TAR Catania, sez. I, sentenza breve 2022-12-09, n. 202203221

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza breve 2022-12-09, n. 202203221
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202203221
Data del deposito : 9 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/12/2022

N. 03221/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01761/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 1761 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M P, G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catania, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

del decreto prefettizio notificato al ricorrente il -OMISSIS- dagli agenti di P.S. della Questura di -OMISSIS-, con il quale il Prefetto della Provincia di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 39 del T.U. delle Leggi di PS, approvato con R.D. 18.6.1931, n. 773, ha fatto divieto al ricorrente “di detenere armi e munizioni”, consentendo allo stesso “l’alienazione di tutte le armi e munizioni in suo possesso a persona non convivente e/o prossima congiunta munita di porto d’armi o di nulla osta, entro il termine di giorni 150 dalla notifica”, disponendo che “trascorso inutilmente detto termine, le armi e munizioni dovranno essere versate alla Direzione Cerimant – Esercito Italiano di Palermo. L’U.P.G. e S.P. della Questura di -OMISSIS- è incaricato della notifica ed esecuzione del presente provvedimento, nonché di far conoscere la destinazione delle armi in possesso del sunnominato, decorsi i 150 giorni per il trasferimento”, e di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, e

per la condanna

dell’Amministrazione al risarcimento dell’eventuale danno sofferto dal ricorrente in caso di esecuzione del provvedimento.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2022 il dott. P M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Il ricorrente è proprietario, da oltre 20 anni, di una collezione di armi, oggetto del provvedimento oggi impugnato, la cui detenzione è stata da sempre regolarmente autorizzata.

In data 15.10.2022, questi, incensurato e mai coinvolto in alcun tipo di procedimento penale, a causa di una segnalazione di una presunta “lite in famiglia” (mai accertata né tantomeno accompagnata da denunzia di fatti penalmente rilevanti), subiva il ritiro cautelativo, ai sensi dell’art. 39 TULPS, della collezione composta da 129 armi, costituite per lo più da pezzi avente valore storico (alcune anche non funzionanti), dal rilevante valore economico.

Con raccomandata del -OMISSIS-, la Prefettura di -OMISSIS- inviava al ricorrente la comunicazione secondo cui “ai sensi dell'art. 8 della legge 7.8.1990 n.241” era stato “avviato il procedimento per l'adozione nei confronti della S.V. del provvedimento inibitorio in oggetto, avendo riscontrato la sussistenza dei relativi presupposti previsti dalla legge. Al riguardo, si precisa che, secondo quanto riferito dal Commissariato della Polizia di Stato di -OMISSIS- Nord, risulta che la S.V. è stata deferita alla Procura della Repubblica di -OMISSIS- per i reati ai sensi dell'art. 20 bis della legge 110/75 (omessa custodia delle armi) in data -OMISSIS-. Tutto ciò premesso, si evidenzia che non si ritengono più sussistenti, in capo alla S.V., i requisiti di affidabilità e sicurezza, imposti dalla vigente normativa in materia di porto e detenzione di armi. In relazione a quanto sopra, la S.V. ha facoltà di presentare in merito ai fatti suesposti memorie scritte e/o documenti entro gg. 20 dal ricevimento della presente. . . ”.

La missiva, quindi, non conteneva riferimento alcuno a liti in famiglia.

In data 20.12.2021, il ricorrente esponeva le ragioni dell’assoluta infondatezza del procedimento amministrativo.

Solo in data 22.7.2022 veniva notificato, dopo circa 10 mesi dal prelievo delle armi e 8 mesi dalla comunicazione dell’avvio del procedimento, il decreto prefettizio indicato in epigrafe con il quale è stato fatto divieto al ricorrente “di detenere armi e munizioni.

Con ricorso notificato il 21.10.2022 e depositato il 20.11.2022, il ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguenti censure:



1- Nullità dell’atto per difetto di sottoscrizione.

Il provvedimento impugnato è privo di firma. Ai sensi dell'art. 21-septies della l. 7 agosto 1990, n. 241 («Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»), è nullo il provvedimento amministrativo privo di sottoscrizione (autografa o equipollente), essendo questa un elemento essenziale dell'atto.

