato l’esame dell’istanza di condono ”;

c) la presenza di un’asta torrentizia tra il Cimitero e l’immobile militerebbe per la condonabilità dell’opificio;

d) l’opificio destinato a macello avrebbe natura di “ opera d’interesse pubblico ”;

e) vi sarebbe stata violazione del contraddittorio procedimentale, per omessa comunicazione dei motivi ostativi ex articolo 10- bis della legge n. 241 del 1990.

8. Con la successiva ordinanza n. 29 del 13 marzo 2023, il Comune di Sant’Antonio Abate ha ingiunto alla In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l. “ la totale demolizione dell’opificio industriale ” e il ripristino dello stato dei luoghi, con la seguente motivazione:

- con la precedente determina prot. n. 1028 del 14 gennaio 2013, sono state respinte le domande di concessione edilizia in sanatoria (poi confermate in sede di riesame);

- l’area ricade in zona territoriale 7 ( Razionalizzazione insediativa a tutela delle risorse agricole ) del Piano Urbanistico Territoriale dell’Area Sorrentino-Amalfitana (di cui alla legge regionale n. 35 del 1987), nella quale “ l’edificazione è disciplinata, giusta la carta dell’uso agricolo del suolo, dalle disposizioni di cui al punto 1.8 del titolo II dell’allegato alla L.R. 20 marzo 1982, n. 14 ”, che prevede solo costruzioni a destinazione agricola (imprenditoriale o residenziale);

- il Comune di Sant’Antonio Abate è stato dichiarato zona sismica di categoria S3 (giusta delibera di Giunta regionale n. 5447 del 17 novembre 2002), di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939 (con Decreto del Ministro Beni Ambientali del 28 marzo 1985) ed è, dunque, sottoposto alla disciplina del decreto legislativo n. 42 del 2004;

- le opere oggetto dell’istanza risultano edificate senza titolo abilitativo;

- l’ingiunzione a demolire non necessita dell’avvio del procedimento in quanto atto dovuto e sufficientemente motivato dall’accertamento dell’abuso (anche alla luce di quanto disposto dall’articolo 21- octies della legge n. 241 del 1990).

9. Con il ricorso notificato il 5 maggio 2023, la In.C.E.B. Sud San Luigi s.r.l. impugna anche tale ordinanza.

Con il primo motivo, la ricorrente invoca l’illegittimità derivata dell’ordine di demolizione, riproponendo le ragioni che fonderebbero l’illegittimità del diniego di condono (violazione dell’articolo 92 delle N.T.A. del P.U.C.;
eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti;
difetto d’istruttoria).

Con il secondo motivo, allega:

- il difetto di motivazione “ sull’interesse pubblico sotteso all’emissione della misura demolitoria, tenuto conto che il Comune di Sant’Antonio Abate non potrebbe mai utilizzare la fascia di rispetto di 50 mt per operare ampliamenti del perimetro cimiteriale nel settore est, verso via Cottimo Superiore, cioè in direzione dell’area di sedime dell’opificio della Società Inceb Sud ”, a causa del “ rischio idraulico da elevato R3 a molto elevato R4 ”;

- la lesione del “ legittimo affidamento ”, che il notevole periodo di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso (risalente agli anni 70) e il rilascio, nel frattempo, di diversi titoli abilitativi ( i.e. il nulla osta del 4 aprile 1981 e l’autorizzazione del 4 dicembre 1981 a immettere nella fogna comunale le acque della macellazione;
l’autorizzazione igienico-sanitaria prot. n. 4802 del 10 giugno 1982;
l’autorizzazione sanitaria alla stalla in sosta per animali del 31 dicembre 1980, poi limitata al solo riposo di premacellazione giusta ordinanza sindacale n. 112 del 4 giugno 1991;
la concessione edilizia n. 24 del 1981 per la realizzazione di un impianto di depurazione interrato;
il D.M. del 30 gennaio 1997 di idoneità dell’impianto alla macellazione e immissione sul mercato di carni fresche) avrebbero ingenerato.

10. Con ordinanza n. 917 del 1° giugno 2023, la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione cautelare dell’ordinanza di demolizione.

11. All’udienza pubblica dell’8 maggio 2024, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

Entrambi i ricorsi sono infondati, per le ragioni di seguito esposte.

11.1. In primo luogo, il Collegio ritiene di dover respingere l’eccezione d’inammissibilità del ricorso avverso il rigetto dell’istanza di riesame.

Tale istanza – che, in effetti, il Comune avrebbe potuto disattendere (cfr. Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 2564 del 6 aprile 2022) – si fondava principalmente sulla (asserita) sopravvenuta modifica del dato normativo di riferimento (le N.T.A. del P.U.C.) e sollecitava lo svolgimento di una nuova istruttoria in relazione a elementi in precedenza non adeguatamente valorizzati.

