Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-01-25, n. 202300856

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-01-25, n. 202300856
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300856
Data del deposito : 25 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/01/2023

N. 00856/2023REG.PROV.COLL.

N. 07376/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7376 del 2016, proposto dal signor S O e dal signor M O, rappresentati e difesi dagli avvocati F C e M A R P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P B in Roma, via Cicerone n. 49;

contro

il Comune di Matera, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato E O, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G V in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17;
la Regione Basilicata, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;

nei confronti

del signor Biagio Di Cuia, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata n. 112 del 15 febbraio 2016, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Matera;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dai signori Sante e M O avverso la sentenza del T.a.r. per la Basilicata del 15 febbraio 2016, n. 112.

2. La controversia ha ad oggetto il provvedimento di diniego dell’istanza di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di alcune abitazioni unifamiliari “a schiera”, sui terreni ubicati nel Comune di Matera, foglio n. 106, particelle nn. 85 e 214, di proprietà degli odierni appellanti.

2.1. L’area ricadeva all’interno della “zona 19” del piano regolatore generale (PRG) del 1975, destinata alla realizzazione di abitazioni di edilizia economica e popolare (PEEP), ai sensi della legge n. 167 del 18 aprile 1962.

2.2. Il PEEP venne adottato con la delibera del commissario prefettizio n. 189 del 28 marzo 1984 e approvato con la delibera del medesimo organo straordinario n. 289 del 5 maggio 1984.

2.3. In questo strumento, le aree di proprietà Oi erano state destinate a “ verde pubblico ” e soggette ad espropriazione per espressa previsione del PEEP (cfr. pagina 4 del ricorso introduttivo del giudizio).

2.4. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 1 del 23 febbraio 2000, il comune ha adottato la variante generale al PRG con la quale è stata impressa ai terreni di proprietà del sig. G O (e ora di proprietà degli odierni appellanti), secondo quanto rappresentato dalla parte appellante, la destinazione di “ luogo urbano di rilevante definizione morfologica con trasformazione ad attuazione indiretta ” (Lui/10), di ridefinizione morfologica e funzionale dell’area mediante l’introduzione di funzioni di tipo ricreativo-culturale, prevedendo che soltanto il 10% della superficie possa essere sfruttato per l’edificazione di edifici a destinazione residenziale.

2.5. Con la deliberazione del consiglio comunale n. 10 del 13 marzo 2003, sono state esaminate le osservazioni presentate e respinta quella presentata dalla ditta proprietaria Oi.

2.6. In data 23 febbraio 2003, sono scadute le misure di salvaguardia ai sensi dell’art. 12, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, del PRG adottato.

2.7. In data 24 febbraio 2004, il signor G O ha pertanto presentato l’istanza per il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di abitazioni unifamiliari a schiera in contrada Agna Matera zona 19 del p.r.g..

2.8. Con la nota del 28 febbraio 2006, l’Oi ha chiesto al comune di conoscere l’esito della predetta domanda del 24 febbraio 2004.

2.9. Con la nota prot. n. 14411 del 13 aprile 2006, il comune ha comunicato all’interessato che la “conferenza di valutazione tecnica”, nella seduta del 24 marzo 2006, ha espresso parere contrario, ritenendo la proposta progettuale fosse in contrasto con le norme di cui all’art. 17 legge n. 1150/1942 e che l’istante aveva diritto di presentare, ai sensi dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, osservazioni entro il termine di 10 giorni dal ricevimento di tale nota, altrimenti si sarebbe consolidato il provvedimento di diniego.

2.10. Con atto depositato il 23 maggio 2006, l’interessato ha reso le osservazioni di pertinenza, rappresentando di aver ricevuto la nota comunale soltanto il 18 maggio 2006, in ragione delle peculiarità e della tempistica del procedimento di notificazione dell’atto comunale.

3. Contemporaneamente, con il ricorso n. 326/2006, notificato il 26 giugno 2006 e depositato il 4 luglio 2006, il signor G O ha impugnato la suddetta nota prot. n. 14411/2006, unitamente al parere contrario della “conferenza di valutazione tecnica” espresso nella seduta del 24 marzo 2006.

