TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2022-12-20, n. 202217133

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2022-12-20, n. 202217133
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202217133
Data del deposito : 20 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2022

N. 17133/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14399/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14399 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da Oxon Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F P F, con domicilio eletto presso lo studio Telematica Legalcom in Roma, via G.Mazzini 112;

contro

Gestore dei Servizi Energetici - Gse Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L M, M A F, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, 101;
Ministero per lo Sviluppo economico, in persona dei rispettivi Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici, siti in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliato.

PER L'ANNULLAMENTO

- per quello che riguarda il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica trasposto:

della nota GSE/p20160075323 del 15.9.16;
della nota prot. n. GSE/P20160059216 adottata il 16.6.2016;
se effettivamente esistente, della richiesta (non conosciuta) che sarebbe stata formulata dal GSE al fine di ottenere il parere da parte del Comitato Tecnico Consultivo Biocarburanti;
del parere eventualmente emesso dal Comitato Tecnico Consultivo Biocarburanti del MATTM, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente (anch’esso non conosciuto);
se ed in quanto occorrer possa, del verbale dei giorni 30.11 e 1.12.2015 dal quale risulta che il GSE abbia effettuato un sopralluogo presso l’impianto della ricorrente riservando “ eventuali successive valutazioni e la richiesta di ulteriore documentazione ”;
sempre se ed in quanto occorrer possa, in parte qua , della comunicazione di avvio del procedimento, prot. n. GSE/P20150090424 del 27.11.2015;

- per quello che riguarda il primo ricorso per motivi aggiunti:

se ed in quanto occorrer possa, della nota, prot. n. GSE/P20160101139 emessa in data 22.12.2016;

- per quello che riguarda il secondo ricorso per motivi aggiunti:

se ed in quanto occorrer possa ed in parte qua , della nota della Provincia di Pavia, prot. n. 6647, class/Fasc, 2017.009.1011 emessa in data 06.02.2016;
se ed in quanto occorrer possa, della lettera 7928 del 09.02.2017, class/Fasc. 2017.009.101.11, con la quale la Provincia di Pavia ha trasmesso alla ricorrente copia della citata nota prot. 6647 del 6.02.2017;

- per quello che riguarda il terzo ricorso per motivi aggiunti:

se ed in quanto occorrer possa della nota, prot. n. GSE/20170042970 del 25.5.2017;

- per quello che riguarda il quarto ricorso per motivi aggiunti:

annullamento, previa sospensiva, della nota, prot. n. GSE/P20170064762 del 29.8.2017;

- per quello che riguarda il quinto ricorso per motivi aggiunti:

in parte qua , della nota, prot. n. GSE/P20170080812 del 30.10.2017;
comunicazione del 15.11.2017 dell’Ufficio Gestione Recuperi GSE;

PER L’ACCERTAMENTO

- per quanto riguarda il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica trasposto e tutti gli atti di motivi aggiunti:

del silenzio formatosi in data 25.5.2016, sul procedimento avviato dal GSE ai sensi dell’art. 10 del D.M. 31 gennaio 2014, stante il decorso del termine di 180 giorni dall’avvio del procedimento medesimo;
conseguentemente, dell’intervenuta archiviazione del procedimento sopra meglio indicato, essendo stata riscontrata la piena legittimità dell’attività svolta dalla ricorrente.

In subordine, dell’intervenuto decorso dei termini per la conclusione del predetto procedimento e del conseguente obbligo del GSE di provvedere senza ulteriore indugio con l’adozione dell’atto conclusivo;
nonché per la nomina di un commissario ad acta che decida in luogo del GSE in ipotesi di ulteriore inadempimento.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestore dei Servizi Energetici - Gse Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 il dott. F Bfiori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A. Va premesso che la causa verte sul meccanismo dei certificati verdi (CV), che costituisce una forma di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e si basa sull’obbligo, posto dalla normativa a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. Il CV attesta convenzionalmente la produzione di 1 MWh di energia rinnovabile ed è un titolo negoziabile del valore corrispondente a 1 MWh. Il G.S.E. provvede, oltre che al rilascio della qualifica di impianto IAFR, all'emissione dei certificati verdi per tali impianti, sulla base dell'energia prodotta per ogni anno di riferimento, su richiesta del titolare dell’impianto.