Al riguardo, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “ gli atti "meramente confermativi" sono quegli atti che, a differenza degli atti "di conferma", si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione;
mancando detta riapertura e la conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. "provvedimenti di secondo grado", essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo (Cons. Stato, V, 8 novembre 2019, n. 7655;
17 gennaio 2019, n. 432;
III, 27 dicembre 2018, n. 7230;
IV, 12 settembre 2018, n. 5341;
VI, 10 settembre 2018, n. 5301;
III, 8 giugno 2018, n. 3493;
V, 10 aprile 2018, n. 2172;
27 novembre 2017, n. 5547;
IV, 27 gennaio 2017, n. 357;
12 ottobre 2016, n. 4214;
29 febbraio 2016, n. 812).

In pratica, l’atto meramente confermativo ricorre quando l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3867). In altre parole, esso si connota per la sola funzione di illustrare all’interessato che la questione è stata già delibata con precedente espressione provvedimentale, di cui si opera un integrale richiamo. Tale condizione, quale sostanziale diniego di esercizio del riesame dell’affare, espressione di lata discrezionalità amministrativa, lo rende privo di spessore provvedimentale, da cui, ordinariamente, la intrinseca insuscettibilità di una sua impugnazione (Cons. Stato, IV, 3 giugno 2021, n. 4237;
29 marzo 2021, n. 2622).

Di contro, l’atto di conferma in senso proprio è quello adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, e pertanto connotato anche da una nuova motivazione (C. Stato, VI, 13 luglio 2020, n. 4525;
II, 24 giugno 2020, n. 4054;
VI, 30 giugno 2017, n. 3207;
IV, 12 ottobre 2016, n. 4214;
29 febbraio 2016, n. 812;
12 febbraio 2015, n. 758;
14 aprile 2014, n. 1805).

In particolare, non può considerarsi "meramente confermativo" di un precedente provvedimento l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al primo provvedimento, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fase considerata, può condurre a un atto "propriamente confermativo", in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, V, n. 3867/2018, cit.) ” (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza n. 6606 del 4 ottobre 2021).

In questo caso, l’Amministrazione comunale nel pronunciarsi nuovamente sulla questione:

- da un lato, ribadisce che l’immobile rientra nella fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri, con ciò implicitamente negando l’intervenuta riduzione della fascia medesima;

- dall’altro, arricchisce la motivazione del diniego con un elemento introdotto dalla ricorrente nell’istanza di riesame (peraltro, pervenendo a conclusioni opposte), in particolare per quanto concerne la sussistenza della “ fascia torrentizia denominata Torrente Oscuro … che comporta l’inedificabilità anche per un eventuale ampliamento della costruzione cimiteriale ”.

11.2. Ciò premesso, deve ritenersi la legittimità del provvedimento del Comune di Sant’Antonio Abate prot. n. 14573 del 26 aprile 2021, di rigetto dell’istanza di riesame delle domande di condono edilizio n. 4186/1986 e n. 3624/1995, oggetto del ricorso n. 2290/2021 r.g., per le ragioni di seguito esposte.

11.2.1. La riduzione della fascia cimiteriale, di cui al richiamato articolo 92, comma 2, delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Sant’Antonio Abate, costituisce espressamente attuazione dell’articolo 338 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 ( Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie ), così come modificato dall’articolo 28 della legge 1° agosto 2002, n. 166, nonché dal punto 1.7, Titolo II, dell’Allegato - Direttive alla legge regionale 20 marzo 1982, n. 14. Tale comma 2 precisa, infatti, che il divieto di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 50 metri opera “ così come prescritto dalla normativa richiamata al precedente comma 1 ”, vale a dire nei casi e alle condizioni ivi previste.

Ebbene, secondo l’articolo 338 del Testo unico delle leggi sanitarie, “ i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge ”. La riduzione della zona di rispetto può essere disposta, su deliberazione del Consiglio comunale (previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale), soltanto:

a) per “ la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri ” (e, comunque, a determinate condizioni);
nella fattispecie in esame, peraltro, come rilevato dal Comune nel provvedimento impugnato, tale ipotesi non è neanche astrattamente configurabile, proprio per la presenza del Torrente Oscuro;

b) “ per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie … tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici ”, ovvero “ per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre ”.

Nessuna di tali circostanze ricorre nella fattispecie in questione, nella quale si discute del mantenimento di una costruzione realizzata senza titolo da un soggetto privato e destinata allo svolgimento di un’attività di carattere imprenditoriale.