3.1. Con l’ordinanza n. 286 del 26 luglio 2006, il T.a.r. ha accolto la domanda cautelare, ritenendo la “motivazione del provvedimento impugnato…generica” e “facendo salvo il potere del Comune resistente di emanare un altro provvedimento, munito di congrua motivazione”.

3.2. In data 14 agosto 2006, il signor G O, per sollecitare il riesercizio del potere comunale, ha notificato sia una diffida ad adempiere, ex art. 21 d.P.R. n. 380/2001, sia un atto stragiudiziale di intimazione e messa in mora.

3.3. Con la nota prot. n. 11521 del 13 settembre 2006, il comune ha nuovamente respinto l’istanza di rilascio di permesso di costruire.

Come riportato dai signori Oi, nella memoria di replica del 25 luglio 2022, tale provvedimento avrebbe la seguente motivazione: “ in relazione alla istanza evidenziata in oggetto si comunica che la conferenza di valutazione tecnica, nella seduta del giorno 29.08.06, visto il disposto dell’ordinanza n. 286/06 del TAR Basilicata, ha esaminato la pratica ed ha espresso il seguente parere: esprime parere contrario in quanto, pur essendo intervenuta la inefficacia del PEEP, ai sensi dell’art. 17 1° comma della legge 1150/42, dello stesso «resta ferma a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nelle costruzioni di nuovi edifici… gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabilite dal piano stesso». Nello specifico il PEEP in oggetto ha trovato piena attuazione sotto il profilo edilizio, esaurendo completamente l’edificabilità (con indice territoriale) previsto dal P.R.G. vigente, per cui per l’area in oggetto, non interessata da alcuna edificazione da parte del PEEP, in quanto destinata a verde pubblico, pur essendo decaduto il relativo vincolo espropriativo, si prefigura lo status di cosiddetta “area bianca” priva di pianificazione urbanistica, per la quale sono consentiti esclusivamente interventi di cui all’art. 4 u.c. della legge n.10/77. Si precisa infine che il Comune sta provvedendo, a ripianificare la destinazione urbanistica dell’area in oggetto, attraverso la redazione, in corso, del Regolamento Urbanistico previsto dalla L.R. n. 23/99 art. 16 ”.

3.4. Questo provvedimento è stato impugnato dall’interessato sia con atto di motivi aggiunti al ricorso n.r.g. 326/2006, notificato e depositato il 19 ottobre 2006, sia con il ricorso n.r.g. 500/2006, notificato il 14 novembre 2006 e depositato il 28 novembre 2006.

3.5. Con l’ordinanza n. 370 dell’8 novembre 2006 il T.a.r. ha respinto la domanda cautelare e questo Consiglio, con l’ordinanza n.1138 del 6 marzo 2007, ha respinto l’appello cautelare.

In particolare, l’ordinanza cautelare del T.a.r. ha statuito che il ricorso non fosse assistito dal necessario fumus boni iuris in quanto:

“1) i terreni…di proprietà del ricorrente, ricadono nella zona n. 19 del previgente p.r.g. (approvato nel 1975), destinato all’edilizia economica e popolare e le norme tecniche di attuazione stabiliscono che tale zona “sarà realizzata mediante Piano Particolareggiato esteso all’intero comprensorio, così come delimitato nelle tavole del p.r.g.” ;

2) “ pertanto, poiché nella specie non sembra ricorrere la fattispecie del lotto intercluso (in quanto il PEEP approvato ai sensi della L.R. 23/1979 con Del. Commissario Prefettizio n. 289 del 5.5.1984 aveva destinato a Verde Pubblico tali terreni), nonostante la scadenza del periodo di 18 anni di efficacia del PEEP, non è possibile costruire in tale Zona, in assenza di uno strumento urbanistico di tipo attuativo e/o esecutivo, che disciplini le parti inattuate del PEEP decaduto relativo all’intero comprensorio della Zona 19