La qualifica IAFR consiste in un presupposto necessario per l'ammissione ai meccanismi di incentivazione dei certificati verdi o della tariffa onnicomprensiva. In altri termini la qualifica IAFR rappresenta un elemento necessario della fattispecie incentivante - fattispecie da ritenersi a formazione progressiva - il cui venir meno comporta la decadenza dal meccanismo di incentivazione;
in quanto elemento essenziale, la regolarità della qualifica rientra a pieno titolo nell’ambito del potere di verifica riconosciuto al Gestore sulla spettanza dell’incentivazione.

L’attribuzione della qualificazione IAFR deve essere quindi considerata un provvedimento a efficacia durevole, che legittima e giustifica l’immanenza del potere di controllo del Gestore ex art. 42 D.lgs. 28/2011 ”, (così questa Sezione, 19 luglio 2021, n. 8547).

I CV sono oggetto di libera contrattazione in un apposito mercato e, dato che la domanda di tali certificati è indotta dalla legge (che, come scritto, stabilisce le quote obbligatorie di immissione di energia verde nel sistema elettrico nazionale, cosicché la generalità dei produttori è costretta, alternativamente, o a produrre energia da fonti rinnovabili oppure ad acquistare i certificati verdi), il loro valore rappresenta l'incentivo alla produzione di energia da fonti rinnovabili. I produttori da fonti rinnovabili sostengono costi medi di produzione più alti di quelli sostenuti da produttori di energia da fonti non rinnovabili, ma mediante il riconoscimento di certificati verdi e la loro commercializzazione, ripagano il maggiore investimento necessario all’avvio dell’impianto.

Il periodo di durata massima di emissione di CV per ogni impianto (assieme alle altre condizioni) è fissata dalla legge, al fine di consentire la remunerazione dell’investimento e non trasformare il meccanismo di incentivazione in un sussidio continuativo.

B. Nella causa all’esame del Collegio, la ricorrente espone di essere proprietaria di un impianto termoelettrico denominato “Mezzana Bigli” sito nell’omonimo Comune e avente numero identificativo

IAFR

2860 (riconoscimento da parte del GSE in data 14.09.2007).

Il 30.11.2015 il Gestore ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento di controllo ai sensi dell’art. 42 del D.lgs. 28/2011 e dell’art. 1 del D.M. 31.01.2014.

In data 16.06.2016 il GSE ha chiesto chiarimenti alla ricorrente.

In seguito, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica notificato il 13.10.2016, la ricorrente ha impugnato la nota emessa il 15.9.2016, con la quale il GSE aveva sospeso il procedimento di controllo “ in attesa di riscontro da parte del Comitato Tecnico Consultivo Biocarburanti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in merito ad una propria richiesta di chiarimenti relativamente ad aspetti afferenti alla sostenibilità di cui al D.M. 23 gennaio 2012 ”.

Veniva, altresì, richiesto l’accertamento del silenzio formatosi sul procedimento di controllo avviato dal GSE ai sensi dell’art. 10 del D.M. 31 gennaio 2014, stante il decorso del termine di 180 giorni dall’avvio del procedimento medesimo. In subordine veniva chiesto, altresì, l’accertamento dell’intervenuto decorso dei termini per la conclusione del predetto procedimento e del conseguente obbligo del GSE di provvedere, nonché la nomina di un commissario ad acta in ipotesi di ulteriore inadempimento.

Con atto notificato in data 23.11.2016 il GSE formulava la richiesta di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale.

Con atto notificato in data 12.12.2016 e depositato in data 16.12.2016, la ricorrente ha dichiarato di voler insistere con il ricorso, costituendosi nel giudizio trasposto in sede giurisdizionale.

In data 7.02.2017 il GSE si è costituito per resistere, mentre in data 14.2.2017 si è costituito il Ministero per lo Sviluppo economico, chiedendo l’estromissione dal giudizio.

Con un primo atto di motivi aggiunti notificato l’11.1.2017 e depositato il 20.1.2017, la ricorrente impugnava la nota del 22.12.2016 con cui il GSE comunicava che il procedimento di controllo veniva ulteriormente sospeso per acquisire informazioni dalla Provincia di Pavia vertenti sulla questione “se l’utilizzo degli oli esterificati e grassi animali sia autorizzato solo a decorrere dal 16 maggio 2013, data di rilascio dell’Autorizzazione Unica n. 12/13”;
“se il valore di potenza effettivamente installato comporti conseguenze sull’iter autorizzativo seguito”.

Con un secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 24.02.2017 e depositato il 6.3.2017, la ricorrente impugnava la nota della Provincia di Pavia del 6.2.2016, di riscontro alla summenzionata richiesta di informazioni del Gestore.

