Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-08, n. 202400256

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-08, n. 202400256
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400256
Data del deposito : 8 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2024

N. 00256/2024REG.PROV.COLL.

N. 09873/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9873 del 2019, proposto da
Societa' Trachite di Montemerlo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

Regione Veneto, non costituito in giudizio;
Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Societa' Cave di Pietra di Montemerlo S.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 00430/2019, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Regionale dei Colli Euganei;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 luglio 2023 il Cons. D C e preso atto del deposito della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa del 10 gennaio 2023, da parte degli avvocati Lorigiola e Ferasin;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con atto notificato in data 8/11 novembre 2019 e depositato il successivo 2 dicembre la Società Trachite di Montemerlo S.r.l. ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sez. II, 8 aprile 2019 n. 430, con cui è stato rigettato il ricorso da essa proposto avverso la delibera del Consiglio Regionale della Regione Veneto 9.3.2001, n. 11, pubblicata nel

BURV

24/4/2001, n. 37 ed avente ad oggetto: “ Parco regionale dei Colli Euganei. Piano Ambientale: modifiche all’art. 20 delle norme di attuazione. Progetto tematico cave ” nella parte in cui prevede per la “ Cava n. 52 – Trachite di Montemerlo …” l’estrazione di una quantità massima totale di 60.000 mc di materiale e di una quantità massima annua di 5.000 mc, nonché avverso i relativi atti presupposti, ivi compresa, per quanto di ragione, la delibera del Consiglio dell’Ente Parco Colli 30 luglio 1997, n. 26 di adozione del cosiddetto “ Progetto Cave in parte qua .

2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2.1. Il “ Progetto Cave” predisposto dalla Regione Veneto in attuazione del Piano Ambientale del Parco Regionale dei Colli Euganei intese definire i quantitativi massimi estraibili, istituendo un’apposita Commissione al fine di verificare in concreto le possibilità estrattive dei singoli siti.

2.2. La Società Trachite di Montemerlo, nell’ambito dei lavori della suddetta Commissione tecnica, propose l’escavazione complessiva di 150.000 mc di materiale, sebbene i quantitativi estratti sino a quel momento fossero notevolmente inferiori.

2.3. La Commissione concluse i propri lavori quantificando in 75.000 mc il quantitativo massimo estraibile in 15 anni (per un massimo di 7.000 mc all’anno) da parte della società odierna all’appellante. L’ Ente Parco Regionale dei Colli Euganei con delibera consiliare n. 26 del 30.07.1997 adottò il “ Progetto Cave ”, decidendo di discostarsi dalle risultanze dei lavori della Commissione tecnica, in particolare limitando il quantitativo complessivo estraibile a 60.000 mc (per 5.000 mc annui).

2.4. In sede di osservazioni alla adozione del “ Progetto Cave ”, la Società Trachite di Montemerlo contestò la riduzione operata, chiedendo venisse almeno ripristinato il quantitativo previsto nella relazione tecnica della Commissione.

2.5. L’Ente Parco Colli, con delibera n. 34 del 23.12.1997 controdedusse alle osservazioni della Società ritenendo di non accoglierle e confermando quanto previsto in sede di adozione del “ Progetto Cave ”, tenuto conto dei quantitativi effettivamente estratti dalla Società Trachite di Montemerlo negli anni precedenti.

2.6. Su tali basi, la Regione Veneto, con delibera n. 11 in data 9.03.2001, approvò il “ Progetto Cave ” disponendo in via definitiva che la Società Trachite di Montemerlo avrebbe potuto estrarre dalla propria cava il quantitativo massimo di 60.000 mc in un arco temporale di 15 anni, nonché una quantità massima annuale di 5.000 mc..

3. Avverso tali atti è insorta la Società odierna appellante, radicando giudizio avanti al Tar per il Veneto, inscritto al n. R.G. 1394/2001 (nel corso del quale né la Regione Veneto, né l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei si sono costituiti in giudizio) ed ivi sostenendo, in estrema sintesi, la insufficienza di motivazione del provvedimento nella parte in cui si era discostato dalle risultanze della Relazione tecnica predisposta dalla Commissione coordinata dall’arch. Pluti;
l’eccesso di potere per illogicità e incongruità della scelta di limitare il quantitativo estraibile laddove confrontato con quello concesso alla vicina Cava Buso.

Entrambi i profili di gravame sono stati rigettati dal giudice di prime cure con la sentenza 20 aprile 2019, n. 430.

4. Il primo giudice ha rigettato il ricorso in primo luogo richiamando la giurisprudenza in materia sulla non necessità di motivazione degli atti pianificatori in quanto altamente discrezionali.

4.1. Ha inoltre osservato come l’Ente Parco nella risposta alle osservazioni presentate da parte ricorrente avesse motivato in ordine alla riduzione della quantità massima estraibile facendo riferimento, in particolare, anche alla ridotta quantità estratta negli anni precedenti.