A tale conclusione si perviene anche laddove sia concretamente individuabile l’autore dello stesso.



2- Illegittimità del provvedimento amministrativo per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 39 TULPS.

Nel caso in esame, nella comunicazione di avvio del procedimento notificata il 30.11.2021 si fa esclusivo rimando al fatto che il ricorrente era stato deferito “alla Procura della Repubblica di -OMISSIS- per i reati ai sensi dell’art. 20 bis della legge 110/75 (omessa custodia delle armi) e non anche a episodi di “minacce di morte” ai danni della sorella.

Tale circostanza viene per la prima volta dedotta nel provvedimento impugnato e, soprattutto, non ha mai formato oggetto di una denunzia né da parte di familiari del ricorrente e neppure degli Agenti di P.S. intervenuti.

In tale ultimo senso, assume parte ricorrente che “la denuncia è «obbligatoria» per il Pubblico Ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, per i reati perseguibili di ufficio appresi in ragione del loro ufficio o servizio ed anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.



3- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e mancanza di motivazione in relazione all'assenza dei presupposti previsti dall’art. 39 TULPS.

Assume parte ricorrente che l’Amministrazione ha l'obbligo di illustrare tutti gli elementi eventualmente emersi nel corso dell'attività istruttoria, deve indicare le ragioni fondamentali che hanno giustificato l'adozione dell'atto e, infine, deve esplicitare accuratamente l'iter logicogiuridico di formazione del convincimento formatosi.

Nel decreto impugnato non c'è traccia alcuna dell’iter logicogiuridico, essendovi solo un richiamo all'art. 39 T.U.L.P.S.

Nessun riferimento è stato riferito, né sarebbe possibile riferire, alle ipotesi tipizzate di inidoneità alla detenzione delle armi di cui agli artt. 11 e 42 TUPS.

Residuando le ipotesi di attività meramente discrezionale, l’Amministrazione avrebbe omesso di fornire contezza dell’istruttoria espletata e di sostenere il provvedimento con adeguata motivazione.



4- Eccesso di potere sotto il profilo di errore nei presupposti, irragionevolezza e difetto di motivazione e istruttoria. Mancata valutazione dei contrapposti interessi pubblici e privati.

Con riferimento all'episodio di spessore penale (“una violenza esercitata nei confronti del genitore” mai denunziata da alcuno e tantomeno dagli Agenti di P.S. che sono intervenuti sui luoghi), assume il ricorrente che non sussiste alcun procedimento penale che certifichi l’ipotesi del fatto ivi rappresentato.

Il provvedimento sarebbe sostenuto da ragione arbitraria, asseritamente scaturita da una segnalazione effettuata da vicini di casa del ricorrente, verosimilmente spazientiti dai rumori provenienti dall’abitazione (il ricorrente si occupa, ormai da anni, di una sorella che versa in uno stato di menomazione fisica).

La superficialità dell’accertamento posto in essere dagli Agenti di PS sarebbe evidente anche in considerazione di un altro elemento.

Invero, a seguito di verifiche effettuate, gli agenti di polizia erano giunti persino a ravvisare una ipotesi di Detenzione illegale di arma comune da sparo, poi smentita dalla produzione da parte dell’indagato della denuncia di detenzione dell’arma con iscrizione “FABRIQUES D’ARMES DE LIEGE”, non rinvenuta dagli Agenti nella verifica, effettuata in ufficio, del 20.10.2021 (vd. nota del 2.11.2021, pag. 66 del fascicolo di indagine e decreto di restituzione di cose sequestrate del -OMISSIS-).

In altre parole, gli Agenti di P.S., intervenuti sul luogo, avrebbero tentato, presumibilmente indotti da vicini di casa, di ravvisare una qualche condotta penalmente rilevante a carico dell’odierno ricorrente.

L’unico capo di imputazione attribuito all’odierno ricorrente, rispetto al quale - ad oggi - non esiste alcuna pronunzia giudiziale (dovendosi ancora svolgersi la prima udienza del giudizio) è stato quello relativo alla detenzione di una “pistola -OMISSIS-all’interno di un cassetto di un mobile posto nel salone” senza l’adozione di “dovute cautele nella custodia dell’arma”.