Con provvedimento del 25.5.2017, a seguito della conclusione dell’attività di controllo, il GSE ha effettuato un ricalcolo degli incentivi in termini di certificati verdi spettanti alla ricorrente, comunicando l’esigenza di recuperare quelli erogati in eccesso.

Con un terzo atto di motivi aggiunti, notificato il 23.6.2017 e depositato il 5.7.2017, la ricorrente ha impugnato il provvedimento testé citato.

Con nota del 29.8.2017 il GSE ha determinato il numero di certificati verdi percepiti in eccesso dalla ricorrente nel periodo 2008- 2013.

Con un quarto atto di motivi aggiunti, notificato il 13.09.2017 e depositato il 25.9.2017, la ricorrente ha impugnato, con istanza di sospensione cautelare, la nota del 29.8.2017 citata.

Alla camera di consiglio del 25.10.2017, fissata per la trattazione della domanda cautelare, la ricorrente rinunciava alla richiesta di sospensiva.

Con nota del 30.10.2017 il GSE ha determinato il numero di certificati verdi percepiti in eccesso dalla ricorrente nel periodo 2014-2015. La quantificazione complessiva dei certificati verdi che il GSE ha ritenuto erogata indebitamente è stata, quindi, compensata con il credito, relativo ad altri e diversi certificati verdi, vantato dalla ricorrente nei confronti del GSE (in sostanza i certificati ritenuti erogati in eccesso sono stati sottratti da quelli ancora da erogare alla ricorrente).

Con nota del 15.11.2017 il GSE specificava, su richiesta della ricorrente, i calcoli effettuati.

Con un quinto atto di motivi aggiunti, notificato il 27.11.2017 e depositato il 29.11.2017, la ricorrente ha impugnato, le due note del GSE da ultimo citate.

Tutti gli atti di motivi aggiunti proposti reiterano, in modo identico, le domande di accertamento sopra riportare avanzate con il ricorso straordinario, in questa sede trasposto.

C. All’udienza del 9.11.2022, dopo lo scambio delle repliche, la causa è stata trattenuta in decisione.

Preliminarmente va accolta la relativa istanza e disposta, quindi, l’estromissione dal processo del Ministero costituito, non venendo qui in rilievo alcun provvedimento riconducibile allo stesso.

Va, poi, rilevato che, relativamente alle azioni di annullamento, il ricorso straordinario trasposto, i primi due atti di motivi aggiunti, nonché il quarto e il quinto atto di motivi aggiunti sono inammissibili, per le ragioni che seguono.

Nel merito, relativamente alle azioni di annullamento, il terzo atto di motivi aggiunti va respinto perché infondato, per le ragioni che seguono.

Le domande di accertamento complessivamente avanzate sono improcedibili o inammissibili, per i motivi che seguono.

D. Il ricorso straordinario trasposto, relativamente alla domanda di annullamento, è inammissibile in quanto diretto avverso un atto non autonomamente lesivo, in relazione al quale vi è, pertanto, carenza di interesse al ricorso, difettando l’attualità della lesione alla posizione soggettiva della ricorrente (“ l'interesse a ricorrere è infatti condizione dell'azione e corrisponde ad una precisa utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall'attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente ”, Consiglio di Stato , sez. IV , 04/08/2022 , n. 6916;
l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta - sulla falsariga del processo civile - a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione, Tar Lazio, Sez. II, 12 maggio 2021, n. 5631).

E. Quanto ai vari atti di motivi aggiunti va, preliminarmente, disattesa l’eccezione avanzata dal G.S.E. circa l’assenza di valida procura alle liti, per essere la stessa stata posta esclusivamente in calce al ricorso straordinario, eccezione messa in relazione all’inammissibilità del ricorso introduttivo ( rectius , straordinario trasposto).

Il tema è controverso in giurisprudenza.

Va, sotto questo profilo, rilevato, come la giurisprudenza richiamata da parte ricorrente (che ritiene utilmente recuperabile ai motivi aggiunti la procura alle liti rilasciata in calce a ricorso introduttivo avanti al giudice, dichiarato inammissibile), non è completamente aderente al caso di specie, dove la procura alle liti è stata originariamente rilasciata (superfluamente, stante la non essenzialità della difesa tecnica nel ricorso straordinario ex Capo III D.P.R. 1199/1971;
cfr. Corte costituzionale ord. n. 56/2001) in seno a procedimento giustiziale e non giurisdizionale. Infatti “ in ragione di quanto espressamente previsto dal sopravvenuto art. 24 c.p.a. – che può essere anche considerato come norma interpretativa della previgente normativa - a tenore del quale <<la procura rilasciata per agire e contraddire davanti al giudice (amministrativo) si intende conferita anche per proporre motivi aggiunti…>>. Aderendo a quest’ultima impostazione ermeneutica, resta da verificare se una procura apposta a margine di un atto introduttivo irricevibile o inammissibile possa ugualmente spiegare i suoi effetti di legittimazione processuale rispetto ai successivi motivi aggiunti, per consentire di riqualificarli come ricorso autonomo, (Tar Molise, 25 marzo 2016, n. 141;
cfr. anche T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 10 agosto 2021 n. 247).