L’utilizzo in via prevalente, se non esclusiva, del criterio fondato sulla quantità media di materiale estratto negli anni precedenti, oltre che essere sufficiente in virtù del limitato obbligo di motivazione, non sarebbe nemmeno illogico in sede di pianificazione generale, perché volto a determinare i limiti di sfruttamento della cava in considerazione della effettiva capacità estrattiva della stessa.

4.2. In questo senso, pertanto, ha ritenuto che la delibera impugnata si sottraesse sia alla censura della asserita disparità di trattamento rispetto alla gestione della “ Cava Buso ”, sia alla censura di un’asserita illogicità per contrasto con le valutazioni contenute nella relazione della Commissione;
ciò alla luce dei principi giurisprudenziali in materia di attività di pianificazione in generale e di quella riferita alle cave, per cui l’utilizzo del criterio della quantità media estratta e l’autonomia e sufficienza di tale parametro e l’espressa indicazione in parte motiva dello stesso non potevano che portare al rigetto delle censure formulate.

4.3. Ha inoltre osservato come parte ricorrente si fosse limitata solo genericamente a contestare la correttezza della valutazione operata dall’Ente Parco in ordine alla esiguità della quantità media di trachite estratta negli anni precedenti. La ricorrente, cioè, avrebbe dovuto dedurre in modo specifico e dimostrare l’infondatezza in fatto della valutazione operata dall’Ente Parco, fornendo i dati relativi alla quantità di trachite estratta e provare, altresì, che sotto questo specifico profilo (ovvero del dato “ storico ” della quantità media estratta) vi era stata una disparità di trattamento rispetto alla “Cava Buso”: ma in proposito la ricorrente non aveva fornito alcuna prova, né alcun principio di prova e, in particolare, nulla aveva detto né in ordine ai propri dati estrattivi, né in ordine a quelli della “Cava Buso”.

5. Con l’atto di appello la società Trachite di Montemerlo S.r.l. ha formulato i seguenti due motivi avverso la sentenza gravata:

1) Erroneità per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990: difetto di istruttoria e di motivazione;

2) Erroneità per travisamento ed errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto in relazione al secondo motivo di ricorso relativo alla illogicità e incongruità della scelta limitativa di riduzione della quantità di materiale estraibile, nonché all’ingiustizia manifesta (su cui è stata omessa qualsiasi motivazione) e alla disparità di trattamento.

6. Si è costituito l’Ente Parco Regionale Dei Colli Euganei che era rimasto contumace in prime cure eccependo preliminarmente l’inammissibilità/ improcedibilità dell’appello atteso che l’atto gravato si riferiva al piano del 2001, avente vigore per 15 anni ed instando nel merito per il rigetto dell’appello.

7. Con la memoria di replica parte appellante ha dedotto in ordine al persistente interesse alla decisione, avuto riguardo alla circostanza che il progetto cave approvato con delibera del Consiglio della Regione Veneto n. 11/2001 era stato successivamente modificato con D.G.R. n. 2038 del 29 novembre 2011 che prevede che la coltivazione della Cava di proprietà della società Trachite contraddistinta dal n. 52 prosegua per complessivi 15 anni e stabilisce che l’attività estrattiva venga effettuata in tre stralci ciascuno della durata di 5 anni. La società ricorrente-appellante aveva avuto rilasciata l’autorizzazione del terzo stralcio (D.G.R. n. 24 dell’11 gennaio 2018), i cui lavori avrebbero dovuto essere conclusi entro l’11 gennaio 2023;
approssimandosi la scadenza di detta autorizzazione alla coltivazione del terzo stralcio, il nuovo amministratore unico della società aveva richiesto, con istanza 11 gennaio 2023, prot. n.i 16606 e 16611, una proroga a sensi dell’art. 12, comma 3, L.R. n. 13/2018, che era stata tuttavia illegittimamente rigettata con il recente decreto 17 aprile 2023, n. 150 della Direzione della Difesa e della Costa della Regione Veneto;
avverso tale diniego, la medesima società aveva proposto, con altro patrocinio, ricorso al Tar per il Veneto, notificato in data 21 giugno 2023 e registrato al R.G. n. 693/2023.

7.1. Inoltre ha evidenziato di avere comunque interesse alla definizione della presente causa a fini risarcitori, ex art. 34 comma 3 c.p.a..

7.2. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 18 luglio 2023, sulla base dei soli scritti difensivi, come da verbale di udienza.