Peraltro, non potrebbe giungersi a un esito diverso neanche qualora si desse del richiamato articolo 92 delle N.T.A. la lettura proposta dalla parte ricorrente, che vorrebbe la fascia di rispetto cimiteriale ridotta tout court , vale a dire anche con riferimento a fattispecie e finalità diverse da quelle tassativamente indicate dalla legge (ampliamento cimiteriale;
opere pubbliche e interventi urbanistici;
realizzazione di parchi, giardini, parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre).

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “ quando l’atto impugnato si riflette con esiti opposti (conformità/difformità rispetto al parametro normativo) in disposizioni di forza differente che siano l’una di norma primaria e l’altra di norma secondaria, il giudice che è chiamato a giudicare della legittimità di un provvedimento conforme al regolamento ma in contrasto con la norma primaria, o viceversa, deve dare prevalenza a quest’ultima, in ragione della gerarchia delle fonti ” (sezione seconda, sentenza n. 219 del 9 gennaio 2020).

Le Norme di Attuazione del P.U.C. “ contengono prescrizioni a contenuto generale, di natura normativa e programmatica, destinate a regolare la futura attività edilizia ” (T.A.R. Campania, sezione staccata di Salerno, sezione prima, sentenza n. 1677 del 24 settembre 2012);
sicché, rilevato il patente contrasto (nell’interpretazione sostenuta dalla ricorrente) con la previsione di cui all’articolo 338 del Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, questo Tribunale dovrebbe disapplicarle e prendere la propria decisione – in ogni caso – in conformità a quanto stabilito dal Legislatore.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa afferma chiaramente che “ le norme tecniche attuative di uno strumento urbanistico hanno natura regolamentare, ciò consentendone la disapplicazione qualora non impugnate ma versanti in conflitto con norme di rango primario (cfr. T.A.R. Lombardia, n. 914/2020, che in argomento richiama: Cons. Stato, n. 1583/2018;
n. 2094/2013;
T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 592/2013)
” (T.A.R. Molise, sezione prima, sentenza n. 208 del 31 maggio 2022, confermata dal Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza n. 2244 del 3 marzo 2023).

11.2.2. Dalla richiamata sentenza n. 5458 del 20 luglio 2021 del Consiglio di Stato (relativa a entrambe le domande di condono e, dunque, alla consistenza complessiva dell’abuso), emerge – poi – che l’immobile oggetto di controversia “ risulta posto ad una distanza inferiore ai 200 mt (art. 338, comma 1, R.D. n. 1265/1934) e pertanto rientrante interamente all’interno dell’area di rispetto cimiteriale ”, essendo “ documentalmente provato e non contestato, che l’opificio della società ricorrente ricade nella fascia di rispetto cimiteriale, attualmente stabilita in 200 mt, e che ricadrebbe comunque nella predetta fascia anche qualora venisse ridotta a 100 mt ”.

Sul punto non residuano, pertanto, margini di discussione.

In ogni caso, le domande di condono avevano a oggetto l’intero opificio (un fabbricato della superficie di 1.525,63 mq e 12.813,50 mc, nell’istanza ai sensi della legge n. 47 del 1985) e le sue pertinenze (un fabbricato della superficie di 361,14 mq, nell’istanza ai sensi della legge n. 724 del 1984);
in esse, non si faceva distinzione tra le porzioni rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e quelle (eventualmente) esterne. Sicché la valutazione di sanabilità, da parte dell’Amministrazione, non avrebbe potuto compiersi che in relazione allo stabilimento complessivamente considerato, non rilevando la circostanza che porzioni dello stesso potessero non rientrare nella fascia di rispetto (circostanza comunque esclusa, si ribadisce, dal Consiglio di Stato).

11.2.3. Non giova alla tesi di parte ricorrente neanche la presenza “ di un’asta torrentizia tra il Cimitero e l’immobile ”, la quale – come si è detto – impedisce l’ampliamento del cimitero esistente (escludendo, sotto tale profilo, la necessità di ridurre la fascia di rispetto), ma non per questo interferisce con l’inedificabilità da parte dei privati, così come sancita dalla legge.

La stessa ricorrente evoca, altresì, l’elevato rischio idraulico come motivo che impedisce al Comune di utilizzare la riduzione della fascia di rispetto per operare ampliamenti del perimetro cimiteriale, erroneamente ritenendo di poter trarre vantaggio da questa situazione, come se l’inutilizzabilità da parte dell’Amministrazione della fascia ricompresa tra i 200 metri attuali e i 50 metri ipotetici dal cimitero potesse tradursi in una maggiore disponibilità per l’edificazione privata;
cosa che non corrisponde al vero.

11.2.4. Infine, deve rilevarsi che “ l’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 si applica ai procedimenti che l’Amministrazione intenda concludere con un provvedimento che ‘per la prima volta’ rappresenta al richiedente una o più ragioni impeditive dell’accoglimento della sua istanza.

La sua ratio è quella di evitare ‘provvedimenti a sorpresa’, cioè che prospettino questioni di fatto o di diritto prima ignote al richiedente, o comunque da lui non percepibili: il contraddittorio da instaurare consente di valutare già in sede amministrativa le argomentazioni dell’interessato sul se vi siano effettivamente ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza e agevola la deflazione dei ricorsi giurisdizionali.

Quando l’istanza di riesame è respinta con un atto meramente confermativo o solo di conferma del precedente, sulla base di una motivazione incentrata sulla immodificabilità della precedente valutazione, non occorre una ulteriore interlocuzione procedimentale con l’interessato (C.d.S.,VI Sez., n. 2507 del 26.5.2017).

Tale regola trova applicazione nel caso in specie, nonostante le sopravvenienze rappresentate con l’istanza di riesame: i provvedimenti di cui si chiedeva la riforma erano già divenuti definitivi e l’autotutela non rappresenta un obbligo per l’Amministrazione, bensì una facoltà, che legittimamente potrebbe non dar luogo ad alcun esito per l’interessato.

Sicché appare ragionevole e proporzionato non ritenere obbligata l’Amministrazione, in sede di autotutela, alla preventiva comunicazione delle ragioni del rigetto ” (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza n. 4751 del 21 giugno 2021).

11.3. Anche l’ordinanza di demolizione deve ritenersi legittima.

Innanzi tutto, per le ragioni sopra esposte, non può ravvisarsi nessun profilo di illegittimità derivata rispetto al diniego di condono.

Quanto agli allegati vizi propri dell’ordine di demolire, deve rilevarsi che:

- “ il tempo trascorso (in ipotesi, anche rilevante) fra il momento della realizzazione dell’abuso e l’adozione dell’ordine di demolizione non determina l’insorgenza di uno stato di legittimo affidamento e non innesta in capo all’amministrazione uno specifico onere di motivazione. Ciò in quanto il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento (in tal senso – ex multis – Cons. Stato, VI, 27 marzo 2017, n. 1386;
id., VI, 6 marzo 2017, n. 1060)
”;

- “ il carattere del tutto vincolato dell’ordine di demolizione (che deve essere adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento) fa sì che esso non necessiti di una particolare motivazione circa l’interesse pubblico sotteso a tale determinazione. Inoltre, il provvedimento di demolizione non deve motivare in ordine a un ipotetico interesse del privato alla permanenza in loco dell’opus (in tal senso – ex multis – Cons. Stato, VI, 21 marzo 2017, n. 1267) ”;

- “ non occorre motivare in modo particolare un provvedimento con il quale sia ordinata la demolizione di un immobile abusivo neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione. Ed infatti l’ordinamento tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (in tal senso – ex multis – Cons. Stato, IV, 28 febbraio 2017, n. 908;
id., VI, 13 dicembre 2016, n. 5256)
”;

- “ l’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile. Ciò, in quanto non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare (in tal senso – ex multis – Cons. Stato, 28 febbraio 2017, n. 908;
id., IV, 12 ottobre 2016, n. 4205;
id., IV, 31 agosto 2016, n. 3750)
”;

- “ la selezione e ponderazione dei sottesi interessi risulta compiuta – per così dire – ‘a monte’ dallo stesso legislatore (il quale ha sancito in via indefettibile l’onere di demolizione al comma 2 dell’articolo 31 del d.P.R. 380 del 2001), in tal modo esentando l’amministrazione dall’onere di svolgere – in modo esplicito o implicito – una siffatta ponderazione di interessi in sede di adozione dei propri provvedimenti ” (Adunanza plenaria, sentenza n. 9 del 17 ottobre 2017;
in termini, T.A.R. Campania, sezione seconda, sentenza n. 4577 del 2 luglio 2021).

Del resto, i titoli abilitativi invocati dalla ricorrente a sostegno del proprio affidamento (asseritamente meritevole di tutela) ineriscono alle modalità concrete di svolgimento dell’attività di macellazione, dunque presuppongono la legittimità dello stabilimento sotto il profilo urbanistico ed edilizio, ma non possono contribuire a fondarla. Inoltre, è ragionevole ritenere che l’Amministrazione – prima della constatazione dell’abusività dell’immobile e ancor più in pendenza delle domande di condono – abbia inteso assumere provvedimenti a tutela della salute e dell’igiene pubblica, data la natura dell’attività esercitata dalla ricorrente.

12. I ricorsi devono, in conclusione, essere respinti.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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