Ad avviso della giurisprudenza richiamata dalla stessa parte ricorrente, dunque, è pur sempre necessaria una procura alle liti rilasciata per agire davanti al “ giudice amministrativo ”, che è situazione diversa rispetto a quella in causa, dove una procura alle liti è stata esclusivamente rilasciata in calce a un ricorso giustiziale straordinario avanti a una Autorità politico - amministrativa, poi trasposto e, poi, dichiarato inammissibile.

Ciò in disparte, va d’altro lato considerato che nella giurisprudenza più recente di questo Tribunale (che ne richiama altra conforme) la procura apposta a margine di un ricorso giurisdizionale introduttivo inammissibile o improcedibile è stata ritenuta inidonea a spiegare i suoi effetti di legittimazione processuale rispetto ai successivi motivi aggiunti e consentirne la riqualificazione come ricorso autonomo. In caso di procura rilasciata assieme a ricorso gurisdizionale introduttivo improcedibile o inammissibile, è stata infatti affermata la necessità che “ i motivi aggiunti possiedano tutti i requisiti formali e sostanziali di un autonomo ricorso, e siano stati quindi proposti sulla base di un nuovo mandato al difensore e presentino una compiuta esposizione delle censure, non bastando una reiterazione delle stesse mediante un generico richiamo al ricorso introduttivo (cfr. T.A.R. Torino, sez. I, 17 aprile 2015 n. 661). Ma nel caso di specie, se i motivi aggiunti riproducono le censure già riportate nel ricorso introduttivo, non sono però accompagnati da una procura alle liti autonoma, perché essi fanno riferimento alla procura "già in atti". Cosicché, non possedendo tutti i requisiti formali di un autonomo ricorso, i motivi aggiunti vanno considerati inammissibili”, (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater , 18 ottobre 2021 n. 10611;
in termini T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis , 19 gennaio 2021 n.738).

Ritiene, sul punto, questo Collegio che nell’odierno caso alla sua attenzione, il rapporto processuale, anche relativamente ai motivi aggiunti, in ossequio al principio di effettività della tutela (art. 1 c.p.a.) possa ritenersi originariamente validamente costituito in forza di valida procura alle liti, avuto riguardo alla sua estesa formulazione, volta a considerare tutte le varie vicissitudini processuali che astrattamente, al momento del suo rilascio, potevano interessare l’atto a cui era acclusa la stessa procura (cfr. art. 24 c.p.a. e Consiglio di Stato, sez. V, 31/03/2011, n. 1965).

Ciò premesso, va, comunque, rilevato che il primo atto di motivi aggiunti è inammissibile perché diretto contro atto endoprocedimentale (la mera comunicazione di sospensione del procedimento di controllo motivata con la necessità di reperire informazioni di competenza della Provincia di Pavia) privo di autonoma lesività, a fronte del quale difetta interesse all’azione, per le medesime ragioni esposte al punto “D” di questa sentenza.

Lo stesso vale per il secondo atto di motivi aggiunti, diretto contro la nota di risposta della Provincia contenente il parere menzionato e contro la nota di trasmissione alla ricorrente di tale parere (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 06/07/2020, n. 523).

F. Il primo atto provvedimentale autonomamente lesivo emergente nel tratto di attività amministrativa posta in essere dal Gestore nella controversia all’attenzione del Collegio, è quello del 25.5.2017, impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti.

Esso è infondato.

Va premesso che ricorso straordinario trasposto e successivi motivi aggiunti annoverano ben 66 motivi di diritto (con attrito verso il dovere di sinteticità prescritto dall’art. 3 c.p.a.), progressivamente numerati. In particolare, il terzo atto di motivi aggiunti contiene ben 13 motivi, numerati dal n. 39 al n. 51. Se ne dà sintetica evidenza.