In considerazione della fattispecie di reato contestata al ricorrente, occorrerebbe riferirsi all’art. 20 della legge 110 del 1975, recante “norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi”, laddove dispone che la custodia delle armi debba essere assicurata “con ogni diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica”.

Assume parte ricorrente che la norma in questione non contiene l’indicazione specifica delle modalità che il detentore di armi deve adottare per la custodia.

Questi avrebbe adempiuto all'obbligo in questione, anche tenuto conto del fatto che la sua abitazione sarebbe dotata di normali sistemi di chiusura delle porte con serrature, non sussistendo, alcun obbligo di adottare particolari sistemi ed efficienti misure di difesa contro i furti in abitazione.

La legge, inoltre, non impone di precludere l’accesso alle armi ai familiari che siano maggiorenni e siano stati informati sulle norme di precauzione da usarsi.

Nel caso in esame, l’odierno imputato convive con il padre, anch’egli titolare di porto d’armi, che, come riferito dagli stessi agenti di polizia, ha una mobilità fortemente limitata potendosi muovere solo sostenendosi con un girello.

Analoghe gravi deficienze nella deambulazione, attestate dagli stessi Agenti di P.S, intervenuti, affliggerebbero sia la sorella che la madre del ricorrente.

L’arma, quindi, sarebbe accessibile solo a quest’ultimo, titolare, come il padre convivente, di porto d’armi da oltre venti anni, senza mai aver avuto subito alcun tipo di procedimento penale né tantomeno riportato una qualsivoglia condanna.

Costituitasi, l’Amministrazione intimata ha concluso per l’infondatezza del ricorso.

All’Udienza camerale del 7.12.2022, previo avviso alle parti della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

II. Il ricorso è infondato.

Non può essere condivisa la prima censura.

Pur dando atto di vari orientamenti giurisprudenziali sulla nullità o meno dell’atto amministrativo privo della sottoscrizione, il Collegio condivide e fa proprio l’orientamento già espresso dal Tribunale (cfr. T.A.R. Catania, II , 12.11.2019, n. 2713), secondo il quale « nei provvedimenti di forma scritta, la funzione della sottoscrizione è quella di consentire l'individuazione dell'autorità emanante, con la conseguenza che solo la totale mancanza della sottoscrizione rende nullo il provvedimento, perché non consente di stabilire quale amministrazione lo abbia adottato;
l’autografia della sottoscrizione non è, invece, configurabile come requisito di esistenza giuridica dell'atto amministrativo qualora dallo stesso contesto dell'atto sia possibile accertare la provenienza dell'atto e la sicura attribuzione all’autore e, quindi, la mancanza di sottoscrizione di un atto non è idonea a metterne in discussione la validità e gli effetti nei casi in cui detta omissione, come nella fattispecie in esame, non metta in dubbio la riferibilità dell'atto stesso all'organo competente (cfr. giurisprudenza consolidata: Cons Stato sez. IV 5 ottobre 2010 n. 7309;
11 maggio 2007 n. 2325;
23 febbraio2007 n. 981;Sez. VI, 7 giugno 2011, n. 3414;
Sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8702;
5 dicembre 2010, n. 7309;
18 settembre 2009, n. 5622;18 dicembre 2007, n. 6517;
T.A.R. Toscana, Sez. III, 3 novembre 2017, n. 1321;
T.A.R. Campania - Salerno, sez. II, 23 gennaio 2017 n. 146 e 6 giungo 2007, n. 708;T.A.R. Emilia-Romagna - Parma Sez. I, 4 febbraio 2015, n. 34;
T.A.R. Piemonte Sez. I 26 gennaio 2005 n. 102).

Nel caso di specie, considerato anche la forma di notificazione dell’atto, avvenuta a mezzo di agente notificatore della Questura di -OMISSIS-, Organo di Polizia incardinato gerarchicamente nella struttura con all’apice in sede locale la Prefettura, non può dirsi che il provvedimento non sia alla stessa riferibile.