DIRITTO

8. In limine litis va precisato come possa prescindersi dall’eccezione di inammissibilità - improcedibilità sollevata dall’Ente Parco Regionale Dei Colli Euganei ( rectius improcedibilità rispetto al ricorso di prime cure ed inammissilità rispetto all’atto di appello) nonostante il provvedimento oggetto di impugnativa in prime cure sia stato modificato, per stessa ammissione di parte appellante, con D.G.R. n. 2038 del 29 novembre 2011, con conseguente traslazione dell’interesse a ricorrere avverso tale nuovo provvedimento ed i successivi, nonché dalla disamina della tempestività della richiesta di accertamento dell’illegittimità della delibera oggetto di gravame a fini risarcitori ex art. 34 comma 3 c.p.a., in quanto avanzata solo con la memoria di replica (cfr. al riguardo Cons. Stato Adunanza Plenaria n. 8 del 2022), avuto riguardo all’infondatezza dell’appello.

9. Con il primo motivo la società appellante lamenta che la motivazione della sentenza di prime cure sarebbe erronea nella parte in cui aveva rigettato il primo motivo di ricorso, posto che anche gli atti di pianificazione devono essere motivati laddove vanno ad incidere negativamente sulle posizioni di soggetti determinati.

In tesi di parte appellante la imposta riduzione (da mc. 75.000 a mc. 60.000) era intervenuta non solo senza tenere in alcun conto quanto stabilito dalla Commissione tecnica istituita ad hoc , ma anche discostandosi notevolmente ed immotivatamente dalle valutazioni tecniche dalla stessa esposte nella propria relazione e dalle indicazioni fornite sulla quantità di materiale estraibile.

Nella prospettazione attorea la motivazione non poteva di certo ritrovarsi nella considerazione secondo cui le quantità di materiale estratto “nel quinquennio passato” erano inferiori a quelle previste nel progetto;
né l’Ente Parco Colli Euganei in sede di adozione e approvazione del “progetto Cave” prima, né la Regione Veneto in sede di approvazione del “piano Cave” avevano motivato, in modo “rafforzato”, come avrebbero dovuto, essendosi discostati dalle risultanze dell’istruttoria, circa l’incomprensibile e arbitraria riduzione di quantitativo di trachite estraibile rispetto a quanto prospettato nella relazione tecnica della Commissione istituita ad hoc.

Errata sarebbe inoltre l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui la Società odierna appellante avrebbe dovuto dedurre in modo specifico circa l’esiguità della quantità media di materiale estratta negli anni precedenti e dimostrare l’infondatezza in fatto della valutazione operata dall’Ente Parco, in quanto la ritenuta riduzione era dovuta alla riduttiva previsione del precedente piano cave che aveva costretto la medesima appellante alla relativa impugnativa, accolta dal Tar con sentenza n. 735/94, per cui si era dovuto attendere il provvedimento regionale 14 marzo 1995, n. 1189, con cui – in ottemperanza a tale pronuncia – l’Ente resistente aveva eliminato la riduzione originariamente imposta.

9.1. Il motivo è infondato.

9.1.1. Infatti in linea generale, a fronte di attività di pianificazione, secondo consolidata giurisprudenza:

a) le scelte di pianificazione sono espressione di un'amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito (fra le più recenti, cfr. Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 6 novembre 2019, n. 7560;
Sez. IV, 17 ottobre 2019, n. 7051;
Sez. IV, 29 agosto 2019, n. 5960;
Sez. II, 7 agosto 2019, n. 5611;
Sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4345;
Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3986).

b) esse non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d'uso edificatorie diverse e più favorevoli, essendo sfornita di tutela la generica aspettativa alla non reformatio in peius o alla reformatio in melius delle destinazioni impresse da un previgente P.R.G. (Cons. Stato, Sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456;
Sez. IV, 24 giugno 2019, n. 4297;
Sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;
Sez. IV, 24 marzo 2017, n. 1326;
Sez. IV, 11 novembre 2016, n. 4666);

c) non richiedono, inoltre, una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall'ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3163;
Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2824;
Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 844);

d) sono censurabili oltre che per violazione di legge, solo per illogicità o irragionevolezza ovvero insufficienza della motivazione (Cons. Stato, Sez. II, 9 gennaio 2020, n. 161;
Sez. II, 4 settembre 2019, n. 6086;
Sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484;
Sez. IV, 9 maggio 2018 n. 2780;
sez. IV, 18 agosto 2017, n. 4037;
sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323;
sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589;
sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871).

9.1.2. Più nello specifico, con riferimento all’attività pianificatoria in materia di cave, va rammentato, come correttamente rilevato dal primo giudice, che secondo la giurisprudenza in sede di approvazione del piano cave la Regione non è tenuta a motivare specificatamente le scelte riguardanti le singole aree. L'attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera, ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati. Dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, legge n. 241/1990, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio ( ex multis Cons. Stato Sez. V, 13/06/2018, n. 3625, in senso analogo Cons. Stato, sez. V, 10/04/2018, n. 2164).

ll piano cave, in quanto atto di pianificazione generale, non necessita pertanto di una particolare motivazione, tranne nel caso in cui tale piano si discosti dai pareri obbligatori resi in seno al procedimento, onde evitare possibili arbitri (Cons. Stato, Sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519).