Il n. 39 e il n. 40 sono volti a sostenere l’intervenuta decadenza dal potere di verifica e controllo come conseguenza dello spirare del termine di 180 giorni previsto dal D.M. del 2014, in relazione al quale è sufficiente richiamare quanto statuito in tema, ex multis , da Tar Lazio, Roma, sez. III ter , 18.5.2022, n. 6396 (ossia, “ Nei procedimenti amministrativi, anche di carattere valutativo, un termine è perentorio soltanto qualora vi sia una previsione normativa che espressamente gli attribuisca questa natura, ovvero quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che il suo superamento produce, quali, ad esempio, una preclusione o una decadenza. Ove manchi un’espressa indicazione circa la natura del termine o gli specifici effetti dell’inerzia, deve aversi riguardo alla funzione che lo stesso in concreto assolve nel procedimento, nonché alla peculiarità dell’interesse pubblico coinvolto, con la conseguenza che, in mancanza di elementi certi per qualificare un termine come perentorio, per evidenti ragioni di favor, esso deve ritenersi ordinatorio. In dipendenza di ciò, quindi, anche per la presente fattispecie trova applicazione il principio per cui il potere amministrativo di provvedere non viene meno per il mero fatto della scadenza del termine fissato in via ordinatoria per il suo esercizio, (così Consiglio di Stato, sez. II, 20 gennaio 2020, n. 537), (…) in particolare, relativamente allo specifico procedimento di controllo ex D.M. 31 gennaio 2014, art. 10. E’ stato, sul punto, infatti, da tempo posto in evidenza che “ non è possibile inferire la natura perentoria del termine”, pertanto, non vi sono dunque elementi che inducano a ipotizzare la consumazione della potestà di vigilanza del Gestore nel caso di mancata definizione del procedimento entro il dies ad quem fissato ai sensi dell'art. 10 D.M. 31 gennaio 2014 (T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 28 dicembre 2017, n. 12758).

Essi sono, dunque, infondati.

Il motivo n. 41 più che censure specifiche con riferimento alle norme violate, introduce apodittiche asserzioni sul “dover essere” del provvedimento adottato dal GSE, in manifesta divergenza rispetto a quanto previsto dall’art. 40 c. 1 lett. d) c.p.a. e con conseguente applicazione dell’art. 40 c. 2 c.p.a. e inammissibilità della critica.

Il motivo n. 42 lamenta la mancata applicazione dell’art. 10 bis L. 241/1990 prima dell’emanazione del provvedimento impugnato, evidenziando la sua manifesta infondatezza, posto che nessun procedimento a istanza di parte è qui in discorso, bensì un procedimento di verifica e controllo attivato dal Gestore. Procedimento il cui avvio è stato regolarmente comunicato e durante il quale vi è stata una massiva interlocuzione tra le parti (basti qui considerare la memoria e la produzione documentale di ben 174 pagine depositate dal GSE il 21 ottobre 2017, a riepilogo, a tale data, della vicenda procedimentale oggetto del giudizio, anche sotto il profilo dello scambio di reciproche note).

Il motivo n. 43 è manifestamente infondato, posto che lo stesso parte dal presupposto che quello attivato dal GSE sarebbe un procedimento sanzionatorio, laddove, viceversa, trattasi in realtà di procedimento di verifica e controllo. Limitandosi, inoltre, a sostenere apoditticamente che alcuna irregolarità sia ravvisabile nell’operato di parte ricorrente, in manifesta divergenza rispetto a quanto previsto dall’art. 40 c. 1 lett. d) c.p.a. e con conseguente applicazione dell’art. 40 c. 2 c.p.a. e inammissibilità della critica.

Nel motivo n. 44, sulla base della norma tecnica UNI TS 11163:2009, si contesta la conclusione a cui è pervenuto il Gestore, per il quale la ricorrente è stata autorizzata a usare oli esterificati e grassi animali dal 16 maggio 2013, data di rilascio dell’autorizzazione unica n. 12/13 della Provincia di Pavia.

Secondo la ricorrente per stabilire il tipo di combustibile utilizzabile nel proprio stabilimento occorrerebbe far riferimento alla norma tecnica di standardizzazione citata. Deduce, infatti, che anche prima dell’autorizzazione n. 12/13 della Provincia, in base alla richiamata norma tecnica, il proprio impianto poteva usare anche oli esterificati e grassi animali.

Ma tale deduzione non persuade, poiché da un lato è volta a rendere superfluo l’atto autorizzatorio provinciale, viceversa previsto direttamente dalla legge, e dall’altro perché volta a derivare da una norma tecnica di standardizzazione conclusioni diverse e contrapposte rispetto a quelle a cui è pervenuto il Gestore sulla base dell’autorizzazione n. 12/13 della Provincia di Pavia e dell’art. 12 c. 3 D.lgs 387/2003.