Né si è fatta questione della soggettività del provvedimento, per altro confermata dalla produzione in giudizio della Prefettura, che ha depositato il provvedimento impugnato munito della sottoscrizione del medesimo funzionario (viceprefetto) che è autore del provvedimento impugnato.

Altrettanto infondate sono le ulteriori censure.

Il Collegio ritiene di poter obliterare la questione, sulla quale molto si sofferma parte ricorrente, relativa alla dissonanza tra preavviso di adozione del provvedimento e atto finale, posto che non viene asseritamente nel primo “preannunciato” un divieto giustificato non solo della denuncia per omessa custodia dell’arma, ma anche dei rapporti conflittuali all’interno del nucleo familiare.

Invero, la Giurisprudenza è consolidata nel sostenere che la legittimità di un provvedimento è integra, laddove lo stesso venga supportato da almeno una motivazione priva di mende.

Ciò posto, va premesso che è incontestato che il ricorrente è stato denunciato per omessa custodia di una delle tante armi detenute, in quanto tenuta, unitamente a un certo numero di munizioni, diversamente da tutte le altre (adeguatamente “sotto chiave”), in un cassetto incustodito della propria abitazione, per altro, già pronta all’uso.

La questione è stata affrontata dalla Sezione (cfr. TAR Catania, I, 1.2.2022, n. 320), laddove è stato riaffermato che «in termini generali (cfr. T.A.R. Catania, I, 2-OMISSIS-, n. 3483;
28/12/2020, n. 3584)», sicché «nel nostro ordinamento non esistono posizioni di diritto soggettivo con riguardo alle situazioni di detenzione e porto d’armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui all' art. 699 c.p. e all' art. 4 comma 1, l. 18 aprile 1975 n. 110 (T.A.R. Umbria, Perugia , sez. I , 30/07/2019, n. 425;
T.A.R. Basilicata, Potenza , sez. I , 28/06/2019, n. 514;
T.A.R. Piemonte, Torino , sez. II , 08/04/2016, n. 434;
T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. I , 27/10/2014, n. 993;
Consiglio di Stato , sez. III , 14/09/2011 , n. 5132 ).

«Il porto d'armi, in particolare, non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, un’eccezione al generale divieto di detenere armi, e può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esiste perfetta e completa sicurezza circa il buon uso delle stesse (T.A.R. -OMISSIS-, -OMISSIS-, sez. I, 19/02/2019, n.338).

«Da tale assunto, secondo giurisprudenza consolidata, discende un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione procedente nel valutare la sussistenza (o meno) dei requisiti di buona condotta e di affidamento nel non abuso delle armi che, ai sensi dell’art. 43 co. 2 T.U.L.P.S., può legittimare il diniego (o anche la revoca) della chiesta licenza di polizia.

«D'altronde, come affermato dalla giurisprudenza maggioritaria, fatta propria da questa Sezione, il potere di revoca o di diniego della licenza di porto di fucile non persegue finalità sanzionatorie, ma solo cautelari in quanto preordinate alla prevenzione di possibili abusi a tutela della privata e pubblica incolumità, ritenendosi, infatti, non necessario un obiettivo ed accertato abuso, quanto, invece, sufficiente la sussistenza di circostanze idonee a comprovare la non affidabilità dell’interessato nell’uso delle armi (cfr T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 1 giugno 2020, n. 1250 e, sempre sez. IV, 26 luglio 2018, n. 1597;
in tal stesso la giurisprudenza prevalente: Consiglio di Stato, Sez. III, 13 aprile 2011 n. 2294;
11 luglio 2014, n. 3547;
24 agosto 2016 n. 3687;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 13/10/2016, n. 4709, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 03/06/2016, n. 479, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 04/04/2016, n. 361, T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 27/11/2014, n. 583).

«È stato ribadito, al riguardo, che il giudizio di non affidabilità è possibile anche qualora non siano state pronunciate sentenze penali di condanna, essendo all’uopo sufficienti situazioni genericamente non ascrivibili a buona condotta (T.A.R. -OMISSIS-, Brescia sez. II, 20/08/2019, n.753;
T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 04/06/2019, n. 159;
T.A.R. Piemonte, Torino, sez. II, 09/07/2019, n. 793).