9.2. Nell’ipotesi di specie è pur vero che la Commissione preposta aveva dato un parere di carattere tecnico ma il piano è frutto di una valutazione non solo di discrezionalità tecnica ma anche di discrezionalità tout court , avuto riguardo anche al contemperamento con la tutela ambientale.

Nel caso di specie, occorre considerare come l’Ente Parco nella risposta alle osservazioni presentate da parte ricorrente abbia motivato in ordine alla riduzione della quantità massima estraibile facendo riferimento, in particolare, anche alla ridotta quantità estratta negli anni precedenti.

Pertanto è condivisibile la motivazione de qua considerata dal primo giudice come sufficiente a giustificare gli atti gravati, in quanto posta a confutazione proprio delle osservazioni presentate dalla Società Trachite di Montemerlo.

9.2.1. Né assume rilievo quanto dedotto dalla società appellante nell’odierna sede di appello in ordine alla circostanza che il dato relativo all’attività estrattiva degli anni precedenti non poteva essere preso in considerazione, in quanto dipendente dalle restrizioni all’attività estrattiva stabilite dal precedente Piano, oggetto di impugnativa ad opera della società, accolta con sentenza del Tar per il Veneto n. 735/94.

La censura de qua è infatti inammissibile in quanto violativa del divieto di jus novorum di cui all’art. 104 comma 1 c.p.a. in quanto, a fronte della chiara motivazione posta a base del rigetto delle osservazioni della Società, la stessa nulla ha specificatamente dedotto al riguardo con il ricorso di prime cure , considerando semplicemente in via generica detta motivazione come irrilevante ed illogica (pag. 7 del ricorso di primo grado).

E’ noto che il divieto di jus novorum di cui all’art. 104 comma 1 c.p.a. non consenta di allargare il thema decidendum rispetto al ricorso di prime cure (ex multis: Consiglio di Stato, sez. IV, 12 ottobre 2017, n. 4729).

La ratio di tale divieto affonda le proprie radici nell’essenziale esigenza di rispettare il doppio grado di giurisdizione e, pertanto, postula l’immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado.

L’effetto devolutivo dell’appello è oggi consacrato nell’art. 104 c.p.a., secondo cui nel giudizio d’appello non possono essere proposte nuove domande (fermo quanto previsto nell’art. 34, comma 3) né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, il quale assicura che l’oggetto del giudizio di secondo grado non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il primo giudice con la sentenza impugnata.

In definitiva, nel processo amministrativo, una questione proposta per la prima volta in grado di appello è inammissibile, quale conseguenza logica che discende dall'onere di specificità delle censure dedotte in primo grado nei confronti degli atti in tale giudizio gravati e, quindi, in applicazione del principio del divieto di jus novorum (cfr., ex multis: Cons. Stato, IV, 26 novembre 2015, n. 5373, che richiama Cons. Stato, VI, 19 luglio 1999 n. 973;
id., IV, 24 maggio 2007 n. 2636;
id., VI, 22 maggio 2008 n. 2432;
id., IV, 27 luglio 2010 n. 4915).

Peraltro, a prescindere da tale assorbente rilievo, la censura è priva di fondamento, atteso che secondo la stessa prospettazione attorea le precedenti restrizioni erano venute meno già con il provvedimento regionale 14 marzo 1995, n. 1189, con cui – in ottemperanza alla sentenza del Tar per il Veneto n. 735/94 – l’Ente resistente aveva eliminato la riduzione originariamente imposta.

Pertanto la società in prime cure avrebbe dovuto allegare e dimostrare di essere riuscita ad aumentare la propria capacità estrattiva nel periodo compreso fra il marzo del 1995 – data in cui erano venute meno le restrizioni del precedente piano, ed il marzo del 2001 – data di adozione della delibera del Consiglio regionale oggetto di impugnativa in prime cure .

10. Con il secondo motivo parte appellante critica la sentenza di prime cure nella parte in cui ha disatteso anche il secondo motivo di ricorso, relativo all’asserita disparità di trattamento, deducendo inoltre che nella sentenza nulla era stato precisato in ordine all’ingiustizia manifesta.

Infatti in tesi di parte appellante l’area in cui è situata la cava della società Trachite ricade all’interno dello stesso ambito territoriale della limitrofa Cava Buso, ragion per cui la Commissione coordinata dall’Arch. Pluti aveva attribuito a entrambe le cave, ricadenti nel medesimo ambito territoriale e ambientale, la medesima valutazione e aveva correttamente assegnato la medesima capacità estrattiva: 75.000 mc. di materiale da estrarre in 15 anni;

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