Nella loro funzione di supporto alla legislazione, le norme tecniche di unificazione o standardizzazione, infatti, possono diventare precettive se una norma cogente ne richiama l’applicazione in via obbligatoria, recependole (cfr. ad es. D.lgs 81/2008;
D.lgs 50/2016). Ma non è questo il caso.

L’interpretazione accreditata dalla ricorrente, secondo cui la norma tecnica supererebbe quanto affermato nel provvedimento autorizzatorio provinciale (che, contrariamente a quanto sostenuto dal GSE, non avrebbe, quindi, introdotto alcuna modifica sostanziale rispetto a quanto già autorizzata a utilizzare), espressamente previsto dall’art. 12 c. 3 citato, va, pertanto, rigettata.

Il motivo n. 45 lamenta, invece, la violazione del legittimo affidamento, perché, si dice, sin dal 2011 la ricorrente aveva inviato al GSE autorizzazione doganale e veterinaria all’uso dei suddetti combustibili. Il fatto che il Gestore non si sia attivato avrebbe consolidato il legittimo affidamento sulla regolarità del proprio operato. In tema è sufficiente ribadire il potere immanente di verifica e controllo in capo al G.S.E. (questa Sezione, 19 luglio 2021, n. 8547) e che quest’ultimo “ essendo deputato all’erogazione di incentivi pubblici, mantiene in ogni fase del procedimento il potere di verifica e controllo circa la spettanza degli stessi;
pertanto neppure può ritenersi configurabile, nella materia all’esame, un affidamento meritevole di tutela nel caso in cui le condizioni per l’accesso ai benefici non siano rigorosamente rispettate
” (questa Sez. sent. 24 febbraio 2022, n. 2226).

Il motivo è quindi infondato.

I motivi n. 46 e n. 47 sono incentrati, il primo, sui bioliquidi privi di certificazione di sostenibilità, il secondo, sulla percentuale di riduzione della produzione di energia elettrica causata dalle perdite di linea. Aspetti questi che hanno (assieme al tema dell’uso degli oli esterificati e dei grassi animali, testé visto) determinato il Gestore a riconteggiare i CV spettanti.

Quanto ai bioliquidi, nel motivo n. 46 si fa riferimento, tra l’altro, a due certificati (n. 0027 e n. 0052) che dimostrerebbero l’erroneità dei conteggi effettuati dal Gestore (cfr. pag. 14 del terzo atto di motivi aggiunti).

La ricorrente mira nel motivo a sostituire la propria valutazione tecnica a quella del Gestore, senza, tuttavia, efficacemente dimostrare macroscopici vizi nell’operato del GSE, bensì introducendo deduzioni di natura tecnica asseritamente dimostranti la prevalenza delle proprie conclusioni rispetto a quelle avversarie.

Ad ogni modo, i certificati citati e posti a base delle proprie asserzioni, non sono allegati e, poiché il ricorso per motivi aggiunti che reca la censura in esame deve necessariamente essere autosufficiente, non può farsi riferimento a censure pregresse o a documenti eventualmente allegati al ricorso straordinario trasposto o ai precedenti motivi aggiunti, come scritto, inammissibili ( ex multis , T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21/02/2019, n. 305).

Quanto alle perdite di linea, nel motivo n. 47 la ricorrente si riferisce, tra l’altro, ad un allegato n. 8 (cfr. pag. 16 terzo atto di motivi aggiunti) inerente una propria relazione (redatta dalla società Oikos) inviata al Gestore e asseritamente finalizzata alla corretta quantificazione delle perdite. Tuttavia, di tale relazione, come allegato al terzo atto di motivi aggiunti, non v’è traccia, né per il suo apprezzamento, per le ragioni già scritte, può farsi eventualmente riferimento ad altri atti processuali inammissibili.

In punto di perdite di linea, peraltro, la ricorrente, ha contestato l’applicazione della percentuale pari a 2,04%. In proposito, va rilevato, come sostenuto dal Gestore nelle sue difese senza essere efficacemente smentito, che tale valore corrisponde a quello comunicato dalla ricorrente stessa in fase di richiesta degli incentivi, mentre nessuna istanza di modifica risulta essere stata successivamente trasmessa.

Afferma, infine, nel motivo, la ricorrente che “ sulla base del calcolo così effettuato si riscontra una differenza di circa 3600 certificati rispetto ai 16771 calcolati dal GSE ”. Senza che sia, in realtà, intellegibile come a tale somma (peraltro approssimativamente indicata) si sia giunti.