«Pertanto, nel caso di specie, a nulla rileva che a carico del ricorrente non vi siano condanne, né che la normativa speciale richiamata in materia di sanzioni preveda la semplice sanzione amministrativa pecuniaria anziché la revoca, non essendo preclusa in alcun modo la valutazione discrezionale in ordine all’affidabilità dell’interessato, la cui ritenuta insussistenza ben può giustificare il sequestro preventivo impugnato (espressamente contemplato dall’art. 39 T.U.L.P.S.), quale possibile e legittima valutazione avanzata, volta al reiterarsi di un fatto oltre che illecito, anche pericoloso.

«Si tratta, in particolare, di un giudizio prognostico che può fondarsi anche sul mero sospetto o comunque su indizi ed elementi negativi, sia pure irrilevanti sotto il profilo penale, che attengono al complesso della condotta di vita del soggetto interessato, purché lo stesso giudizio sia supportato da un’adeguata istruttoria che confluisca in un’adeguata motivazione».

Nello specifico, poi, questo Tribunale ha da tempo precisato (cfr. T.A.R. Catania, IV, 16.1.2014, n. 62) che «l'omessa custodia di munizioni, invero, non rientra nella previsione della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 20, comma 1, in quanto la condotta punibile deve intendersi riferita solo all'omessa custodia di armi ed esplosivi e non anche delle munizioni (Sez. 1, n. 5112 del 27/01/2005, dep. 10/02/2005, Mei, Rv. 230960).

«Ciò, però, si ribadisce, non significa che la mancata adeguata custodia delle munizioni non possa determinare l’Amministrazione a ritenere che sia venuta meno la necessaria fiducia a un uso proprio delle armi, che deve sussistere nei confronti dei cittadini in tal senso autorizzati.

«Sotto il profilo formale, infatti, il comma 1 dell’art. 39 TULPS stabilisce, con una disposizione più ampia rispetto a quella che prevede il reato di omessa custodia, che “il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”.

«Ribadito quanto premesso, va ulteriormente specificato, come rammentato dalla predetta decisione n. 62/14, che “il porto e la facoltà di detenere armi, munizioni ed esplosivi non corrispondono a diritti il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza, bensì ad un interesse reputato senz'altro cedevole a fronte del ragionevole sospetto o pericolo dell'abuso.

«Qualunque precedente penale può adeguatamente costituire il presupposto di una valutazione negativa sull'affidabilità del privato circa il corretto uso delle armi e, anzi, non è neppure necessario che tale presupposto sia rappresentato da precedenti penali, in quanto il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva già inclusa nella sfera giuridica del privato, bensì assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare e detenere armi sancito dall'art. 699 c.p., e ribadito dall'art. 4, comma 1, L. n. 110/1975, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi (cfr. Cons. St., sez. VI, 05.12.2007 n. 6181).

«Ne consegue che il potere di controllo esercitato al riguardo dall'autorità di pubblica sicurezza si collega all'esercizio di compiti di prevenzione delle condizioni di sicurezza e di ordine pubblico, ben potendo quindi essere esercitato in senso negativo in presenza di una condotta che, pur non concretandosi in specifici illeciti di rilevanza penale, possa tuttavia incidere, anche su un piano solo sintomatico, sul grado di affidabilità di chi è interessato al rilascio o alla permanenza della licenza”.

«Il giudizio in ordine al requisito dell'affidabilità del privato nel corretto uso delle armi, affidato all'Autorità di P.S. con carattere di ampia discrezionalità, continua la detta decisione “impone non solo una ricognizione della personalità del titolare stesso, ma altresì l'accertamento e l'evidenza di tutte le circostanze di fatto che possono incidere sul corretto esercizio del dovere di custodia, onde evitare che le armi possano essere sottratte ad opera di soggetti non autorizzati, con presumibile pericolo per la pubblica incolumità”.

«Per altro, è stato precisato (cfr. TAR Reggio Calabria, 20.5.2013, n. 317) che “la legislazione affida all'autorità di pubblica sicurezza il compito di valutare con il massimo rigore le eccezioni al divieto di circolare armati e, dunque, qualsiasi circostanza che consigli l'adozione del provvedimento di rigetto della domanda di porto d'armi, onde prevenire la commissione di reati e, in genere, di fatti lesivi della pubblica sicurezza.

«Ne consegue che, in base al quadro normativo di riferimento (articoli 11 e 43 del R.D. n. 773/1931), il titolare della licenza di porto di fucile, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (T.A.R. Liguria, II, 23 ottobre 2009, n. 2969).

«Si tratta di valutazioni ampiamente discrezionali, rientranti nel merito dell’azione amministrativa e dunque sottratte, in linea di principio al sindacato del giudice della legittimità, salva l’ipotesi di manifesta illogicità o incongruenza delle determinazioni assunte (v. T.A.R. Emilia Romagna, I, 15 marzo 2010, n. 2224;
C.S., V, 13 novembre 2009, n. 7107).

«D’altronde, l'interesse pubblico alla sicurezza dei cittadini va – nel dubbio – considerato prevalente rispetto al contrapposto interesse ludico - sportivo di cui è titolare colui che richiede la licenza di porto d'armi (T.A.R. -OMISSIS-, Brescia, 5 marzo 2007, n. 246).

«In termini più generali, l’art. 39 dello stesso R.D. n. 773/1931, in materia di armi, così dispone:

“Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne”.

«Sicché, è possibile concludere (cfr. TAR Reggio Calabria, 14.1.2012, n. 10) che l’esercizio del potere di consentire o meno la detenzione di armi:

«- riguarda importanti interessi pubblici, quali l’incolumità dei cittadini e la prevenzione del pericolo di turbamento che può derivare dall’eventuale abuso delle armi (Cfr. Consiglio Stato, VI, 8 luglio 2009, n. 4375);

«- è ampiamente discrezionale, rientra nel merito dell’azione amministrativa e dunque è sottratto, in linea di principio, al sindacato del giudice della legittimità, salve le ipotesi di manifesta illogicità o incongruenza delle determinazioni assunte o travisamento dei fatti (Cfr. Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2009 n. 6305;
Consiglio Stato, V, 13 novembre 2009 , n. 7107;
Consiglio Stato, VI, 6 luglio 2010 , n. 4280).

«Conseguentemente, il soggetto cui è consentita la detenzione di armi, oltre a dover essere persona assolutamente esente da mende o da indizi negativi, deve anche assicurare la sua sicura e personale affidabilità circa il buon uso e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali (Cfr. Cons. Stato, VI, 13 novembre 2006 n. 6669)».

Nel caso di specie, così come rappresentato nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione procedente ha ritenuto, con giudizio che appare privo di mende, che non sia affidabile un soggetto che, in disparte la rappresentata questione relativa ai rapporti conflittuali familiari, lasci incustodita un’arma con un certo numero di munizioni pronta all’uso.

Invero, al di là dell’asserita incapacità di deambulazione degli altri componenti familiari (la cui parziale diversa residenza poco rileva, posto che, comunque, vengono intrattenuti rapporti quotidiani, per come ammesso dal ricorrente, che accudirebbe la sorella, altrove residente, anche presso la propria abitazione, tanto da provocare possibili “fastidi” ai vicini), un’arma detenuta fuori da appositi ambiti interdittivi, comunque potrebbe essere usata o sottratta da soggetti che anche occasionalmente si trovano anche non abusivamente nell’immobile o, a fortiori, potrebbero introdursi, avendo facile accesso, dall’esterno.

Quindi, al di là di un contesto familiare “delicato”, pure rappresentato nel provvedimento impugnato, la valutazione ivi presente circa la negligente tenuta dell’arma, come tale, già giustifica il provvedimento adottato.

Vero è che il Legislatore (volutamente) non ha indicato un modo di detenzione e/o custodia ottimale, ma è altrettanto vero che lo stesso ricorrente è ben consapevole della necessità di detenere le armi con una custodia attentaa in armadi muniti di serratura, posto che, si ribadisce, con le altre (numerose) non si è sottratto a tale adempimento.

Consegue il rigetto del ricorso.

La circostanza evidenziata con la prima censura, oggetto di oscillanti valutazioni da parte della giurisprudenza, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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