3.6. Successivamente, con il decreto Presidente della giunta regionale n. 269 del 20 dicembre 2006 (pubblicato nel BUR dell’8 gennaio 2007 e nell’albo pretorio comunale in data 7 febbraio 2007) veniva approvata la suddetta variante generale al PRG del comune di Matera, che confermava la destinazione dei terreni di cui è causa (foglio di mappa n. 106, particelle nn. 85 e 214), a “ luogo urbano di rilevante definizione morfologica con trasformazione ad attuazione indiretta ” (Lui/10), con ridefinizione morfologica e funzionale dell’area mediante l’introduzione di funzioni di tipo ricreativo-culturale e sfruttamento per fini residenziali soltanto del 10% della superficie.

3.7. Con il ricorso n.r.g. 83/2007, notificato l’8 marzo 2007 e depositato il 20 marzo 2007 (cui è seguita la notifica di motivi aggiunti), il ricorrente ha impugnato il provvedimento di approvazione del PRG, unitamente ai citati atti endoprocedimentali: le delibere del consiglio comunale n. 1 del 23 febbraio 2000, di approvazione della variante al PRG;
n. 10 del 13 marzo 2003, con la quale sono state esaminate le osservazioni al PRG e respinte quelle di interesse del signor G O;
n.33 del 21 aprile 2006, di recepimento delle osservazioni regionali;
la delibera di giunta regionale n. 2144 del 27 settembre 2004, con la quale la Regione ha formulato alcune osservazioni alla variante al PRG.

3.8. Si è costituito in tutti e tre i giudizi il Comune di Matera, sostenendo l’infondatezza dei ricorsi.

4. Con la sentenza n. 112/2016, il T.a.r. per la Basilicata, dopo aver riunito i giudizi incardinati dal ricorrente, li ha respinti unitamente ai motivi aggiunti, compensando le spese del giudizio.

5. Con il ricorso notificato il 15 settembre 2016 e depositato il 28 settembre 2016, i signori Sante e M O, eredi del signor G O, hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado, articolando cinque distinti motivi di impugnazione.

5.1. Si è costituito in giudizio il comune di Matera, resistendo all’appello e domandandone il rigetto, mentre non si è costituita la regione Basilicata.

5.2. Con la memoria del 15 luglio 2022, depositata in vista dell’udienza camerale del 15 settembre 2022, il comune ha esposto le sue difese, evidenziando, in particolare, che contrariamente a quanto affermato dagli appellanti il diniego costituirebbe un atto pluri-motivato.

5.3. In pari data, gli appellanti hanno depositato una propria memoria difensiva, con la quale hanno rimarcato le loro tesi.

5.4. In data 25 luglio 2022, gli appellanti hanno poi depositato una memoria di replica, riproducendo le proprie tesi in vista dell’udienza del 12 gennaio 2023, con atto del 12 dicembre 2022.

6. Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello non merita accoglimento.

7.1. Con il primo motivo di appello (avente ad oggetto il capo della sentenza di primo grado che ha respinto i motivi di ricorso relativi al provvedimento di diniego di rilascio del permesso di costruire), in quella che il Collegio considera la prima censura (cfr. punti “I.1” e “I.2”), gli appellanti si dolgono che la sentenza di primo grado avrebbe respinto le doglianze articolate sulla base di motivazioni non formulate nel provvedimento di diniego, che sarebbe stato motivato, secondo gli appellanti, soltanto in considerazione della “… saturazione dell'edificabilità (con indice territoriale) previsto dal P.R.G. vigente, per cui per l'area in oggetto, non interessata da alcuna edificazione da parte del PEEP, in quanto destinata a verde pubblico, pur essendo decaduto il relativo vincolo espropriativo, si prefigura lo status di cosiddetta "area bianca" priva di pianificazione urbanistica ”.

Con una seconda censura (cfr. punti “I.2.1.”, “I.2.2.”, “I.3”), si insiste sulla circostanza che la sopravvenuta inefficacia del PEEP avrebbe consentito ai proprietari delle aree comprese nel piano di adoperarle senza dover tenere conto delle previsioni di quello strumento, ma soltanto di quelle previste nel PRG;
che il progetto presentato rispetterebbe le previsioni e le prescrizioni del PRG;
che la destinazione a “verde pubblico” previsto dal piano attuativo, costituendo un vincolo espropriativo, sarebbe decaduta al termine dell’efficacia del piano in questione.