Anche in questo motivo, dunque, la ricorrente mira a sostituire la propria valutazione tecnica a quella del Gestore, senza, tuttavia, dimostrare efficacemente macroscopici vizi logici o travisamento dei fatti nell’operato di questi, viceversa introducendo proprie deduzioni di natura tecnica asseritamente più corrette rispetto a quelle del Gestore.

Sul punto va ribadito che, in tema di discrezionalità tecnica, “ il sindacato del giudice amministrativo sulla stessa, avendo pur sempre ad oggetto la legittimità e non il merito, è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, ovvero altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (sent. 13316/2021 cit., che sul punto richiama Cons. di Stato, sez. I. parere n. 1999/2020), così da ultimo questa Sezione, 28 febbraio 2022, n. 2296.

Anche i motivi n. 46 e n. 47 sono, quindi, infondati.

I motivi n. 48, n. 49 e n. 50 sono inammissibili perché, come affermato dalla ricorrente investono statuizioni del provvedimento impugnato solo “ potenzialmente lesive degli interessi della ricorrente

(cfr. pag. 18 terzo atto di motivi aggiunti), laddove, viceversa, condizione di ammissibilità della domanda giurisdizionale è la sussistenza di un interesse immediato e concreto leso dall’atto impugnato ( ex multis e di recente, Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6196, cit.).

Infine, il motivo n. 51 è inammissibile, in quanto deduce illegittimità derivata dal ricorso straordinario trasposto e dal primo atto di motivi aggiunti, entrambi inammissibili.

G. Quanto al quarto e al quinto atto di motivi aggiunti, essi vanno dichiarati inammissibili.

Il quarto atto di motivi aggiunti è inammissibile per carenza di interesse, dato che con esso la ricorrente non introduce critiche relative a vizi propri dell’atto stesso di ricalcolo dei certificati verdi spettanti per il periodo 2008 – 2013, bensì reitera (ad ogni modo, tardivamente) censure avverso il provvedimento a monte del ricalcolo dei certificati verdi (già inefficacemente impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti).

La nota GSE del 29 agosto 2017 impugnata è, infatti, mero atto di certazione, ricognizione e adempimento dei benefici dovuti, conseguente alla nota GSE del 25.5.2017, atto provvedimentale inefficacemente impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti.

Il quinto atto di motivi aggiunti, diretto contro il recupero dei certificati verdi effettuato dal Gestore mediante compensazione (nota GSE del 30 ottobre 2017) con quanto dovuto da questi nei confronti della ricorrente per il periodo 2014-2015 è, anch’esso inammissibile per carenza di interesse, dato che la ricorrente non introduce critiche relative a vizi propri dell’atto stesso di compensazione, bensì reitera (ad ogni modo, tardivamente) censure avverso il provvedimento a monte del ricalcolo dei certificati verdi (già inefficacemente impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti).

Peraltro, anche in questo caso, nessun documento è allegato al ricorso per motivi aggiunti a corroborare le asserzioni di parte sulla presunta erroneità nell’operato del Gestore in tema di calcolo di quantitativi di “ olio non sostenibile ” (cfr. motivi nn. 64 e 65), con, anche in questo caso, violazione dell’autosufficienza del ricorso per motivi aggiunti.

La compensazione, disposta con la nota del GSE del 30 ottobre 2017 è, infatti, anch’essa conseguenza di mero atto esecutivo, di certazione, ricognizione e adempimento dei benefici dovuti, conseguente alla nota GSE del 25.5.2017, atto provvedimentale, come già scritto, inefficacemente impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti.

L’impugnazione della comunicazione del GSE del 15.11.2017, poi, è inammissibile per carenza di lesività della nota stessa, volta solo a chiarire i calcoli matematici effettuati.

H. Quanto alle domande di accertamento proposte con il ricorso straordinario trasposto.

Relativamente alla domanda di accertamento dell’intervenuta formazione del silenzio per essere trascorso il termine procedimentale inerente il controllo ex art. 42 D.lgs 28/2011, essa è inammissibile in quanto proposta con ricorso amministrativo straordinario (" per consolidato orientamento la natura impugnatoria del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ammesso contro atti amministrativi definitivi e per soli motivi di legittimità (art. 8 del d.P.R. n. 1199/71), esclude che con lo stesso possano esercitarsi azioni differenti rispetto a quella di annullamento (ex plurimis, Cons. Stato, sez. I, n. 2104/2019 del 19 luglio 2019;
n. 1984/2019 del 4 luglio 2019;
n. 77/2019 del 7 gennaio 2019; C.d.S., sez. III, 6 maggio 2015, n. 2273." (Cons. Stato, sez. II, sentenza 22 gennaio 2020, n. 545
);
Tar Trentino Alto Adige, Trento, 15 aprile 2021, n. 54).