Con un’ultima censura (cfr. punto “I.4”), si censura la sentenza per aver dichiarato l’insussistenza del “lotto intercluso”, evidenziandosi, ancora una volta, che si tratterebbe di un argomento estraneo alla motivazione del diniego del permesso di costruire.

7.2. Il primo motivo di appello, che si presta ad essere esaminato congiuntamente, in considerazione della stringente continuità logico-giuridica delle censure articolate, è infondato.

Il provvedimento n. 11521 ha respinto l’istanza presentata, affermando che per l’area di proprietà degli istanti , …in quanto destinata a verde pubblico, pur essendo decaduto il relativo vincolo espropriativo, si prefigura lo status di cosiddetta “area bianca” priva di pianificazione urbanistica, per la quale sono consentiti esclusivamente interventi di cui all’art. 4 u.c. della legge n.10/77 ”.

7.3. Parte appellante sostiene, invece, che “ la cessata efficacia del piano attuativo determina il venir meno della specifica destinazione prevista nel piano particolareggiato, l'area non diventa bianca, permane la disciplina disposta a livello di P.R.G ” (pagina 11 dell’appello).

7.4. Muovendo dunque dalla motivazione contenuta nel provvedimento, secondo cui la destinazione a “verde pubblico” prevista dal PEEP costituirebbe un vincolo espropriativo, va ricordato, in senso contrario a quanto affermato da parte appellante, che costituisce jus receptum l’orientamento giurisprudenziale secondo cui:

i) “ La decadenza del vincolo espropriativo per decorso del quinquennio di efficacia non equivale ad annullamento della previsione di piano in vigore e dunque le aree divengono prive di disciplina urbanistica, salvo quanto previsto dall'art. 4, ultimo comma, L. 28 gennaio 1977, n. 10 (ora art. 9 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, c.d. zone bianche), fino all'adozione da parte del Comune, di nuove, specifiche prescrizioni ” (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 3 gennaio 2022, n. 4);

ii) “ La decadenza del vincolo espropriativo non comporta, di per sé, il riespandersi delle precedenti destinazioni di zona. Alla decadenza dello stesso per inutile decorso del tempo non si verifica, infatti, alcuna reviviscenza della pregressa destinazione, atteso che la natura espropriativa del vincolo, essendo esso preordinato all'esproprio, ne implica la sua temporaneità ” (Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2019, n. 8125;
cfr., inoltre, sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3948;
Cass. civ., Sez. I, 19 dicembre 2008, n. 29788).

7.5. La decadenza prevista dalla legge, al fine di salvaguardare il diritto dominicale da compressioni tendenzialmente definitive, non può, dunque, essere assimilata ad un annullamento (dell’atto appositivo del vincolo), che, operando ex tunc , farebbe rivivere diritti e situazioni ormai superate (Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 1996 n. 1486).

7.6. In ragione dei principi enumerati, il presupposto da cui muove la tesi degli appellanti, ossia che permarrebbe ( rectius , si ripristinerebbe) la precedente destinazione impressa dal p.r.g. risulta infondata con conseguente reiezione del motivo di appello.

7.7. Giova peraltro evidenziare che, con riferimento alla zona 19, dove si collocano i terreni dell’interessato, il PRG del 1975 aveva previsto la possibilità di procedere all’edificazione soltanto “… mediante Piano Particolareggiato esteso all’intero comprensorio ”, sicché in assenza della presentazione e dell’approvazione dello strumento urbanistico attuativo, comunque non sarebbe stato possibile l’accoglimento dell’istanza di parte.

7.8. La reiezione dell’argomento principale contenuto nel primo motivo di appello (in particolare, ai paragrafi “I.2.1.”, “I.2.2.”, “I.3”) determina l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sia della prima doglianza, articolata ai paragrafi “I.1” e “I.2”, che dell’ultima, articolata al paragrafo “I.4”, finalizzate a censurare il vizio di ultra-petizione in cui sarebbe incorso, secondo l’appellante, il T.a.r.

Il Collegio evidenzia che l’accoglimento di queste censure, pur potendo comportare, in tesi, una riforma dei relativi capi della sentenza, non determinerebbe l’accoglimento della domanda di annullamento, resistendo comunque la motivazione del provvedimento impugnato alle doglianze di cui ai paragrafi “I.2.1.”, “I.2.2.”, “I.3” del motivo esaminato.

8. Con il secondo motivo di appello, si grava il capo della sentenza relativo all’impugnato provvedimento di approvazione della variante generale al PRG, affermandosi che il T.a.r. non avrebbe correttamente motivato il rigetto delle censure di primo grado, con le quali si è lamentata l’illegittimità della previsione peggiorativa delle previsioni del precedente piano regolatore, anche con riferimento all’onere di motivazione in ragione della reformatio in peius e al mancato accoglimento dell’osservazione al piano.

In particolare, gli appellanti evidenziano che “ L’attuazione degli interventi è subordinata alla cessione gratuita delle aree destinate alla componente sistemica di progetto: spazio verde attrezzato a giardino. Non solo quindi lo spazio, già edificatorio nel PRG del 1975 (con indice 0,8 mc/mq) diviene verde, ma di esso è contemplata la cessione gratuita.

Si realizza quindi una evidente deminutio della quale il TAR non si avvede, nel mentre la giurisprudenza onera di particolare intensità e garantismo le scelte del pianificatore che sacrifichino l'anteriore edificabilità. Ed il tutto obliando il progetto candidato e le puntuali osservazioni del privato… ”.

8.1. Il secondo motivo di appello è infondato.

8.2. Questo Consiglio ha avuto modo di affermare, in molteplici precedenti, che:

a) le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;
sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051;
sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960;
sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611;
sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345;
sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986);

b) per la consolidata e pacifica giurisprudenza costituzionale, della Corte E.D.U. (Corte E.D.U., 29 aprile 1999, C e altri c. Francia [GC], nn. 25088/94, 28331/95 e 28443/95, § 75;
Corte E.D.U., 30 giugno 2005, J e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, § 93) e di questo Consiglio, la compressione di alcune facoltà del diritto di proprietà non comporta il configurarsi di una forma anomala di espropriazione e, in particolare, di un’espropriazione di valore, con conseguente necessità che si corrisponda un indennizzo a chi avrebbe sofferto tale privazione, in quanto, affinché si possa prospettare tale forma anomala di espropriazione, è necessario che il sacrificio imposto al diritto di proprietà (o, in ipotesi, ad altro diritto reale) sia tale da comportare un “ sostanziale annientamento ” (così, Corte Cost., n. 6 e n. 38 del 1966) delle facoltà tipiche del diritto o da inciderle eccessivamente oltre il limite della tollerabilità (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021);

c) le scelte di pianificazione non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente p.r.g. (Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023 n. 21;
sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456;
sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297;
sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;
sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326;
sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666);

d) con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: i) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona;
ii) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate;
iii) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare;
iv) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21);

e) le scelte di pianificazione non richiedono, inoltre, una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall’ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844);

f) le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2020, n. 751);

g) le predette scelte sono censurabili oltre che per violazione di legge, solo per illogicità o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (Cons. Stato, sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086;
sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484;
sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780;
sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037;
sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;
sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589;
sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).

8.3. I principi enucleati costituiscono le coordinate necessarie per procedere all’esame del secondo motivo di appello.

8.4. Il Collegio evidenzia che il comune di Matera non era tenuto a preservare la migliore destinazione di piano che parte appellante asserisce essere stata precedentemente riservata alle aree di sua proprietà né era tenuto a controdedurre e motivare alle osservazioni endo-procedimentali presentate.

8.5. Relativamente alla prevista “ cessione gratuita di una parte delle aree ”, gli interessati hanno dedotto: “… con riferimento alle medesime particelle nn. 85 e 214 - per la restante dotazione attigua del defunto ricorrente ora appellanti [sic] - è prevista che ricadano in Zona "LUi/10"- Luoghi urbani di rilevante definizione morfologica con trasformazione ad attuazione indiretta, avente come obiettivo la ridefinizione morfologica e funzionale dell'area, mediante l'introduzione di funzioni di tipo ricreativo - culturale e di ristoro considerando inoltre la sistemazione di uno spazio attrezzato nel rispetto delle N.T.A. riportate nella scheda d'ambito .

- Per quanto riguarda gli indici urbanistici ed edilizi la scheda prevede una percentuale della Sul (superfice utile) da attribuire al residenziale pari a 10% mentre quella da attribuire al terziario pari al 90%.

- L’attuazione degli interventi è subordinata alla cessione gratuita delle aree destinate alla componente sistemica di progetto: spazio verde attrezzato a giardino ”.

8.6. Il Collegio evidenzia che la destinazione di piano impressa dalla variante al PRG approvata e oggetto di impugnazione non costituisce – così come affermato - un’ablazione coattiva del diritto di proprietà sulle aree interessate dal presente giudizio, in quanto l’attuazione degli interventi – cui si correla la cessione gratuita di parte dell’area di proprietà - costituisce una facoltà per i proprietari e non un obbligo, rimanendo pertanto quest’ultimi arbitri della sorte dei loro beni, delle modalità con le quali esercitare la facoltà di godimento del diritto di proprietà e, in definitiva, della più proficua allocazione delle loro risorse.

Detto altrimenti, qualora il soggetto proprietario ritenga pregiudizievole per i suoi interessi la cessione delle aree prevista come condizione dalle norme tecniche del piano per procedere alla realizzazione degli interventi edilizi consentiti, ha facoltà di non procedere all’attuazione dei suddetti interventi, in attesa di un’eventuale più favorevole scelta pianificatoria.

8.7. In base a quanto previsto dalla nuova pianificazione, non può dunque fondatamente sostenersi che si sia verificato il “ sostanziale annientamento ” delle facoltà tipiche del diritto o un’incisione di queste facoltà che si ponga oltre il limite della tollerabilità (Corte Cost., n. 6 e n. 38 del 1966).

8.8. Le doglianze articolate con il secondo motivo di appello risultano, pertanto, in contrasto con i consolidati orientamenti di questo Consiglio e vanno disattese.

9. All’infondatezza dei primi due motivi di appello consegue analoga sorte per il terzo motivo di appello, con il quale gli appellanti facevano valere l’illegittimità derivata dei “ successivi segmenti ed atti ” del procedimento amministrativo, come effetto derivante dall’illegittimità degli atti presupposti.

Non essendo stata accertata e dichiarata l’illegittimità di alcun atto, risulta evidente che il motivo di impugnazione non possa trovare condivisione.

10. Parimenti, dall’assenza di una declaratoria di illegittimità dei provvedimenti impugnati consegue la reiezione della domanda risarcitoria, costituendo un principio pacifico nella giurisprudenza di questo Consiglio che il presupposto alla base dell’azione risarcitoria per danni da attività provvedimentale risulta consistere nell’illegittimità dell’atto (Cons. Stato Sez. VI, 16 agosto 2022, n. 7120;
Sez. III, 24 maggio 2018, n. 3131).

11. Infondato risulta, infine, anche l’ultimo motivo di appello, con il quale si lamenta il mancato accoglimento delle richieste istruttorie da parte del T.a.r., considerato che rientra nella discrezionalità del giudice valutare se le prove di cui si domanda l’ammissione siano funzionali o meno, necessarie o meno, opportune o meno, ai fini della decisione delle questioni controverse (Cons. Stato Sez. V, 19 maggio 2022, n. 3975).

12. In conclusione, quanto fin qui esposto permette di dichiarare infondate le censure variamente articolate dagli appellanti, con conseguente reiezione del ricorso e conferma della sentenza di primo grado.

13. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate come da dispositivo.

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