La stessa sarebbe, comunque, inammissibile in quanto tale procedimento non è governato dal meccanismo del c.d. “ silenzio significativo ”. Né il termine di 180 giorni citato nel D.M. del 2014 può ritenersi perentorio, come da tempo posto in evidenza dalla giurisprudenza (“ Nei procedimenti amministrativi, anche di carattere valutativo, un termine è perentorio soltanto qualora vi sia una previsione normativa che espressamente gli attribuisca questa natura, ovvero quando ciò possa desumersi dagli effetti, sempre normativamente previsti, che il suo superamento produce, quali, ad esempio, una preclusione o una decadenza. Ove manchi un’espressa indicazione circa la natura del termine o gli specifici effetti dell’inerzia, deve aversi riguardo alla funzione che lo stesso in concreto assolve nel procedimento, nonché alla peculiarità dell’interesse pubblico coinvolto, con la conseguenza che, in mancanza di elementi certi per qualificare un termine come perentorio, per evidenti ragioni di favor, esso deve ritenersi ordinatorio. In dipendenza di ciò, quindi, anche per la presente fattispecie trova applicazione il principio per cui il potere amministrativo di provvedere non viene meno per il mero fatto della scadenza del termine fissato in via ordinatoria per il suo esercizio, (così Consiglio di Stato, sez. II, 20 gennaio 2020, n. 537), (…) in particolare, relativamente allo specifico procedimento di controllo ex D.M. 31 gennaio 2014, art. 10. E’ stato, sul punto, infatti, da tempo posto in evidenza che “ non è possibile inferire la natura perentoria del termine”, pertanto, non vi sono dunque elementi che inducano a ipotizzare la consumazione della potestà di vigilanza del Gestore nel caso di mancata definizione del procedimento entro il dies ad quem fissato ai sensi dell'art. 10 D.M. 31 gennaio 2014 (T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 28 dicembre 2017, n. 12758), (Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 18.5.2022, n. 6396).

Relativamente, invece, alla domanda di accertamento dell’obbligo di provvedere da parte del GSE, l’istanza, per le stesse ragioni evidenziate dalla giurisprudenza sopra citata sulla natura essenzialmente impugnatoria del ricorso straordinario, va ritenuta inammissibile.

Peraltro, anche a volerla ritenere, in mera ipotesi, proponibile (come ritenuto ad esempio, nel parere del Consiglio di Stato, sez. II, 11 giugno 2018, n. 1517), sarebbe, comunque, nel caso di specie, improcedibile, avendo il GSE provveduto espressamente il 25.5.2017.

Quanto alle domande di accertamento proposte con tutti gli atti di motivi aggiunti.

Le domande di accertamento introdotte con i primi due atti di motivi aggiunti sono improcedibili le une (quelle dirette all’accertamento dell’obbligo di provvedere) per sopravvenienza del provvedimento espresso (emesso in data 25.5.2017) e inammissibili le altre (quelle dirette all’accertamento del silenzio), per l’inesistenza giuridica del meccanismo del silenzio significativo in tema di controlli del GSE, come già scritto (è, quindi, carente una condizione della domanda, data dal c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione, cioè la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, cfr. Consiglio di Stato, A.P. n. 9/2014).

Le domande di accertamento introdotte con il terzo, quarto e quinto atto di motivi aggiunti sono inammissibili, sia quelle dirette all’accertamento dell’obbligo di provvedere, perché nel momento della loro proposizione il Gestore aveva già espressamente provveduto da mesi (ridetta nota del 25.5.2017) sia quelle dirette all’accertamento del silenzio, per la non configurabilità del meccanismo del silenzio significativo in tema di controlli del GSE, come già scritto.

I. In conclusione, per le ragioni illustrate, va disposta l’estromissione dal processo del Ministero costituito;
quanto alle azioni di annullamento vanno dichiarate inammissibili quelle recate con il ricorso straordinario trasposto e con gli atti di motivi aggiunti primo, secondo, quarto e quinto;
va dichiarata infondata l’azione di annullamento proposta con il terzo atto di motivi aggiunti;
tutte le domande di accertamento recate in tutti i mezzi di ricorso vanno dichiarate inammissibili o improcedibili nei termini di cui in motivazione.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi